6
queste istituzioni legate al territorio e al servizio di questo; ha
caratterizzato questi enti come erogatori di servizi per le classi
meno abbienti; ha uniformato le Casse di Risparmio a tutto il
settore della beneficenza. Al contrario esse hanno sviluppato
modelli operativi d'avanguardia; hanno acquisito posizioni di
rilevanza economica non inferiore a quello delle banche
commerciali; hanno saputo conservare le caratteristiche
originarie attraverso le fondazioni e le associazioni cui
appartenevano.
Ma la concorrenza è competitività, e il mercato è
concorrenza. Una siffatta situazione, in cui chi gestisce non lo
fa in modo esclusivo e diretto, una situazione in cui chi gestisce
non ha interessi economici in gioco ma solo interessi politici,
una situazione com'è quella delle Casse di Risparmio pone
questi istituti in una posizione di svantaggio. L'assenza di
capitale pubblico, l'assenza di interessi patrimoniali, la certezza
che lo stato interviene sempre a soccorrere, non favorisce
l'ingresso delle Casse di Risparmio nel mondo del credito
commerciale così come stabilito dalla legge del 1936. E se a
distanza di quasi settanta anni dalla vecchia legge bancaria, ha
ancora senso intraprendere uno studio su questo particolare
settore, significa che qualcosa non ha funzionato, che bisogna
impegnarsi per una riforma concreta delle Casse di Risparmio.
La soluzione al problema, l'unica in grado di apportare
quel vento di novità tanto vitale, appare, a giudizio di tutti
7
(oggi ma non qualche anno fa), la privatizzazione delle Casse di
Risparmio, e la congiunturale separazione dell'attività bancaria,
propria delle Casse S.p.A., dall'attività delle fondazioni, di
esclusivo carattere sociale.
È pur vero che le nuove fondazioni e associazioni bancarie
troveranno difficoltà ad avvicinarsi ai modelli civilistici di
fondazione e associazione in virtù di divergenze culturali ma i
presupposti per un loro allineamento ci sono tutti, e i tempi
sono maturi per intraprendere questa strada. Le nuove Casse
S.p.A. invece, dovranno affrontare il mercato, e allo scopo
serve un forte e idoneo supporto patrimoniale; capitali nuovi
devono fare il loro ingresso, e chi investe deve poter realizzare
un guadagno attraverso una gestione efficiente, e deve poter
realizzare il guadagno anche attraverso la partecipazione
diretta, e non solo patrimoniale: e ciò non significa creare
modelli specifici e sconosciuti al sistema normativo italiano, ma
solo permettere alle Casse di poter adottare la disciplina propria
del diritto commerciale così come risulta per tutte le altre
banche.
Allo scopo, nel corso degli anni 90, il legislatore si è
impegnato a dispiegare una serie di interventi, che per quantità
lasciano pensare ad un deciso impegno al fine di perfezionare la
riforma, oramai essenziale dopo l'apertura del mercato unico
europeo. Se, riguardo l'iter legislativo degli anni 90, dal punto
di vista quantitativo si può parlare positivamente, al contrario,
8
contrastanti sono i giudizi in merito alla qualità dei dati
normativi. Occorrerà quindi valutare con cautela e con attesa gli
interventi preposti dal legislatore, fermo restando che le
discipline più recenti devono ancora concludere il loro processo
di attuazione.
9
Capitolo I
STORIA DELLE CASSE DI RISPARMIO
1.1 ORIGINI E STORIA DELLE CASSE DI RISPARMIO
L’origine storica delle Casse di Risparmio si colloca all’incirca
tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, nonostante anche
in secoli precedenti si possono riscontrare istituzioni simili
poiché la previdenza ed il risparmio hanno sempre rappresentato
bisogni dell’uomo. Il prototipo più vicino al modello attuale di
Cassa di Risparmio fu sicuramente la “ersparungskasse”
1
di
Amburgo, fondata nel 1778 la quale presentava, oltre al nome,
anche lo statuto di una Cassa di Risparmio tipica; eloquente
infatti è il par.94 del suddetto statuto che esordisce:” La Cassa
di Risparmio di questo istituto di assistenza è stata fondata per
l’utilità delle persone industriose di più umile condizione…”
2
.
1
M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984,
pag.13.
2
Per un analisi più dettagliata dello statuto della Cassa di Risparmio di Amburgo si
veda: A. Ballardini, Le Casse di Risparmio, Rocca di S.Casciano, Cappelli, 1955
pag. 44 ss.
10
Le motivazioni che hanno portato alla nascita e al proliferare di
queste particolari istituzioni vanno sicuramente ricercate nel
quadro socio-economico del periodo di riferimento. Siamo
infatti nell’ottocento e l’ideologia del laissez-faire non lascia
più spazio a istituzioni intermedie fra stato e cittadino come
furono le arti e le corporazioni, ma al contrario tale ideologia
mirava allo sviluppo sociale solo in senso macroeconomico
trascurando quelle che erano le reali condizioni di vita dei
cittadini. In seguito a questa situazione poco attenta alla realtà
sociale, una componente intellettuale di formazione
illuministica iniziò a dar vita a strutture associative che
difendessero i già pochi risparmi e sacrifici di una classe
lavorativa abbandonata a se stessa, rappresentata da quanti in
istituzioni più rigide come le corporazioni, trovavano
precedentemente la giusta tutela
3
. In ogni caso, all’inizio,
queste istituzioni, più che un intento previdenziale, avevano
pretese assistenziali ed utilitaristiche
4
, in quanto gli interventi a
favore delle categorie meno abbienti avveniva per lo più
attraverso la costruzione e la gestione di ospedali, di scuole e di
orfanotrofi a prestazioni gratuite, anche se non mancavano
istituti rivolti alla raccolta e alla tutela del risparmio. Lo stato
stesso, in un momento di forte crescita economica quale era
l’ottocento e agevolato dall’imperante ideologia liberista, prese
3
M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984,
Pag.12
11
ad esempio queste istituzioni creando e diffondendo su tutto il
territorio nazionale in concorrenza con gli istituti privati, le
Casse di Risparmio postali, aventi funzione di raccogliere
risparmio e di drenare liquidità all’economia che necessitava di
grossi capitali.
Furono in particolare queste le motivazioni che portarono, non
solo in Italia, ma in tutta Europa, allo sviluppo spontaneo e
all’affermazione sempre più massiccia delle Casse di
Risparmio. Questo fenomeno non fu solo quantitativo, ma anche
qualitativo, poiché variegata era la tipologia dei loro statuti
essendo a volte istituite da associazioni di beneficenza, a volte
da opere pie e a volte da autorità centrali: da rilevare comunque
che a prescindere dalla veste tipologica assunta, rimase sempre
estraneo alle Casse di Risparmio il “principio della mutualità”
5
,
caratteristico delle banche popolari e delle casse rurali ed
artigiane. Per quanto riguarda espressamente il caso italiano,
possiamo far risalire la nascita delle Casse di Risparmio al
1822, nei territori allora soggetti all’Austria, come emanazione
dei monti di pietà oppure su richiesta delle autorità di governo,
come nel caso della Cassa di Risparmio delle provincie
lombarde(CARIPLO)
6
. In entrambe i casi il modello di
4
R. Locatelli, Le Casse di Risparmio fra localismo e despecializzazione, Giuffrè,
1998, Pag125
5
Per un confronto tra le Casse di Risparmio e le banche popolari si veda: M.
Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984, Pag.16
6
In qualità di Cassa di Risparmio italiana di maggior livello operativo e
patrimoniale tale istituto merita di essere trattato singolarmente e al fine di reperire
informazioni a riguardo è possibile inoltrare richieste a http:\\ www.cariplo.it.
12
riferimento era quello della Cassa viennese fondata nel 1819 la
quale aveva ottenuto buoni risultati
7
. Nel resto dell’Italia
l’iniziativa avvenne sempre più spesso ad opera dei cittadini:
nell’Italia meridionale grazie all'iniziativa dei monti frumentari
che anticipavano le sementi ai contadini più poveri mentre
nell’Italia settentrionale per impulso a volte dei comuni, a volte
delle autorità ecclesiastiche, a volte delle opere pie e infine su
iniziativa di cittadini in accordo con le autorità. Furono poi le
condizione politico-economiche nonché quelle geografiche a
determinare in seguito il relativo grado di sviluppo. In Italia, tra
i diversi modelli tipologici riscontrabili nelle realtà straniere, se
ne affermarono due in particolare: le Casse di Risparmio a
struttura associativa e le Casse di risparmio a struttura di
fondazione
8
. Al nord esse risentivano del modello austriaco e
quindi erano prevalentemente organizzate sul modello
fondazione; Al centro–sud, al contrario, fu prevalente
l’interesse di privati filantropi e di conseguenza si affermò la
struttura associativa
9
. Tra le due tipologie, nonostante esistesse
7
In effetti l'esperienza italiana de fenomeno Casse di Risparmio, almeno dal punto
di vista di raccolta-erogazione di tipo monetario fu retaggio dalla cultura austro-
germanica; per un approfondimento si veda http:\ www.acri.it.. Argomenti simili
sono trattati in, M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il
Mulino, 1984 pag.15 e in R.Locatelli, Le Casse di Risparmio fra localismo e
despecializzazione, Giuffrè, 1998, pag.126.
8
Circa le due tipologie summenzionate un'analisi approfondita verrà fatta nel
secondo capitolo. In ogni caso la differenza sostanziale tra le due tipologie risiede
nella diversa configurazione istituzionale: nelle Casse-Associazione un certo numero
di soci forma direttamente l'istituto; nelle Casse-Fondazione i soci appartengono ad
una fondazione la quale crea e gestisce successivamente l'istituto.
9
R. Locatelli, Le Casse di Risparmio fra localismo e despecializzazione, Giuffrè,
1998, pag.126.
13
una diversa articolazione degli organi amministrativi, minime
erano le differenze sul piano della funzionalità
10
.
Dal suddetto quadro di riferimento, è chiaro quindi, come le
Casse di Risparmio non avessero natura propria essendo in tutti
i casi delle succursali diversificate di altre istituzioni. Ma fu
proprio la diversificazione di operatività che permise loro di
avere in seguito quella spinta di autonomia in quanto i sempre
più ampi flussi finanziari che transitavano nelle loro casse
concessero loro quella libertà di poter operare separatamente
dall‘organo fondatore: in quelle a struttura associativa si
rimborsarono ai soci il fondo di dotazione poiché quello proprio
era oramai sufficiente agli scopi perseguiti; In quelle a struttura
di fondazione invece, furono separati gli organi amministrativi
delle fondazioni da quelli delle Casse di Risparmio e furono
creati patrimoni distinti ed autonomi
11
. Furono tutti questi
cambiamenti, nella maggior parte dei casi spontanei, che
portarono nel 1888 le autorità di governo, alla stesura di un
disegno di legge
12
che organizzasse in modo soddisfacente
l’ambito operativo delle Casse di Risparmio.
10
M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984,
pag.16.
11
Lo stesso processo non avvenne nelle Casse di Risparmio fondate dai monti di
pietà per lo scarso interesse che questi mostrarono per il settore del credito, e questa
mancata consapevolezza ne determinò la fuoriuscita dal mercato nel corso del
secolo.
12
Cfr. succ.
14
1.1.1 CASSA DI RISPARMIO E BANCA COMMERCIALE: UN
CONFRONTO
Risulta utile ai fini dell’analisi storica delle Casse di
Risparmio soffermarsi su alcune differenze rispetto alle banche
commerciali. Tuttavia è necessario fare questo confronto non
tanto sulla situazione italiana ma su quella europea in generale
in quanto la prima non risulta adeguata al presente lavoro in
virtù del fatto che nei primi anni del XIX secolo non si può
ancora parlare di sistema bancario italiano vista la scarsa
arretratezza del nostro sistema finanziario all’epoca.
Nel sistema bancario di tipo commerciale, scopo degli
operatori era quello di trovare i giusti incentivi per
incrementare i depositi e non risultavano esserci altre finalità
oltre quella speculativa. Nelle casse di risparmio al contrario, i
soci fondatori o i soci associati fornivano il capitale iniziale
spesso a titolo gratuito poiché il loro scopo non era quello di far
fruttare denaro ma di creare fiducia intorno al “sistema” Casse
di Risparmio, e i depositanti stessi non erano tanto interessati
alla remunerazione del loro capitale attraverso il pagamento
dell’interesse ma alla sicurezza che il loro capitale non fosse
sottoposto a rischi e che fosse restituito intatto ad ogni
necessità
13
. A livello istituzionale nei primi decenni del secolo
13
in U.Caprara, Le Banche Commerciali, Vol. I, Giuffrè, 1940, pag.140. Alcuni
aspetti del confronto sono trattati anche in A.Ballardini, op. cit. pagg 39-40.
15
esse erano organizzate allo stesso modo degli istituti di
beneficenza, assistenza e soccorso. Infatti gli amministratori
preposti alla direzione delle Casse erano di solito di estrazione
nobile e non ricevevano alcun compenso per la loro opera.
Anche riguardo ai soci e ai fondatori la situazione era la
medesima in quanto questi ultimi in alcuni casi rinunciavano
alla restituzione del fondo di dotazione e in tutti i casi non
percepivano nessuna percentuale sugli utili. Quindi risulta
abbastanza chiaro perché esse erano assoggettate anche a livello
fiscale e tributario a qualsiasi ente di beneficenza e sul piano
legislativo furono abbandonate a se stesse e libere di muoversi
all’interno della flessibilità che gli statuti permettevano. È
proprio lo statuto il concetto storico chiave dell’origine e dello
sviluppo delle Casse di Risparmio poichè quest’ultimo
permetteva agli amministratori di adattare l’operatività a
qualunque situazione sopraggiungesse creando una sorta di
ambiguità istituzionale che indusse come accennato
precedentemente il legislatore nel 1888 a formulare una
specifica legge a riguardo. Infatti con il tempo la raccolta si
spostò verso il ceto medio e attraverso la modificazione degli
statuti era facile prevede trattamenti diversificati a seconda del
tipo di clientela a volte esorbitando dallo scopo originario
14
.
14
Lo statuto infatti, come il Clarich fa giustamente notare, per le sue caratteristiche
di flessibilità e malleabilità caratterizzò l'evoluzione delle Casse di Risparmio per
più di un secolo.
16
Il primo tentativo di arginare questo fenomeno fu una legge del
regno di Sardegna del 1851 che concedeva esenzioni fiscali solo
alle Casse che continuavano a svolgere attività tradizionale. Ma
questa ingerenza non fu ben gradita dai diretti interessati che
vedevano nello statuto una grossa autonomia; si arrivò quindi,
nel 1886, al primo congresso di categoria
15
. Due distinte
correnti di pensiero si affermarono in questo congresso: una
oltranzista che non vedeva altra alternativa all’autonomia
statutaria; una più moderata che invece accoglieva bene l’idea
di affiancare allo statuto un intervento del legislatore cosi da
stabilire in modo chiaro quelli che dovevano essere i vincoli di
operatività. Resta comunque interessante notare come in
entrambe le correnti lo statuto rimanesse componente
fondamentale e intoccabile
16
.
Con il suddetto congresso si chiude la prima fase storica delle
Casse di Risparmio in quanto con l’avvento della già citata
legge del 1888 lo stato cominciò definitivamente ad interessarsi
alle sorti di tali istituti che erano sorti spontaneamente e che
per quasi un secolo avevano seguito uno sviluppo autonomo e
indipendente privo di ogni ingerenza esterna e, come è stato più
volte ribadito, fu lo statuto a segnare di volta in volta i
15
M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984,
pagg.29 ss.
16
In effetti, anche chi vide di buon occhio l'intervento del legislatore, ne affermava
comunque la subordinazione ad un preventivo riconoscimento nello statuto. Cfr. in
M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984,
pagg.29-30.
17
cambiamenti
17
che lo sviluppo economico e sociale richiedevano
a dei soggetti che dell’economia erano parte attiva come furono
le Casse di Risparmio durante tutto il secolo considerato.
17
Per ovviare alla supremazia statutaria, lo stato, nel R.D.L. 10 febbraio 1927 n.269,
che sarà considerato successivamente, dovette inserire uno specifico articolo(art.10)
nel quale si specificava che le nuove norme avrebbero avuto effetto "nonostante
qualunque disposizione contraria negli statuti". C.fr. in M. Clarich, Le Casse di
Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984, pag.30.
18
1.2 EVOLUZIONE OPERATIVO - ISTITUZIONALE: DALL'AUTONOMIA
ALLA STATALIZZAZIONE
La legge del 15 luglio del 1888 n. 5546 sull’ordinamento delle
Casse di Risparmio segna la svolta fra la concezione “primitiva”
o classica di Cassa di Risparmio rispetto a quella moderna che
riguarda tutto il XX secolo
18
. È utile alla giusta definizione del
problema tracciare un pur sintetico quadro storico del periodo
di cui trattasi:
Proprio in questi anni lo stato dava inizio alla sua politica
interventista a causa dei diversi fatti istituzionali succedutisi in
quel periodo; è questo, infatti, il momento storico delle grandi
opere pubbliche come strade e ferrovie, di grandi iniziative
industriali nel settore siderurgico con conseguente espansione
di spesa pubblica, della guerra doganale con la Francia e
dell’afflusso di capitali dalla Germania in conseguenza della
triplice alleanza
19
.
Non sorprende quindi come lo stato tese la sua mano, o meglio
il suo braccio, verso un settore di rilevante importanza come
18
Si parla di 2 concezioni distinte di Cassa di Risparmio poichè questa istituzione
nel corso della storia ha sempre mostrato il duplice aspetto di organo di beneficenza
e di istituto bancario vero e proprio senza mai aver preso posizione preminente in
nessuno dei due settori.
19
In effetti si stava attuando quel processo di ammodernamento che risultava
necessario all'Italia nel confronto europeo e il fatto che tale spesa veniva finanziata
per lo più attraverso l'emissione di prestiti obbligazionari testimonia il grado di
arretratezza finanziaria di tutto il paese. In M. Clarich, Le Casse di Risparmio verso
un nuovo modello, Il Mulino, 1984, pag.32.
19
quello delle Casse di Risparmio, non tanto per la pur rilevante
componente finanziaria che esse rappresentavano nel sistema,
ma soprattutto per la fitta rete di collegamenti che univa le
Casse con gli strati più popolari potendo così ingerire con la
società civile, anche per ricucire lo strappo provocato dai
conflitti che in quegli anni avevano coinvolto stato e chiesa
20
. A
tal riguardo, anche se non completamente pertinente all’analisi ,
basta accennare la legge n. 6972 del 1890 sulla riorganizzazione
delle associazioni di beneficenza, la quale mostra chiaramente
come sentito fosse l’interesse dello stato per questo settore nel
quale, anche se in via più o meno marginale, può essere
ricondotto anche il sistema Casse di Risparmio.
È importante accennare a riguardo e come verrà approfondito
successivamente, che con la legge del 1888 lo stato non intese
tanto sopprimere l’autonomia di cui le Casse godevano, ma al
contrario cercò di agevolare quel processo evolutivo che
avvicinava sempre più le Casse di Risparmio alle banche
commerciali cercando allo stesso tempo di tutelare quella
tipicità che le aveva sempre contraddistinte
21
20
Lo stato infatti vedeva nelle Casse di Risparmio il trait d'union tra l'istituzione e
il cittadino e questo fattore determinò la funzionalità delle Casse do Risparmio per
tutto il secolo a causa delle ingerenze politiche a cui furono soggette.
21
In effetti sia la legge del 1888 sulle Casse di Risparmio che quella del 1890 sulle
opere pie avevano il comune scopo di statalizzare tutto il settore della "Beneficenza"
; la differenza sostanziale tra i due interventi risiede nella maggiore operatività
delle Casse di Risparmio che impose allo stato una disparità di trattamento
legislativo attraverso la soppressione di ogni autonomia per le opere pie e attraverso
una normativa più snella per le Casse di Risparmio. In M. Clarich, Le Casse di
Risparmio verso un nuovo modello, Il Mulino, 1984, pag 34