7
Dopo un attento studio delle varie correnti di pensiero, ho preferito
seguire le linee teoriche tracciate da Mattelart e Naisbitt, che intravedono
contaminazioni e influenze tra le due dimensioni globale e locale. La
convergenza verso un unico grande modello di sviluppo è accompagnata
dalle evoluzioni delle culture sociali, artistiche e imprenditoriali.
Si delinea così una sorta di caos organizzato in cui i fenomeni, gli
influssi, le tendenze, e le mode provenienti dai più diversi lati del globo
interagiscono dinamicamente tra loro, mescolandosi e vicendevolmente
influenzandosi.
La relazione globale-locale, espressa nel paradosso di Naisbitt, “Più
grande è l'economia mondiale, più forti sono gli operatori più piccoli”,
rappresenta in maniera efficace la doppia dinamica insita nella
globalizzazione: deterittorializzazione e riterritorializzazione il cui esito è
la glocalizzazione. Fortunata crasi dei due termini, questo concetto
esprime bene l’interagire su un unico piano di modelli culturali differenti
che convivono generando un circolo virtuoso di connessioni e di
reciproche influenze, pur mantenendo salde le peculiarità su cui
ciascuno di essi si fonda. Cosicché, i processi generativi di pensiero, di
cultura e d’impresa non possono che agire secondo una doppia logica,
contemporaneamente globale e locale, legata al territorio e alle radici sul
piano fisico, autonoma e libera di agire sul piano delle idee, delle
pratiche e delle dinamiche operative.
L’interazione su un unico piano di modelli culturali differenti attraverso il
processo relazionale soggetto-globale-locale, non necessariamente
implica il rischio di omogeneizzazione culturale e di appiattimento delle
diversità locali.
Questa è la tesi che ho cercato di dimostrare attraverso il percorso
tracciato nella prima parte del lavoro.
8
Partendo dal nuovo concetto di comunicazione e dalla riorganizzazione
delle economie, sono stati descritti e analizzati, in prima istanza, i
mutamenti che hanno interessato le imprese e il loro approccio sul
mercato. Le aziende sul mercato internazionale operano, in linea di
massima, adottando due strategie di marketing: globale e
multidomestica. In realtà non si posizionano mai nettamente su una delle
due, ma scelgono sempre più spesso un approccio ibrido.
Il loro strumento comunicativo d’eccellenza, la marca, ha subito
trasformazioni profonde, ma rappresenta sempre l’immaginario
esperenziale che nutre il consumatore.
Molte global brands, nel passaggio oltre il 2000 hanno modificato la
loro strategia globale, cercando di adattare localmente le campagne
pubblicitarie, rispettando almeno in parte la lingua e le culture locali.
Il linguaggio pubblicitario, il nostro vero oggetto d’indagine, è solo un
mezzo delle logiche di mercato delle imprese transnazionali. Si sono
creati network potentissimi e oligopoli di potere che gestiscono e
decidono le sorti del flusso transnazionale di informazioni, prodotti
culturali e capitali. Le agenzie di pubblicità, alcune di proprietà di banche,
non contano più sul piano decisionale, ma si adattano alle direttive dei
centri nevralgici di potere.
Nella seconda parte del lavoro, si è cercato di offrire delle evidenze
empiriche alla tesi di partenza. Analizzando le campagne internazionali
di due global brand, Adidas e 3, una leader di mercato nel settore degli
articoli sportivi, l’altra emergente ma già diffusa a livello internazionale
nel settore delle telecomunicazioni, si è attuata una ricognizione delle
strategie di comunicazione internazionale messe in scena da questi due
soggetti economici.
9
La tanto temuta e contestata omologazione culturale, non sembra aver
raggiunto i suoi scopi, dal momento che sempre più voci sostengono il
contrario. Sicuramente un certo tipo di globalizzazione economica, la
stessa contestata dalla sottoscritta, sembra essere associata a nuovi tipi
di esclusione sociale. Il gap economico tra il nord e il sud del mondo e le
disuguaglianze in termini di reddito sono figli di una mal distribuzione del
capitale e dell’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi.
Dallo scenario complessivo non possono essere elusi questi aspetti
critici e questi punti di crisi, per quanto andrebbero affrontati in sede e in
maniera più appropriate. Non solo per una palese ragione etica, ma
soprattutto perché essi oggi – e dopo gli eventi dell’11 settembre in
maniera ancora più evidente – influenzano le dinamiche socio-culturali
dei processi in atto.
10
Parte Prima
LA COMUNICAZIONE GLOBALE:
UNA RIVOLUZIONE CULTURALE?
11
Capitolo 1.
La nascita di un nuovo concetto di comunicazione
12
1.1 Dagli anni 80’ al 2000: una società fondata su valori di
comunicazione
…Sì, perché nell’era elettrica
"abbiamo come pelle l’intera umanità".
(Mc Luhan, 1964)
Nel 1980 Bill Gates, fondatore della Microsoft, realizza il sistema
operativo Ms/Dos e nel 1981 nasce il primo personal computer Ibm.
Queste due innovazioni tecnologiche rappresentano solo la punta
dell’iceberg delle trasformazioni in atto nell’ultimo ventennio. Sono i primi
passi verso la concreta attuazione della terza rivoluzione industriale,
quella dell’ICT (Information and Communication Technology) che
digitalizzando i processi comunicativi modifica gli scenari economici-
finanziari, politici, sociali e culturali.
Grazie alla trasformazione del segnale di trasmissione delle informazioni
dal modello analogico a quello digitale, l'intero pianeta è scosso da
un'autentica rivoluzione tecnologica: il costo delle comunicazioni va
diminuendo; la telefonia mobile e satellitare rende la telecomunicazione
accessibile non solo alla popolazione urbana, ma anche a quella che
vive nelle zone rurali; Internet consente l'accesso ad un’infinita gamma di
risorse e informazioni provenienti da ogni parte del pianeta.
Tutto questo contribuisce alla diffusione del sapere aumentando le
capacità e le qualità delle tecniche di trasmissione delle informazioni.
La profonda trasformazione di cui siamo partecipi è indicata con il
termine di globalizzazione dei media e delle comunicazioni, una delle
tante facce della globalizzazione.
13
Il termine globalizzazione nasce con la deregolamentazione finanziaria
degli anni 1980-'85
1
,
e riguarda, a un primo livello di analisi, il processo
di liberalizzazione dei mercati economici e finanziari e il conseguente
accerchiamento del pianeta a opera di reti finanziarie.
I mercati nazionali perdono così la loro indipendenza e risentono
fortemente delle incertezze dei mercati finanziari: nel 2001 il Nasdaq
(listino dei titoli tecnologici Usa) oscilla e la crisi si ripercuote
immediatamente sulle Borse europee e su quelle asiatiche, nessuna
esclusa.
In realtà processi di internazionalizzazione dei mercati si sono registrati
fin dal secondo dopoguerra, quando le corporations multinazionali
americane si posero in alternativa allo stato nazionale, espandendosi sui
mercati esteri: la Ford e la General Motors nel settore automobilistico, la
Kellogg e la Kraft nel settore alimentare
2
.
L'attuale mercato mondiale realizza l'interdipendenza dei diversi mercati,
non solo geografica e orizzontale ma anche verticale: mette in stretta
comunicazione i mercati dei beni, dei servizi e dei capitali. Il processo di
disgregazione dei confini è stato accelerato dalla digitalizzazione dei
mercati, delle comunicazioni e dall’ottimizzazione dei trasporti, al punto
che, in certi casi, non si sa più dove comincia e dove finisce un territorio,
uno stato, un continente.
Il mondo, pur con le differenze e connotazioni proprie di ogni cultura e
civiltà, diventa un villaggio globale, così come profetizzato da Mc Luhan
nel lontano 1964, dove le distanze si annullano e tutto diventa a portata
di mouse.
1
Mattelart A., 1994, 1998
2
(Connell, 1977, p.67; Symons, 1982, pp.129-131).
14
Finita l’era meccanica, che ha caratterizzato il secolo scorso, siamo
catapultati nell’era elettronica (metafora inventata da Mc Luhan,
diventata ora espressione di un’epoca), dove cambiano il tempo e lo
spazio, le principali categorie concettuali con le quali analizziamo e
viviamo nel mondo.
Mutano le coordinate spaziali: non ci sono più confini e barriere né per i
capitali, che rimbalzano istantaneamente da un continente all’altro, né
per la forza lavoro, che si muove al seguito dell’offerta, alimentando una
nuova fase di ondate migratorie.
Nemmeno le attività produttive conoscono più limitazioni spaziali: le
fabbriche si costruiscono dove il costo del lavoro è più basso, anche se
la sede sociale sta dall’altre parte del mondo. Anche l’immaginario
collettivo ne risente, poiché le stesse immagini fanno il giro del mondo,
portando nelle nostre case scene di guerra, attacchi terroristici, catastrofi
naturali. Realtà lontane fisicamente da noi entrano senza sforzo nel
nostro apparato cognitivo, è sufficiente seguire un telegiornale per
essere catapultati davanti alle immagini sanguinose della guerra in
Medio Oriente.
Anche il tempo risente di questa metamorfosi, e diventa unico: non
esiste soluzione di continuità per i mercati finanziari, per la struttura
produttiva, per il business dell’intrattenimento, che dopo la televisione ha
trovato nella rete una prateria sconfinata dove non tramonta mai il sole. I
tempi dell’economia e della finanza seguono un solo orologio, da Milano
a Londra, da Parigi a Tokio.
Al centro di questo processo è evidente il peso della comunicazione,
valore centrale che caratterizza la fine del nostro secolo, con i suoi nuovi
caratteri di istantaneità e telematicità. Il mercato della comunicazione è
in crescita sostenuta e regolare, all’inizio degli anni ’90 è stimato in 630
15
miliardi di dollari, di cui il 30% è rappresentato dal mercato europeo. Le
imprese ne risentono, i media ne risentono e cambiano le loro strategie
di mercato.
Comunicare in un mondo globalizzato è certamente molto diverso dal
comunicare in un ambiente delimitato da rigidi confini territoriali.
Cambiano i mezzi, i contenuti, la sensibilità, i gusti e l'approccio degli
attori e spettatori di questo processo.
Si registra un flusso di concentrazione notevole verso gruppi sempre più
potenti, pluri-specializzati, a vocazione multimediale, nascono i grandi
network. Questa strategia del gruppo si completa con la corsa
all’internazionalizzazione e con la diffusione sul territorio nazionale
mediante una politica di insediamenti regionali.
Parallelamente, si assiste a una tendenza alla specializzazione da parte
delle agenzie di media grandezza: agenzie specializzate in
comunicazione istituzionale, in comunicazione finanziaria, agenzie di
promozione, agenzie di direct marketing, agenzie di pubbliche relazioni,
società di telemarketing ecc., poiché ciascuno di questi mercati conosce
una rapida crescita del giro d’affari ed esige competenze sempre più
specifiche.
Le aziende, dalle multinazionali alle nazionali devono dunque far fronte
alle nuove esigenze dei mercati, intervengono sempre più come
istituzioni nella vita delle grandi città e allora la nuova regola da seguire
è: “In un’impresa tutto comunica”
3
ogni espressione comunicativa deve
essere considerata come elemento vitale dell’identità e della personalità
dell’azienda; si elaborano strategie di comunicazione globale grazie alle
quali si costruisce un territorio esclusivo di marca.
3
Regouby, 1992, p.41.
16
1.2 La comunicazione mondo e la globalizzazione culturale
Noi tutti abbiamo quotidianamente a che fare
con l’acquisizione di merci e idee straniere.
Le società usano “ciò che viene da fuori per
diventare più di se stessi”
(Marshall Sahlins- etnologo)
Le conseguenze sociali della comunicazione globale si possono
osservare nella costruzione di un nuovo assetto mondiale che, come
ricordiamo, è basato sull’accorciamento sincopato delle distanze sia
fisiche sia mentali e sulla velocità e copiosità del flusso di informazioni.
Secondo lo studioso canadese Mc Luhan, l’intera civiltà occidentale è
stata caratterizzata dalla nascita e dallo sviluppo dei media, al punto che
la “galassia comunicazione” guida l’immaginario collettivo e rappresenta
l’esistenza attraverso le comunicazioni di massa.
I media, vecchi e nuovi, occupano uno spazio sempre più preminente
nella vita di ogni individuo, dal punto di vista della durata, estensione e
frequenza.
Essi ci forniscono informazione, intrattenimento, persuasione e
impegnano gran parte del tempo libero di adulti e bambini. Hanno mutato
le nostre abitudini, guidato i nostri gusti, influenzato i nostri bisogni,
proiettandoci in una “video-realtà”, dove anche l’individuo si
smaterializza e la sua identità cambia.
Siamo dunque figli di quella che chiameremo “mediatizzazione”, quel
processo di nascita di un sistema globale di comunicazione, che ha visto
la luce durante il XX secolo e che si è consolidato continuamente.
L’avvento dei media elettronici, secondo Anthony Giddens, ha reso
possibile un processo di globalizzazione culturale che diviene tutt’uno
con le dinamiche dello sviluppo della modernità. Grazie ad Internet si
17
possono stabilire relazioni sociali indipendenti dai contesti locali di
interazione, eventi lontani possono diventare familiari come l'universo di
presenze locali con le quali l'individuo entra quotidianamente in contatto.
Tale dimensione globale della cultura è realmente a portata di mano:
possiamo mangiare cibi di paesi lontani, vedere programmi televisivi via
satellite, conoscere medicinali alternativi ai nostri, ascoltare “world
music”, vestirci con abiti appartenuti ad altre etnie, per cui l’altro da sé si
generalizza a tal punto che la riformulazione del principio della differenza
culturale si riduce ad un rapporto meramente iconico.
Tutto si ridefinisce attraverso il circuito delle informazioni, con il risultato
immediato di prendere coscienza di una realtà molteplice ed incerta, al
cui interno si formano nuove soggettività, che interpretano le merci e le
idee globali in modo altamente differenziato
4
.
Nel momento in cui la casalinga a Beirut, il teenager a Sydney e il
pensionato a Regensburg vedono le stesse immagini sulla propria tv,
una sorta di livellamento sembra minacciare le loro identità culturali.
Fortunatamente le strutture internazionali di comunicazione soltanto ad
un primo sguardo sono un indizio di fusione culturale globale. In effetti
uno stesso programma è recepito in maniera molto diversa dagli
spettatori e in modo ancora più diverso viene integrato nella loro vita
quotidiana.
Persino Dallas non è lo stesso Dallas. In Giappone, ad esempio, questa
soap-opera fu sospesa dopo poche puntate in quanto era in
contraddizione con le predilezioni giapponesi: i conflitti rimanevano
irrisolti e mancava un lieto fine. Per i giapponesi il senso di una storia sta
nel dimostrare come i rapporti possono essere migliorati e ricostruiti di
4
Tesi emersa da uno studio sulla “Dinamica della Globalizzazione culturale” condotto da Breidenbach
J. E Zukrigl I.
18
nuovo. Uomini e donne arabe vedevano Dallas in stanze separate, il
modo d’agire di J.R. Pam& Co.- adulterio, alcolismo e inganno – era
ritenuto poco degno di essere imitato, e finiva per rafforzare gli spettatori
arabi nei loro propri valori morali. Gli americani, al contrario,
consumavano il serial come un buon intrattenimento e si comportavano
piuttosto da critici televisivi, analizzando ad esempio la costruzione delle
sceneggiature. I russi immigrati in Israele, da tutta la vita allenati a
scovare ideologie e messaggi nascosti nei media sovietici, sospettando
questa doppiezza anche in Dallas, seguivano i filmati con grande
diffidenza.
Emerge dunque evidente che le varie società reagiscono in modo
diverso ai prodotti mediatici importati, interpretando in base ai propri
valori ciò che viene trasmesso, facendo emergere nuove soggettività, di
cui le imprese devono tener conto.
Le aziende nella loro scelta di comunicare per un prodotto, per un
servizio o per una marca fanno e promuovono business. L’obiettivo della
comunicazione è influenzare gli atteggiamenti verso la marca nel medio-
lungo periodo o modificare nel breve i comportamenti a favore di un
determinato prodotto.
Un’attività tanto complessa e costosa non può prescindere da una lettura
critica della realtà, bisogna evitare che il “pubblicitario” diventi proprio lui
la prima vittima degli stereotipi e dei luoghi comuni mediatici.
La manipolazione della realtà non è opera solo della pubblicità, ma
anche della tirannica necessità di semplificazione dei media. Nel
tentativo di rendere comprensibili fenomeni complessi, i media hanno
cavalcato in modo scandalistico questa tendenza, dando per acquisite
delle reazioni culturali, degli amalgami economici che sono invece ben
lontane dall’essere avvenuti.
19
La globalizzazione è un fenomeno complesso tutt’altro che monolitico e
univoco, che avanza a geometria e velocità variabili, dominato da leggi
più o meno anarchiche ed isteriche dei cosiddetti mercati.
Tutto ciò porta in sé una serie di contraddizioni e di paradossi, il primo
dei quali è che proprio mentre le strutture economiche, finanziarie,
industriali e distributive si omologano in modi spettacolari
5
,
esplodono
con forza insospettata forme di particolarizzazione politica e di
frammentazione dei mercati lungo fratture di grandi movimenti
demografici che attraversano tutto il mondo.
Oggi i mass-media focalizzano ossessivamente sulla globalizzazione dei
mercati attraverso l’omologazione dei prodotti e dei consumi. Quello che
conta però non sono più le merci, beni o servizi, ma la loro percezione, i
valori simbolici di cui il consumatore li carica, e l’intensità di questi
simboli.
Un hamburger McDonald’s
6
in Russia o in Cina ha una carica ideologica
che prescinde dal prodotto, mentre per un francese è soltanto un ripiego
funzionale, una necessità; per un americano del Wisconsin rimane parte
integrante dell’intercultura alimentare del fast food.
I media hanno trasformato in icone globali, planetarie le grandi star dello
spettacolo, della politica, delle news, capaci di appassionare,
commuovere, eccitare, muovendosi in un mondo grande a loro misura.
L’alta moda, il design, la cucina, la qualità della vita sono valori italiani
accettati ed ambiti ovunque, così come la tecnologia tedesca,
l’elettronica di consumo giapponese, i tristi ristoranti McDonald, i colori
5
Pensiamo alle Borse mondiali orientate alla trattazione continua, alla formula universale
dell’ipermercato o alle fabbriche di prodotti globali che utilizzano processi e tecnologie unificati.
6
Formula prodotto-servizio globale per eccellenza tanto da essere considerato dall’Economist come
uno standard di riferimento per valutare il costo della vita nei diversi paesi.
20
Benetton, la magica Coca-Cola globale da oltre mezzo secolo: sono
diventati segnali, codici e protesi della personalità.
I media hanno colonizzato questo territorio, privandolo dei suoi contenuti
complessi per corrispondere fedelmente a stereotipi e luoghi comuni:
questa visione pacifica e pacifista serve ad esorcizzare le ideologie, per
semplificare realtà complesse al grado zero del comunicare e contribuire
ad indebolire la capacità di riflettere criticamente sulla realtà e sul suo
divenire.
Secondo l’economista e sociologo Jeremy Rifkin, l’elite del XXI secolo, i
cosiddetti manipolatori di simboli, sarà composta da chi avrà la capacità
di gestire le complesse logiche dell’informazione e della comunicazione.
Tra i manipolatori Rifkin annovera i guru della finanza, gli sceneggiatori
di Hollywood, i produttori di trasmissioni televisive o di cd-rom, i creatori
di prodotti culturali, i biologi molecolari.
La logica di marca è presente in un gran numero di questi settori, così
apparentemente eterogenei: lo sviluppo delle grandi marche attuali
annuncia e prefigura questa transizione verso una società dominata dal
consumo di beni immateriali.