3
esperti per studiare la riorganizzazione del Segretariato; nel 1960 Dag
Hammarskjold organizzò un gruppo di 8 personalità, presieduto da
Georges Picot. Dalla metà degli anni ’60 fu l’Assemblea Generale a
impegnarsi sul fronte riformatore: nel 1966 vi fu la creazione del
Comitato dei 14 che produsse un centinaio di raccomandazioni; nel
1968 vi fu l’istituzione del Corpo comune d’ispezione che ancora oggi
pubblica regolarmente rapporti sull’Onu e le sue Agenzie; nel 1969 ci fu
la riforma del PNUS; dal 1975 in poi si sono succeduti numerosi comitati
e Gruppi di lavoro sempre con le medesime funzioni. Una cosa appare
comunque chiara: l’attenzione si è focalizzata soprattutto sugli aspetti
funzionali-organizzativi dell’Organizzazione e non su aspetti strutturali
quali l’attualità dei fini delle Nazioni Unite e l’adeguamento dei poteri
reali dei suoi organi alle competenze e alle funzioni statutariamente
previste. Fino agli anni ’70 non c’è stata alcuna presa di posizione seria
da parte dei Governi riguardo ad una possibile riforma dell’Onu;
“ il primo, forte segnale risale all’epoca in cui i Paesi del Sud
del mondo […] sollevarono il problema della insostenibilità
della vecchia divisione internazionale del lavoro nei rapporti tra
il Nord ed il Sud del mondo e rivendicarono un Nuovo Ordine
Economico Internazionale (NOEI) ”
4
.
Per dare maggiore forza alle proprie idee, tali Paesi mettevano in atto
una strategia di pressione nei confronti dei Paesi industrializzati sfociata
nella ben nota crisi petrolifera degli inizi degli anni ’70. Furono dunque i
PVS a porsi per primi il problema se effettivamente fosse possibile un
cambiamento nella gestione delle relazioni internazionali; e portarono
avanti tale idea partendo da una riflessione sul ruolo delle Nazioni Unite
come forum di discussione internazionale; per essi NOEI non fu soltanto
un concetto economico, fu un qualcosa che andava a toccare in primo
luogo le relazioni politiche tra Stati nel segno di una maggiore
4
Cfr. A. Papisca, Il futuro delle Nazioni Unite: dalla parte della società civile globale, in Europa Europe, numero
4, 1995, pp. 165 ss.
4
democrazia a livello internazionale, l’istituzione cioè di un Nuovo Ordine
Internazionale in cui l’Onu non fosse più strumentale ai fini di poche
potenze occidentali ma rappresentasse effettivamente tutti gli Stati. Nel
1974 l’Assemblea Generale adottava una Dichiarazione
“sull’allestimento di un Nuovo Ordine Economico Internazionale”
5
con la
strenua opposizione dei Paesi occidentali. La Dichiarazione contiene
alcuni concetti molto importanti dal punto di vista sia economico che
politico: ad esempio l’articolo 4 con le sue rivendicazioni di
“cooperazione la più estesa possibile fra tutti gli Stati membri della
Comunità internazionale fondata sull’equità” e di “partecipazione piena e
reale di tutti i Paesi, sulla base dell’eguglianza, al regolamento dei
problemi economici mondiali”
6
. Tuttavia non si andò oltre questo punto:
“[…] sia il Noei sia il Nomic sono rimasti allo stadio delle
rivendicazioni, segno evidente che al varo formale non ha
corrisposto una volontà negoziale-riformatrice sufficientemente
rappresentativa di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite”
7
.
Ciò fa capire come la mobilitazione dei Paesi in sviluppo si basava in
realtà su fragili basi: non c’era uniformità di vedute nemmeno all’interno
del Gruppo dei 77 (questo è il nome che si diedero collettivamente i Pvs
dopo la prima Unctad del 1964) e per di più bisognava misurarsi anche
con la dura opposizione dei Paesi industrializzati; il risultato fu sì
l’approvazione della citata Dichiarazione ma essa non fu seguita da
alcun atto per porla in essere effettivamente. Il tutto si arenò davanti alle
divisioni all’interno dell’Onu. A conclusione del discorso si può affermare
che:
“ l’originario progetto è da considerarsi soltanto parzialmente
recuperabile. Preso atto della inesistenza, dietro di esso, di un
potere costituente esercitabile in via unilaterale dai Paesi in via
5
Adottata con la risoluzione 3201 e 3202 – S VI del 1.5.1974 dell’Assemblea Generale
6
Cfr. risoluzione citata
7
Cfr. A. Papisca, op. cit., pag. 165
5
di sviluppo, occorre porsi in un’ottica di progettazione
multilaterale, occorre cioè che anche i Paesi industrializzati del
Nord siano “progettuali”, se non proprio immediatamente
“costituenti”, di un nuovo ordine internazionale. […] Dalle
vicende del NOEI discende la seguente “lezione”. Il campo
della economia, pur essendo di basilare importanza, non si
presta ad essere utilizzato quale campo “pregiudiziale” per
mutamenti di caratteri strutturali del sistema delle relazioni
internazionali. Se è vero che al centro delle istanze
denominate “NOEI” sta quella di una redistribuzione su scala
planetaria del potere politico […] allora il terreno è
“pregiudizialmente” quello politico: del negoziato e della
progettazione di nuove strutture decisionali politiche
internazionali. […] Il discorso di un nuovo ordine internazionale
più equo diventa necessariamente quello della democrazia
internazionale”
8
.
Negli anni ’80 nuovi imponenti fenomeni sociali impongono una più
attenta riflessione sul ruolo delle Nazioni Unite: bisogna dare
all’Organizzazione gli strumenti per guidare complessi processi di
mutamento che agiscono su scala planetaria (interdipendenza mondiale,
globalizzazione, cooperazione internazionale, diritti umani); il decennio è
segnato in positivo dall’attività di due personalità di rilievo che si
prefiggono come obiettivo quello di dare un contributo decisivo al
cambiamento: Giovanni Paolo II e Michail Gorbaciov. Per Papisca
“il primo, fin dall’inizio del suo pontificato, parla dell’esigenza di
costruire un nuovo ordine delle relazioni internazionali fondato
sulla legge universale dei diritti umani e sull’organizzazione
8
Cfr. A. Papisca, Nuovo Ordine Economico Internazionale (NOEI) o Nuovo Ordine Internazionale Democratico
(NOID)?, in AA.VV, Aspetti e problemi del nuovo ordine economico internazionale, Padova, Cedam,
1987, pp. 87 ss.
6
permanente della cooperazione internazionale, quale
assicurata, in primo luogo dall’Onu […]”
9
.
Per il Pontefice, quindi, due sono le direttrici lungo le quali
l’Organizzazione deve muoversi in vista del suo rinnovamento: i diritti
umani e la cooperazione internazionale. I primi sono assunti come punto
critico e al tempo stesso come una sfida per i Governi. La cooperazione
internazionale non deve essere più vista come egoistico contratto tra un
Paese forte e un Paese povero. Con Michail Gorbaciov, il problema del
funzionamento e del rilancio dell’Onu viene posto in termini perentori,
con proposte puntuali all’Assemblea Generale. Cerchiamo di capire
quali sono le idee di fondo dello statista sovietico partendo dalle sue
considerazioni riguardo al ruolo delle Nazioni Unite:
“[…] I processi oggettivi fanno sì che il nostro mondo,
complesso e vario, divenga sempre più intercorrelato e
interdipendente. Esso necessita sempre più di un meccanismo
attraverso il quale si possa discutere responsabilmente e a
livello rappresentativo dei suoi problemi comuni, di un
meccanismo che possa essere luogo di ricerca congiunta di
un equilibrio tra gli interesssi, diversi, contradditori ma reali
della comunità contemporanea degli Stati e delle nazioni.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite è destinata a costituire
tale meccanismo per il modo in cui è stata concepita e per la
sua origine. Siamo convinti che essa sia in grado di svolgere
questo ruolo”
10
.
9
Cfr. A. Papisca, Il futuro delle Nazioni Unite: dalla parte della soceità civile globale, in Europa Europe, numero
4, 1995, pp. 166
10
Cfr. M. Gorbaciov, Verso un mondo migliore, Milano, Sperling & Kupfer, 1987, pp. 173 ss.
7
Quindi si ha una riaffermazione del ruolo centrale che può avere l’Onu
nell’ambito di un mondo che cambia per dirigere questo cambiamento;
per Gorbaciov i problemi del disarmo e della sicurezza
“sono stati inclusi nelle proposte per la realizzazione di un
sistema globale di pace e sicurezza internazionale, proposte
avanzate congiuntamente all’Onu da noi (Urss) e dagli altri
Paesi socialisti”
11
.
Il sistema proposto dallo statista sovietico
“prevede innanzi tutto la continuità e la concordanza con gli
istituti esistenti per il mantenimento della pace. Il sistema
potrebbe funzionare sulla base dello Statuto dell’Onu e
nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. A nostro
modo di vedere, la sua vitalità sarà assicurata dal rispetto
rigoroso degli obblighi dello Statuto, da impegni unilaterali
integrativi degli Stati ed anche dalle misure di fiducia e
cooperazione internazionale in tutte le sfere, politico-militare,
economica, ecologica, umanitaria e altro ancora. Non mi
metterò a indovinare l’esatto aspetto finale che potrebbe avere
il sistema di sicurezza globale. Una cosa sola è chiara: esso
potrà divenire realtà solo se verranno distrutti tutti i mezzi di
sterminio di massa. Noi proponiamo che una commissione
indipendente di esperti e specialisti analizzi tutti questi
problemi ed esponga, poi, le sue conlusioni all’Organizzazione
delle Nazioni Unite. Personalmente, non ho alcun dubbio sulla
capacità degli Stati sovrani di assumersi sin da ora i loro
impegni nella sfera della sicurezza internazionale. E molti Stati
si comportano effettivamente in questo modo. […] Nella realtà
attuale esistono già i primi “mattoni” coi quali iniziare la
costruzione del futuro sistema di sicurezza. Pur timidamente,
11
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 174
8
l’organizzazione ragionevole, responsabile e razionale degli
affari internazionali, si sta ampliando davanti ai nostri occhi. Si
affermano standard mai conosciuti prima, volti alla disponiblità,
la trasparenza, il volume e l’approfondimento delle ispezioni e
del controllo reciproco sugli impegni assunti. […] Se il sistema
sarà efficace abbastanza, esso darà garanzie ancora più
valide per scongiurare e stroncare un’aggressione non
nuclerare. Il sistema che proponiamo presuppone appunto la
determinazione delle misure che consentirebbero
all’Organizzazione delle Nazioni Unite – il principale
organismo universale di sicurezza – di garantirne il
mantenimento a livello di sicurezza”
12
.
Le idee di Gorbaciov sul funzionamento di questo sistema sono molte
chiare e semplici:
“La condizione vincolante della sicurezza globale è il rispetto
incondizionato dello Statuto dell’Onu e del diritto dei popoli di
scegliere in modo sovrano le loro vie e forme di sviluppo,
rivoluzionarie o evolutive. Ciò riguarda anche il diritto ad uno
status quo sociale. Anche questa è una questione puramente
interna. Si deve escludere qualunque tentativo, diretto o
indiretto, di influire e ingerirsi nello sviluppo di Paesi “estranei”.
Altrettanto inammissibili sono i tentativi di destabilizzare
dall’esterno i governi esistenti. Tuttavia, la comunità mondiale
non può nemmeno rimanere in disparte di fronte ai conflitti
interstatali. Qui si potrebbe iniziare attuando la proposta del
Segretario Generale dell’Onu di creare un centro multilaterale
per ridurre il pericolo di guerra. Evidentemente, sarebbe il
caso di considerare l’opportunità di organizzare una linea
diretta fra il quartier generale dell’Onu e le capitali degli Stati
12
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 175 – 176
9
membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, nonché con la
residenza del Presidente del Movimento dei Non Allineati. Noi
riteniamo che per rafforzare la fiducia e la comprensione
reciproca, si potrebbe creare sotto l’egida dell’Onu un
meccanismo di ampio controllo internazionale
sull’adempimento degli accordi relativi alla riduzione della
tensione internazionale, la limitazione degli armamenti e sulla
situazione bellica nelle regioni interessate dai conflitti. Il
meccanismo opererebbe utilizzando le più svariate forme e
metodi di controllo per la raccolta delle informazioni e la loro
trasmissione operativa all’Onu. Ciò consentirebbe di avere un
quadro oggettivo degli avvenimenti in corso, di accertare
tempestivamente la preparazione alle azioni militari, rendere
più complesso un attacco improvviso e definire delle misure
per evitare che scoppi un conflitto militare, si diffonda e si
aggravi. Siamo giunti alla conclusione che allo scopo di
separare le truppe delle parti belligeranti, per controllare il
cessate il fuoco e gli armistizi bisogna ricorrere maggiormente
all’istituto degli osservatori militari dell’Onu e alle forze
dell’Onu per la salvaguardia della pace. E naturalmente, è
indispensabile – in tutte le fasi del conflitto – usare tutti i mezzi
di soluzione pacifica dei conflitti e delle divergenze fra gli Stati,
avanzare proposte di buoni uffici e mediazione per otttenere
un armistizio. Si direbbero proficue le idee e le iniziative sorte
riguardo alla formazione di commissioni e gruppi non
governativi che si occuperebbero di analizzare le cause, le
circostanze e i metodi di composizione di questa o di quella
concreta situazione di conflitto. I membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza potrebbero fungere da garanti della
sicurezza regionale e, a loro volta, impegnarsi a non utilizzare
10
né la forza né le minacce di farne uso, a rifiutare la presenza
militare dimostrativa. Visto che questa prassi è uno dei fattori
alla base dello scoppio dei conflitti regionali. E’ di estrema
importanza il radicale rafforzamento e l’ampliamento della
collaborazione fra Stati allo scopo di sradicare il terrorismo
internazionale. E’ opportuno demandare e concentrare la
questione nell’ambito dell’Onu. Sarebbe utile, a nostro parere,
organizzare sotto la sua egida un tribunale che indaghi sugli
atti di terrorismo internazionale. Pienamente giustificata
sarebbe, altresì, un’ampia concordanza nella lotta contro
l’apartheid, come uno dei fattori destabilizzanti a livello
internazionale. A nostro parere, le misure indicate possono
essere organicamente comprese nel sistema globale di pace e
sicurezza”
13
.
Questo brano sembra abbia avuto quasi il valore di una profezia: come
non ricordare infatti la Guerra del Golfo o i conflitti etnici nella ex-
Jugolavia? Probabilmente Gorbaciov aveva già compreso che i futuri
conflitti armati sarebbero stati sempre meno generali e sempre più
regionali; ma il brano è interessante anche perché cita quelle Ong che
attualmente sono impegnate nella salvaguardia della pace e dei diritti
umani: a loro viene assegnato un ruolo di primo piano nel futuro assetto
delle relazioni internazionali preconizzato dal leader russo. Ma non solo
la sicurezza militare in senso stretto viene presa in considerazione: si
parla di sicurezza economica perché
“non è sicuro un mondo nel quale un continente intero può
trovarsi sull’orlo della morte per fame e enormi masse di
uomini sono quasi permanentemente afflitti dalla
sottoalimentazione. Non è sicuro un mondo in cui una
13
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 178 – 179
11
moltitudine di Paesi soffocano nella morsa
dell’indebitamento”
14
.
Anche la sicurezza ecologica è un tema di primaria importanza:
“[…] I rapporti uomo-natura si sono fatti minacciosi. I problemi
della sicurezza ecologica riguardano tutti, ricchi o poveri che
siano. E’ indispensabile una strategia globale di tutela
dell’ambiente e di sfruttamento razionale delle risorse. E noi
proponiamo di avviarne l’elaborazione nell’ambito dello
speciale programma dell’Onu”
15
.
Gorbaciov prende in considerazione anche la tutela dei diritti dell’uomo:
“[…] Sono d’accordo che non si possa considerare sicuro il
mondo, in cui si calpestano i diritti dell’uomo. Aggiungo solo
che, se in una parte considerevole di questo mondo non
esistono le condizioni elementari di una vita degna dell’uomo,
se a milioni di persone è concesso il pieno “diritto” di soffrire la
fame, di non avere un tetto, di restare senza lavoro e di
ammalarsi quanto si vuole, poiché le cure non sono alla
portata della loro tasca, se infine si trascura il diritto
fondamentale dell’uomo, quello alla vita, anche in tal caso il
mondo non può essere considerato sicuro”
16
.
A questo punto si può spiegare perché Gorbaciov insista così
fortemente sul problema di un sistema di pace e di sicurezza
internazionale:
“è impossibile rassegnarsi alla situazione in cui il mondo è
venuto a trovarsi alle soglie del terzo millennio, sotto la
minaccia cioè di una distruzione totale, in uno stato di
permanente tensione, in un clima di sospetto e lacerazioni,
con un dispendio enorme di mezzi, di lavoro e talento di milioni
14
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 179
15
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 180
16
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 181
12
di uomini, per l’accrescimento della sfiducia reciproca e del
terrore. Si può parlare quanto si vuole della necesità di
cessare la corsa agli armamenti, di sradicare il militarismo,
della cooperazione, ma nulla cambierà se non comincieremo
ad agire. Il nocciolo politico e morale del problema è la fiducia
degli Stati e dei popoli l’uno nei confronti dell’altro, è il rispetto
degli accordi e degli istituti internazionali. Anche noi siamo
pronti a passare dalle misure di fiducia in singole sfere ad una
politica di fiducia ad ampio respiro, la quale gradualmente darà
anche una vita al sistema di sicurezza globale. Ma questa
politica deve basarsi sull’unità tra le dichiarazioni politiche e le
posizioni reali. L’idea di un sistema globale di sicurezza è il
progetto iniziale di un possibile nuovo sistema di vita nella
nostra comune casa planetaria. In altri termini si tratta di un
salvacondotto per il futuro, dove la sicurezza di tutti è la
garanzia della sicurezza di ognuno […]”
17
.
Le proposte del leader sovietico non si sono fermate comunque
all’elaborazione di un piano di global security:
“[…] Consapevolmente preoccupato delle prevedibili ricadute
destabilizzatrici che la sua rivoluzione interna avrebbe
provocato sul terreno della sicurezza internazionale,
Gorbaciov manifesta, anzi proclama la necessità di allestire un
“contenitore” paneuropeo di sicurezza – la Casa comune
europea – dentro il più ampio contenitore mondiale di
sicurezza delle Nazioni Unite col compito di garantire che i
processi di mutamento a catena in campo economico e
politico, compresi quelli di autodeterminazione e
ridimensionamento territoriale, avvengano pacificamente”
18
.
17
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 183
18
Cfr. A. Papisca, Il futuro delle Nazioni Unite: dalla parte della soceità civile globale, in Europa Europe, numero
4, 1995, pag. 167
13
Possiamo comprendere la sua concezione di questa Casa comune dal
discorso che egli ha tenuto al Consiglio d’Europa di Strasburgo nel luglio
del 1989; egli inizia la sua relazione dando atto all’Europa che essa nel
corso dei secoli
“ha dato un contributo insostituibile alla politica mondiale,
all’economia, alla cultura, allo sviluppo di tutta la civiltà”
19
.
Ma poi accusa la stessa Europa che
“le metastasi della schiavitù coloniale si sono diffuse
dall’Europa in tutto il mondo. Qui è nato il fascismo. Qui sono
iniziate le guerre più devastanti. E l’Europa, che può andare
legittimamente fiera delle proprie conquiste, ancora non si è
affrancata dai suoi debiti verso l’umanità. Questo deve ancora
farlo. E deve farlo perseguendo trasformazioni dei rapporti
internazionali in uno spirito di umanitarismo, di parità dei diritti
e di giustizia, dando l’esempio con la democrazia e le
conquiste sociali. […] Adesso tutti noi, tutti i partecipanti al
processo europeo, dobbiamo sfruttare al massimo i
presupposti creati con il nostro lavoro comune. A ciò mira
anche la nostra idea della casa comune europea”
20
.
Gorbaciov prosegue il suo discorso definendo più precisamente questa
idea:
“[…] Si tratta in sostanza di una perestrojka dell’ordinamento
internazionale venutosi a creare in Europa, perestrojka che
porterebbe decisamente in primo piano i valori comuni a tutta
l’Europa, consentirebbe di sostituire all’equilibrio tradizionale
delle forze un equilibrio di interessi. […] La filosofia cui si ispira
la concezione della “casa comune europea” esclude ogni
conflitto armato, la stessa possibilità dell’impiego della forza,
innanzi tutto militare. Al posto della dottrina della deterrenza,
19
Cfr. M. Gorbaciov, La Casa Comune Europea, Milano, Mondadori, 1989, pp. 213 ss.
20
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 214
14
essa propone la dottrina della moderazione. E non si tratta di
sfumature di concetti, ma di una logica dettata dalla stessa
realtà dello sviluppo europeo”
21
.
Il leader sovietico prende in considerazione questa nuova costruzione
anche da un punto di vista non prettamente militare: ad esempio egli
dichiara che
“se la sicurezza (militare) è il fondamento della casa comune
europea, la cooperazione multilaterale ne è la struttura
portante”
22
;
e continua affermando che questa casa comune ha pure un contenuto
economico:
“[…] Consideriamo reale, anche se non prossima, la
prospettiva di dar vita a una estesa zona economica
dall’Atlantico agli Urali, caratterizzata da intensi rapporti tra le
sue parti orientale e occidentale. […] I tratti affini nel
funzionamento concreto dei meccanismi economici, il
rafforzamento dei legami e dell’interesse economico,
l’adattamento reciproco, la formazione dei relativi specialisti,
tutti questi fattori a lungo termine sulla linea della
collaborazione, il pegno della stabilità del processo europeo e
internazionale nel suo complesso”
23
.
Come sempre Gorbaciov pone una particolare enfasi sul problema
ecologico:
“[…] La casa comune europea dovrà essere ecologicamente
pulita. La vita ci ha impartito lezioni amare. I grossi problemi
ecologici in Europa hanno superato da tempo i confini
nazionali. E la formazione di un sistema di sicurezza ecologica
regionale è un problema urgente. E’ auspicabile che il
21
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pp. 215 – 217
22
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pp. 218 – 220
23
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pp. 221 – 223
15
processo paneuropeo proceda più rapidamente in questa
direzione che è effettivamente tra quelle prioritarie”
24
.
Non vengono trascurati nemmeno i temi di diritto umanitario e quelli più
prettamente giuridici:
“Il contenuto umanitario del processo paneuropeo è un
elemento decisivo. Un mondo nel quale venissero ridotti gli
arsenali militari, ma nel quale fossero violati i diritti dell’uomo,
non può sentirsi sicuro. Questa conclusione a cui siamo giunti
è per noi definitiva ed irrevocabile. […] Siamo convinti che al
processo paneuropeo debba essere data una ferma base
giuridica. Intendiamo la casa comune europea come una
comunità di diritto”
25
.
Nonostante il costante impegno del leader sovietico per far conoscere e
cercare di mettere in atto queste sue idee, esse restarono lettera morta.
Se i governi occidentali fossero stati più convinti nel sostenere questi
progetti probabilmente si sarebbe potuto evitare molte delle pesanti
conseguenze che sono scaturite dalla crisi dell’Urss e dalla fine del
bipolarismo. Il progetto di Gorbaciov non mancava certo di errori e
debolezze ma almeno poteva essere una base da cui far partire un
qualche processo di cambiamento. Si ha come l’impressione di
un’occasione persa. La fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 porta
con sé due eventi di importanza fondamentale: la caduta del Muro nel
1989 e la Guerra del Golfo nel 1991. Il primo ha certamente scosso il
sistema internazionale nel suo complesso, che ormai sembrava avviarsi
verso una coesistenza fra due sistemi politico-economici dominanti.
Certamente questo avvenimento, non previsto, ha aperto nuove e
pressanti questioni per quanto riguarda l’assetto della regione centro-
europea e posto direttamente dei problemi di sicurezza nuovi. Il conflitto
nel Golfo Persico ha attivato il dibattito sull’Onu nei Paesi occidentali alla
24
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pp. 224 – 226
25
Cfr. M. Gorbaciov, op. cit, pag. 227
16
luce del non corretto uso che in questa occasione viene fatto della Carta
dell’Onu. In particolare si critica la strumentalizzazione del Consiglio di
Sicurezza ad opera soprattutto degli Usa, ormai rimasti l’unica
superpotenza mondiale, che tenterebbero di fare di quest’organo uno
strumento per far prevalere i propri interessi di “gendarme del mondo”;
per il prof.Miele
“si tratta di sapere se esista effettivamente un sistema di
sicurezza internazionale, capace di imporre agli Stati la pace;
se ciò che abbiamo vissuto (la Guerra del Golfo) sia pertanto
una conferma del sistema legale, scritto nella Carta dell’Onu; o
debba al contrario interpretarsi come un ritorno al diritto
internazionale generale e alla dottrina tradizionale della
guerra”
26
;
egli critica anche gli Usa quando, nel 1996,
“ […] hanno agito in via preventiva, prima di una risoluzione
del Consiglio per la Sicurezza dell’Onu, come in Somalia; […]
L’intervento americano, in questa seconda fase, prescinde
invece dalla legittimazione (preventiva o successiva) di una
risoluzione del Consiglio. Ed è facile immaginare che questa
sia – semplicemente e puramente – una forma di guerra
“anarchica”, come in passato, con cui gli Stati Uniti proteggono
– esattamente come nel diritto internazionale di una volta – gli
interessi propri e della propria Nazione […]
27
”.
Secondo Papisca
“[…] da parte degli Usa e di molti governi occidentali,
l’attenzione rivolta all’Onu è più per contenerne che per
potenziarne la funzione; […] ma proprio nel mondo occidentale
prende corpo la circostanza – del tutto nuova – che abbiamo
prima evocato: di nuovo ordine mondiale si interessano
26
Cfr. A. Miele, La guerra irachena, Padova, Cedam, 1997, pag. 3
27
Cfr. A. Miele, op. cit., pag. 63
17
vivacemente le antenne più sensibili della società civile,
organizzazioni non governative e gruppi di volontariato […]. La
“scoperta” dell’Onu avviene dunque sull’onda del “ripudio della
guerra” e proprio nel momento in cui i Paesi forti del Consiglio
di Sicurezza tentano di militarizzare il ruolo delle Nazioni
Unite. Il convincimento che va facendosi strada è che occorre
far funzionare l’Onu secondo i suoi principi originari e che
perché ciò avvenga occorre democratizzarne strutture
organizzative e procedura decisionale”
28
La Guerra del Golfo, quindi, ha messo a nudo i limiti funzionali dell’Onu,
e del Consiglio di Sicurezza in particolare; comunque essa ha anche
avuto una ricaduta positiva: molti hanno cominciato a chiedersi se è
possibile veramente andare avanti in questa situazione, con pochi Stati
che controllano l’Organizzazione a loro piacimento. Il movimento
riformatore che si è sviluppato in questi ultimi anni è testimonianza
concreta di come il tema Onu sia ormai un argomento che è uscito da
ristretti ambiti intergovernativi per coinvolgere anche molte Ong che
stanno studiando con cura il problema. La speranza è che tutto questo
lavoro non resti, come negli anni passati, solo un mucchio di belle parole
come cornice di una politica “gattopardesca”: cambiare tutto per non
cambiare niente!
28
Cfr. A. Papisca, Il futuro delle Nazioni Unite: dalla parte della soceità civile globale, in Europa Europe, numero
4, 1995, pp. 167 – 168