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Abstract
L‟elaborato prende in analisi il fenomeno della televisione commerciale in Italia negli anni ‟80.
La domanda di ricerca di questo elaborato riguarda l‟identificazione degli elementi innovativi della
televisione commerciale in Italia negli anni ‟80 rispetto alla televisione pubblica e quelli di differenziazione
rispetto alle altre emittenti commerciali.
L‟ipotesi è che siano tre gli elementi che contraddistinguono la televisione commerciale: la creazione di una
forte immagine di rete che consenta a ciascun canale di assumere una propria identità, in modo tale da
risultare più riconoscibile e ricordabile dagli spettatori mediante l‟uso massiccio e ripetitivo di elementi
grafici e sonori e attraverso gli annunci; una struttura dei palinsesti rinnovata, che stravolge i modelli rigidi
imposti per decenni dalla Rai, adattandosi alle preferenze del telespettatore e privilegiando i generi di
intrattenimento come i varietà, i quiz, i telefilm d‟oltreoceano e lo sport; la nuova pubblicità televisiva, non
solo come fonte di guadagno e di sostentamento per le reti, ma anche come strumento di scansione del
palinsesto e come madre di nuove forme di comunicazione.
L‟analisi dei tre elementi suddetti (basata sulla letteratura, sui dati raccolti dalle riviste specializzate
dell‟epoca, sui palinsesti e sul materiale audiovisivo presente negli archivi) e la verifica dell‟ipotesi seguono
un breve excursus iniziale sull‟assetto del panorama televisivo a partire dalla fine del monopolio della
televisione pubblica, cui è seguita la nascita di decine di emittenti locali in tutta Italia. Il quadro storico
generale si sofferma su due momenti importanti: la nascita e lo sviluppo di Canale 5 da televisione di
quartiere a network commerciale nazionale e l‟oscuramento delle reti Fininvest nel 1984 in tre regioni
italiane.
I risultati di questa ricerca permettono di identificare quali elementi abbiano permesso alla televisione
commerciale di differenziarsi rispetto alla televisione pubblica e di emergere così tanto da essere diventata
un vero e proprio fenomeno di massa al giorno d‟oggi.
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1. Introduzione e contesto storico: l’inizio dell’era della neotelevisione
I primi studi sulle nuove forme e sui nuovi linguaggi apportati nel panorama della tv italiana durante il
periodo dell‟avvento televisioni commerciali, in contrapposizione a quelli del più austero modello della
televisione di Stato, si devono ad Umberto Eco (1983). A partire dalla fine degli anni ‟70 prende vita un
nuovo modello di produrre contenuti televisivi, venutosi a creare “con la moltiplicazione dei canali, con la
privatizzazione, con l‟avvento di nuove diavolerie elettroniche” (Eco 1983, 163). Questi, i cui studi saranno
ripresi in seguito da Francesco Casetti e Roger Odin, introduce il concetto di neotelevisione
contrapponendolo a quello di paleotelevisione. Con quest‟ultimo si intende, in senso semiotico,
un‟istituzione che si propone come pedagogo al fine di diffondere conoscenza e quindi educare coloro ai
quali la comunicazione è rivolta, secondo un modello di gerarchizzazione. Una delle peculiarità della
paleotelevisione è la marcata separazione dei generi, indirizzati a pubblici mirati e diversi fra loro, definita
da scansioni temporali ben precise e dagli stessi nomi dei programmi. Lo stravolgimento di questi aspetti
determinerà il passaggio dalla paleotelevisione alla neotelevisione (Casetti e Odin, 1990).
Un primo aspetto di questa nuova televisione è l‟autoreferenzialità, a scapito del mondo esterno: la
televisione ora parla di sé stessa. Come osservato da Aldo Grasso (2009), l‟autoreferenzialità è il motore che
caratterizzerà, nel tempo, programmi originali che parleranno di televisione pescando direttamente nei propri
archivi.
Un aspetto importante nell‟analisi della neotelevisione è quello riguardante l‟intreccio di due generi
di programmi: quelli di informazione e quelli di finzione. Sempre più, con l‟avvento della neotelevisione,
queste due categorie hanno trovato momenti di convergenza, se non addirittura di totale stravolgimento,
inducendo lo spettatore in confusione o addirittura ingannandolo. Fra le cause vi è il rapporto fra lo speaker e
la telecamera dettato dallo sguardo del primo verso l‟apparecchio o meno. Con la neotelevisione si stravolge,
inoltre, la presentazione televisiva della realtà: se prima si prestava particolare attenzione al fine di
nascondere gli strumenti utili alla ripresa e alla cattura del suono per mostrare la realtà così come sarebbe
stata senza l‟artificio della ripresa, adesso la giraffa (il microfono con l‟asta) e le telecamere sono sinonimo
di genuinità, in quanto mostrano l‟intervento diretto delle operazioni di ripresa sul campo. Nella maggior
parte dei casi, però, mostrare una telecamera per indurre lo spettatore a credere nella realtà delle immagini
senza nascondere nulla non fa altro che ingannarlo, in quanto la telecamera visibile allo spettatore (ripresa
quindi da un‟altra) non sarà mai quella che riprende, a meno che non si trovi davanti ad uno specchio. La
neotelevisione, in alcuni casi, ha saputo portare allo scoperto la finzione, fino all‟accettazione consensuale da
parte del pubblico: ne è un esempio il momento dell‟applauso in studio, un tempo non spontaneo perché
causato da un segnale nascosto ai telespettatori e, pur sempre non spontaneo, adesso richiesto esplicitamente
alla platea dallo stesso conduttore (Eco 1983).
Come già detto, uno dei motivi di rottura con il precedente modello paleotelevisivo deve essere
ricercato nella perdita della funzione pedagogica, ora sostituita da un livello di parità fra fruitore ed emissario
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che si conclude nella creazione di un rapporto più interattivo fra televisione e pubblico, conferendo a
quest‟ultimo il triplice ruolo di richiedente, partecipante e critico. Lo spettatore è richiedente perché invitato
a scegliere quale programma preferisce e può quindi determinare quale mandare in onda; è partecipante in
quanto oltre a partecipare ai giochi a premi, ora può avere un ruolo attivo in altre circostanze come quello di
giuria nei tribunali televisivi; è critico in quanto chiamato ad esprimere un parere in seguito a dibattiti ed
esternare il suo gradimento per una performance andata in onda. Questo rendere lo spettatore protagonista, fa
della televisione “espace de convivialité” (Casetti e Odin 1990, 12).
Fra le innovazioni apportate sullo scenario televisivo italiano dalla neotelevisione c‟è sicuramente
quello della nascita di alcuni nuovi generi. Fra questi il talk show che, secondo Casetti e Odin (1990),
incarna tutte le peculiarità proprie della neotelevisione, ossia la prossimità, la convivialità e il flusso continuo
caratterizzato da un marcato sincretismo. Dello stesso parere è Aldo Grasso, che lo definisce “il neogenere
per eccellenza” (Aldo Grasso 2000, 90). Il risultato è che “la forma-talk show ha rimodellato i palinsesti,
inglobando e modificando l‟informazione generalista come quella specializzata e portando in scena la vita
della gente comune” (Bettetini, Braga e Fumagalli 2004, 127-128). Dunque la neotelevisione concede a tutti
il diritto di dire la propria su tutto e che chi interviene sia uno specialista oppure ignori l‟argomento,
“l'essentiel est d'en parler, l'essentiel est de parler” (Casetti e Odin 1990, 13). I dialoghi banali della vita
quotidiana vengono portati in televisione e ne diventano il principale referente. Prende vita una neo-oralità
televisiva (Pezzini 1999). Ma la forza della neotelevisione agisce anche su altre forme di linguaggio, come
quello comico, ora più che mai strettamente legato a quello pubblicitario (Ciofalo 2011). In questo senso,
uno dei programmi più significativi delle televisioni commerciali italiane negli anni ‟80 è stato sicuramente
Drive In, che ha saputo generare nuove forme di comicità, spesso ai limiti della demenzialità, ridicolizzando
tutti i personaggi del mondo della comunicazione più noti al pubblico (giornalisti, presentatori, calciatori)
“attraverso l‟uso sistematico della citazione parodistica” (Grasso 2000). Così come negli spot pubblicitari, in
Drive In il motore della persuasività lo si deve ad una particolare forma di ridondanza, il tormentone, che
garantisce “la fidelizzazione del pubblico […] consentendo più ampi margini di standardizzazione e
replicazione delle forme comiche all‟interno di un medesimo contenitore” (Ciofalo 2011, 146).
Un‟altra caratteristica della neotelevisione, con l‟avvento dell‟emittenza privata e commerciale, è la
consistente trasmissione di soap operas e telefilm americani che, secondo Ciofalo (2011), sono portatori di
alcuni nuovi modelli di riferimento ricorrenti e molto apprezzati dal pubblico italiano. Il primo è quello del
comunitarismo, strettamente legato all‟ideale di una “nuova famiglia occidentale” (Ciofalo 2011, 162) che,
anche secondo la Buonanno (1985), trova più spazio all‟interno dei telefilm degli anni ‟80 rispetto al passato.
Un altro modello di cui sono portatori le serie d‟oltreoceano e che trova posto nella televisione italiana è
quello del superomismo di massa, “caratterizzato dalla straordinarietà dell‟azione di uno o più protagonisti
che rivestono il ruolo di eroi delle storie raccontate” (Ciofalo 2011, 164). Non sempre però i telefilm
propongono un superuomo pronto ad aiutare il prossimo: si ha allora l‟esaltazione di un modello narcisista,
incarnato da personaggi alla ricerca del piacere e del tornaconto personale. In ultimo, i telefilm della
neotelevisione costituiscono sempre più spesso un‟occasione per lo spettatore di “altroquandismo
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serializzato” (Ciofalo 2011, 169), presentando luoghi esotici o immaginari, spesso teatro di scene di vita
quotidiana. Tutte queste caratteristiche assumono nel tempo sempre di più un ruolo metatestuale, risultando
lo specchio degli stessi valori che si stanno affermando nella società (Ciofalo 2011).
Casetti e Odin (1990) notano come la struttura del palinsesto cambi ossatura rispetto alla più vetusta
strutturazione paleotelevisiva e come la vita quotidiana ne diventi il referente temporale: con la
neotelevisione, infatti, prendono forma programmi interamente basati sulle fasce orarie in cui vengono messi
in onda (programmi del mattino, del doposcuola, ecc..) i cui rispettivi titoli sono tratti dagli stessi momenti.
Quest‟ultimo aspetto, come constatato anche da Nora Rizza (1989), interesserà sia la struttura del palinsesto
delle reti Rai che quello delle reti private Fininvest. Dunque si verifica un costante passaggio da una struttura
del palinsesto verticale, in cui risulta marcata la distinzione fra i diversi generi e per cui i programmi variano
a seconda dei giorni della settimana, ad una struttura di tipo orizzontale, basata invece sulla ripetizione degli
stessi contenuti tutti i giorni, ora raccolti in fasce (Ciofalo 2011). Anche gli orari di programmazione
cambiano: niente più ultimo spettacolo prima di mezzanotte, adesso i programmi durano fino a notte fonda e
chi non può vederli, può fare affidamento sul videoregistratore (Eco, 1983). La quotidianità diventa anche
referente spaziale, adattando i luoghi di tutti i giorni alle riprese televisive e viceversa ricreando gli stessi
all‟interno degli studi (Casetti e Odin 1990).
Le nuove reti commerciali, specie Canale 5, infarciscono gran parte dei propri palinsesti con
contenuti che rimandano all‟evasione (Farinotti 1985), quindi attraverso programmi di intrattenimento, come
ribadito da Carlo Gagliardi (1986) che, attraverso uno studio condotto nel 1986, dimostra un aumento dei
generi televisivi da 13 a 18 rispetto al 1981, “nonostante alcuni risultano ancora trascurati” (Gagliardi 1986,
211). La moltiplicazione delle emittenti e dei generi, il flusso continuo delle trasmissioni e la diffusione del
mezzo del telecomando, pongono le basi per un nuovo approccio del telespettatore nei confronti del mezzo
televisivo, la cui fruizione risulta ora più distratta, basato sullo zapping, ossia il continuo passaggio da un
canale all‟altro (Grasso 2000).
Così come Eco, anche Ellis (2000) vede nella nascita delle televisioni commerciali una sorta di
rivoluzione, che lo porterà a definire questa fase come l’era della crescita (availability), riferendosi
all‟ampliamento della stessa offerta.
1.1. L’avvio dell’emittenza privata
La genesi dell‟emittenza televisiva privata italiana, locale e commerciale, è frutto di processi storico-politici
avvenuti in un arco di circa 20 anni, i cui decenni cardine di questo fenomeno di nascita, fioritura,
moltiplicazione e affermazione sono stati gli anni ‟70 e ‟80 del ventesimo secolo.