Introduzione
2
Le tendenze sopra descritte si vanno inoltre sempre più accentuando, di anno in anno, a
causa di una serie di circostanze che stanno influenzando il settore
1
.
1. Il crescente processo di concentrazione della Grande Distribuzione e della
Distribuzione Organizzata: aumentando la dimensione dei distributori, aumenta la
loro capacità di investimento e quindi la store loyalty; aumenta poi il loro potere
contrattuale nei confronti dell’industria, con conseguente incremento delle richieste
di investimento nei confronti di quest’ultima. Il tutto si riflette sulle modalità con
cui l’industria gestisce i propri clienti: aumenta la complessità gestionale e diviene
indispensabile un monitoraggio delle condizioni concesse, non più soltanto a livello
aggregato di canale, bensì fino a livello di ogni singolo cliente.
2. Si sta verificando una riduzione degli spazi disponibili all’interno dei punti vendita,
derivante sia dall’incremento generale del numero di prodotti disponibili che
dall’aumento delle categorie di prodotti trattati (in primis l’ampliamento a prodotti
non-food, quali elettrodomestici, giocattoli ecc.)
2
. Ciò rende ancor più difficile da
conquistare un posizionamento in-shop consono alle aspettative dell’azienda.
3. Va aumentando l’integrazione verticale a monte del trade che, con l’ampliamento
dei prodotti recanti il marchio dell’insegna (Private Label), da un lato rafforza la
fedeltà del consumatore all’insegna del punto vendita e dall’altro sottrae
ulteriormente spazio ai prodotti di marca.
4. Si inasprisce sempre più la concorrenza fra distributori, dovuta all’apertura di
numerose grandi superfici in questi ultimi anni ed all’ingresso di operatori stranieri.
1
L. Pellegrini, “La distribuzione commerciale in Italia”, Il Mulino, Bologna, 1996.
2
L’evoluzione della formula commerciale di vendita, con il passaggio dalla fase di sviluppo a quella di
maturità, è caratterizzato da una tendenza ad un ampliamento dell’assortimento, con introduzione di beni
di qualità superiore, linee ad alto contenuto di servizio (banco taglio, pesce ecc.), beni semi-durevoli: G.
Lugli, “Economia e politiche di marketing delle imprese commerciali”, Utet, Torino, 1993, pag. 122.
Introduzione
3
L’intensificarsi della concorrenza all’interno della distribuzione, poi, comporta una
compressione dei margini dell’intermediario commerciale ed accresce l’attenzionalità di
quest’ultimo alla riduzione dei costi di gestione; di conseguenza, ogni elemento del
rapporto industria-distribuzione viene posto sotto stretta osservanza affinché non
accresca la struttura dei costi di gestione del distributore. Il fornitore è così chiamato a
fornire non soltanto il prodotto in sé, ma anche una serie di servizi che rispondano alle
esigenze gestionali
3
. L’offerta commerciale, quindi, si arricchirà in generale di elementi
quali:
ξ un servizio logistico flessibile, per ottimizzare i costi di magazzino;
ξ dilazioni di pagamento per finanziare il distributore;
ξ un adeguato supporto alle attività promozionali;
ξ servizi accessori inerenti la gestione del prodotto a scaffale.
L’insieme dei fattori citati comporta quindi un nuovo ruolo per il canale distributivo:
non più soltanto un insieme di elementi tramite i quali il prodotto industriale giunge al
consumatore finale, ma una vera e propria successione di mercati indipendenti, ciascuno
dei quali deve essere conquistato con adeguate politiche distributive e con i necessari
investimenti
4
.
3
La relazione fra industria e distribuzione diviene quindi una tipica relazione business-to-business, in cui
è necessario sviluppare, da parte dell’industria, nuove tecniche e strumenti di marketing con l’obiettivo di
creare relazioni a lungo termine: E. Beltramini, C. Gaeta “Il Trade Marketing: il mercato, i canali
distributivi, i rapporti industria-distribuzione, il mix, la comunicazione” Milano, Etas libri, 1994, pag 109.
4
G. Lugli, “DPC/DPP: un nuovo strumento per gestire il rapporto tra industria e distribuzione nel
grocery”, Commercio, n° 28, 1988.
Introduzione
4
E’ inoltre importante sottolineare come queste logiche di settore, inizialmente proprie
della grande distribuzione dei beni di largo consumo, si vadano ampliando sempre più
anche ad altri settori affini, quali per esempio i beni semi-durevoli (giocattoli,
elettrodomestici, audio-video ecc.), in cui si va affermando la grande distribuzione
moderna, con la crescente presenza di grandi superfici specializzate.
Introduzione
5
LA CONCENTRAZIONE DELLE VENDITE NELLE AZIENDE
PRODUTTRICI DI BENI DI MARCA IN ITALIA
5
(Settore Grocery)
INCIDENZA % SUL FATTURATO
AZIENDALE
CLIENTI
1997 (media) 1996 (media) 1995 (media)
Il cliente più importante 5,1 4,8 4,2
I 5 clienti più importanti 16,1 15 14
I 10 clienti più importanti 23,8 21,8 20,4
I 20 clienti più importanti 32,7 30,3 28,2
I 50 clienti più importanti 45,8 43,2 40,9
I 100 clienti più importanti 59,2 55,5 53,6
5
Centromarca “Osservatorio della distribuzione in Italia” , indagine conoscitiva non pubblicata per le
aziende associate, Milano 1998.
Introduzione
6
I PRINCIPALI GRUPPI DELLA DISTRIBUZIONE MODERNA IN ITALIA
Quota di mercato % nell’alimentare – 1998 (fonte: Nielsen)
COOP ITALIA 10,5
INTERMEDIA 9,3
EUROMADIS 8,4
NUOVO GRUPPO GS 7,4
CONAD 5,7
LA RINASCENTE 4,9
CRAI 4,9
MDO 3,2
ESSELUNGA 2,3
2. TRADE MARKETING E CONSUMER MARKETING
Nel contesto ambientale visto, la tradizionale differenziazione del prodotto industriale
basata esclusivamente sugli investimenti di “Consumer Marketing”, volti ad accrescere
immagine e qualità del proprio prodotto agli occhi del consumatore, diventa
insufficiente. Ad essi è necessario affiancare gli investimenti di “Trade Marketing”,
rivolti all’intermediario commerciale: solo così sarà possibile conquistare quel mercato
intermedio che ha assunto la stessa rilevanza del mercato finale, ottenendo un adeguato
sostegno del prodotto da parte del distributore all’interno dei propri punti vendita.
Introduzione
7
Mentre gli investimenti di consumer marketing si rivolgono ad un cliente che acquista il
prodotto per consumarlo, gli investimenti di trade marketing si rivolgono ad un cliente
che lo acquista per trarre a sua volta profitto, rivendendolo; in un rapporto di questo tipo
acquistano sempre più rilevanza i contenuti di servizio, che impattano sulla struttura dei
costi del cliente. Con gli investimenti di trade marketing, quindi, l’offerta dell’industria
non è più soltanto un’offerta di un prodotto, ma diventa un’offerta combinata di
prodotto e servizi. La redditività di tali investimenti non verrà calcolata con riferimento
al prodotto o alla categoria di prodotti (come nel caso del Consumer Marketing), bensì
con riferimento all’utile per area/canale di vendita, con dettaglio fino al singolo cliente.
INDUSTRIA
Politiche
Distributive dell’industria
DISTRIBUTORE (“Trade”)
Politiche
Distributive del trade
CONSUMATORE FINALE
INVESTIMENTI
DI TRADE
MARKETING
INVESTIMENTI
DI CONSUMER
MARKETING
Introduzione
8
La rilevanza assunta, per l’industria di marca di beni di largo consumo, dei costi
sostenuti per gestire il cliente e degli investimenti di Trade Marketing effettuati, rende
imprescindibile un monitoraggio di tali costi ed investimenti, nonché dei ricavi che da
essi scaturiscono, al fine di controllare la redditività dei singoli clienti
6
e quindi quella
dell’azienda nel complesso. Proprio da questa necessità gestionale nasce questa ricerca,
la cui analisi opererà secondo un’ottica che riguarda essenzialmente il settore dei beni di
largo consumo (alimentari e non), in base ad un punto di vista proprio dell’industria di
marca. Il focus sarà sulla relazione con il cliente e sulle variabili in grado di
differenziare gli uni dagli altri, mentre non saranno oggetto di questa analisi le variabili
che differenziano il prodotto in maniera indistinta fra i vari clienti.
3. PERCHÉ UN CONTO ECONOMICO DI CLIENTE?
La crescente concentrazione della GDO cui abbiamo accennato porta l’industria a
sviluppare una quota sempre maggiore del proprio fatturato con pochi grandi clienti,
ciascuno dei quali è portatore di esigenze e logiche gestionali proprie. Per ciascun
grande cliente, quindi, vi sono particolari peculiarità che generano determinati costi di
gestione o richiedono certi investimenti. La misurazione della redditività di tali clienti
diviene quindi di importanza fondamentale per tutta una serie di fattori.
6
In E. Beltramini, C. Gaeta “Il Trade Marketing: il mercato, i canali distributivi, i rapporti industria-
distribuzione, il mix, la comunicazione”, gli autori sono concordi nel dire che “il fondamento di tutte le
decisioni relative al trade marketing sta nell’attenta definizione della redditività del cliente”.
Introduzione
9
ξ Riuscire a valutare correttamente il posizionamento del cliente, secondo la propria
redditività, i volumi di vendita sviluppati ed eventuali altre variabili, strutturando
poi il portafoglio clienti ideale per l’azienda.
ξ Valutare le politiche distributive adottate.
ξ Misurare l’efficacia della propria forza vendita, non più tramite una valutazione
generica della redditività di prodotto (accumunando così tutti i clienti gestiti) ma
costruendo una specifica redditività per ogni singolo cliente del proprio portafoglio.
ξ Analizzare i costi di gestione sostenuti, verificando eventuali altre soluzioni
alternative (es.: outsourcing di certi servizi) nonché l’esigenza di imporre eventuali
condizioni per non incorrere in situazioni negative. Arrivare quindi, da ultimo, ad
evitare una ingiustificata discriminazione fra i clienti, puntando invece ad una reale
differenziazione delle condizioni di vendita e degli investimenti effettuati, in cui
ciascun costo sostenuto trova contropartita in un reale vantaggio reso dal cliente.
La misurazione della redditività del cliente andrà poi inquadrata nell’ambito di un
processo iterativo di gestione della politica distributiva e del portafoglio clienti,
riassumibile in 4 step
7
.
7
B. Shapiro, V. Rangan, R. Moriarty, E. Ross “Manage customers for profit (not just sales)”, Harward
Business Review, Sett-Ott 1987.
Introduzione
10
Al fine di venire incontro a queste esigenze, la presente ricerca si pone 4 obiettivi
principali.
1. Individuare e misurare tutti gli elementi economici che ruotano attorno alla gestione
del cliente, (inteso come commerciante/distributore e non come consumatore finale)
e che quindi differenziano gli uni dagli altri.
2. Allocare tali variabili economiche sul cliente cui sono attribuibili, in modo da poter
formare un Conto Economico che consenta sia la misurazione della redditività finale
del cliente (quanto più completa possibile), sia l’individuazione di diversi livelli
intermedi di profittabilità utili ad orientare le politiche distributive.
1. MISURAZIONE DI COSTI E RICAVI ATTRIBUIBILI AL CLIENTE
3. DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE DISTRIBUTIVE
2. MONITORAGGIO DELLA REDDITIVITA’ DEI CLIENTI E DEL LIVELLO DI
VARIABILITA’ DELLA STESSA
4. MANOVRA DELLE VARIABILI CHE INFLUENZANO COSTI E RICAVI
Introduzione
11
3. Costruire indicatori che, basandosi su quanto evidenziato nei punti precedenti,
consentano di misurare in vario modo le performance dei clienti.
4. Individuare le possibili leve strategiche e gestionali per manovrare i diversi elementi
del conto economico e gli indicatori risultanti, al fine di guidare l’andamento del
cliente verso gli obiettivi aziendali.
Ovviamente un tale lavoro potrà essere compiuto, nella pratica aziendale, solo per i
maggiori clienti, il cui peso all’interno del fatturato è tale da giustificare il costo di tale
analisi e del reperimento delle informazioni; la crescente concentrazione della GDO,
come detto, rende sempre più giustificabile un simile tipo di lavoro. Presupposto
necessario sarà inoltre la presenza di un sistema informativo aziendale che permetta di
effettuare un analisi di questo tipo, consentendo il reperimento e la gestione di tutte le
informazioni necessarie
8
.
8
Inoltre la necessità dell’azienda di orientarsi verso la gestione del cliente, seguendo un approccio di
Trade Marketing, potrebbe richiedere la creazione di equipe multifunzionali e l’attuazione di strutture
commerciali organizzate per cliente: E. Beltramini, C. Gaeta “Il Trade Marketing” Milano, Etas libri,
1994, pag 150.
12
CAPITOLO 1
LE VARIABILI ECONOMICHE NEL RAPPORTO CON
IL CLIENTE: NATURA E CARATTERISTICHE
1. UN QUADRO D’INSIEME
Il primo passo per arrivare a gestire la redditività del cliente è quello di analizzare nel
dettaglio il rapporto di affari che l’industria intrattiene con esso: occorre esaminare tutte
le varie fasi ed operazioni che possono aver luogo, dalla negoziazione vera e propria
alla consegna della merce, dall’effettuazione di investimenti particolari all’incasso delle
forniture. Con questo esame si dovranno evidenziare tutti i possibili costi che l’azienda
sostiene per effetto della relazione con quel cliente e dei ricavi che da essa derivano.
Come primo passo per la formazione e la gestione di un conto economico del cliente,
infatti, è necessario conoscere tipologia e natura delle variabili economiche che vengono
coinvolte in questo rapporto. Solo dopo aver capito le motivazioni da cui sorgono ed
aver compreso la loro natura sarà possibile, nei capitoli successivi, procedere
correttamente al loro calcolo ed alla loro attribuzione ai clienti di competenza.
Le variabili economiche: natura e caratteristiche
13
Prima di esaminare specificatamente la natura degli elementi in esame, è opportuno
delinearne un quadro d’insieme, al fine di avere una visione sintetica degli aggregati
economici che verranno poi specificatamente analizzati.
RICAVI DI VENDITA
Nel nostro caso faremo riferimento essenzialmente a ricavi derivanti dalla cessione di
prodotti, non essendoci generalmente in questo tipo di settore altre tipologie di ricavi
che scaturiscono direttamente dal cliente.
SCONTI E CONTRIBUTI
Si tratta di sconti % o contributi in valore assoluto concessi al cliente al momento
dell’acquisto (e quindi direttamente in fattura) oppure concessi in maniera differita
rispetto all’acquisto (nel corso dell’anno o alla fine). Sono legati talvolta ad effettivi
servizi ricevuti dal cliente oppure, più frequentemente, a considerazioni di carattere
commerciale, per favorire ed orientare gli acquisti.
COSTO DEL VENDUTO
Si tratta di misurare il puro costo di produzione dei prodotti ceduti, così come escono
dalle unità produttive, prima che intervengano tutte le variabili gestionali (servizio,
consegna, ecc.) che differenziano i clienti fra loro.
Le variabili economiche: natura e caratteristiche
14
IL SERVIZIO AL CLIENTE
E’ una categoria che comprende tutti quei costi necessari per processare l’ordine,
consegnare il prodotto al luogo e nei modi richiesti dal cliente, gestire le
documentazioni necessarie ecc. Vi rientrano i costi tipici sostenuti per fornire i servizi
essenziali al cliente ed accessori alla vendita.
ONERI FINANZIARI
Sono conseguenza del Capitale Circolante impegnato nella gestione del cliente, dovuto
principalmente alle dilazioni di pagamento concesse ma anche al livello di scorte che
presumibilmente possono essere state impegnate per far fronte alle richieste del cliente.
SERVIZI ACCESSORI RESI AL DISTRIBUTORE
Fanno riferimento ad alcuni servizi particolari che talvolta, seguendo considerazioni di
natura competitiva, l’industria fornisce al trade. Si fa riferimento essenzialmente al
Merchandising e al Trasfer Order (che verranno spiegati successivamente); non vanno
confusi con gli altri servizi di natura più “tipica”, come la consegna della merce, già
ricompresi nei “costi evasione ordine”.
FORZA DI VENDITA
Comprendono tutti i costi sostenuti dall’azienda per mantenere una forza vendita che
sviluppi e gestisca il rapporto con il cliente.
Le variabili economiche: natura e caratteristiche
15
INSERIMENTO PRODOTTI
Si tratta di un particolare tipo di contributo pagato dall’industria quando vuole
introdurre un ulteriore prodotto nell’assortimento di uno o più punti vendita del
distributore. E’ quindi generalmente un investimento commerciale “una tantum” avente
carattere non continuativo.
ALTRI COSTI COMUNI
E’ qui necessario prendere in esame tutti quei costi non direttamente attribuibili ad una
delle categorie sopra elencate. In particolare, saranno considerati i costi delle funzioni
aziendali non direttamente coinvolte nella gestione del cliente ma aventi un ruolo di
supporto (come per esempio la struttura di Marketing, dell’EDP ecc.), oppure i costi di
strutture ed attrezzature comuni a tutta l’azienda. Trattandosi di costi comuni si porrà il
problema della loro allocazione sui clienti: se e come procedere ad una eventuale
attribuzione. Conseguentemente a ciò, tanto più si procederà ad una loro allocazione sul
cliente (comprendendoli quindi nel conto economico che si andrà formando) tanto più la
redditività finale ottenuta sarà comprensiva di tutti i costi e ricavi dell’azienda.
2. I RICAVI DI VENDITA
La prima variabile che si incontrerà in un conto economico di cliente è rappresentata
dagli introiti relativi alla vendita dei prodotti; nel rapporto industria-distribuzione
attuale, infatti, non vi sono altre fonti dirette di ricavo che il distributore è in grado di
fornire all’industria. Ci potrebbe essere, al limite, un vantaggio in termini di immagine,
per il fornitore, che deriva dall’essere presente con i propri prodotti nei punti vendita di
Le variabili economiche: natura e caratteristiche
16
una certa catena distributiva. In realtà, questo vale soprattutto per le piccole imprese,
che non hanno altre possibilità di effettuare investimenti in comunicazione per
accrescere la propria immagine; inoltre è un vantaggio difficilmente quantificabile e
quindi non verrà considerato nella presente ricerca. I ricavi che quindi verranno presi in
esame sono quelli derivanti dalle vendite di tutti i prodotti che, in un certo arco di
tempo, l’industria cede al cliente esaminato. E’ importante però fare una precisazione,
che sarà poi più chiara nel corso del presente capitolo: i ricavi considerati non
rappresentano l’ammontare totale del fatturato netto sviluppato dal cliente con quel
fornitore. I valori che compongono l’aggregato qui definito “ricavi di vendita” sono
infatti rappresentati dal prezzo lordo di listino dei prodotti ceduti: per ottenere l’importo
della singola fattura (e quindi l’importo totale del fatturato) andranno poi decurtati tutti i
vari sconti e contributi che possono essere concessi di volta in volta al cliente. Essi,
però, rappresentano uno dei punti principali della nostra analisi e per questo verranno
analizzati separatamente ed esplicitati all’interno del C/E di cliente; solo così sarà
possibile rendere visibili gli investimenti effettuati sotto questa forma, prima grande
variabile di differenziazione fra i vari clienti. L’approccio di base è quindi quello di
analizzare il contenuto specifico di ogni singola fattura, anziché prendere come punto di
partenza il risultato finale di essa.