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caratteristiche che li mantenevano legati alla tradizione della pittura
della società borghese. Il progressivo sviluppo di un intenso
processo d’urbanizzazione riguardante grandi masse di persone
provenienti dal mondo contadino trasformò la strada nel luogo
centrale d’espressione della comunicazione pubblicitaria. Nacque
così il poster che permise alla pubblicità di invadere la città con
immagini gigantesche. La Pubblicità in questo periodo non solo
aumentò le sue dimensioni, ma moltiplicò i luoghi nei quali
comparire, dando così inizio ad un processo d’invasione degli
spazi sociali non ancora definito.
A partire dagli anni venti e trenta del Novecento, la pubblicità
assunse la natura di un vero e proprio sistema industriale che
contribuì alla creazione di una cultura di massa per la nascente
società dei consumi. Le imprese capirono l’importanza di favorire
la nascita di una domanda di massa per beni che producevano. Da
ciò derivò la nascita del marketing, che emerse appunto all’interno
del mondo dell’impresa con questo scopo preciso. Nei primi anni
del Novecento, il mondo della pubblicità fu influenzato dai risultati
dei nuovi studi condotti dagli psicologici sulla mente umana e ciò
portò alla produzione di manifesti ricercati, che cercavano di
stimolare gli elementi istintuali dell’individuo.
Sia lo sviluppo del marketing sia l’adozione della psicologia,
portarono nei primi decenni del Novecento ad un cambiamento
della concezione vigente nelle aziende a proposito del ruolo del
manifesto commerciale. Alla pubblicità artistica, tendente ad
affermare e a far ricordare una marca o un prodotto subentrò un
orientamento più rigoroso tendente a mostrare ed esaltare le qualità
del prodotto. Il messaggio pubblicitario diventò così meno
immediato, ma più articolato e completo, e quindi maggiormente
efficace sul piano della proposta di uno stimolo all’acquisto.
Le origini della pubblicità risalgono all’esigenza di far conoscere ed
apprezzare ciò che si offriva sul mercato primitivo. Con l’avvento
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della rivoluzione industriale, la pubblicità subisce dei cambiamenti.
Essa nasce, infatti, sotto lo stimolo delle profonde modificazioni
economiche legate all’avvento della produzione industriale e alla
creazione di una nuova dimensione dei mercati. È necessario il ricorso
alla pubblicità non solo per far conoscere i prodotti e per promuovere
lo smercio, ma anche per esercitare sui consumatori una pressione in
grado di creare un mercato di proporzioni analoghe a quelle della
produzione, con consumi adeguati alle potenzialità e ai ritmi
produttivi. La pubblicità commerciale è diventata lo strumento
indispensabile della strategia imprenditoriale propria di un mercato dal
volto completamente nuovo. Parlare della pubblicità moderna
significa fare riferimento ad una forma di comunicazione che è
chiamata a svolgere anche una pressione più incisivamente persuasiva,
volta a stimolare la domanda oltre la sua dimensione spontanea. Lo
sforzo persuasivo può condurre anche ad eccessi, a forme
degenerative, come le hanno chiamate gli stessi pubblicitari.
La pubblicità adempie un importante e spesso essenziale funzione
economica come strumento di raccordo tra le imprese e il mercato.
Senza la pubblicità, le imprese non potrebbero far conoscere i loro
prodotti e servizi, sollecitandone l’acquisto, il consumo e l’utilizzo,
non potrebbero svolgere quella che è chiamata la loro “mission”. Allo
stesso tempo anche per i consumatori la pubblicità può assumere un
importante valore economico, quando fa conoscere la realtà del
mercato e il quadro delle scelte possibili. Questa utilità è legata alla
funzione informativa della pubblicità, oggi largamente dominata dalla
tendenza a suscitare emozioni e a provocare suggestioni. La pubblicità
tende a differenziare i prodotti creando situazioni monopolistiche e
realizzando “barriere d’entrata” nel mercato a danno di potenziali
concorrenti.
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1.1.1 La pubblicità in Italia
Le origini della pubblicità risalgono a migliaia d’anni fa. Uno dei
primi metodi fu quello delle insegne, in genere appariscenti segni
dipinti sulle pareti d’edifici, di cui furono stati scoperti numerosi
esempi nelle rovine dell'antica Roma e di Pompei. La prima forma di
pubblicità su carta apparve, naturalmente, solo con l'invenzione della
macchina da stampa. Il primo marchio di fabbrica risale al XVI
secolo, quando i commercianti e i membri delle corporazioni affissero
fuori dai propri negozi dei simboli di riconoscimento (tra i simboli più
conosciuti giunti fino ai giorni nostri quelli del barbiere e del banco
dei pegni).
Alla fine del XIX secolo l'Italia era ancora un paese prevalentemente
ad economia agricola, con una situazione di povertà molto diffusa e
con enormi differenze socio-economico tra il Nord e il Sud del paese
ed un’alta percentuale di analfabetismo. Agli inizi la pubblicità era
fatta principalmente con solo testi e disegni, anche se erano molto
pochi coloro che potevano leggere i giornali, e la pubblicità era molto
semplice ed immediata. Nell’Ottocento il messaggio pubblicitario
apparve sempre più frequentemente nei giornali; e ad affiancare
questo s’impose all’attenzione il manifesto, oggi ancora icona della
pubblicità.
La resa di stampa dei quotidiani era scarsa: annunci realizzati
grezzamente e confinati in apposite pagine senza colore. Il manifesto
s’impone come mezzo primario di comunicazione di massa. Nasce il
Direct Marketing, ovvero il sistema con cui s’inviano comunicazioni
a degli indirizzi selezionati divisi in categorie. In questo periodo ha
inizio una nuova era nella storia della pubblicità: se prima i prodotti
d’uso domestico come zucchero, sapone, riso, burro, latte, fagioli e
dolci erano venduti a peso prelevandoli da ampi recipienti, nel 1880 i
produttori americani di sapone introdussero sul mercato prodotti
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confezionati in pacchetti e con un proprio marchio. Questa
innovazione, estesa ben presto ad una vasta gamma di prodotti
alimentari e sanitari di largo consumo, consentì ai produttori di
venderli e pubblicizzarli con il proprio marchio, ampliando fortemente
il campo d'azione della pubblicità.
Un particolare sistema per fare pubblicità per le strade ottocentesche
fu l’uomo sandwich: un uomo che portava appesi al corpo per mezzo
di bretelle, dei grandi cartelloni con messaggi o manifesti pubblicitari.
Nel Novecento si utilizza per la prima volta il termine di Pubblicità.
Nel 1907 furono realizzati i primi studi su di essa. Con lo scoppio
della prima guerra mondiale, la pubblicità fu utilizzata per raccolte di
denaro, arruolamenti, difesa civile e cosi via. Essa assunse toni sempre
più professionali, tralasciando l’aspetto decorativo ed affinandosi
sempre più verso uno studio del mercato cui è rivolta, del linguaggio e
della grafica.
A partire dagli anni venti la pubblicità si avvia ad operare secondo regole
scientifiche, tanto che Daniel Stach fissa le cinque regole fondamentali di
ogni messaggio pubblicitario:
1. Essere visto: conferirgli la necessaria attrattiva;
2. Essere letto, perché molti annunci sono guardati, ma non osservati;
3. Essere creduto, perché un buon annuncio deve convincere l'acquirente
della veridicità di quanto promette;
4. Essere ricordato;
5. Essere capace di spingere il compratore ad agire, vale a dire ad
acquistare un determinato prodotto
(www.edscuola.it, tratto dal Primo trattato di tecnica pubblicitaria, 1925).
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Si è sempre più puntato sulla capacità di eccitare l'emotività
dell'acquirente e sulla marca, cui è collegata la qualità e il prestigio del
prodotto. Essa s’affida alla forza espressiva di una bella immagine
fotografica; fa spesso ricorso alla forte attrazione esercitata dal fascino
femminile; trasforma il corpo umano (anche maschile) in un oggetto
di culto, pur di vendere prodotti. Questi i temi dominanti dell'odierna
pubblicità: erotismo, fascino dell'evasione in ambienti raffinati ed
esclusivi, il richiamo all'eleganza. Tutto questo va ben oltre il fine
originario di informare sull'esistenza di un prodotto o di un servizio,
per investire la sfera della mentalità, della visione del mondo e dei
modelli culturali. Per imprimere nella memoria lo spot, si fa largo uso
della tecnica della ripetizione martellante, inducendo assuefazione nel
consumatore. Egli, di conseguenza, è sollecitato dalle imprese ad
assumere dosi sempre più potenti o più raffinate di "illusioni".
Gli anni ’30 vedono la comparsa della radio. Trasmissioni a puntate
seguitissime e sponsorizzate. Nascono i primi concorsi sui settimanali,
le primordiali promozioni vendite.
Dopo la prima guerra mondiale, stimolata dal grande progresso
tecnico, la pubblicità si trasforma in un'industria di dimensioni
gigantesche. L'invenzione dell'elettricità ha consentito di utilizzare le
insegne luminose; la fotoincisione e altre moderne tecniche di stampa
hanno sensibilmente accresciuto la sezione pubblicitaria e redazionale
dei giornali. La pubblicità come mezzo di comunicazione ha
cominciato a diffondersi sempre più tra gli esperti di pubbliche
relazioni.
La più grande innovazione del dopoguerra è stata la televisione,
mezzo che ha spronato l'industria pubblicitaria a perfezionare le
proprie tecniche con l'uso sincrono d’immagini e voce. Nel 1990 è
cominciata la proliferazione dei videoregistratori e dei telecomandi,
minaccia per i pubblicitari, in quanto consentono di evitare, con
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estrema facilità, gli spot trasmessi. I pubblicitari hanno reagito
cambiando le proprie tattiche o, ove possibile, prediligendo le
sponsorizzazioni; in compenso, però, un nuovo canale pubblicitario si
è aperto con la diffusione sempre più ampia di Internet e di altre reti di
computer.
Nel secondo dopoguerra in Italia fu un fiorire di nuove associazioni “a
tema”. Datata 1945 è la nascita dell’Associazione Italiana Tecnici
Pubblicitari; seguita dalla Federazione Italiana della Pubblicità. Nasce
l’associazione per gli studi di mercato ed è indetto il primo premio per
la Pubblicità: la Palma d’Oro.
Gli anni cinquanta e sessanta, vedono il boom industriale, economico
e consumistico del nostro Paese. In questi anni si diffondono le
conoscenze teoriche sulla comunicazione pubblicitaria ed è introdotto
il vocabolario dei termini tecnici di questa disciplina. I bambini
vengono “presi di mira” e scoperti come target privilegiato su cui
puntare, prodotti mirati per questa fascia sono creati dall’industria
alimentare e la pubblicità contribuisce alla loro diffusione.
Nel 1960 lo stile di vita consumistico americano s’impadronisce
dell’italica popolazione e la pubblicità si sbizzarrisce per promuovere
sempre nuovi consumi. Nel 1966 nasce il codice d’autodisciplina
pubblicitaria. Gli anni della rivoluzione a cavallo tra il ’68 e gli anni
’70 vedono il rovesciamento delle teorie consumistiche e la
percezione di un modello di vita alternativo. Il consumo e le ideologie
del lavoro sono presi di mira e la pubblicità additata come
fomentatrice del consumismo sfrenato. Questi anni vedranno inoltre
l’importante nascita delle televisioni private.
Nel 1986 il Convegno Nazionale della Pubblicità porta ad un rilancio
della stessa, dal punto di vista del rinato consumismo in questi anni.
La nuova offerta delle televisioni private porta agli apici del successo
la promozione su questo mezzo, gli interpreti sono delle star e la
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domanda-offerta di spazi è in rapida crescita. La pubblicità è tanta e la
confusione pure, nasce l’Auditel, l’ente garante per la rilevazione dei
dati d’ascolto.
Sempre negli anni Ottanta fanno la comparsa i primi programmi di
grafica e editoria per computer.
Gli anni novanta e quelli odierni, vedono la crisi internazionale che
influisce sugli investimenti pubblicitari e conseguentemente sulle
strutture della comunicazione. Gli investimenti pubblicitari calano e le
aziende puntano alla promozione piuttosto che alla pubblicizzazione.
La pubblicità produce molti effetti positivi sul piano economico.
Francesco Alberoni (1964) evidenzia come questa possa funzionare
come strumento di modernizzazione della società, perché consente
ai nuovi beni prodotti dalle industrie di essere accertati dai
consumatori, e di superare così tutte le differenze di tipo
psicologico che inizialmente s’incontrano. La pubblicità, infatti,
svolge una duplice funzione: nel proporre nuovi beni suscita ansie
presso gli individui, allo stesso tempo, però, permette di eliminare
tali ansie, grazie al suo linguaggio, che rende più comprensibile la
cultura moderna e non dice niente di negativo, ma parla soltanto in
termini positivi, comunicando in forma piacevole gioia e serenità e
associando il prodotto a una felice vita familiare.
La pubblicità aiuta gli individui ad accettare meglio le innovazioni.
Per farlo, spesso sfrutta la capacità di produrre gratificazioni di tipo
psicologico tipica della nostalgia del passato, in quanto, allo stesso
tempo, spinge gli individui al cambiamento, ossia a adottare nuovi
beni, e promette loro che resteranno sempre gli stessi.
La pubblicità continua a svolgere un importante ruolo sociale:
contribuisce alla modernizzazione degli usi e delle abitudini degli
individui, fa accettare più facilmente i nuovi prodotti, e ha il
compito di mediare fra le tecnologie e il mercato. Di conseguenza
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svolge anche una funzione ideologica: quella di fare accettare
principi basati sulla volontà di mostrare i benefici effetti apportati
dalla tecnologia.
La pubblicità è considerata non solo una guida per l’acquisto dei
prodotti, ma anche un laboratorio di creazione di modelli da seguire
per i comportamenti adottati in tutto l’ambito della vita quotidiana.
Essa è diventata una sorta di guida sociale: dà consigli sulla
moralità e il comportamento da seguire. La pubblicità è di più di
una guida al consumo.
Come hanno messo in luce Francesco Casetti e Ruggero Eugeni la
pubblicità mobilita tre tipi di sapere:
1. Come “conoscenza pratica” che consente di risolvere le difficoltà che si
presentano nella vita quotidiana;
2. Come “autoriconoscimento”, ovvero come possibilità di conoscere ed
esplorarsi;
3. Come “chiave per il mondo”, vale a dire come forma di galateo utile
per gestire con efficacia le molteplici relazioni sociali comportate da una
società sempre più complessa (tratto da Codeluppi Vanni, 2001, pag. 59).
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1.2 LE TEORIE TRADIZIONALI
L’insieme delle conoscenze e delle attività riguardanti la pubblicità,
utilizza una varietà di tecniche collegate a molti saperi differenti: dal
trattamento dei testi a quello delle immagini la comunicazione
pubblicitaria coinvolge decine di professionalità, e il livello
d’organizzazione e codificazione delle figure professionali che vi
operano testimonia l’acquisizione di un’identità in grado di definire
ruoli e competenze.
Pubblicitari e studiosi hanno tentato d’individuare i meccanismi di
funzionamento della pubblicità e di formulare delle regole per la sua
attuazione.
Si sono succedute nel tempo varie teorie, la prima delle quali risale
agli inizi del XX secolo.
La pubblicità persuasiva: Bernard Cathelat ha indicato il primo
periodo d’evoluzione della pubblicità come fase della pubblicità
persuasiva. Egli ha individuato nella storia della pubblicità la
presenza di altre tre fasi successive. A ciascuna fase corrispondono
implicitamente altrettanti modelli o teorie sul funzionamento della
pubblicità che si sono sviluppati in stretto collegamento con la
parallela evoluzione delle conoscenze prodotte dalle scienze
sociali. Nel suo primo periodo d’esistenza la pubblicità è réclame,
annunci elementari che parlano a pochi privilegiati e cercano di
promuovere le vendite attraverso argomentazioni razionali e il
perfezionamento delle funzioni o del contenuto tecnico dei
prodotti. Il consumatore è considerato un essere ragionevole e
cosciente al quale ci si deve rivolgere conducendolo per mano,
mostrandogli che ha un bisogno da soddisfare e motivando che il
prodotto pubblicizzato non soltanto è in grado di soddisfarlo, ma
può anche farlo meglio degli altri. Il modello teorico che si è
sviluppato in questa prima fase dell’evoluzione storica della
pubblicità è stato individuato in America, intorno al 1900 da St.