elettronica, un’immagine televisiva in bianco e nero, intervenendo sulla
modulazione luminosa in senso orizzontale e verticale.
Dell’immagine elettronica, esaltata nella sua componente luminosa
primaria, viene contrastata la sua apparenza televisiva che, viceversa, gli
attribuisce un significato assolutamente verosimile e, quindi, unico.
Il successivo anno la Sony lancia sul mercato Porta Pack, la prima
telecamera amatoriale portatile.
Tale evento rende Paik libero di collaudare una nuova sintesi di ripresa.
Ciò gli permette di dedicarsi completamente alla sperimentazione video, nel
tentativo di costituire una nuova immagine supportata dalla destrutturazione
critica degli elementi stabili della comunicazione televisiva. Nel 1965 riesce
così a realizzare New York: Cafè Gogò, 152, Baker Street, October 4 and 11,
1965, per i quali usa la ripresa in esterni e realizza, per primo, una forma di
trasmissione gestita da un artista: egli concentra la sua osservazione su un
momento del caotico traffico newyorkese il giorno della visita di Papa Paolo
VI, e lo ripropone la sera stessa in un ritrovo del Greenwich Village, il Caffè
Gogò, in differita di pochi minuti. Paik è stato il primo, di una serie di artisti,
che hanno reso il reportage amatoriale un vero e proprio evento artistico.
Queste prime esperienze fanno di Paik il primo videoartista della storia
dell’arte. Egli, successivamente, lavora in molti Paesi, compresa l’Italia
(famose sono le installazioni ad Asolo, in provincia di Vicenza, nel 1991, e a
Roma nel 1992: Nam June Paik: arti elettroniche, Cinema e Media verso il
XXI secolo, Palazzo delle esposizioni, Roma), dove realizza rassegne
personali e, contemporaneamente, collabora a numerose esposizioni d’arte in
Europa, in Asia e negli Stati Uniti. Suo è il primo esperimento di televisione
via satellite, affidata ad artisti, che trasmette programmi d’arte
contemporaneamente in Corea, Giappone, Francia, Germania, Inghilterra,
2
Stati Uniti. Ciò rende evidente l’intento di fondere e scambiare, in diretta,
numerose lingue ed altrettante culture artistiche e sociali profondamente
diverse e distanti tra loro.
L’artista coreano vive e lavora attualmente a New York ed ha
insegnato, per diversi anni, alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf.
Da allora diversi artisti prendendo la vita e l’opera di Paik come
riferimento, si cimentano nell’utilizzo del monitor come componente
essenziale dell’opera d’arte, fondendo a volte diverse modalità di
rappresentazione artistica e, più recentemente, coinvolgendovi il contatto con
gli altri media.
La produzione videoartistica è, convenzionalmente, suddivisibile in
cinque macrocategorie fondamentali,
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che raggruppano in sé tutte le
espressioni che hanno avuto come elemento di riferimento centrale, il video:
Produzione videografica - riguarda la produzione originale di opere
concepite per il medium video, dove l’immagine elettronica viene lavorata
dall’artista;
Registrazioni - le registrazioni di performance azioni ed eventi, spesso
in tempo reale, la cui funzione non è esclusivamente documentaria, ma
include la partecipazione al momento creativo. Molto spesso è lo stesso artista
a guidare la registrazione video dell’evento;
Videosculture e videoenvironments (video-ambienti) - si tratta di
articolazioni complesse, nelle quali l’immagine video viene inviata a diversi
monitor posti all’interno di una più larga strutturazione visiva che reagisce
con l’ambiente circostante; con video-ambienti si indica una realizzazione
2
http://www.giulyars.net/quotation/casamento.htm
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video che pone l’attenzione sull’ambiente circostante, in cui il fruitore
dell’opera è spinto a muoversi come dentro ad un percorso esplorativo,
all’interno del quale vengono proposti confronti fra diversi punti di vista,
spiazzando, in tal modo, il campo di visione convenzionale;
Intermedia e videoinstallazioni - combinazione di dispositivi
eterogenei, quali diapositive, videotape, bande sonore, film, oggetti, che crea
una complessa struttura polimorfa in grado di ridefinire ogni relazione con
l’ambiente e i percorsi della visione;
Multimedia e videoperformance - l’influenza esercitata dall’immagine
video sul mondo delle arti visive ha dato vita a nuove performance, frutto
dell’unione dell’arte video con altre tecniche e linguaggi quali la danza e il
teatro. Non si è, sostanzialmente, ancora riusciti a definire esattamente le
differenze tra i termini videoscultura e videoinstallazione. Esse indicano due
varietà di una stessa progettualità artistica: nella videoscultura, la
modulazione della luminosità gioca un ruolo importante nella costruzione
dell’immagine, e i monitor sono posti secondo una logica ben ragionata per
espandere il corpo della composizione, così che le immagini formano un
mosaico preciso. Una componente distintiva la ritroviamo anche nel suono
che a volte è quasi inesistente come a scandire la fluidità dell’immagine. Con
queste sue peculiarità la videoscultura riesce a superare i limiti convenzionali
dei monitor.
Caratteristica fondamentale che contraddistingue la videoinstallazione è
il continuo obbligare l’osservatore ad un cambiamento di punti di vista.
L’espansione dello spazio non è semplice crescita geometrica, ma raccoglie in
sé caratteristiche di socialità, attraverso il rafforzamento degli elementi diretti
della comunicazione; di realtà, poiché l’immagine non è quasi mai illusoria, e
di una complessa e ampia umanità ottenuta tramite la polisensorialità
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dell’opera. In questa, inoltre, troviamo anche un’interazione tra immagini
video e l’ambiente circostante nonché una rappresentazione esplicita della
scansione temporale.
In questo lavoro l’esperienza videoartistica, viene, perciò, analizzata e
trattata come il naturale decorso di una mutazione del fare artistico che, a
partire dalle avanguardie storiche di fine Ottocento, inizi Novecento, hanno
fatto sì che l’arte, l’artista e l’opera si costruissero nelle realtà di tutti i giorni,
perdendo quell’aurea di sublime ed irraggiungibile che, da sempre, si
attribuisce all’arte. Attraverso l’esame di molti artisti, del loro pensiero e delle
loro opere, si è cercato di mostrare come il fare arte sia la vita stessa, come
per certe anime elette sia impossibile distinguere i due ambiti e come, molte
volte, fare arte possa essere un’esperienza devastante per chi la conduce, sia
da un punto di vista mentale che fisico, laddove il corpo stesso diventa
materiale di studio e sperimentazione, mostrando in fin dei conti come per
vivere una passione, di qualsiasi natura essa sia, ci voglia entusiasmo ma
anche molta fatica.
Alla base di questi cambiamenti vi è una grande rivoluzione nel modo
di porsi di fronte all’opera d’arte: non ci si serve più dei soli occhi, i quali
danno una visione parziale o approssimata e frettolosa. Oggi è il momento di
far partecipare tutti i nostri sensi, di vedere, sentire, toccare e annusare per
assumere completamente la coscienza dell’opera, la quale è ormai fuoriuscita
dalla bi o tri-dimensionalità delle tele e delle sculture. La trasformazione in
atto rende il prodotto artistico vivo in mezzo a noi.
L’opera reclama di esser vista ed è impossibile non farlo, chiede allo
spettatore di partecipare egli stesso alla costruzione della performance,
unendovi i propri ricordi, le proprie sensazioni. Questo aspetto sviluppa
un’arte dinamicamente mai finita, un continuo work in progress, un
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estenuante viaggio alla ricerca del sé, che tramite il video, si è riusciti a
dilatare in una espansione diretta verso tutte le arti.
Oggi è, infatti, impossibile pensare al teatro, alla poesia, al cinema
come ambiti separati l’uno dall’altro. In questa nuova ottica, il cui baricentro
è posto nella simultaneità e polisensorialità, siamo di fronte alla creazione di
un’opera d’arte totale.
Tramite il video, che in questo lavoro non viene, in modo troppo
restrittivo, considerato come schermo televisivo ma quale risposta
anticonformista ai dettami massificatori di una televisione nazionale e
commerciale, che decide cosa e come bisogna guardare, si sono voluti
analizzare e dimostrare i modi attraverso i quali le nuove pratiche artistiche,
sono riuscite ad esprimere la capacità di diventare altro da sé, di rigenerarsi,
dando vita a nuovi percorsi di senso, per poi, arbitrariamente, tornare al punto
di partenza, consapevoli, tuttavia, che, in ogni momento, è innescabile una
trasfigurazione.
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CAPITOLO 1
La mutazione dell’ arte - l’evoluzione del soggetto artistico
Quando ho cominciato ad interessarmi di video-performance, video-
installazioni e, nella più ampia accezione, delle arti del video, ho subito avuto
la sensazione di essere introdotta in una dimensione “altra”, di trovarmi di
fronte ad una scelta: continuare a vedere o “imparare a vedere oltre”,
attraversando un’ipotetica soglia di confine oltre la quale avrei rinnovato
l’intera mia consapevolezza artistica. Tutto sarebbe stato, a partire da questo
momento, diverso, entrando così in un universo ibrido, confuso, agitato,
rigenerato da una forza nuova, attrattiva e misteriosa al tempo stesso, alla
quale ancora non sapevo dare nome.
Per capire come Bill Viola, Nam June Paik, Gina Pane e tutta la
numerosa schiera dei nuovi artisti del video studia l’arte e la realtà, è
doveroso fare un passo indietro, e risalire la corrente, focalizzando le
motivazioni che oggi spingono molte forme artistiche ad abbandonare la tela,
i materiali e le tecniche secolari che le hanno rese ciò che sono, e ad
esprimersi interagendo con il video.
Analizzando, ad esempio, The Greeting, opera di Viola, artista dalla
personalità tra le più incisive e di maggior successo negli ambiti della video-
arte, si può parlare di “nuovo Rinascimento del video”
3
, poiché, fra le tante
componenti del suo agire, c’è proprio questo riferimento alla storia dell’arte
come fonte di suggestione iconografica continua. Partendo da elementi
appartenenti alla tradizione artistica ufficiale, che in questo caso sono la
struttura del polittico, egli si sofferma principalmente sull’aspetto spirituale
3
Chiara Agnello, Il nuovo rinascimento del video. Bill Viola a confronto con la tradizione artistica
occidentale, in ( a cura di) Simonetta Cargioli, Le arti del video.Sguardi d’autore fra pittura, fotografia,
cinema e nuove tecnologie,ETS, Pisa, 2004, cit.,p.21.
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dell’opera, lavorando sugli elementi pittorici, cercando di far evolvere,
attraverso l’uso del video, il messaggio, che è parzialmente già espresso nella
tela ma che, secondo Viola e tutti i suoi simili, solo la libertà e la potenza del
mezzo video possono pienamente manifestare.
E’ appunto alla pala d’altare che fa riferimento The Greeting, dove
l’artista confronta passato e presente, ponendoli materialmente l’uno di fronte
all’altro: nella medesima stanza, presso la Pieve di Carmignano, troviamo da
una parte La Visitazione, dipinto del Pontormo databile tra il 1528 e il 1529
4
,
nel quale l’artista manierista, pur rimanendo fedele ad uno schema
compositivo di tradizione classica, dona ai protagonisti della sua opera
un’anima del tutto nuova, manierista appunto, e ciò esplicita l’astrazione,
l’irrealtà dei corpi e soprattutto degli sguardi.
Figura 1. Jacopo Carrucci detto il Pontormo, La Visitazione, Pieve di San Michele a Carmignano, 1528,
olio su tela.
Seppur lo stile manierista tenda ad essere spesso freddo e impersonale,
qui l’espressività non è comunque sacrificata; è infatti palpabile la tensione
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Bruno Mondatori , Lezioni di arte, vol.2, Dal Rinascimento al Rococò, Electa , Arese (MI) 1999, cit, p.191.
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che parte dall’interno e che spinge le due figure rappresentate sulla tela,
ovvero la Vergine Maria ed Elisabetta, accomunate dall’attesa di un figlio, ad
abbracciarsi, quasi per condividere, tramite quell’intimo gesto, le medesime
sensazioni, la gioia e anche la mistica consapevolezza di dover adempiere ad
una volontà più grande di loro, realizzatasi attraverso i loro corpi.
Di fronte alla tela c’è quindi la sua trasposizione video.
Figura 2. Bill Viola, The Greeting, 1995, installazione video e suono.
Il tema è il medesimo, due donne entrambe in stato interessante
s’incontrano e si abbracciano, ma ora è presente qualcosa di più: “ Se sei un
pittore hai un unico fotogramma a disposizione e la reale arte della pittura sta
nella capacità di posizionare sulla linea del tempo quell’unico fotogramma. A
differenza la cosa meravigliosa che possiamo fare con l’arte del video è
mostrare l’attimo precedente, la tensione del viaggio di Maria - è molto
preoccupata, non riesce a smettere di pensare, la sua intera vita sta per
cambiare - il suo arrivo, l’incontro, vicine, insieme; possiamo mostrare il
momento scelto da Pontormo, “CLICK”, eccolo, poi possiamo approfondire,
percorrere quell’istante: si abbracciano, si rilassano, condividono l’esperienza
di Maria e si risolleva.”
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Bill Viola, The Landscape within. Bill Viola talks about his work, cit. in Simonetta Cargioli, Le arti del
video, op.cit., p.30.
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