PARTE I - IMMIGRAZIONE
1
CAPITOLO 1 - LE POLITICHE MIGRATORIE NEL CONTESTO
EUROPEO
Analizzare il tema dell’immigrazione è fondamentale per capire
l’importanza della figura del mediatore, per questo l’immigrazione
sarà il tema centrale di questo capitolo. Si offrirà un quadro
dell’immigrazione in Europa, per poi studiare più da vicino le
tematiche legate all’immigrazione italiana. Tale quadro costituirà a sua
volta la base di riferimento del secondo capitolo, in cui analizzeremo
più da vicino le tematiche della mediazione e la figura del mediatore
culturale.
1.1 POLITICHE MIGRATORIE: IL QUADRO
COMUNITARIO Quando si parla di politiche migratorie non ci si riferisce solo alle
politiche di frontiera e di regolarizzazione degli stranieri presenti sul
territorio, ma anche alle politiche sociali rivolte agli immigrati, alle
politiche di integrazione o assimilazione e alle condizioni di accesso
alla cittadinanza. L’intrecciarsi di questi vari aspetti incide
diversamente sull’entità e sulle condizioni della popolazione
straniera 1
.
Le politiche migratorie in Europa non sono totalmente distanti: questo
si verifica perché la disciplina comunitaria impone norme comuni che
i Paesi europei rispettano nella definizione delle politiche nazionali.
1
Cfr. Pugliese E., L’immigrazione , in Storia dell’Italia Repubblicana , a cura di
Barbagallo F., Torino, Einaudi, 1996.
2
È quindi opportuno fornire un quadro delle tappe principali della
politica migratoria comunitaria, che possono essere riassunte in tre
passaggi principali.
Il primo passaggio va dal T rattato di Roma del 1957 (istituzione del
Mercato comune e della libera circolazione dei lavoratori), al Trattato
del 1° luglio 1967 che ha istituito le Comunità Europee, all’ Atto
Unico Europeo, firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986. L’Atto
Unico ha realizzato il passaggio dal mercato comune al mercato
interno, sopprimendo per i cittadini comunitari (e per i cittadini di
paesi terzi familiari di un cittadino comunitario) le frontiere interne, e
istituendo la libera circolazione di lavoratori, pensionati, studenti e
altre categorie. La libera circolazione è effettiva dal dicembre 1992.
Il secondo passaggio è dettato dal T rattato dell’Unione europea ,
firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (detto Trattato di Maastricht),
che ha introdotto il nuovo concetto di cittadinanza dell’Unione,
gettando le basi di una cooperazione politica, anche in materia di
politica estera e di sicurezza.
L’articolo 8 del Trattato afferma: “È istituita una cittadinanza
dell’Unione. È cittadino dell’Unione ogni persona che ha la
nazionalità di uno Stato membro” 2
. Questo articolo stabilisce un
legame diretto tra i cittadini degli Stati membri e l’Unione europea e
instaura la cittadinanza europea. Nel Trattato di Maastricht sono
incluse questioni relative alla circolazione dei cittadini di Stati terzi. Il
Trattato riconosce la cooperazione intergovernativa che si era già
instaurata, di fatto, tra i Ministri dell’Interno degli Stati membri, in
2
Il testo integrale del Trattato di Maastricht è scaricabile dal sito dell’Unione
Europea http://europa.eu/index_it.htm .
3
materia di lotta all’immigrazione clandestina e la criminalità 3
, e la
pone sotto il controllo del Consiglio europeo dei Ministri.
Il terzo passaggio è stato operato dal T rattato di Amsterdam
dell’ottobre 1997 , che ha modificato il Trattato di Maastricht
sull’Unione europea. La novità di questo trattato, rispetto al Trattato di
Maastricht, consiste nell’aver integrato la cooperazione
intergovernativa nell’ambito del trattato di Roma, riguardo le
disposizioni che permettono ai cittadini di Stati terzi di entrare,
circolare e soggiornare sul territorio dell’Unione.
Il quadro appena illustrato costituisce la base giuridica entro la quale
si muovono le politiche migratorie nazionali dei Paesi dell’Unione, le
quali tuttavia risultano essere molto diverse tra loro. Le differene che
persostono sono dovute al fatto che i processi migratori verso i Paesi
Europei hanno preceduto di gran lunga l’impianto normativo
comunitario, con l’inevitabile formazione di modelli di immigrazione
diversi in rapporto alle diverse condizioni sociali, economiche e
culturali dei paesi di invio e di arrivo.
Ciò che più interessa, ai fini di questo studio, è l’integrazione dello
straniero nel paese di accoglienza. Il tema dell’integrazione è
strettamente connesso con i modelli di immigrazione, e può essere
meglio analizzato se si confrontano i principali modelli che si sono
affermati nei Paesi europei. Come vedremo, ogni modello si basa su
principi sociali avanzati dal punto di vista dell’integrazione eppure, al
contempo, tali modelli presentano dei punti di debolezza cronici a cui
si dovrà porre rimedio nell’immediato futuro.
3
Cfr. la convenzione di Schengen del 1985 e la convenzione di Dublino del 1990 sul
diritto d’asilo. I testi sono scaricabili dal sito della Commissione europea
http://ec.europa.eu/index_it.htm .
4
I principali modelli di integrazione che si sono affermati in Europa 4
sono quattro e costituiscono la realizzazione pratica di quattro concetti
principali:
• il concetto di assimilazione • il concetto di lavoratore ospite • il concetto di multiculturalismo • il concetto di discriminazione positiva.
Storicamente questi concetti sono stati realizzati nell’ambito delle
politiche migratorie di quattro Paesi europei:
• Francia • Germania • Gran Bretagna • Olanda.
Le politiche migratorie di questi paesi hanno (rispettivamente) un
legame così stretto con i concetti sopra enunciati, che comunemente ci
si riferisce direttamente al modello francese, modello tedesco, ecc 5
.
4
Cfr. in proposito: -Di Rosa Roberta T., Mediazione tra culture: politiche e
percorsi di integrazione , Pisa, Edizioni Plus–Università di Pisa, 2005; -Atzori A.,
“ L’inserimento degli immigrati nelle società di accoglienza: politiche europee a
confronto ”, Tesina di approfondimento per il corso di perfezionamento “Master in
studi interculturali”, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di
Padova, a.a. 2000/01, scaricabile dal sito www.lettere.unipd.it .
5
Consulta in proposito alcuni siti che si occupano di immigrazione, es.
www.immigra.org , www.stranieri.it , www.meltingpot.org .
5
1.2 IL CONCETTO DI ASSIMILAZIONE E IL MODELLO
FRANCESE
1.2.1 L’immigrazione in Francia: cenni storici La politica francese in materia di immigrazione si può articolare in
due fasi 6
: una prima fase, dal secondo dopoguerra agli anni Settanta,
di porte aperte, e una seconda, dalla fase di recessione della prima
metà degli anni Settanta ad oggi, caratterizzata da un blocco pressoché
totale delle frontiere. Vedremo che questa scansione si ripeterà anche
in altri paesi europei, riguardo al tema di apertura delle frontiere.
Immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la
notevole crisi demografica in cui versava la Francia costituiva un
fattore di forte rallentamento alla ripresa economica, che gli aiuti
forniti dal Piano Marshall, invece, avrebbero potuto consentire. A tale
problema il governo francese rispose premendo su una incentivazione
dell’ingresso di stranieri come forza lavoro, la cui entità doveva
raggiungere i cinque milioni di immigrati. Furono così istituiti appositi
uffici e, parallelamente, vennero attivati accordi con Paesi stranieri
finalizzati a favorire e regolarizzare i flussi.
Tramite questi accordi, entrarono in Francia numerosi immigrati
algerini, italiani e profughi di guerra tedeschi. Proprio l’imponente
presenza di algerini, appartenenti ad una cultura così radicalmente
diversa da quella locale, pose l’accento sulle problematiche di
integrazione e inserimento culturale degli stranieri.
A dispetto di qualunque pretesa di regolamentazione dei flussi imposta
dalla Francia, tuttavia, crebbe fortemente l’immigrazione irregolare.
Con l’inizio degli anni Settanta, la battuta di arresto subita dalle
economie europee anche a causa della crisi petrolifera del 1973,
6
Per i cenni storici riguardo le politiche di immigrazione della Francia consulta,
oltre alle fonti citate nella nota n. 9, anche il sito www.cestim.org .
6
impose in Francia una immediata chiusura delle frontiere ed una
inversione delle linee politiche in materia di immigrazione: da allora,
la linea mantenuta è stata quella del blocco degli ingressi da un lato, e
dell’incentivazione ad una migrazione di ritorno dall’altro, per
alleggerire la presenza di stranieri nel territorio.
Parallelamente ha cominciato ad imporsi, per gli stranieri decisi a
restare in Francia, l’esigenza di una integrazione sociale e culturale.
1.2.2 La politica francese in materia di immigrazione: il
concetto di assimilazione Storicamente, la posizione adottata dal governo francese relativamente
all’inserimento degli immigrati è stata sempre quella
dell’assimilazione, tanto sociale quanto culturale, al substrato locale.
Il principio cardine di tale impostazione sta nel fatto che, nella
dimensione pubblica, tutti gli individui devono essere trattati in modo
eguale, indipendentemente dalle proprie biografie individuali, e tutti
devono condividere l’appartenenza al Paese.
In questo senso l’acquisizione della nazionalità, e di conseguenza la
partecipazione alla vita politica è, in Francia, piuttosto semplice. Per
chi non è francese per ius sanguinis o per ius soli 7
, lo status di
francese si acquista:
a) per matrimonio con cittadino francese;
b) per nascita e residenza in Francia, a condizione che lo
straniero nato in Francia vi risieda in modo continuato nel
corso dei cinque anni che precedono la maggiore età civile;
c) per naturalizzazione , e in questo caso lo straniero deve
soddisfare i seguenti requisiti: avere almeno 18 anni; risiedere
7
È cittadino per ius sanguinis chi è figlio di padre o di madre cittadini; è cittadino
per ius soli chi è nato nel territorio della Repubblica.
7
in Francia in modo abituale da almeno cinque anni; non essere
stato oggetto di un provvedimento di espulsione; documentare
una buona assimilazione alla comunità francese e in
particolare una buona conoscenza della lingua ; documentare
un buono stato di salute 8
.
Rispetto ai diritti civili, economici e sociali, questo significa garantire
a tutti un unico ed eguale trattamento: sul piano culturale e di
conservazione delle singole identità straniere, questo porta ad un
livellamento complessivo, almeno formale, delle stesse.
1.2.3 Problemi di convivenza: cenni Il livellamento di cui parliamo è appunto formale: la politica francese
di assimilazione non ha infatti concretamente provveduto ad integrare
la popolazione immigrata con la popolazione francese.
Tendenzialmente la maggior parte della popolazione immigrata in
Francia vive nelle grandi periferie, le banlieues : questa segregazione
spaziale crea quartieri contraddistinti da un forte disagio economico e
sociale, dove si generano forti tensioni, quali quelle dell’ottobre dello
scorso anno 9
, che si sono ripetute anche nei mesi scorsi (ott. 2006)
10
.
8
Cfr. Ba A., Analisi della normativa vigente in materia di immigrazione in Francia,
Regno Unito, Paesi Bassi e Repubblica Federale tedesca , in AA.VV., Immigrazione
e diritti di cittadinanza , Roma, Editalia, 1991.
9
Cfr. in proposito Banlieue in fiamme sul sito www.centroriformastato.it.
10
Consulta in proposito i siti delle principali agenzie stampa, es. http://today.reuters.it
e www.ansa.it.
8
1.3 IL CONCETTO DI LAVORATORE OSPITE (GAST
ARBEITER) E IL MODELLO TEDESCO 1.3.1 L’immigrazione in Germania: cenni storici
Come abbiamo visto per la Francia, anche in Germania si possono
distinguere due fasi legate ai fenomeni migratori del secondo
dopoguerra 11
: una prima fase di apertura delle frontiere, anche in
questo caso dal secondo dopoguerra agli anni Settanta, e una seconda
fase di chiusura, che perdura ancora oggi.
Nella seconda metà degli anni Quaranta, la relativa carenza di forza
lavoro fu colmata dall’ingresso di rifugiati di origine tedesca
provenienti dall’Europa centro-orientale e da tedeschi in fuga dalla
Germania orientale. Più tardi si impose il problema di integrare la
manodopera locale con flussi programmati di lavoratori stranieri: a
questo si è provveduto con la firma di accordi bilaterali con paesi
stranieri quali Italia, Grecia, Spagna, Turchia, Marocco, Portogallo,
Tunisia e Jugoslavia.
Il procedimento delle assunzioni era interamente controllato e gestito
da organizzazioni istituzionali. La manodopera reclutata con questo
procedimento 12
si trasferiva in Germania, dove riceveva un permesso
di soggiorno temporaneo di durata variabile da uno a cinque anni. Allo
scadere di tale periodo, e a meno che il permesso non venisse
rinnovato, il lavoratore straniero era obbligato ad andarsene: questo
favoriva un sistema di impiego “a rotazione”, dove la manodopera
poteva andare e venire senza però sentirsi legittimata a pensare di
trasferirsi definitivamente in Germania.
11
Per i cenni storici riguardo l’immigrazione in Germania consulta, oltre alle fonti
citate nella nota n. 9, i siti www.ismu.org e www.cestim.org 12
La descrizione dettagliata del procedimento di reclutamento di manodopera
immigrata non rientra nei fini di questo studio, pertanto ritengo opportuno ometterla.
9