4
Introduzione
Questo lavoro ha come oggetto di ricerca l’analisi evolutiva vissuta dal settore ferroviario a
seguito dei processi di liberalizzazione che sono stati avviati in Europa e in Italia a partire dai
primi anni Novanta, attraverso non soltanto un mero studio dei vari atti normativi che hanno
coinvolto il settore ferroviario, ma anche l’impatto che questa normativa ha avuto nel mercato
europeo e soprattutto Italiano.
L’analisi svolta ha l’obiettivo di verificare a fondo quelli che sono gli effetti della liberalizzazione
nel mercato ferroviario, cercando cosa e quanto è cambiato, verificando se, tutto questo
processo di riforma, abbia migliorato o meno la qualità del servizio di trasporto su ferro.
L’analisi pertanto si sviluppa anche seguendo un’evoluzione cronologica degli eventi, iniziando,
nel primo capitolo, lo studio e l’approfondimento dell’origine del trasporto ferroviario, la sua
storia e i primi cambiamenti normativi.
Si inizia con una parentesi sulla nascita delle prime ferrovie al mondo, sul loro sviluppo fino alla
nascita delle strade ferrate italiane.
Questo lungo processo sarà sintetizzato in un paragrafo specifico, nel quale saranno anche
affrontate le conseguenze di ognuna delle trasformazioni delle ferrovie italiane con occhio più
critico, più attento al risvolto normativo ed economico, rispetto invece alla ricostruzione
generale storica fatta in precedenza.
Il lavoro continuerà sulle riforme che hanno visto coinvolte le ferrovie italiane, inizialmente
gestite da privati, poi nazionalizzate ed infine trasformate, prima in Ente Pubblico Economico e
poi, in Società per Azioni.
Il primo capitolo termina quindi analizzando lo stato del mercato ferroviario e le norme in vigore
fino agli inizi degli anni Novanta.
Nel secondo capitolo invece sarà approfondita l’evoluzione normativa comunitaria ed italiana
nel processo di liberalizzazione ferroviaria, dai primi anni Novanta, fino all’emanazione del
Quarto Pacchetto Ferroviario. L’emanazione da parte del legislatore di alcuni gruppi di direttive
ha di fatto profondamente cambiato il quadro normativo europeo del settore ferroviario degli
Stati Membri. La prima fra tutte è la Direttiva 440/1991, definita il ‘‘pilastro’’ della normativa
comunitaria in termini di liberalizzazione, sancisce sia la separazione tra gestore
dell’infrastruttura dal gestore del trasporto e sia il diritto di utilizzo a più imprese ferroviarie, in
concorrenza tra loro, dell’infrastruttura nazionale.
Seguirà l’analisi sui motivi che hanno spinto il legislatore comunitario e nazionale ad
abbandonare il regime monopolistico del settore, verso uno aperto alla concorrenza e
all’intervento imprenditoriale, attraverso un processo di liberalizzazione, in grado di proporre
innovazioni ed efficienza nella gestione della rete e soprattutto, nell’offerta dei servizi.
Verrà poi introdotto l’utilizzo, da parte del legislatore comunitario, del documento che prende il
nome di ‘’Libro Bianco dei Trasporti’’, utilizzato per proporre azioni all’ Unione Europea. Questi
vengono emanati per preparare le Istituzioni europee a una serie di decisioni importanti.
I Libri Bianchi dei Trasporti hanno condizionato e spronato le istituzioni comunitarie all’apertura
di un mercato ferroviario comunitario. Il riferimento in questo lavoro di tesi ai Libri Bianchi è
necessario ad anticipare anche l’analisi di quelli che successivamente verranno indicati come i
Quattro Pacchetti Ferroviari, che saranno emanati anche sulla base degli stimoli prodotti dai
seguenti libri.
Il primo pacchetto, nel 2001, ha l’obiettivo di ridurre le disparità tra nuovi operatori e l’incumbent
monopolista. Il secondo invece, nel 2004, propone misure per migliorare la sicurezza e
5
per rivitalizzare le ferrovie, creando uno Spazio Unico Ferroviario Europeo. Questo pacchetto
sancisce l’apertura del mercato ferroviario merci. Poi il terzo nel 2007, il quale intende creare
uno spazio ferroviario comunitario sempre più integrato, con il settore dei trasporti sul ferro più
concorrenziale e attraente. Per ultimo nel 2016 il quarto. Con questa serie di atti normativi si
vuole ottenere una rete ferroviaria unica comunitaria totalmente integrata ed interoperabile,
attraverso la rimozione di ogni barriera, tecnica, legale o amministrativa, poi una maggiore
sicurezza delle ferrovie, il miglioramento di gestione dell’infrastruttura e la completa apertura
del mercato ferroviario nazionale passeggeri.
Sarà poi presa in esame la dimensione italiana, su come questa ha assorbito le normative
comunitarie, adattandole al contesto interno nazionale. Saranno analizzate le fasi di
recepimento dei vari atti normativi europei
Si procederà con una panoramica sull’attuale stato di liberalizzazione ferroviaria nel trasporto
merci e passeggeri, alcune considerazioni sui servizi ferroviari regionali soggetti ad OSP
(Obblighi di Servizio Pubblico) e alcune riflessioni sul mercato interno ferroviario dei principali
Stati Membri.
Alla fine del capitolo invece, verranno affrontati peculiarità, compiti, mission e poteri in capo alle
principali Autority di settore, comunitarie e nazionali, ossia L’Agenzia dell'Unione europea per le
ferrovie ‘‘ERA’’, L’Autorità di Regolazione dei Trasporti ‘’ART’’ e l’Agenzia Nazionale per la
Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali ‘’ANSFISA’’. Allo stesso
tempo si farà un breve excursus sui principali certificati necessari per essere autorizzati a
svolgere trasporto ferroviario e le competenze su questi dei singoli attori coinvolti.
Il terzo capitolo conclude il lavoro di ricerca analizzando il trasporto ferroviario oggi.
Si andrà ad osservare l’evoluzione del traffico ferroviario, la domanda e l’offerta, di passeggeri e
merci, in Italia e in Europa, con uno sguardo al passato, al presente e il trend attuale, anche a
seguito delle conseguenze disastrose che la pandemia, nel 2020 e parte del 2021, ha causato a
tale settore.
Si noteranno le variazioni dei principali indicatori di traffico ferroviario, oltre alla mobilità in
generale e la mobilità tra i diversi mezzi di trasporto, si analizzerà il flusso passeggeri, dei
passeggeri-km, delle tonnellate-km e dei treni-km.
L’analisi sarà svolta prima nel contesto italiano e poi su quello europeo.
Alla fine di questa analisi saranno riportate delle sintetiche conclusioni sulla domanda e
sull’offerta di trasporto ferroviario in generale, sia in Italia che in Europa. Questo ci permette di
avere chiaro l’andamento nel tempo del trasporto su ferro in generale.
Sarà poi analizzato il gestore della rete in Italia, RFI, appartenente alla società del Gruppo
Ferrovie dello Stato Italiane.
Infine il lavoro della presente tesi si conclude con la lo studio del caso Italo-Nuovo Trasporto
Viaggiatori S.p.A. nel panorama italiano dell’Alta Velocità, in diretta concorrenza con Trenitalia,
anch’essa appartenente alla società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. Saranno analizzati i
comportamenti di entrambi le compagnie e le vicende che hanno permesso un forte sviluppo
del segmento Alta Velocità.
Come si evidenzierà nelle conclusioni, redatte alla fine del presente lavoro di tesi, il lungo
processo di riforma ha apportato migliori condizioni di accesso alla rete per i passeggeri, prezzi
più bassi, servizi più efficienti, un aumento del numero dei treni per i passeggeri, maggiori
possibilità di usufruire del servizio in orari diversi in modo continuativo tutti i giorni e, migliori
servizi a bordo treno.
Questa diretta concorrenza ha letteralmente trasformato il mercato ferroviario, dove l’Italia è un
caso unico, dal quale prendere esempio, l’unico paese europeo ad avere un sistema ferroviario
AV in cui due aziende di trasporto sono in concorrenza diretta tra loro.
6
Capitolo primo
Il trasporto ferroviario: Origine, evoluzione
storica e primi cambiamenti
1.1. Le origini del trasporto ferroviario
La ferrovia, denominata in origine strada ferrata, nasce come un sistema capace di indirizzare le
ruote dei mezzi, attraverso un percorso a terra a guida vincolata.
Per fare questo, inizialmente si incidevano delle scanalature parallele sulla pietra per renderla
facilmente percorribile, impedendo ai carri di uscire dall’itinerario progettato.
Ferrovie di questo tipo e tali resti archeologici, è possibile trovarli nei territori della Grecia e
dell’Antica Roma. La prima ferrovia, denominata Diolkos, viene fatta risalire intorno al 600 a.C.
nell’Istmo di Corinto.
1
Queste civiltà avevano notato che i carri, trainati da animali e dall’uomo, che percorrevano tali
percorsi, riducevano l’energia impiegata per lo spostamento. Questi furono gli esempi dei primi
rudimentali binari al mondo.
2
La vera storia del trasporto su ferro inizia invece nelle miniere inglesi, dove si rendeva necessario
il trasporto agevole dei minerali estratti. Il sistema utilizzato per tale trasporto, fino alla fine del
1600, era quello di mezzi carrellati, trainati su delle guide parallele poggiate al suolo.
La prima locomotiva a vapore invece risale al 1804, grazie all’ inventore e ingegnere Richard
Trevithick, nella miniera di Merthyr Tydfil, in Inghilterra. La locomotiva venne battezzata
‘‘Penydarren’’.
Ciononostante la vera prima locomotiva a vapore considerata idonea fu realizzata
dall’ingegnere inglese George Stephenson, dieci anni dopo, denominata ‘‘Blucher’’.
Quest’ultimo costruì, nel 1825, anche la prima ferrovia al mondo.
Fu la società ferroviaria Stockton & Rarlington Railway ad individuare sempre l’ingegnere per
realizzare una ferrovia che collegasse le miniere della località di Shildon, con le città di
Darlington e Stockton-on-Tes.
La nuova ferrovia entrò in funzione il 27 settembre del 1825 e la stessa compagnia risultò la
prima impresa al mondo a realizzare una linea ferroviaria.
Fu sempre lo stesso Stephenson a realizzare la prima linea ferroviaria dedicata, non più ad uso
commerciale come quella del 1825, ma una aperta al traffico passeggeri. Questa, tra Liverpool e
Manchester, entrò in funzione il 15 settembre del 1830.
3
1
Https://www.dse.univr.it/documenti/Occorrenzalns/matdid/matdid770200.ppt, Università degli Studi di Verona,
Facoltà di Economia, Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità. Consultato ore 11:57 del 29/09/2022
2
MJT Lewis , “Railways in the Greek and Roman world”
3
C.Wolmar., Sangue, ferro e oro. Come le ferrovie hanno cambiato il mondo, Torino, 2011, p.9
7
La prima locomotiva a percorrerla prese il nome di ‘‘Rocket’’ realizzata anch’essa dall’ingegnere
Stephenson.
4
Figura 1: Locomotiva Rocket di G. Stephenson.
5
Alla data del 1850 erano stati costruiti 38.600 km di reti ferroviarie in tutto il mondo, cifra che
raggiungerà poi i 210.000 km nei successivi 20 anni grazie a investimenti economici e
miglioramenti della tecnologia, insieme al consolidamento di aziende idonee a gestire reti
sempre più ampie Il grande successo del treno e l’inaugurazione delle nuove linee ferroviarie ne
spinse tantissimo lo sviluppo come mezzo adatto al trasporto pubblico in tutta Europa.
Ma l’attenzione rispetto al trasporto in generale, in Europa, comincia a nascere anche prima di
quegli anni, infatti già tra il XVI e XVIII secolo, inizia una nuova moda, definita ‘‘Grand Tour’’.
Qui i nobili, sia per motivi affettivi, per affari e per cultura, transitavano e sostavano nelle più
importanti città dei paesi europei.
A seguito di questa moda si incomincia ad intensificare sempre di più l’interesse per i trasporti
interni. Si incominciano, ad esempio, a sistemare le molte mulattiere già esistenti sul territorio,
con l’intento di renderle adatte al passaggio di carri.
6
Inizia così ad aumentare la velocità dei mezzi e si va, via via, ad intensificare il trasporto delle
persone, attraverso diligenze e vetturini. I primi erano offerti dallo stato, gli altri gestiti da privati.
I più ricchi invece avevano mezzi e cocchieri personali.
Solo la ferrovia, con il nome storico di
‘‘strada ferrata’’, cambiò per sempre il modo di spostarsi delle persone, in quanto iniziava a
fornire un mezzo sicuro con un orario di arrivo sempre più certo.
Nonostante l’iniziale resistenza, mostrata durante la costruzione delle prime strade ferrate a
causa del timore avvertito di una diminuzione nell’impiego di bestiame, della manifattura e
dell’aumento del numero degli espropri, dovuti alla sostituzione dei mezzi trainati dagli animali
per dare spazio alle nuove strade ferrate e ai treni, queste resistenza e paura cessarono, proprio
per il progresso che avrebbe apportato alla società e che man mano cominciava a far percepire
a tutti.
7
4
https://www.adnkronos.com/i-200-anni-della-locomotiva-a-vapore-madre-di-tutti-i-treni_6Sk64wQq1IHvaCxQA71Eut
5
http://www.cifi.it/UplDocumenti/Verona29092018/3-Marini.pdf
6
L. Perini, Il sistema dei trasporti nella storia dell’Italia moderna, in Popolazione, tecnologia, commercio, politica e
sistemi di trasporti nell’Italia contemporanea, Italtemi, Roma, 1984, p. 354
7
M.G. Imbrò e G. Mazzoleni., Partire e un po' morire: per una etno-storia del treno in italia, Roma, Bulzoni, 1979, p. 7.
8
1.2. La storia del trasporto su ferro in Italia e la sua
evoluzione
Rispetto ad altri paesi europei, come la Gran Bretagna o la Francia, diversi fattori hanno
rallentato lo sviluppo ferroviario in Italia. Anche la geografia della penisola stessa rendeva molto
difficile la progettazione delle ferrovie e la divisione politica e la presenza di molti regni non
consentivano la creazione di una rete ferroviaria unificata. Questo però non arrestò l’evoluzione,
anche in Italia, della novità ferroviaria.
Fu il Regno delle Due Sicilie ad autorizzare la costruzione della prima ferrovia italiana.
Nel gennaio 1836 l'ingegnere francese Armand Bayard de la Vingtrie, chiese a Ferdinando II il
permesso di ideare una ferrovia da Napoli a Nocera e Salerno e una linea per raggiungere il
porto di Manfredonia in Puglia.
Nello stesso anno Bayard ricevette la concessione per la costruzione a proprie spese della
ferrovia da Napoli a Nocera, potendola sfruttare economicamente per 99 anni.
L'apertura del primo tratto da Napoli a Granatello di Portici, lungo 7,6 km circa, avvenne il 3
ottobre 1839. Vedendo il successo dei lavori, re Ferdinando ordinò la costruzione di una nuova
linea da Napoli a Caserta a spese dello Stato. I lavori furono completati nel 1843. Nel 1844 la linea
fu estesa a Capua. Originariamente utilizzata solo dalle classi abbienti, il suo uso poi fu esteso
anche ai lavoratori. La ferrovia inizia davvero a cambiare lo stile di vita delle persone.
La locomotiva che percorse la prima strada ferrata in Italia venne battezzata ‘‘Vesuvio’’.
Il suo
primo viaggio segna di fatto la nascita della Ferrovia in Italia.
8
Figura 2: Locomotiva Vesuvio, o utilizzata durante l’apertura della prima linea ferroviaria Italiana
Napoli-Portici nel 1839.
9
Iniziarono man mano ad essere realizzate strade ferrate in tutto il territorio. Per la gestione delle
nuove e prime ferrovie, furono costituite società in concessione. Il risultato ottenuto dalla loro
gestione fu pessimo.
Essendo gli investimenti in ambito ferroviario particolarmente incerti, la politica ferroviaria era
regolata sia dall'intervento pubblico che da quello privato.
Nel 1850 l’Italia possedeva 371 km di
strade ferrate.
8
https://www.fsitaliane.it/content/fsitaliane/it/media/news/2018/10/2/al-museo-nazionale-di-pietrarsa-per-festeggiare-
i-179-anni-di-fe.html
9
https://www.flickr.com/photos/ferroviedellostato/8779889063/in/album-72157633575041525/
9
Prima della costituzione del Regno d'Italia, gli Stati preunitari avevano tenuto politiche
ferroviarie molto diversificate. Si aveva una piccola rete di strade ferrate sconnesse tra loro,
inadeguate, senza sapere che poi avrebbero unito in seguito l’intero paese.
10
Nel momento della costituzione del Regno D’Italia nel 1861, erano attivi 2189 km di strada ferrata
nella penisola, dove solo il 25% circa del totale era di proprietà e gestito dallo Stato, mentre la
restante parte era affidata a circa 20 società private.
Solo nel 1905 con la Nazionalizzazione delle ferrovie, lo Stato sottrasse le reti ferroviarie a tali
società, assumendo la gestione completa, per un totale di circa 10.000 km di linee.
Figura 3: Lunghezza reti ferroviarie nei principali paesi europei.
11
Dove non c'erano rotaie, le persone e le merci dovevano viaggiare a bassa velocità su carri
animali, mezzi ormai anacronistici, in un mondo ormai costituito dal ferro e dal vapore.
Proprio per questo, le città e i centri urbani più piccoli chiedevano collegamenti con la ferrovia.
Tra fine Ottocento e i primi del Novecento, iniziano quindi a nascere anche delle ferrovie che
avevano i binari posati direttamente sulle strade urbane. Vennero definite con il nome di
Tramvie, fortemente diffuse e molto utilizzate dagli abitanti nei maggiori centri abitati.
Le prime trainate da cavalli nel 1872 a Torino, poi nel 1878 a vapore, fino al 1890 trainate
elettricamente.
Allo stesso tempo però la ferrovia comincia a ridurre i tempi di percorrenza, con una rete
nazionale nella quale la circolazione treni viene scandita dagli stessi orari in tutto il territorio. Si
individuò Roma, prima dell’Unità, come città di riferimento per scandire tale orario in tutta la
penisola. Solo nel 1893, l’orario che avrebbe coordinato le ferrovie sarà quello dell'Europa
centrale, 10 minuti in anticipo sull’ora di Roma.
12
In Italia, dopo l’Unità, la costruzione delle ferrovie, è stata sovvenzionata dallo Stato, ma anche
affidata a capitali privati, sia italiani che esteri, per cercare di colmare il disavanzo di bilancio. I
privati intervenivano attraverso l'istituto giuridico della "concessione", ai quali veniva affidata la
realizzazione e l'esercizio del servizio. Lo Stato però ne restava proprietario.
La gestione in mano a società concessionarie creò una situazione di difficile controllo da parte
dell’amministrazione statale.
Queste compagnie private in concessione, controllavano un settore di forte interesse militare,
politico e sociale.
10
Maggi, S., 2017, Le ferrovie, Il mulino, Bologna, pp. 21-44
11
Maggi, S., 2017, Le ferrovie, Il mulino, Bologna, p. 56
12
L'ora europea venne adottata con il regio decreto 10 agosto 1893 , n. 490
10
Proprio per questo, i contratti stipulati con quest’ultime vennero più volte modificati, attraverso
l’inserimento di clausole a tutela degli interessi collettivi.
Figura 4: Compagnie ferroviarie all'inizio del 1860.
13
Alcune delle società ferroviarie non riuscivano a portare avanti il loro mandato in modo corretto.
Pertanto si volle inizialmente riunire le ferrovie in esercizio e quelle che si stavano costruendo,
affidandole a società più grandi ed in grado di gestirle meglio.
A seguito della legge del 20 marzo 1865 sull’unificazione amministrativa del Regno, si
regolamentava anche la costruzione e l'esercizio delle strade ferrate. Queste furono affidate a
tre nuove società maggiori: Strade ferrate alta Italia, Strade ferrate romane, Strade ferrate
meridionali, che avrebbero gestito una rete di 1.500-2.000 km ciascuna, alle quali veniva in
assicurata una sovvenzione per ogni linea gestita.
Il metodo che lo Stato utilizzava per sovvenzionare le linee in concessione, aumentava al
diminuire dell’intensità del traffico ferroviario. Gli amministratori di tali linee quindi non
venivano invogliati a cercare incrementi di traffico. Per questo il sistema entrò in crisi già l’anno
dopo l’approvazione della legge. Si cominciava cosi a valutare l’inefficacia delle società
ferroviarie, le quali avevano causato perdite finanziare notevoli e danni all’intero paese.
Era
necessario un riordinamento generale per porre un limite alle costanti perdite economiche
delle compagnie.
14
Nel 1878 il governo nominò una commissione d’inchiesta per valutare le convenzioni fino a quel
momento applicate e comprendere se fossero o meno compatibili con gli interessi dello Stato.
Solamente tre anni dopo, la commissione, espresse giudizio favorevole sulla possibilità di
riconoscere nuove concessioni a società private e, con Legge 27 aprile 1885, venne emanata la
«legge sulle convenzioni».
Essa prevedeva la divisione tra la proprietà, che restava statale e, la gestione affidata alle tre
società, per un periodo massimo di 60 anni, rinnovabile di 20 in 20. Le convenzioni seguivano un
modello di tipo misto pubblico-privato. I ricavi venivano divisi tra Stato e società, in quote
predefinite.
La rete venne affidata alla Società per le strade ferrate del Mediterraneo nella parte occidentale
e alla Società per le strade ferrate meridionali per la parte orientale, le quali gestivano 4000 k di
strade ferrate ciascuna.
13
Relazione del ministro dei Lavori pubblici Stefano ]acini sull'Amministrazione dei lavori pubblici in Italia al Parlamento
del 31 gennaio 1867, riportata in «Giornale del Genio Civile», parte ufficiale, V, 1 867 , p. 152.
14
Maggi, S., 2017, Le ferrovie, Il mulino, Bologna, pp. 92-100
11
Infine venne affidata alla Società per le strade ferrate della Sicilia i 599 km di linee dell'isola. Vi
erano poi altre compagnie locali, che al 31 dicembre 1887 gestivano 1.326 km di rete. Nel primo
Novecento altre linee si aggiunsero alla lista.
15
Vennero istituite delle autorità di controllo per valutare l’operato delle compagnie
concessionarie, ma in pratica tali autorità non riuscivano a svolgere correttamente il compito a
loro assegnato. Le compagnie ferroviarie erano libere di operare a loro piacimento e questo
provocava ingenti spese da parte delle Stato. Anche il servizio ferroviario che veniva erogato era
scadente.
Anche il ritardo dei treni, argomento molto sentito al tempo, aumentava continuamente.
La vicenda dei ritardi rappresentava la spia evidente di una situazione di forte insofferenza verso
le compagnie concessionarie. Si comincia a parlare di ‘‘anarchia ferroviaria’’.
Il problema dei ritardi dei treni divenne tanto sentito negli anni seguenti che venne emanata
una legge, con la quale si stabiliva che tali ritardi costituivano «contravvenzioni ai sensi del
codice penale», di cui erano responsabili personalmente i direttori generali o direttori di
esercizio delle compagnie.
16
Un’altra commissione nel 1898 venne nominata per studiare un nuovo ordinamento per la
gestione delle strade ferrate, per far fronte alla situazione incresciosa che si stava verificando.
Allo stesso tempo però, dal 1900 al 1902, vengono finanziati investimenti nel settore ferroviario,
acquistando prima nuovi treni e poi aumenti di stipendio del personale ferroviario, nonostante
fossero dipendenti privati. La commissione d’inchiesta notò ancora vicende incresciose riguardo
alle compagnie in concessione.
Si aveva una gestione senza un vero controllo. Si inizia a credere che la soluzione al problema
fosse la nazionalizzazione delle ferrovie.
Anche l’indotto ferroviario premeva per una gestione pubblica delle ferrovie. Allo stesso tempo i
dipendenti delle ferrovie minacciavano scioperi e disservizi. Si decise definitivamente quindi di
nazionalizzarle.
Fu istituita, nell’aprile 1905, l'Amministrazione Autonoma delle Ferrovie dello Stato. Questa
tipologia di amministrazione è un’innovazione per lo Stato italiano. Tale amministrazione è
legata al Ministero dei Lavori Pubblici. Tale Amministrazione Autonoma era composta da un
consiglio d’amministrazione con un direttore generale, in grado di gestire un servizio destinato
a confrontarsi al mercato.
17
A dirigere la nuova azienda fu Riccardo Bianchi. La gestione dell’azienda avvenne su basi e
strumenti di tipo privatistico.
Sotto la sorveglianza del Ministero dei Lavori Pubblici, gli vennero riconosciuti ampi margini
operativi, gradualmente ristretti nel corso degli anni, per paura di una possibile ‘‘mancanza di
responsabilità’’.
18
15
Legge 27 aprile 1885, n. 3048 e Articolo 1 della legge 8 luglio 1878, n. 4438, che prescriveva «un'inchiesta ferroviaria» e
stabiliva «che l'esercizio delle ferrovie dell'Alta Italia» fosse «assunto in via provvisoria per conto dello Stato».
16
Archivio storico della Camera dei deputati, vol. 706, atti 51 e 51b, Provvedimenti di polizia ferroviaria riguardanti i ritardi
dei treni; legge 21 dicembre1899, n. 446, «portante provvedimenti di polizia ferroviaria, riguardanti i ritardi dei treni».
17
La legge 22 aprile 1905, n. 137, «portante provvedimenti per l'esercizio di Stato delle ferrovie non concesse ad imprese
private», abolì il regime delle convenzioni e stabili che lo Stato avrebbe ripreso possesso delle strade ferrate a partire dal
1° luglio successivo. L'azienda statale, prevista soltanto genericamente dalla legge 137, venne costituita con il regio
decreto 15 giugno 1905, n. 259, che stabiliva «le funzioni e i servizi dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato».
18
Atti parlamentari Camera dei deputati, Legislatura XXII, I sessione, Discussioni, 6 dicembre 1906, pp. 10479 ss.; citato in
Mazzone, Ferrovie e riforma della pubblica amministrazione, p. 149.
12
La situazione ferroviaria che veniva ereditata era pessima, treni in stato di degrado, come anche
i binari, inadatti ad essere percorsi ad alte velocità. Mancava anche la tecnologia per permettere
una circolazione più intensa (posti di blocco ad esempio). Era necessario riorganizzare
completamente il sistema.
Bianchi intraprese l'opera di rinnovamento, ordinando materiale rotabile alle migliori imprese
italiane, come Ansaldo e Breda.
Alla metà del 1906 erano state commissionate ben 567 locomotive, 1244 vetture e 20623 carri
merci. Si ebbe cosi sin da subito un'impressione di miglioramento.
Raffaele De Cornè succedette a Riccardo Bianchi tra il 23 e il 24 maggio del 1915. L’Italia si
preparava per l’entrata in guerra e il contributo delle ferrovie al conflitto fu positivamente
determinante. Il nuovo direttore generale ebbe un grande successo.
Nel 1900 i ferrovieri superavano le 102.000 unità, un numero elevatissimo, considerando che il
numero dei dipendenti statati e militari insieme erano inferiori a questi.
I ferrovieri attuarono dal 17 al 22 aprile 1905 il primo vero e proprio sciopero nazionale di
categoria della storia italiana, che bloccò il paese allarmando l'opinione pubblica. I ferrovieri
erano contrari al progetto di legge sulla statizzazione, perché vietava loro astensioni dal lavoro,
considerandoli pubblici dipendenti: lo sciopero del pubblico impiego era infatti punito dal
codice penale, consentito però ad altre categorie di lavoratori. I ferrovieri nel luglio 1906
ottennero alla fine lo «stato giuridico» che garantiva tale diritto, ben due anni prima che lo
avessero gli impiegati dello Stato.
Nel primo ventennio del Novecento, grazie ad una riduzione dell'orario di lavoro ottenuto dal
sindacato, il numero dei ferrovieri aumentò da 102.000 a 226.000, con una sindacalizzazione e
una politicizzazione degli addetti che non si verificava in nessun altro settore lavorativo. Si
ebbero di conseguenza sempre più pressioni, volte a ottenere non solo aumenti salariali ma
anche miglioramenti normativi e lavorativi in generale.
19
Dopo la guerra, negli anni 1918-1919, il margine attivo delle Ferrovie dello Stato iniziò a diminuire
notevolmente. Le spese aumentarono per l'aumento dei prezzi dei combustibili e dei materiali,
ma anche per l'aumento di stipendi del personale, che nello stesso periodo è passato da meno
di 298 milioni di lire a quasi 796 milioni di lire. Il bilancio della società mostrava un disavanzo di
oltre 859 milioni di lire nell'anno 1919-1920 e un disavanzo di 1 miliardo di lire nel 1920-1921.
Oltre alla situazione appena descritta, il grande potere che il sindacato acquisì in questo periodo
creò uno stato di permanente indisciplina tra il personale ferroviario. Durante questi anni il
servizio venne più volte minacciato da scioperi degli addetti ai treni.
La minaccia venne attuata con uno sciopero nel gennaio 1920 durato dieci giorni. I ferrovieri
ottennero un ulteriore riduzione dell’orario di lavoro e un altro aumento di stipendio.
Queste agitazioni e la situazione in generale fece precipitare le ferrovie in una grave crisi.
La situazione che si verificava nell’azienda ferroviaria era un vero caos, tanto che costrinse il
governo fascista a prendere misure drastiche.
20
I dipendenti delle ferrovie raggiunsero quota 235.460 unità, a causa del riconoscimento della
riduzione dell’orario di lavoro e per i mancati licenziamenti dei lavoratori assunti durante la
guerra.
19
Legge 13 aprile 1911 , n. 3 10, che approvava «le modificazioni all'ordinamento delle ferrovie dello Stato ed il
miglioramento economico del personale».
20
S. Maggi e F. Paolini., Il sindacato in ferrovia. Dal fascismo alle federazioni dei trasporti, Venezia, Marsilio, 2000.