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comunicazione di marketing, in realtà costituisce qualcosa di
molto diverso.
La RSI poggia sul principio della pari dignità di tutti i soggetti
coinvolti nell’attività aziendale ai fini della costruzione e
realizzazione del progetto imprenditoriale.
Può oggi un’impresa curarsi unicamente del proprio profitto? O è
forse anche tenuta a conoscere, valutare e soddisfare le esigenze,
non solo economiche ma anche sociali, ambientali e culturali della
società, sempre più attenta e critica nei confronti del suo operato?
“Profitto” ed “Etica” sono due termini inconciliabili nella realtà
contemporanea?
Sono questi gli interrogativi da cui trae spunto il presente lavoro,
che si propone di analizzare una tematica multidisciplinare oggi al
centro del dibattito internazionale, quale è appunto la
responsabilità sociale d’impresa. Quest’analisi è stata condotta
seguendo due direttrici: la prima, di stampo teorico-generale, la
seconda, di tipo empirico-progettuale.
Il concetto di responsabilità sociale d’impresa viene esaminato
sotto il profilo teorico, storico e operativo.
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Nei primi due capitoli viene proposta un’analisi prevalentemente
teorica dell’argomento, basata sulla principale letteratura esistente
a riguardo con un breve excursus sull’evoluzione ed ampliamento
del concetto, fornendone una definizione, descrivendone l’oggetto
e analizzandone gli ambiti di applicazione. Successivamente, si
cercherà di ripercorrere le principali iniziative tese a promuovere
la responsabilità sociale d’impresa a livello sia nazionale che
internazionale.
Ho ritenuto opportuno analizzare il concetto di sostenibilità,
intesa appunto come un modello di gestione economica che tiene
conto dell’impatto ambientale e sociale attuale e futuro
dell’impresa, in un’ottica di inter-generazionalità e di intra-
generazionalità. Un’attenzione particolare è rivolta poi alla
comunicazione intesa come fattore critico di successo dell’impresa
socialmente responsabile.
L’obiettivo del Secondo Capitolo è analizzare il concetto di Etica e
le ovvie ragioni del perseguire tale principio nelle scelte aziendali,
i suoi benefici e la sua naturale coesistenza col profitto, dal punto
di vista teorico nella prima sezione e pratico nella seconda.
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In quest’ultima, è mio intento capire come i concetti
precedentemente esposti vengono messi in pratica e percepiti dalle
aziende attraverso gli strumenti e gli standard di certificazione.
I restanti due capitoli sono dedicati all’analisi empirico-
progettuale di un caso aziendale di successo: quello del Gruppo
IKEA, realtà operante nel settore della produzione e della
distribuzione di articoli per l’arredamento, e del suo impegno
sociale ed ambientale.
La decisione di studiare IKEA è scaturita dal fascino che questa mi
ha trasmesso sin dalla prima volta in cui visitai uno dei tanti
negozi presenti in Italia: precisamente quello di Roma Anagnina
nel 2000, anno in cui iniziai ad intraprendere la mia carriera
universitaria.
Ciò che mi colpì in modo particolare era l’ordine in cui erano
disposti i prodotti, un ordine programmato e progettato sin dalla
costruzione degli stessi, che garantisce la possibilità di sfruttare
tutti gli spazi, soprattutto limitati, ed avere tutto sotto controllo e
a portata di mano. Tutto questo rispecchia quella che è la mia
filosofia di vita quotidiana, cioè avere tutto in ordine e fare le cose
con dei precisi criteri: non tralasciare nulla, ottimizzare il tempo,
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ridurre gli sprechi e quindi risparmiare ottenendo il massimo in
qualità e bellezza.
La decisione di analizzare la Responsabilità Sociale di IKEA è
scaturita in seguito alla visione del film documentario “The
Corporation” tratto dal libro di Joel Bakan. Questo documentario-
inchiesta parlava di aziende multinazionali che operano al limite e
spesso oltre la legalità fino ad infrangere i diritti umani pur di
accaparrarsi cospicui profitti, tutto nascosto dietro l’immagine che
tali imprese forniscono di se stesse.
Mi sono avvicinato un pò alla volta al tema della responsabilità
sociale d’impresa, ed in coincidenza della preparazione di un
esame che trattava l’argomento, ho deciso di approfondire questa
nuova prospettiva per le aziende di fare affari in modo etico.
Data la stima da me conferita all’azienda IKEA, ho deciso di
cimentarmi nel difficile compito di capire in che cosa consistesse
la sua responsabilità sociale ed ambientale. Ho iniziato leggendo
libri, giornali e consultando internet alla ricerca di informazioni
per ottenere un quadro piuttosto completo della situazione.
Nel Terzo Capito fornirò una descrizione del Gruppo IKEA e delle
sue caratteristiche culturali, commerciali, e una breve
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ricostruzione della sua presenza in Italia. Successivamente, nel
Quarto Capitolo, l’analisi si focalizzerà su come agisce IKEA nel
campo sociale ed ambientale, cercando di comprendere l’impianto
generale della sua responsabilità nel processo di produzione,
trasporto e distribuzione. Attenzione sarà data alle pratiche e agli
strumenti utilizzati, con particolare riferimento al codice di
condotta IWAY, “The IKEA Way on Purchasing Home
Furnishing Products” introdotto nel 2000, e sui progetti nazionali
ed internazionali.
L’ultima parte del Capitolo è invece dedicata ad un’analisi critica
generale del concreto comportamento di IKEA da un punto di
vista etico. Un’analisi svolta in base ad indagini, articoli, report
che negli ultimi anni hanno rilevato delle carenze e dei difetti
nelle politiche dell’azienda.
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Capitolo primo
La Responsabilità Sociale d’Impresa
1.1 Evoluzione ed ampliamento della responsabilità
sociale
Un numero sempre maggiore di imprese promuove oggi
strategie di Responsabilità Sociale (in inglese Corporate
Social Responsability-CSR), considerata come un approccio
innovativo alla gestione aziendale in risposta ad una serie di
pressioni sociali, ambientali ed economiche.
Il problema che notiamo non è la scarsa sensibilità su questo
tema, ma che cosa si intende da un punto di vista sostanziale
e non solo retorico per responsabilità sociale d’impresa, e
quale sia il senso del cammino che le aziende stanno
compiendo verso di essa.
Bisogna dare un minimo di prospettiva storica a questo
cammino, per capire se siamo di fronte ad un fenomeno nuovo
con caratteristiche di discontinuità rispetto al passato, oppure
12
semplicemente ad un modo nuovo di chiamare un fenomeno
antico.
Negli anni ’50-‘60 nei paesi sviluppati esisteva già una radicata
cultura del filantropismo e del mecenatismo che vedeva attivi
grandi imprenditori ed intere imprese: i mecenati appunto.
Nel mecenatismo c’è un approccio di tipo fortemente etico (sia
religioso che laico) che ha portato tante risorse economiche e
organizzative ad un mondo che aveva un enorme bisogno per
finalità sociali e culturali
1
. Intorno agli anni ’70-’80 (in Italia
negli anni ’90) si sviluppa una forte cultura del marketing, sia
nel contesto delle aziende profit che in quello delle
organizzazioni sociali, che ha favorito forme di accentuata
collaborazione tra aziende e soggetti promotori di iniziative di
carattere sociale.
Questa è la stagione delle sponsorizzazioni, dei grandi eventi,
ma anche delle grandi campagne di raccolta fondi e degli aiuti
umanitari, portando non solo soldi ma anche notorietà alle
cause sociali e ad organizzazioni che grazie a tale sostegno
possono entrare in contatto con larghe fasce di pubblico.
Oggi siamo in una terza fase di questo cammino che ha forti
1
Intervento di M. C. Cagli alla Conferenza pubblica “Responsabilità
sociale delle imprese: cultura e comunità”. Reperibile su:
http://www.fund-raising.it/italiano/download/conferenza%20respsoc%
20imprese.pdf.
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tratti di discontinuità con il passato. Il mondo, la comunità
umana, la società sono cresciute e cambiate: siamo cresciuti
noi come cittadini consumatori, è cresciuta moltissimo la
pubblica amministrazione.
È la stagione degli investimenti sociali che sono un qualcosa
di diverso dal mecenatismo e dalla donazione filantropica, ma
anche dall’investimento di marketing e pubblicitario. Secondo
questo approccio, ciò che mette in moto o dovrebbe orientare
l’intervento sociale delle aziende è il fatto che esse sono un
vero e proprio attore sociale al pari delle associazioni di
cittadini, al pari della pubblica amministrazione e non solo
degli attori economici.
Questa è una novità profonda perché più che dare i soldi per
mettere a posto la propria coscienza (l’azione etica) o per
aumentare il proprio prestigio sociale ed economico, (l’azione
utilitaristica) o più che investire per fare un buon marketing che
faccia vendere di più e meglio in una società che cambia, oggi
le aziende hanno bisogno di investire sul progresso sociale, in
quanto una società sviluppata, progredita e sana è una delle
condizioni essenziali per il suo stesso successo.
Recentemente il problema ha assunto dimensioni planetarie a
causa della crescente globalizzazione e delocalizzazione della
14
produzione industriale in paesi in via di sviluppo e
scarsamente regolamentati.
Fatti di cronaca recente hanno addirittura infiammato il
dibattito sulla responsabilità delle aziende, i casi Ciro,
Parmalat, Enron, solo per citarne tre fra i più eclatanti ma
anche le condanne giudiziarie di aziende come Exxon, Nike,
Coca Cola per il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori o
addirittura per l’infrazione di diritti umani o gravi danni
all’ambiente. Questi fatti di cronaca hanno stimolato dibattiti,
convegni e pubblicazioni sull’ argomento, portando
contemporaneamente alla maturazione di una società civile
attiva e transnazionale che si batte per il rispetto globale dei
diritti dei lavoratori e dei diritti umani ed esercita una forte
pressione sulle società transnazionali perché modifichino i loro
modelli di comportamento.
1.1.1 Definizione e inquadramento normativo in
Europa
È opportuno innanzitutto chiarire l’uso dei termini fondamentali
attorno a cui ruoterà il discorso. Penso che comprendere
l’etimologia delle parole che usiamo sia fondamentale per
utilizzarle in maniera corretta. Vediamo cosa ci dice il
15
dizionario a proposito dei termini più importanti della
trattazione.
Si definisce
2
“responsabilità”: l’essere responsabile, che è
tenuto a rispondere, rendere conto di qualcosa in quanto ne è
l’autore o la causa; che deve rendere conto, delle
conseguenze che il proprio operato può determinare nei
confronti di cose o persone che gli sono state affidate.
Etimologia: derivato dal latino responsum, supino di
respondere “rispondere”.
Nella definizione di responsabilità compare anche:
responsabilità civile o penale, condizione di un soggetto che
deve subire una sanzione per aver contravvenuto a una
precisa norma del codice civile o penale.
Mentre con l’aggettivo “sociale” si intende: che vive in società,
che per natura è portato a vivere in società; che riguarda
l’intera società in cui gli uomini sono organizzati; l’ambiente in
cui uno vive e i suoi rapporti con le persone con cui è
moralmente a contatto. Etimologia: dal latino socialis, derivato
di socius “compagno, alleato”.
Come si può notare il significato è assai ampio ma come ci fa
capire anche l’etimologia è un termine che ha a che fare con la
2
Le definizioni dei termini sono tratte dal “Dizionario Devoto Oli della
Lingua Italiana”, Le Monnier, Edizione 2004-2005.
16
condivisione di qualcosa, con lo stare insieme, con
l’appartenenza ad un insieme di persone.
Cercando “ambientale” sul vocabolario troviamo invece
“dell’ambiente” che a sua volta significa: l’aria, il luogo che ci
circonda e in cui si vive; le persone, le cose in mezzo alle quali
viviamo e che condizionano la formazione della nostra
personalità. Etimologia: dal latino ambiens, -entis, participio
presente di ambire andare attorno usato nel senso di “ciò che
avvolge” il luogo e le persone.
Leggendo il vocabolario potremmo interpretare la
responsabilità sociale e ambientale d’impresa come la
capacità di un soggetto economico di rispondere delle proprie
azioni verso le persone con cui interagisce e verso tutto ciò
che circonda le stesse, ovvero verso lo spazio in cui queste
vivono.
A livello europeo il dibattito ha mosso i primi passi nel 1993
con l’appello del Presidente Jacques Delors alle imprese
europee affinché contribuissero alla lotta contro l’esclusione
sociale.
Nel 2000 il Consiglio Europeo di Lisbona lanciò un appello al
senso di responsabilità delle imprese nel settore sociale per
ciò che riguarda le best practises (buone prassi) collegate
all’istruzione alla formazione continua, all’organizzazione del
17
lavoro, all’uguaglianza delle opportunità, all’inserimento
sociale e allo sviluppo sostenibile.
L’impegno richiesto alle imprese era quello di fare dell’Europa
“l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica
del mondo, capace di una crescita economica sostenibile
accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo
dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”.
In linea con questo obiettivo si inserisce la normativa della
Commissione Europea che nel luglio del 2001 ha presentato il
Libro Verde, con il quale si avanza la tesi che la RSI può
creare allo stesso tempo opportunità favorevoli per le imprese,
per la società, e per l’ambiente, motivando il personale,
migliorando la reputazione delle aziende e la conoscenza che
quest’ultime hanno dei propri mercati.
Anche la Comunicazione della Commissione del 2002
3
relativa
alla responsabilità sociale delle imprese si basa sul “contributo
delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile”, definendola una
strategia europea per promuovere il contributo delle imprese al
progresso economico ed ambientale.
Attraverso questi documenti, dunque, la Commissione
3
Comunicazione della Commissione, “Responsabilità sociale delle
imprese: un contributo delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile”, COM
347 definitivo, 2 luglio 2002. Reperibile su: http://www.uil.it/dem_
economica/csr%20comunic_commissione.pdf.
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Europea espone le linee guida in materia di Corporate Social
Responsibility. Essa viene definita “integrazione su base
volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali
ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro
rapporti con le parti interessate.
4
”
L’ampiezza delle tematiche che possono essere ricondotte al
tema della RSI ne rende complessa la delimitazione dei
confini. A partire dalla definizione fornita dal Libro Verde, è
possibile comunque individuare tre elementi su cui si fonda il
concetto:
1. la volontarietà delle iniziative;
2. l’attenzione alle operazioni commerciali;
3. il coinvolgimento di tutti gli stakeholders.
Va peraltro detto che anche il Libro Verde, pur affermando che
le imprese “sono sempre più consapevoli del fatto che la
responsabilità sociale può rivestire un valore economico
diretto”, ad esempio in termini di immagine, non disconosce
affatto che “la loro responsabilità principale è quella di
generare profitti”.
Dal punto di vista dell’impresa internazionalizzata, entrando
4
Libro Verde. “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità
sociale delle imprese”, COM 366 definitivo, 18 luglio 2001, pag 7.
Reperibile su: http://ec.europa.eu/employment_social/soc- dial/csr/
greenpaper_it.pdf.
19
più nello specifico, la RSI si manifesta nell’impegno concreto
da parte dell’impresa a far sì che la propria presenza si
trasformi in un’opportunità di sviluppo positivo del territorio,
istaurando relazioni di medio-lungo termine con gli attori locali
basate sul trasferimento di conoscenze in grado di
promuoverne lo sviluppo endogeno. Infatti, il problema della
condotta responsabile si pone particolarmente, ma non
esclusivamente, per le imprese multinazionali che sempre più
frequentemente si trovano ad operare in paesi in cui le leggi
lasciano ampi spazi di manovra alle loro operazioni
commerciali
5
.
L’impresa è considerata socialmente responsabile se:
• non discrimina i dipendenti in base a sesso, razza,
religione, appartenenza politica;
• realizza prodotti e processi nel rispetto dell’ambiente;
• offre prodotti di qualità ad un prezzo appropriato;
• non testa prodotti sugli animali;
5
A tal proposito Zamagni S., “Nelle mani del consumatore cittadino”,
in “Etica per le professioni”, 2002, pag.3,riporta una metafora di
Peter Drucker che rende bene l’idea. “Le imprese dell’epoca fordista
erano come le piramidi d’Egitto, strutture ben piantate su un territorio
con il quale sviluppavano relazioni di natura non solo economica, ma
anche sociale e culturale. Le imprese di oggi, invece, sono come le
tende del deserto che un giorno possono essere piantate in un luogo
e il giorno dopo in un altro”.