Con questo non si possono tuttavia nascondere le molte norme speciali
limitative della responsabilità del vettore introdotte nel corso del tempo sotto le
pressioni delle varie categorie di soggetti interessati (vettori, albergatori, etc.).
Le condizioni di civiltà e di organizzazione tecnica in cui si svolgono oggi le
attività di trasporto rispetto ai secoli passati sono decisamente cambiate e le
norme del receptum, nate dal sospetto contro vetturini e albergatori in un età in
cui queste categorie di persone appartenevano ad un ordine sociale inferiore,
hanno dovuto subire profonde attenuazioni.
Ma il principio fondamentale della responsabilità ex recepto, per cui il vettore
deve rispondere per la perdita e l’avaria delle cose in sua custodia a meno che
non dia prova della forza maggiore, domina ancora la moderna industria dei
trasporti, come la dominava nel mondo romano.
Nel sistema del cod. civ. vigente il debitore è liberato dalla responsabilità se
dimostra che l’impossibilità di fornire la prestazione deriva da causa a lui non
imputabile (art. 1218 cod. civ.), ma a questa regola fondamentale la
responsabilità ex recepto aggiunge qualcosa di più circa l’onere della prova.
Perché il vettore si sottragga alla responsabilità, occorre che fornisca la prova
del fatto a lui non imputabile che abbia prodotto la perdita o l’avaria, quale il
caso fortuito, o che l’avaria o la perdita siano derivate dalla stessa cosa
trasportata per la sua natura o per i suoi vizi, per non adeguato imballaggio, o
per fatto del mittente o del destinatario.
3
3
BRASIELLO, La responsabilità del vettore, in Giur. compl. Cass. civ., 1955, IV-V, pag.
137.
Si deve comunque sottolineare che la responsabilità ex recepto del vettore,
inquadrata nel sistema del nostro codice civile in materia di responsabilità
contrattuale, ha una portata meno derogatoria rispetto ai principi generali di
quella che aveva nel sistema del diritto romano. In diritto romano, infatti, dove
di regola nell’esecuzione dei contratti era causa liberatrice per il debitore
l’evento indipendente dalla sua colpa (casus) anche se inerente alla sua
impresa, il richiedere nel receptum come causa liberatrice la vis maior voleva
dire far rispondere il debitore non solo per i fatti dipendenti dalla propria colpa,
ma anche per i fatti estranei all’impresa
4
.
Nel sistema del nostro codice civile , invece, il principio generale affermato
dall’art. 1218 è quello della responsabilità del debitore inadempiente non solo
per sua colpa ma anche per i fatti non implicanti sua colpa ma che risultino ad
esso imputabili, compresi quindi quei fatti inerenti ai mezzi materiali e alle
persone da lui impiegate (fatti a lui non estranei). Pertanto la previsione del
caso fortuito come causa liberatoria per il vettore ha in questo caso una portata
decisamente meno derogatoria rispetto a quanto avveniva nel diritto romano.
4
GOLDSCHMIDT, Das “receptum nautarum”, in Zeit. Ges. Handelsrecht, 1860, pag. 58 e
segg.
2. evoluzione dei principi
a) I codici unitari.
Il contratto di trasporto terrestre di cose, attualmente disciplinato dagli artt.
1678 e segg. del codice civile, è oggetto, nel sistema dei codici unitari, di una
duplice normativa, contenuta sia nel codice civile che in quello di commercio.
Il codice civile ne tratta nel terzo libro, nel capo terzo del nono titolo.
Il titolo nono è dedicato al contratto di locazione ed il capo terzo, in particolare,
alla locazione delle opere; all’art. 1627, che apre la serie delle disposizioni in
materia, si enuncia che: “vi sono tre principali specie di locazione di opere e di
industria: 1) quella per cui le persone obbligano la propria opera all’altrui
servizio; 2) quella de’vetturini si per terra come per acqua; 3) quella degli
imprenditori di opere ad appalto o cottimo”.
Una sola norma unifica dunque tre tipi contrattuali: quello di lavoro
subordinato, di trasporto e d’appalto, destinati in seguito ad assumere una
fisionomia autonoma e distinta, in sintonia con il ruolo di primo piano
assegnatogli dalla moderna economia. Né più attuali disposizioni è dato
ritrovare nel coevo codice di commercio, che, agli artt. 77 - 78, detta norme in
materia di trasporto rubricate sotto i capi “dei commissionari di trasporto per
terra e per acqua” e “del vetturale”.
5
5
SESTA, La responsabilità del vettore terrestre. Profili legislativi e dottrinali (1865 - 1882),
in Dir. mar., 1978, pagg. 41 e segg.
Da questo inquadramento sistematico, in cui le poche disposizioni dei codici
del 1865 sono ordinate, risulta la mancanza di una visione unitaria del contratto
di trasporto. Tale inadeguatezza e scarsità normativa è da imputarsi alla fedeltà
del legislatore del 1865 ai codici francesi (vigenti ormai da oltre sessant’anni),
adottati senza alcun apporto originale. Tale operazione ha necessariamente
causato gravi inconvenienti in quei settori che mezzo secolo di sviluppo
economico, senza precedenti nella storia, aveva completamente innovato. Così
quello dei trasporti risulta uno tra i capitoli più insoddisfacenti dell’intera
codificazione civile e commerciale, poiché la normativa napoleonica era stata
pensata in relazione a tecniche di trasporto assai prossime a quelle che avevano
dato vita, molti secoli prima, ai principi del receptum; ora quelle stesse regole
si trovano improvvisamente inadeguate, a partire dal linguaggio usato, dinanzi
ai progressi tecnici realizzatisi nei primi sessant’anni del secolo XIX.
6
Il codice civile del 1865 considera il trasporto per terra e per acqua come una
pura e semplice locazione d’opera; sono ribadite alcune norme generali
sull’obbligo della custodia e della conservazione delle cose affidate, sulla
responsabilità per perdita, danni ed avarie, sul dovere di prendere nota su
apposito registro delle cose da trasportare (art. 1627 n.2, 1629-1633).
6
SESTA, Op. Loc. ult. cit.
Il codice di commercio, fedelissimo al modello francese, disciplina il contratto
di trasporto nel titolo IV, il cui capo secondo è appunto dedicato ai
commissionari di trasporto per terra e per acqua (commissionari sono coloro
che agiscono come intermediari tra il vetturale e il pubblico). Il successivo capo
terzo regola la figura del vetturale. Le disposizioni sono scarne: l’art. 78
dispone che il commissionario di trasporti è responsabile dell’arrivo delle
merci nel termine stabilito dalla lettera di vettura, salvo i casi di forza maggiore
legalmente provata; delle avarie o perdita delle merci se non vi è convenzione
contraria, o se non dipendono da vizio della cosa o da forza maggiore. Ancora
in tema di responsabilità il codice di commercio (art.82) stabilisce che il
vetturale “risponde della perdita e delle avarie delle cose trasportate, quando
non dipendano da vizio di queste, da caso fortuito o da forza maggiore”. I
concetti di caso fortuito e di forza maggiore, che in alcune norme dei codici
unitari troviamo congiuntamente, mentre in altre compare solo l’espressione
“forza maggiore”, furono a lungo dibattute dagli scrittori italiani e stranieri del
secolo scorso
7
. Si profilarono tutte le possibili accezioni ed interpretazioni
delle due espressioni. Prevalse infine la tesi che considerava perfettamente
identici, veri e propri sinonimi, i due termini
8
. Proprio la previsione del caso
fortuito e della forza maggiore come fatti liberatori rappresenta una notevole
7
Sul punto ampiamente COVIELLO, Del caso fortuito in rapporto alla estinzionee delle
obbligazioni, Lanciano, 1895, pag. 555.
8
COVIELLO, Op. loc. ultt. cit.; CANDIAN, Caso fortuito e forza maggiore, voce nel Noviss.
dig. it., II, Torino, 1958, pag. 988; COTTTINO, Caso fortuito e forza maggiore, voce
dell’Encicl. del dir., VII, Milano, 1960, pag. 377;
attenuazione del rigore che caratterizzava la regola del receptum all’ origine,
dove l’unico fatto liberatorio era rappresentato dalla vis maior, cioè l’evento
irresistibile, e non il semplice casus, ovvero il semplice fatto non colpevole.
Il sistema previsto dalla legislazione dei codici unitari si presenta in definitiva
fedele agli antichi principi del receptum romano ma si dimostra decisamente
inadeguato a disciplinare le questioni connesse al trasporto terrestre, tanto che,
come abbiamo visto, le critiche si fecero sentire fin dalla entrata in vigore dei
suddetti codici e le proposte di modifiche non tardarono ad essere avanzate.
b) Il codice di commercio abrogato
I limiti dei codici unitari relativi alla materia dei trasporti ed anche a vasti
settori del diritto commerciale non tardarono, come abbiamo visto, ad essere
riconosciuti, sia dagli interpreti che dai politici dell’epoca.
Sin dal giugno del 1869, solamente quattro anni dopo l’entrata in vigore dei
codici unitari, l’On. P.S. Mancini presentò un emendamento volto a dare
facoltà al governo di “introdurre nel codice di commercio, sopra studi e
proposte di una commissione di giureconsulti e di commercianti, le
modificazioni e i miglioramenti richiesti dai bisogni del commercio e dai
progressi della scienza, prendendo specialmente a norma il codice commerciale
germanico e la legge germanica sulle lettere di cambio del 24 novembre 1848, e
di coordinarlo con altre parti della legislazione del Regno”.
Istituita successivamente una commissione incaricata “di studiare le
modificazioni, che potrebbero utilmente introdursi nel codice di commercio del
Regno”, attraverso numerose vicende questa compilò nell’aprile del 1872 un
progetto preliminare
9
.
In questo progetto compare per la prima volta, mutuata dal codice di
commercio tedesco del 1861, la figura del vettore, con cui si designa “chiunque
assume in qualunque modo di eseguire o fare eseguire trasporti”, mentre
scompaiono le figure del commissionario di trasporti e del vetturale.
9
il cui testo si legge in MARGHERI, I motivi del nuovo codice di commercio italiano, II, 2,
Napoli, 1885, pag.11 segg.