Prefazione
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PREFAZIONE
L’azienda è un istituto che per sua natura è destinato a durare nel tempo, ma
che, per l’intrinseca sua caratteristica di essere un sistema aperto (crea una
fitta rete di interrelazioni e dipendenze con l’ambiente generale e specifico
in cui si trova ad operare), dinamico
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e complesso (essendo costituito da
numerose variabili), nel corso della vita può incorrere in situazioni di
disequilibrio, di declino, fino ad arrivare anche a situazioni definite crisi,
che rappresentano uno dei momenti più delicati e pericolosi del suo
divenire.
L’ipotesi di un’azienda caratterizzata dall’assenza totale di disfunzioni è
un’astrazione che non può aver riscontro nella realtà, poiché nessuna
impresa possiede una perfetta elasticità e flessibilità. La singola
disfunzione, costituisce una minaccia per l’equilibrio generale dell’azienda,
che deve essere individuata tempestivamente, prima che si inneschi il
processo di declino o di crisi.
Il declino e la crisi d’impresa sono sempre incombenti, imprese che
parevano forti e destinate a perdurare nel tempo e con buoni risultati,
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Il concetto di dinamismo è così definito da L. Azzimi: “Ricordiamo che il sistema degli
accadimenti di azienda è dinamico, non tanto perché continuamente mutano o possono mutare il
comportamento, le relazioni tra gli elementi, i fenomeni e le modalità di loro manifestazioni che
vincolano l’attività d’azienda e concorrono a determinarla – se di tali mutamenti si avessero
conoscenze certe o probabili il sistema non sarebbe dinamico nel senso da noi accolto – ma perché
continuamente mutano o possono mutare le conoscenze che se ne hanno, in particolare con
riferimento al loro manifestarsi futuro, cosicché continuamente mutano o possono mutare le
situazioni che si ritiene si prospettino all’operare d’azienda rispetto a quelle che in precedenza si
riteneva che ad essa si prospettassero”. AZZINI L., Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè,
Milano, 1982, pag. 328.
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gradualmente decadano: è con questa condizione che bisogna saper
convivere.
Prima degli anni ’70 si parlava delle crisi aziendali come di fatti episodici,
il più delle volte addebitati all’incapacità degli imprenditori e del
management di gestire efficacemente le risorse disponibili. Negli anni
successivi, caratterizzanti dall’aumento delle dimensioni aziendali e
dall’accresciuta variabilità del mercato si è, però, constatato che le crisi
sono un fenomeno sempre più ricorrente nel ciclo di vita delle imprese.
Nonostante queste evidenze, la cultura delle crisi è profondamente carente.
Esiste addirittura un rigetto di questa e spesso una sostanziale difficoltà ad
ammettere il declino anche da parte di chi ne è già coinvolto, almeno fin
tanto che esso assume dimensioni accentuate e di palese patologia. E,
soprattutto, le imprese non preparano per tempo gli strumenti adatti alla
segnalazione dei sintomi di decadenza e degli squilibri che possono essere
efficaci campanelli d’allarme. La storia di non poche crisi d’impresa ha,
come punto di partenza, simili atteggiamenti; e quindi il non tempestivo
riconoscimento dei sintomi rivelatori. Ci si rende conto, in tali casi, del
declino incipiente solo quando esso ha già provocato seri guasti, talvolta
irreparabili.
I punti centrali del presente lavoro sono quattro.
Nel primo capitolo si fornisce una definizione di declino e di crisi
d’impresa. Il declino nasce da un processo di sviluppo degenerativo delle
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disfunzioni, al quale non si è saputo o potuto opporre una azione di
risanamento efficace o delle quali non ci si è accorti tempestivamente per
l’inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio e/o per mancanza di sensibilità
manageriale. La crisi è uno sviluppo ulteriore della fase del declino; è
dunque la fase acuta, conclamata ed apparente all’esterno del declino; ed è
un fenomeno quasi sempre irreversibile senza consistenti interventi esterni.
Inoltre nello stesso capitolo si traccia il percorso evolutivo di tali fenomeni
e si analizzano gli effetti sulla situazione economica, finanziaria e
patrimoniale dell’impresa. La crisi d’impresa si manifesta quando viene a
mancare in maniera permanente l’equilibrio del sistema in uno dei seguenti
aspetti: economico, finanziario e patrimoniale.
Nel secondo capitolo si analizzano le cause di declino e di crisi (esterne,
interne, oggettive e soggettive), fornendo una classificazione di queste
cause secondo i vari autori. L’analisi delle cause del declino e della crisi è
sempre un momento importante, soprattutto in vista del tentativo di
rimuoverle, alla ricerca di nuovi equilibri e quindi di una sperata ripresa. Le
cause del declino e della crisi possono derivare dall’azione delle variabili
ambientali, esterne al sistema, da condizioni di inefficienza operativa di
vario grado e livello verificatesi all’interno del sistema stesso o legata ad
incapacità od errori dei manager e dell’imprenditore. L’ultima parte del
secondo capitolo è dedicata alle varie modalità di intervento (diverse a
secondo delle cause e della gravità dello stato di declino o di crisi) che
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possono essere messe in atto per risolvere tale problema. Una accurata
analisi delle cause della crisi è importante per poter mettere in atto
un’efficace processo di risanamento, destinato a modificare più o meno
profondamente lo stato di salute dell’impresa (turnaround) o, nei casi più
gravi se ciò non è possibile, si avrà la cessazione e la liquidazione
dell’azienda. Quando la crisi non è risolvibile per via privatistica, cioè a
mezzo di accordi tra gli stakeholder, ma si traduce nella ricerca di soluzioni
per via pubblica, tipicamente per via giudiziaria, l’espressione turnaround
non è utilizzabile.
Nel terzo capitolo si è analizzato il processo di diagnosi del declino o della
crisi. In presenza di uno stato di crisi, la diagnosi, la quale mira ad una
approfondita conoscenza di questo stato, costituisce quindi un passo
necessario e propedeutico alla pianificazione e realizzazione di qualsiasi
scelta in grado d’incidere sul futuro dell’impresa, in quanto soddisfa le
esigenze conoscitive relative alla crisi stessa ed in particolare alle sue cause,
senza le quali risulterebbe innanzi tutto arbitraria la valutazione sulla
convenienza di un eventuale intervento risanatorio, nonché scarsamente
efficaci le azioni predisposte.
Assai diverso, rispetto all’attività di diagnosi, è lo scopo al quale tendono le
misure di prevenzione, infatti esse mirano ad allontanare o ridurre il rischio
di uno stato di crisi. Le misure di prevenzione sono state analizzate nel
quarto capitolo. Evidenti appaiano i vantaggi che l’adozione di un
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approccio di prevenzione, dai costi sicuramente controllabili, consente di
ottenere, in confronto ai processi di risanamento ovviamente ex-post spesso
peraltro con problematiche di realizzazione operative talvolta non
superabili. Inoltre sono state studiate due fondamentali aggregazioni di
misure di prevenzione: misure di prevenzione a carattere generale (insieme
dei comportamenti e delle scelte che permettono di ridurre il rischio che
all’interno del sistema di coerenze si sviluppino una o più incoerenze) e
misure di prevenzione a carattere specifico (dirette ad evitare o a ridurre
l’impatto di particolari situazioni e problemi a cui l’impresa, in funzione
delle sue caratteristiche peculiari, risulta particolarmente esposta). Infine
sono stati trattati gli strumenti utilizzati per valutare lo stato di crisi (modelli
di previsione della crisi), essi devono essere in grado di stabilire se
l’impresa, date le condizioni esogene ed endogene, presenti un’esposizione
al rischio eccessiva o accettabile; ed è stato analizzato il grado di
esposizione e preparazione di una impresa ad affrontare una crisi.
Infine nelle conclusioni si cerca di porre in risalto i concetti di cultura della
crisi e del risanamento, che permetteranno di vedere la crisi come fonte di
opportunità.
Declino e crisi: definizione, percorso ed effetti
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CAPITOLO PRIMO
DECLINO E CRISI: DEFINIZIONE, PERCORSO
ED EFFETTI
1. LA CRISI DI IMPRESA COME PROBLEMA
QUOTIDIANO
La dottrina aziendalistica ha da tempo riconosciuto l’inevitabilità che
l’impresa, nel corso della sua esistenza, affronti momenti di crisi
riconducibili a cause di varia natura. La crisi va vista, infatti, non più
soltanto come evento traumatico che può causare la fine dell’impresa, ma
anche come momento di riflessione e di cambiamento, fonte di opportunità.
Una concezione arretrata della crisi sarebbe quella che mira a superare lo
stato di crisi per tornare allo stato di equilibrio precedente
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.
Negli studi recenti sull’origine e natura della crisi, la crisi non è vista più
come uno stadio degenerativo e conclusivo della vita aziendale, ma esso
appare come problema quotidiano da risolvere e, conseguentemente, non
assume la valenza di evento eccezionale e negativo.
Considerando la crisi come un evento normale della vita aziendale, gli
interventi di risanamento coincidono con la gestione ordinaria e
costituiscono una opportunità di sviluppo e di crescita dell’impresa.
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“La crisi porta ad un cambiamento di stato di equilibrio; la sola possibilità che abbiamo è di agire
per cercare di selezionare il miglior stato di equilibrio possibile dopo la crisi, ma il quo ante non
ritornerà”. Intervento di B. Musso al convegno sulla crisi di impresa, Milano, 1996.
Declino e crisi: definizione, percorso ed effetti
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La crisi essere descritta come un processo evolutivo che, come le malattie
umane, inizia da deboli sintomi ma, se non curata in tempo, peggiora.
E’ stato fatto notare che, paradossalmente, se il ciclo di vita dell’impresa
può essere efficacemente rappresentato con una parabola, il momento di
inizio della crisi coincide con l’apice del successo
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(figura 1). In periodi di
ipercompetizione, come l’attuale, per l’azienda è difficile difendere a lungo
la propria posizione concorrenziale.
Figura 1: Ciclo di vita dell’impresa.
Fonte:. Zito M, Fisiologia e patologia della crisi d’impresa, Giuffrè, Milano, 1999.
Inoltre dal punto di vista evolutivo si osserva che la crisi non è mai un
evento istantaneo, ma è caratterizzata da una serie di eventi negativi, legati
in successione cronologica, che indeboliscono la posizione competitiva
dell’impresa fino al manifestarsi della causa scatenante (trigger event).
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Si è anche detto (Tatò, 1995) che le ristrutturazioni andrebbero fatte quando non ve ne è la
necessità ovvero (Breiter, 1994, p.73) che “la migliore strategia di ristrutturazione aziendale
consiste nell’evitare che diventi una scelta obbligata”.
Declino e crisi: definizione, percorso ed effetti
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La vita delle imprese si svolge con un’alternanza di periodi di successi e di
insuccessi, o se vogliamo di fasi positive e negative. Ciò avviene secondo
una certa ciclicità: le aziende sanno che al periodo negativo seguirà quello
positivo, l’essenziale è che sappiano prepararsi per tempo ai periodi cattivi.
Chi non sa prepararsi, o si prepara secondo regole sbagliate, non regge la
fase negativa del ciclo e viene eliminato.
Ma l’alternanza di successi ed insuccessi va ben al di là della ciclicità. Ne
sono toccate tutte le imprese, indipendentemente da prevedibili alternanze
cicliche. A questo proposito parleremo di fasi negative di tipo strutturale.
L’insuccesso constatato si traduce nel graduale o repentino declino
dell’impresa, che quando raggiunge una certa intensità prende il nome di
crisi. Altre volte la crisi non sopravviene, poiché si mettono
tempestivamente in moto forze reattive che portano all’arresto del declino
ed alla creazione di nuovo valore.
La figura 2 traccia, a grandi linee, le possibili linee di evoluzione delle fasi
negative di tipo strutturale:
a) il declino può tradursi in un recupero senza passare attraverso la fase
di crisi;
b) in alternativa, il declino si traduce in una vera e propria crisi, dalla
quale l’impresa può uscire o non uscire;
Declino e crisi: definizione, percorso ed effetti
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c) nel primo caso si verifica il turnaround
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, che può avvenire con varie
modalità, ma soprattutto con o senza la richiesta di sacrifici agli
stakeholder. Il turnaround con richiesta di sacrifici può anche
prevedere il passaggio attraverso procedure giudiziarie, ma ciò non è
affatto necessario, se gli stakeholder concordano i sacrifici da
sopportare;
d) nel secondo caso si verifica la cessazione dell’impresa, che può
realizzarsi con forme non traumatiche (liquidazione volontaria)
oppure in forme traumatiche (fallimento, concordato preventivo,
amministrazione straordinaria, liquidazione coatta amministrativa).
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L’espressione turnaround, un termine inglese letteralmente non traducibile, è stata assunta per
rappresentare tutti i processi sistematici di risanamento e di rilancio delle imprese.
È possibile ipotizzare per qualsiasi tipo di turnaround un percorso ideale. Nel disegno di questo
percorso, i vari autori distinguono spesso alcune fasi, o momenti, o stadi.
Sciarelli distingue tre fasi:
fase di avvio del processo (o dell’emergenza): dedicata agli interventi urgenti e
all’approfondimenti delle cause della crisi e delle caratteristiche dell’organizzazione,
soprattutto avendo a riguardo alle risorse manageriali;
fase di ristrutturazione (o del cambiamento), intesa ad apportare le modifiche alla
combinazione produttiva in linea con la nuova filosofia di gestione;
fase di sviluppo (o dell’investimento), destinata a far riprendere con maggiore intensità il
processo di investimento necessario per consolidare e far crescere l’impresa.
Sciarelli S., La crisi d’impresa: il processo gestionale di risanamento nelle PMI, Cedam, Padova,
1995, pag. 87.
Invece Guatri definisce cinque stadi, e sono i seguenti:
stadio del riconoscimento del declino o della crisi e dell’adozione di una nuova
leadership;
stadio dell’analisi delle perdite e della valutazione della situazione patrimoniale;
stadio della trattativa con gli stakeholder;
stadio della normalizzazione: ciò significa applicare il piano di risanamento formulato e
adottare anche i correttivi che appaiono opportuni o necessari;
stadio del ritorno alla creazione di nuovo valore.
Guatri L., Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995, pag. 158.
Ciascuno di questi stadi, secondo gli esperti, può presentare durate molto diverse, ciò dipende dalla
complessità dell’impresa e dai problemi da affrontare.
Declino e crisi: definizione, percorso ed effetti
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Figura 2: I possibili sviluppi delle fasi negative nella vita delle imprese.
Fonte: Guatri L., Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, EGEA, Milano, 1995.