tutto definiti, derivanti dalle vulnerabilità tipiche di tali tecnologie e dall’esistenza di attori
intenzionati e potenzialmente capaci di sfruttarle a proprio vantaggio.
Gli Stati Uniti sono stati il primo paese ad avviare un dibattito sull’esistenza e sull’entità
del cyber rischio, nell’ambito di un più ampio riesame delle questioni concernenti la
sicurezza nazionale dopo la fine dell’ordine mondiale bipolare. La cosiddetta cyber
minaccia, infatti, è stata considerata, fin dal suo concreto profilarsi, agli inizi degli anni
’90, come uno dei possibili strumenti “asimmetrici” di confronto da parte di stati o gruppi
sub-nazionali ostili e di organizzazioni terroristiche internazionali, impossibilitati a
sostenere un confronto di tipo militare con gli Stati Uniti.
Da allora, una pletora di analisi, di studi e di rapporti di vario genere ha contribuito a
rafforzare l’idea di fondo che il cyberspazio potesse rappresentare veicolo ed oggetto, al
tempo stesso, di una minaccia imminente e difficilmente scongiurabile, in grado di
procurare interruzioni disastrose di servizi essenziali per il benessere del paese,
connotandosi, in definitiva, come un problema di sicurezza nazionale.
Il dibattito, si è poi diffuso, anche se con accenti diversi, in tutti i paesi sviluppati, finendo
con l’occupare, negli ultimi anni, un posto di rilievo nelle politiche di sicurezza nazionali
ed internazionali, soprattutto perché collegato alle più ampie questioni del terrorismo e
della protezione delle infrastrutture critiche nazionali.
Un tratto singolare della questione è che essa susciti un così diffuso allarme e sia in molti
paesi considerata un problema di sicurezza nazionale, malgrado i più volte evocati scenari
catastrofici non si siano finora concretizzati, nemmeno in parte. Al contrario, è di tutta
evidenza che le società tecnologicamente sviluppate continuino a funzionare relativamente
bene e che il contesto tecnologico sia rimasto sostanzialmente stabile, anche in presenza di
eventi, accidentali o dolosi, che si ripetono quotidianamente e che impongono pesanti
costi, sia in termini economici sia in termini di fiducia nell’uso dei nuovi strumenti.
Si pone quindi il problema di stabilire se le società sviluppate siano realmente destinate a
subire attacchi generalizzati e distruttivi a carico della loro infrastruttura delle
informazioni, come da molti analisti e policy maker ritenuto inevitabile, oppure se
l’Information technology possa continuare a sostenerne e ad accelerarne lo sviluppo, come
è finora avvenuto. Non sembra esserci, al momento, una risposta netta al quesito. Non vi è
unanimità, infatti, da parte degli esperti, sulla plausibilità degli scenari ipotizzati e
sull’effettiva possibilità di attuazione della minaccia percepita.
Occorre considerare, inoltre, che qualunque analisi del problema è legata all’informazione
pubblicamente disponibile nelle cosiddette fonti aperte, poco o nulla, al contrario, si
2
conosce delle analisi effettuate dai servizi d’intelligence nazionali, in particolare per ciò
che riguarda intenzioni, motivazioni e capacità dei possibili attori ostili.
Non aiuta, inoltre, la tendenza ad usare termini spesso impropri nei discorsi e nelle
pubblicazioni ufficiali, termini che, nella trasposizione mediatica, assumono toni
sensazionalistici ed allarmanti. In generale, è possibile individuare nel dibattito alcune
caratteristiche salienti:
- al concetto di cyber minaccia viene generalmente attribuito un significato molto ampio
sia riguardo a chi o cosa costituisce minaccia sia riguardo a chi o cosa è minacciato;
- la cyber minaccia è considerata pervasiva, elusiva e complessa e quindi molto difficile
da osservare, analizzare e fronteggiare;
- la drammatizzazione retorica è molto comune e si tende a dare l’impressione generale
che gli eventi volgano al peggio.
In tale quadro è lecito aspettarsi che la percezione di una cyber minaccia incombente
persista per molto tempo ancora, dal momento che i policy ed i decision maker finiscono
col subire una sicura influenza dall’incertezza della situazione.
Scopo del presente lavoro è quello di individuare i principali elementi alla base di tale
percezione di minaccia, a tal fine saranno:
- analizzate le cause dirette ed indirette di insicurezza del cyberspazio;
- individuati e definiti i principali attori coinvolti, potenziali ed attuali, e le loro modalità
d’azione nel cyberspazio. Un’attenzione particolare sarà riservata, in tale contesto, al
cosiddetto cyber terrorismo che, fin dalle origini del dibattito, è stato indicato come la
fonte di rischio più insidiosa per la sicurezza della cyber infrastruttura e, quindi, per la
sicurezza nazionale;
- individuate e definite le risorse a rischio, con particolare riferimento all’infrastruttura
critica delle informazioni.
Per quanto possibile, si cercherà di evitare il ricorso a dettagli di tipo tecnico, ove non
strettamente necessario ad una migliore comprensione dei concetti esposti; allo stesso
modo, sarà evitata la descrizione delle soluzioni puramente tecnologiche o procedurali
comunemente adottate nell’ambito della cyber sicurezza, dando invece enfasi agli aspetti di
policy ed al fattore umano che ne costituisce l’elemento più critico.
3
Capitolo 1: Le origini cyberspazio
1.1 La Rivoluzione dell’informazione
“In tutto il mondo, le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni stanno
generando una nuova rivoluzione industriale […] È una rivoluzione basata
sull’informazione, espressione della conoscenza umana. Il progresso tecnologico ci
consente di elaborare, conservare, ricercare e comunicare l’informazione, qualunque
forma essa possa assumere – orale, scritta o visiva – a prescindere dalla distanza, dal
tempo e dalla quantità. Questa rivoluzione porta nuove capacità all’intelligenza umana e
costituisce una risorsa che cambia il modo in cui lavoriamo e viviamo insieme”.
6
“L’IT [Information technology] è una delle forze più potenti tra quelle che stanno dando
forma al 21° secolo. Il suo impatto rivoluzionario influenza il modo in cui la gente vive,
impara e lavora ed il modo in cui i governi interagiscono con la società civile. L’IT sta
rapidamente divenendo il motore vitale della crescita dell’economia mondiale”.
7
“La conoscenza è la nuova base della ricchezza. Questo non si è mai verificato prima. In
passato, quando i capitalisti parlavano della loro ricchezza, si riferivano alle loro
proprietà in termini di impianti, attrezzature e risorse naturali. In futuro, quando i
capitalisti parleranno della loro ricchezza, intenderanno la loro capacità di controllare la
conoscenza”.
8
Il bisogno di informazione e di conoscenza è generalmente considerato una peculiarità del
mondo moderno, così centrale nella nostra vita da connotare come Età dell’informazione il
periodo storico in cui viviamo e da qualificare come Società dell’informazione o Società
della rete
9
la nostra società.
6
Dal rapporto “Europe and the Global Information Society” o “Bangemann Report”, presentato nel giugno
del 1994 al Consiglio Europeo tenutosi a Corfù, da http://www.rewi.hu-berlin.de/, consultato il 25 ottobre
2004.
7
G8, “Okinawa charter on global information society”, vertice del G8, Okinawa, 22 luglio 2000, da
http://lacnet.unicttaskforce.org/, consultato il 23.10.2005.
8
Thurow L. C., La costruzione della ricchezza: Le nuove regole per gli individui, le società e le nazioni
nell'economia della conoscenza, Ed. il Sole 24 Ore, 2000, p. 15.
9
Non esiste una definizione compiuta o accademicamente accettata di “Società dell’informazione” o
“Information society”, essendo diversi i punti di vista dai quali può essere valutato l’impatto
dell’informazione sulle attività umane (economico, tecnologico, sociopolitico ecc.). In linea di massima si
può convenire che Società dell’informazione è quella società in cui la creazione, la distribuzione e l’uso
dell’informazione sono divenute attività centrali nella vita quotidiana della maggior parte dei cittadini, nei
luoghi di lavoro e nelle organizzazioni. In rapporto alle società industriali o agricole, gli strumenti di lavoro
della società dell’informazione sono i computer e le telecomunicazioni, piuttosto che l’aratro od il tornio. In
relazione all’importanza del concetto di rete, anche l’espressione “Network society” è spesso usata.
4
In realtà l’informazione e la conoscenza costituiscono da sempre risorse cruciali per
l’umanità, al punto che la maggiore o minore capacità di accedervi e di trasmetterle ha
decretato, nel corso della storia, il successo o meno di civiltà e culture. Il bisogno di
comunicare e di scambiare informazioni non è, dunque, tipico solo del nostro tempo: per
molti versi la civiltà umana si è sempre basata sul bisogno, e sulla capacità, di comunicare.
Tamburi, fiaccole, segnali di fuoco, pittogrammi, scrittura su tavolette d’argilla o di pietra
e libri sono esempi di forme tecnologiche di cui l’uomo si è servito per ridurre i vincoli
dello spazio e del tempo sulla comunicazione e per trasmettere conoscenza; primitive o
avanzate che fossero, tuttavia, la loro efficacia è sempre stata condizionata dalla distanza,
dalla posizione dei comunicanti o dalle stesse condizioni ambientali in cui la
comunicazione avveniva (visibilità, clima ecc.).
È verso la metà del 19° secolo che si assiste ad un primo cambiamento sostanziale della
capacità di comunicare, cambiamento che è poi proseguito in modo ininterrotto negli
ultimi 150 anni, con modalità e conseguenze tali da assumere caratteristiche rivoluzionarie.
In generale, questo periodo può essere visto come una singola rivoluzione
dell’informazione, dal carattere evolutivo, o come tre distinti periodi storici, ciascuno
sufficientemente significativo da essere considerato una rivoluzione in sé.
10
La prima rivoluzione dell’informazione inizia alla metà dell’ ‘800 e dura circa 100 anni.
Strumenti di comunicazione tipici di questo periodo sono il telegrafo, la radio ed il
telefono.
La seconda può essere collocata fra la metà del ‘900 ed i primi anni ’80, ed è incentrata
sulla televisione, le prime generazioni di computer ed i satelliti. La televisione rappresenta
un progresso rispetto alla radio, consentendo di trasferire una maggior quantità
d’informazioni in un formato più immediatamente accessibile ed efficace. I computer, dal
canto loro, ampliano la capacità di raccogliere, analizzare ed utilizzare le informazioni;
mentre i satelliti per comunicazioni rendono globale l’infrastruttura delle
telecomunicazioni.
È sul finire degli anni ’80, tuttavia, che le tecnologie dell’informazione e delle
comunicazioni subiscono uno sviluppo tale da rendere obsolete quelle degli anni
precedenti e danno luogo a quella che viene definita la terza rivoluzione dell’
informazione.
10
Papp D.S., Alberts D. e Tuyahov A., Historical Impacts of Information Technologies: An Overview, in
“The Information Age: An Anthology on Its Impact and Consequences vol. I” a cura di David S. Alberts e
Daniel S. Papp, CCRP Publication Series, 1997.
5
I computer, trasformatisi in “personal computer”, divengono tecnologia di massa ed i
cosiddetti knowledge worker cominciano a superare in numero gli operai.
11
Le reti di
computer divengono un elemento centrale della società
12
e, in un senso più astratto, la rete
o network diventa una metafora di molti aspetti della vita moderna.
13
La terza rivoluzione dell’informazione, dunque, può anche essere considerata la prima
rivoluzione della conoscenza, dal momento che essa modifica le condizioni stesse della
creazione e della diffusione della conoscenza. È a partire da questa fase storica che molti
analisti cominciano a parlare di Età dell’informazione.
14
Fra le tecnologie alla base della terza Rivoluzione dell’informazione, otto in particolare
vengono individuate come determinanti: semiconduttori avanzati, computer di nuova
generazione, fibre ottiche, telefonia cellulare, tecnologia satellitare, networking
15
avanzato,
interazione (o interfaccia) uomo-computer evoluta e trasmissione digitale.
L’insieme di queste tecnologie viene generalmente indicato come ICT (Information &
Communications Technologies)
16
. Ciascuna di esse, di per sé, potenzia significativamente
la capacità di utilizzare e scambiare le informazioni, e di affrancarsi dai vincoli della
distanza, del tempo o della posizione; è il loro uso sinergico, tuttavia, che dà luogo
all’impatto rivoluzionario che sperimentiamo, i cui effetti salienti possono essere
sintetizzati in:
- maggiore velocità di trasmissione dell’informazione che, in generale, si traduce in una
maggiore tempestività d’interazione tra attori (organizzazioni, individui, stati ecc.);
- maggiore capacità di gestione, trattazione ed interpretazione di notevoli quantità
d’informazioni, che si traduce nella possibilità da parte di decision maker,
organizzazioni o individui di avere un quadro di situazione più accurato sul quale basare
scelte e decisioni;
11
Kushnick B., The Unauthorized Biography of the Baby Bells & Info-Scandal, New Networks Institute,
1999, p. 22.
12
Ellison R.J., Fisher D.A., Linger R.C., Lipson H.F., Longstaff T. e Mead N.R., Survivable Network
Systems: An Emerging Discipline. Technical Report, novembre 1997, da http://www.cert.org, consultato il
27 settembre 2005.
13
Arquilla J. and Ronfeldt D. F., The Advent of Netwar , RAND Santa Monica, 1996; e, degli stessi autori,
Networks and Netwars: The Future of Terror, Crime, and Militancy, RAND Santa Monica, 2001, da
http://www.rand.org, consultato il 13 gennaio 2006.
14
L’introduzione dell’espressione “Information Age” è generalmente attribuita ai futurologi Alvin ed Heidi
Toffler, che la utilizzarono nel loro libro “The third wave” del 1980.
15
Termine che nella lingua italiana può essere tradotto con un’espressione come “attività relativa al
collegamento in rete di computer”.
16
ICT è un acronimo diffuso soprattutto in Europa, negli Stati Uniti è invece il più generico IT (Information
technologies) ad essere utilizzato.
6
- estrema flessibilità del flusso d’informazioni: l’informazione può essere pubblicata e
prelevata da più fonti e nelle forme più utili (testuali o multimediali), mentre la
comunicazione può avvenire in maniera più snella e diretta fra gli attori interessati;
- maggiore possibilità di accesso degli individui alle informazioni, come mai si era
verificato finora. Ciò conduce, secondo alcuni osservatori, ad una democratizzazione
del flusso d’informazioni e comunicazioni, ovunque nel mondo, con la conseguente
minore possibilità, da parte di pochi (governi, organizzazioni o poteri in generale), di
dominare i canali d’informazione.
Benché, come accennato, diverse siano le tecnologie alla base della terza Rivoluzione
dell’informazione, l’elemento che più degli altri la caratterizza e la sostanzia è quello che,
nella letteratura della prima ora relativa all’Information age, è stato definito cyberspazio.
1.2 Definizione di cyberspazio
L’uso del prefisso “cyber” è divenuto un luogo comune quando si vogliono coniare
nuovi termini per indicare concetti o realtà relativi alle tecnologie dell’informazione e delle
comunicazioni ed alla Rivoluzione dell’informazione. Cyber deriva dal verbo greco
“kubernan”, che significa governare, manovrare, pilotare. Fu utilizzato, per la prima volta,
dallo scienziato Norbert Wiener negli studi che, nella seconda metà degli anni ’40,
costituirono la base della nuova disciplina scientifica della cibernetica.
17
Fu invece lo scrittore canadese William Gibson a coniare il termine cyberspazio, che nel
suo romanzo “Neuromancer”, del 1984, descriveva uno spazio digitale e navigabile nel
quale individui e società interagivano attraverso le informazioni. Il cyberspazio di Gibson é
un universo di reti di computer, un mondo nel quale multinazionali, società e pirati
informatici si scontrano per la conquista dei dati e delle informazioni. È un nuovo spazio
culturale ed economico. “È la patria dell’Età dell’informazione – il luogo dove i cittadini
del futuro sono destinati ad abitare”.
18
17
La Cibernetica è una disciplina scientifica che studia i meccanismi con cui uomini, animali e macchine
comunicano con l’ambiente esterno e lo controllano. Si tratta di una scienza prettamente multidisciplinare
che ha forti interazioni con altre discipline ed aree tecnologiche: filosofia, psicologia, matematica, biologia,
fisica, intelligenza artificiale, teoria dei controlli, teoria delle comunicazioni, robotica. La cibernetica studia,
in particolare, i meccanismi di comunicazione e d’interazione negli esseri viventi, sia allo scopo di
aumentarne la conoscenza sia per derivarne modelli che possano essere riprodotti artificialmente. La
cibernetica fu fondata da Norbert Wiener negli anni Quaranta. Wiener coniò il termine cibernetica pensando
ad un sostantivo che fosse appropriato per descrivere il campo del controllo, la parola "timoniere" (in greco
“kubernetes”) gli apparve la più adatta. Passando alla lingua inglese risultò il neologismo cybernetics.
18
Barlow J. P., nel 1990, fu il primo ad associare il termine cyberspazio al concetto di spazio elettronico e
sociale che oggi conosciamo (Internet).
7
Dall'uscita di “Neuromancer” in poi il concetto di cyberspazio é stato ripreso, riutilizzato e
modificato ma, benché non ne esista una definizione universalmente accettata, è sempre
stato riferito al mondo dell’informazione scambiata attraverso il computer; una metafora
utilizzata per descrivere lo spazio, non fisico, creato dai computer quando si connettono tra
loro, attraverso una rete di telecomunicazioni, per comunicare.
19
“Il cyberspazio è un luogo intangibile fra computer dove l’informazione esiste, per brevi
istanti, nel suo fluire da un capo all’altro della rete globale. È la realtà eterea, un’infinità
di elettroni che si muovono lungo fili di rame o fibre di vetro, alla velocità della luce”.
20
“Il cyberspazio esiste ovunque vi siano cavi telefonici o coassiali, linee in fibra ottica o
onde elettromagnetiche. Questo ambiente è abitato dalla conoscenza che ha forma
elettronica”.
21
L’informazione, dunque, è l’elemento chiave del cyberspazio.
Nell’uso corrente, cyberspazio è generalmente utilizzato come sinonimo di Internet,
22
a
rigore, tuttavia, i due termini sottendono realtà diverse: mentre Internet rappresenta una
ben precisa infrastruttura tecnologica, fatta di oggetti materialmente esistenti, il
cyberspazio rappresenta la dimensione, lo spazio immateriale che promana da
quell’infrastruttura quando viene utilizzata per diffondere o scambiare informazioni.
Ogni rete di computer dà luogo ad un proprio specifico cyberspazio, la cui esistenza è
strettamente vincolata all’esistenza ed al funzionamento degli oggetti fisici che
costituiscono la rete (computer, memorie dei computer, linee di trasmissione ecc.); ma il
cyberspazio non deve essere inteso né come lo spazio fisico in cui questi dispositivi sono
installati né come la loro somma.
“L'errore comune è confondere le autostrade informatiche
23
ed il cyberspazio. Il
cyberspazio non è una particolare infrastruttura tecnica di telecomunicazioni, ma una
certa maniera di servirsi delle infrastrutture esistenti, per quanto imperfette o disparate
siano. L'autostrada informatica rinvia a un insieme di norme software, di cavi di rame o
fibre ottiche, di collegamenti satellitari ecc. Il cyberspazio, invece, mira, attraverso
19
Definizione tratta da http://www.webopedia.com.
20
Schwartau W., Information warfare: chaos on the electronic superhighway, Thunder’s Mouth Press New
York, 1994, p. 49.
21
Arquilla J. e Ronfeldt D. F., Cyberware is coming! in (a cura degli stessi autori) In Athena’s Camp:
Preparing for Conflict in the Information Age, Santa Monica 1997, p. 23-60, da http://www.rand.org/,
consultato il 25 settembre 2005.
22
Internet può essere sinteticamente definita come l’interconnessione, su scala mondiale, di singole reti di
computer gestite da governi, imprese industriali e commerciali, università e privati.
23
Espressione utilizzata negli anni ’90 dal vicepresidente americano Al Gore (information highways) per
indicare reti di telecomunicazioni adeguate al trasporto di una massa crescente d’informazioni.
8
collegamenti fisici di qualsiasi genere, ad un tipo particolare di rapporto tra le persone. Se
l'ascesa inarrestabile dell'automobile che caratterizza il ventesimo secolo corrisponde più
che altro ad un desiderio di potenza individuale, la crescita del cyberspazio, invece,
corrisponde piuttosto a un desiderio di comunicazione reciproca e d'intelligenza
collettiva".
24
Secondo questa interpretazione, ciò che avviene nella rete (uno scambio di messaggi di
posta elettronica, ad esempio) avviene nel cyberspazio e non nello spazio fisico ove sono
installati i computer che interagiscono.
Come lo spazio fisico, il cyberspazio contiene oggetti (l’informazione nelle possibili forme
che essa può assumere – messaggi di posta elettronica, siti web,
25
file, ipertesti ecc.) che
possono essere trasportati, consegnati o prelevati. I “cyber-oggetti” si muovono però in una
dimensione che pur presentando analogie con quella fisica se ne discosta sensibilmente.
26
Sono i concetti di spazio e tempo, in particolare, a subire una profonda trasformazione, con
rilevanti conseguenze su altri concetti che a questi sono legati, come: distanza,
territorialità, delimitazione, separazione o confine.
Ovunque sia pubblicata, una pagina web è accessibile da chiunque sia connesso in rete, in
qualunque paese egli risieda, con tempi di accesso all’informazione che non dipendono più
dalla distanza e dagli stati da attraversare ma da fattori esclusivamente tecnici.
27
“L’infosfera – la sfera dell’informazione – si va imponendo alla geosfera. Stiamo per
vivere in un mondo ridimensionato. La capacità di interattività sta riducendo il mondo ad
un quasi nulla.”
28
24
Lévy P., Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli Milano, 1999, p. 120.
25
Un sito web (spesso chiamato semplicemente sito) è una raccolta di pagine web, cioè documenti accessibili
attraverso il World Wide Web in Internet, identificato da un indirizzo web o URL (uniform resource locator).
Le pagine (anch’esse contraddistinte da un proprio URL, gerarchicamente dipendente da quello del sito) si
raggiungono, normalmente, a partire da una pagina iniziale (homepage), utilizzando dei collegamenti
(hyperlinks). Per accedere ad un sito web è necessario utilizzare speciali applicativi software chiamati web
browser (es. Internet Explorer, Mozilla o Opera, per citare i più noti).
26
Si consideri un messaggio di posta elettronica che inviato dall’Italia debba essere ricevuto da un utente con
account registrato presso un ISP (Internet service provider) australiano, i singoli pacchetti di dati di cui il
messaggio è costituito attraverseranno un numero imprecisato di nodi della rete, ubicati in paesi diversi, fino
ad essere memorizzato in un computer (server) fisicamente ubicato in Australia. A causa delle modalità di
funzionamento della rete, ciascun pacchetto potrà seguire una sua specifica rotta, diversa da quella degli altri;
ad ulteriore complicazione, l’utente australiano potrebbe leggere il suo messaggio accedendo alla rete da un
isolato di distanza dall’utente che lo ha inviato. Il tutto, in normali condizioni di funzionamento della rete,
avviene in una frazione di tempo non significativa. Ha quindi senso parlare di spazio fisico?
27
Larghezza di banda della connessione, efficienza dei server dell’ISP, congestione delle linee ecc.
28
Virilio P., in Der Derian J., Speed pollution, “Wired”, maggio 1996, da http://www.wired.com, consultato
il 23 ottobre 2004.
9
A causa delle dimensioni raggiunte, non solo fisiche ma anche sociali, politiche ed
economiche, Internet rappresenta la manifestazione più evidente del cyberspazio. Il suo
successo, nell’ultimo decennio, è stato favorito dai progressi nel settore delle ICT e da
quattro elementi interdipendenti:
- la possibilità di gestire in modo interattivo contenuti organizzati e potenzialmente
universali;
- la costruzione di una memoria di contenuti immediatamente accessibile;
- una struttura di costi, più bassa rispetto a quelli degli altri media, non dipendente dalla
distanza (come per il telefono), dalla quantità di informazioni messa a disposizione
(come per i libri stampati), dall’audience (come per la radio o per la televisione);
- una dimensione interattiva che ha reso illimitata la possibilità di comunicazione ed ha
determinato la nascita della comunità virtuale.
A sua volta, Internet ha profondamente influenzato le tecnologie dell’informazione
imponendo i suoi standard e le sue procedure, fino a divenire il modello di riferimento,
l’archetipo, delle reti di computer.
Conoscere le origini ed i principi architetturali su cui Internet si basa, seppure in modo
sommario, è indispensabile per capire perché si pone un problema di sicurezza del
cyberspazio.
1.3 Breve storia di Internet
Come spesso accade per le nuove tecnologie, le origini di Internet non possono
essere ricondotte ad un solo individuo o ad un unico progetto né ad un sistema teorico
coerente. Alla nascita della rete hanno infatti contribuito uomini ed idee diversi, spesso in
modo indiretto.
Internet nacque in piena guerra fredda,
29
come prodotto della contesa, anche tecnologica,
tra Stati Uniti ed Unione Sovietica. La messa in orbita del primo satellite artificiale da
parte dei sovietici, lo Sputnik, nel 1957 - successo tecnologico che si aggiungeva al
superamento del gap nucleare - aveva fortemente scosso la fiducia americana nella propria
supremazia tecnico-militare. Allo scopo di riprendere l’iniziativa, l’amministrazione USA
concepì l’idea di creare un’agenzia con il compito di stimolare e finanziare la ricerca di
base in settori che avrebbero potuto avere una ricaduta militare. Fu il segretario alla Difesa
29
Le informazioni sulle origini di Internet sono tratte da: Beccaria A., I pionieri della frontiera digitale -
Internet: dagli esordi al World Wide Web, da http://www.liberacultura.it, consultato il 27 febbraio 2006.
10
McElroy a convincere il presidente Eisenhower della necessità che tale agenzia fosse
messa alle dipendenze del Pentagono. Oltre al vantaggio di stimolare l’attività scientifica
con finalità strategiche, tale collocazione avrebbe anche avuto il ruolo di ridurre le tensioni
tra le varie forze armate nella distribuzione dei fondi dedicati al settore della ricerca e
sviluppo. Nel 1958 il Congresso approvò la costituzione ed il finanziamento dell’Advanced
Research Projects Agency, l’ARPA, con sede nell'edificio del Pentagono, a Washington.
Appena costituita, l’ARPA indirizzò le sue attività nella ricerca aerospaziale ma quando,
pochi mesi dopo, tutti i programmi spaziali vennero trasferiti alla NASA, per l’ARPA fu
necessario trovare nuovi settori di sviluppo; fra questi la nuova scienza dei calcolatori
apparve subito particolarmente promettente. Un impulso decisivo in questa direzione
venne dal terzo direttore dell'agenzia, Jack Ruina, il primo scienziato chiamato a svolgere
quel ruolo. Ruina introdusse uno stile di lavoro informale e chiamò a collaborare colleghi
brillanti ma alquanto fuori degli schemi militari. Tra questi, un ruolo fondamentale fu
svolto da J.C.R. Licklider, uno dei personaggi più geniali e creativi della storia
dell'informatica.
Psicologo di formazione, Licklider passò ben presto a occuparsi di computer nei laboratori
del MIT di Boston. Il suo interesse si rivolse subito al problema delle interfacce
uomo/computer ed al ruolo che le macchine di calcolo avrebbero potuto avere per lo
sviluppo delle facoltà cognitive e comunicative dell'uomo (ben trenta anni prima che questi
concetti divenissero centrali nel settore informatico). Egli espose le sue idee al riguardo in
un articolo uscito nel 1960, intitolato “Man-Computer Symbiosis”, che lo rese subito
famoso.
Licklider rimase molto poco all'ARPA ma il suo passaggio fu sufficiente ad influenzare lo
sviluppo successivo di questa agenzia. Tra le tante eredità, l’idea di far interagire i
computer in una rete fu raccolta da Bob Taylor, giovane e brillante scienziato, chiamato dal
successore di Licklider, Sutherland, anche lui proveniente dal MIT. Nel 1959 venne
assunto alla RAND,
30
un altro centro americano legato alla ricerca militare, un giovane
ingegnere che aveva in precedenza lavorato nel settore delle valvole per computer: Paul
Baran. Inserito nell’appena costituita divisione informatica, Baran iniziò a lavorare su un
30
La Rand è un’azienda californiana (Santa Monica) nata come costola della Douglas Aircraft, e resasi
autonoma nel dopoguerra allo scopo di proseguire gli sforzi di ricerca applicata che erano stati avviati nel
corso del conflitto mondiale. Gran parte dei suoi studi e ricerche erano commissionati dall'aviazione, ed il
settore aeronautico costituiva il dominio principale delle sue attività di ricerca e consulenza. Oggi la RAND
Corporation è un’organizazione di ricerca non-profit che effettua analisi e propone soluzioni su tutte le
questioni che possano rappresentare una sfida per il settore pubblico e privato nel mondo. È uno dei “think
tank” americani.
11
problema che da qualche tempo veniva studiato dai tecnici della Rand: come riuscire a
garantire la continuità delle operazioni del sistema strategico di comando e controllo
americano in caso di attacco nucleare. Le reti di comunicazioni tradizionali – telefoniche –
su cui si basava l’intero apparato di controllo militare, infatti, erano allora estremamente
vulnerabili.
Baran giunse a due conclusioni: la prima era che una rete sicura dovesse avere una
configurazione decentralizzata e ridondante, in modo che esistessero più percorsi possibili
lungo i quali far viaggiare le informazioni da un punto a un altro della rete stessa; la
seconda, legata alla prima, che il sistema di telecomunicazioni dovesse basarsi sulle nuove
macchine di calcolo digitale, in grado di applicare metodi di correzione degli errori e di
scelta dei canali di comunicazione.
Baran elaborò quindi un modello di rete in cui ciascun nodo era collegato ad almeno altri
quattro nodi, tutti privi della funzione di concentratore, al contrario di quanto avveniva per
la rete telefonica. In questo modo ogni nodo avrebbe potuto continuare a funzionare,
ricevendo, elaborando e trasmettendo informazioni, anche nel caso in cui alcuni nodi vicini
fossero stati danneggiati. L’assenza di un nodo centrale eliminava di fatto ogni possibile
obiettivo strategico, la cui distruzione avrebbe potuto compromettere il funzionamento
dell’intera rete.
Oltre all’idea di una rete decentrata e ridondante, Baran ebbe anche un’altra intuizione:
piuttosto che inviare un messaggio da un nodo all’altro sottoforma di un unico blocco di
dati, sarebbe stato meglio dividerlo in parti separate, che avrebbero potuto viaggiare,
attraverso vari percorsi, verso la destinazione finale dove sarebbero state ricomposte.
Convinto della bontà del suo progetto, negli anni ‘60 iniziò a pubblicare vari articoli ma le
sue idee trovarono una decisa opposizione, soprattutto da parte di quella che avrebbe
dovuto esserne la principale destinataria: la AT&T, monopolista delle telecomunicazioni.
Dopo vari e vani tentativi di convincere i tecnici del colosso industriale, Baran rinunciò
definitivamente al progetto nel 1965.
Negli stessi anni, il fisico inglese Donald Davies era giunto a conclusioni simili a quelle di
Baran, pur partendo da premesse diverse. Davies si proponeva, infatti, di realizzare una
rete pubblica sufficientemente veloce ed efficiente da consentire di sfruttare, anche a
distanza, le capacità di elaborazione dei computer di nuova generazione, senza che le
differenze tra sistemi potessero condizionare le comunicazioni.
12