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Introduzione
Tradurre poesia in musica, musicare una poesia oppure rifare, trasmutare, eseguire,
trasporre un testo poetico in testo musicale?
Questo elaborato nasce dalla volontà di cercare di dar risposta a questi quesiti,
coniugando al tempo stesso due settori di mio interesse: lo studio della semiotica e l’analisi
della canzone d’autore italiana, in particolar modo i testi poetici messi in musica dal
cantautore Fabrizio De André. Il primo nasce da un interesse che si è venuto a formare
durante il mio cammino universitario; la passione per De André, invece, mi è stata data in
eredità dalla mia famiglia. Due interessi dunque tanto particolari quanto distanti tra loro, tra i
quali questo lavoro ha cercato di trovare dei punti di contatto.
L’indagine si è articolata su più fasi: la ricerca, visione e selezioni delle fonti, lo
svolgimento dell’argomento in modo più lineare possibile per poter arrivare poi al confronto e
alle analisi delle opere prese in esame.
Il primo capitolo definisce i concetti della semiotica di base (con approfondimento della
semiotica poetica e musicale) e i diversi approcci linguistici e sociolinguistici allo studio
della traduzione intersemiotica.
Il secondo capitolo presenta le due opere-fonte sulle quali si è basata la mia indagine: The
Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters e Non al denaro non all’amore né al cielo di
Fabrizio De André. In un viaggio che parte dall’America degli anni Venti vengono in
sequenza descritte: l’opera e la poetica del poeta americano; l’ingresso dell’ Antologia in
Europa e il suo successivo adattamento nella realtà italiana, e infine anche l’opera e il
pensiero del cantautore genovese.
Il terzo capitolo analizza all’interno della sua prima parte l’opera e la rispettiva autrice che
hanno fatto da tramite per permettere al processo traduttivo messo in atto da De André di
avere buon esito: L’Antologia di Spoon River, traduzione italiana a cura di Fernanda Pivano.
Successivamente vengono messi a confronto tre testi estrapolati dalle tre diverse opere e, da
una loro analisi semiotica, strutturale e traduttiva, si presenteranno i risultati del mio studio.
Fabrizio De André, pur non essendo un traduttore, è riuscito a trasporre artisticamente
un testo vecchio più di cinquant’anni e appartenente ad un’altra cultura rendendolo innovativo
e moderno anche per il pubblico italiano contemporaneo. Egli ha donato ai suoi ascoltatori
intuizioni geniali che sono attuali ancora oggi, anzi, che risultano in verità più attuali oggi
rispetto ai suoi tempi.
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CAPITOLO 1
Da poesia a canzone: due diverse lingue, due diverse culture. Concetti e
metodologie per procedere alla traduzione
1.1. Come trasporre artisticamente poesia in canzone?
La traduzione al giorno d’oggi ha assunto un carattere di multidisciplina ad ampio
raggio di azione ed è tuttora un termine in espansione. Come è noto, l’oggetto della presente
ricerca è far chiarezza sulla terminologia e metodologia adatta al passaggio di una poesia in
una lingua a canzone in una lingua “altra”. Cercare dunque di ricondurre il termine traduzione
al solo trasporto della parola poetica da una lingua all’altra, ovvero “tradurre poesia” appare
essere una ardua impresa. E’ necessario quindi rendere più agevole il terreno di indagine
scindendo in più fasi il lavoro: nel corso dei primi paragrafi la ricerca esplicherà le nozioni
base della semiotica perché è opportuno fare chiarezza su alcuni concetti di linguistica che
risulteranno essere essenziali durante tutto il lavoro. Scendendo nel particolare, verranno
studiati gli argomenti di maggiore interesse della materia di analisi: la semiotica della poesia e
la semiotica della musica. Successivamente verrà presentato il concetto di
trasposizione artistica da poesia a canzone nonchè un excursus tra le principali teorie
linguistiche che sono state fondamentali per la sua determinazione. Per far tutto questo
verranno presi in considerazione i pareri di grandi linguisti, filosofi e studiosi, le loro teorie
così come una terminologia adatta a far comprendere come avviene questo passaggio di
materia (poesia-canzone); a fine capitolo verranno poi gettate le basi per descrivere che cosa
avverrà con il procedere dello studio.
Asseriva Dante nel suo Convivio: “Sappia ciascuno che nulla cosa per legame musaico
armonizzata
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si può de la sua loquela in altra trasmutare, senza rompere sua dolcezza e
armonia”. (Raffi 2004: 21) Non si tratterà quindi solo di abilità tecnica, bisognerà anche
armonizzare il tutto con sensibilità poetica, nonché Arte, dote che il cantautore italiano preso
ad esempio dalla nostra analisi critica nei successivi capitoli ha senza dubbio dimostrato.
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“Per Legame musaico armonizzata” è un verso, un endecasillabo armonizzato.
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1.2. Semiotica: concetti di base
Questo primo paragrafo inizia proponendo in maniera molto sintetica ma ben strutturata
le nozioni base che caratterizzano la disciplina di una lingua, e quindi della comunicazione
umana, ovvero la semiotica. Per semiosi si intende il fenomeno che distingue le forme di vita
dagli oggetti inanimati. Essa può essere semplicemente definita come la capacità istintiva di
produrre e comprendere segni. Un segno è qualsiasi forma fisica creata o immaginata
all’esterno ( tramite un medium fisico) e può stare per un oggetto, evento, sentimento ecc.
detto referente, o per una classe d’oggetti, sentimenti tra loro simili (o collegati) detta campo
referenziale.
La semiotica è nata dallo studio scientifico dei sintomi fisiologici prodotti da particolari
malattia o stati fisici; da qui in nome semeiotica, termine coniato da Ippocrate e significante la
branca della medicina che studia i sintomi.
Lo studio dei segni in termini non medici divenne l’obiettivo dei filosofi fin dai tempi di
Aristotele, che definì il segno come determinato da tre dimensioni: la parte fisica, il referente
e il significato. Il successivo grande passo in avanti fu compiuto da Sant’Agostino, filosofo e
pensatore religioso che fu il primo a compiere la distinzione tra segni convenzionali (prodotti
umani) e naturali (sintomi, segnali animali ecc.), e a sostenere la tesi che esiste una
componente interpretativa inerente all’intero processo della rappresentazione.
John Locke (1642-1704) il filosofo inglese che nel suo Essay concerning human
understanding (1690) espose i principi dell’empirismo, introdusse formalmente in filosofia lo
studio dei segni, sostenendo che tale studio avrebbe poi permesso ai filosofi la comprensione
dell’interconnessione fra rappresentazione e conoscenza. Sistema che venne sottovalutato fino
a quando non vennero prese in considerazione le idee del linguista svizzero Ferdinand de
Saussure (1839-1913) e del filosofo americano Charles Peirce (1839-1814) che gettarono le
basi per circoscrivere un campo autonomo di ricerca mirata alla formazione di strutture che
sottointendono sia la produzione che l’interpretazione dei segni. Saussure nel suo Cours de
Linguistique Générale (1916) impiegò il termine semiologia per delineare il campo che
proponeva lo studio di queste strutture, attualmente al termine semiologia si preferisce quello
più antico di semiotica. Egli sottolineò che lo studio dei segni andava diviso in due branche:
quella sincronica e quella diacronica. La prima si riferisce all’analisi dei segni in un
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determinato momento temporale, normalmente il presente; la seconda all’esame delle
modalità secondo cui i segni cambiano nel tempo forma e significato.
Saussure definì il segno come una forma costituita da un significante (da una cosa fisica,
suoni, lettere, gesti ecc.) e dal significato ( immagine o concetto a cui il significante fa
riferimento) quindi determinò la relazione che sussiste tra i due termini col nome
significazione. La maggior parte dei segni umani ha la capacità di codificare due tipi primari
di referente, denotativo e connotativo, secondo l’uso e la situazione. Con oggetto,
representamen e interpretante in parer suo, Pierce denominò gli equivalenti saussuriani
referente, significante e significato.
Representamen (letteralmente “qualcosa che rappresenta”) è una forma inerente alla strategia
fisica della rappresentazione stessa. Interpretante invece rappresenta il significato che si
ottiene da un segno, intendendo con questo anche la “forma di negoziazione” che esso
comporta.
La denotazione, quindi, è un referente iniziale che un segno intende catturare.
L’obiettivo primario della semiotica è comprendere quindi sia la capacità di una specie
di fare e comprendere segni sia, nel caso della specie umana, l’attività costruttiva di
conoscenza che tale capacità permette agli essere umani di sviluppare. (Sebeok 2003: 51-55)
Essendo dunque materia di questo studio la traduzione-trasformazione tra testi poetici e testi
musicali, ci si è resi subito conto che si è di fronte a semiotiche quasi totalmente separate a
livello del piano dell’espressione. Nei due successivi sottoparagrafi verrà descritto cosa si
intende per semiotica della poesia e per semiotica della musica. Nel quarto paragrafo verrà
aperta la sfida della traducibilità tra i due testi, sfida che verterà principalmente sui loro piani
contenutistici.
1.2.1. Semiotica della poesia : la teoria secondo Riffaterre
“Sono più che mai convinto che una teoria sia degna di considerazione solo a patto di fondarsi
solidamente sui fenomeni che pretende di chiarire”. (Riffaterre 1983: 21)
Con queste parole Michael Riffaterre apre il suo libro Semiotics of poetry basato
appunto sullo studio della semiotica della poesia. Uno studio che si incentra sulla definizione
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di teorie univoche, frutto della rivisitazione e della successiva applicazione in campo poetico
delle principale teorie di linguistica generale, qui affrontate nel precedente capitolo (1.1.).
Caratteristica del suo pensiero è la sua ferma opposizione nei confronti delle teoria
greimasiana secondo la quale “esiste una organizzazione immanente del narrativo anteriore
alla realizzazione testuale”. (Pizzorusso 2004: 9)
Egli è quindi indotto a porsi il problema della letterarietà, della identità di un testo
riconosciuto e definito come letterario. Questa letterarietà è, a suo avviso, da porsi in rapporto
con l’idea del testo e dello spazio testuale (che non va confuso con lo spazio tipografico); i
limiti, o confini del testo dunque non sono determinati solo dalla posizione delle parole sulla
pagina, ma anche da una “relazione formale, semantica e semiotica fra le parole di apertura e
quelle poste in chiusura”. (Ibid. : 10)
Una lettura più profonda quindi, una traslazione semantica che induce il lettore non solo a
“disgiungere la forma dal significato”, ma anche a “percepire il testo come risultato della
trasformazione di un intertesto”. In altre parole il testo fa riferimento ad altri testi e costituisce
la rappresentazione di altre rappresentazioni.
Se la comunicazione verbale, secondo lo schema di jakobsiana impostazione, comporta
sei fattori: contesto, emittente, messaggio, destinatario, contatto e codice. Nella
comunicazione letteraria sono fisicamente presenti solo due di questi fattori: messaggio e
destinatario. Infatti, mentre l’elemento “contatto” è presupposto dalla presenza simultanea
degli altri elementi, il contesto, l’emittente e il codice sono presenti solo come
rappresentazioni. (Ibid. : 10-15)
Da qui viene reso palese un principio essenziale della teoria di Riffaterre, ovvero la necessità
che l’analisi abbia per oggetto fenomeni che il lettore sia in grado di percepire. Secondo il suo
pensiero, infatti, le descrizioni dell’analisi linguistica debbono essere riferite alle reazioni del
lettore, in modo che con ogni sistema strutturale che il linguista può mettere in evidenza nel
testo il lettore percepisca la struttura poetica. Tuttavia, è opportuno procedere con ordine e
osservare in primo luogo che, come è noto a tutti, il linguaggio della poesia differisce dall’uso
linguistico comune e la sua espressione in letteratura è sempre caratterizzata da una costante:
la poesia esprime i concetti tramite obliquità; in parole povere, la poesia può superficialmente
significare qualcosa, sottintendendo a volte l’esatto opposto. All’interno del vasto mondo
letterario sembrerebbe che la poesia sia inscindibile dal concetto di testo: se non la si
considera come una entità chiusa, non è sempre possibile differenziare il discorso poetico dal
linguaggio letterario in generale.