II
necessità di una maggiore produttività (nel senso di un migliore
rendimento scolastico e una più diffusa e positiva motivazione allo studio)
è stata impostata solo ed esclusivamente in relazione ai docenti, come se
esistesse un filtro tra questa realtà e gli studenti stessi.
Se l’obiettivo del management è il raggiungimento di un risultato
che sia il migliore possibile, questo mancato passaggio di informazioni tra
le due realtà appare inspiegabile, oltre ad essere improduttivo.
Consapevole di questa mancanza, ho pensato di creare una
breccia all’interno dell’ipotetica barriera che separa queste realtà,
utilizzando come chiave d’accesso quella che può essere definita una
fondamentale premessa all’intero processo di management, ossia la
gestione del tempo. Per sfruttare tutto il potenziale di questa forma di
ottimizzazione tipicamente industriale, ho dovuto tradurla in termini,
modelli e procedure propria mente scolastici e cognitivi. In questi termini, è
nato un nipote del time management, ossia il time management dello
studente, inteso come corpus di teorie e pratiche quotidiane volte a gestire
con maggiore razionalità, precisione ed efficacia il proprio tempo di studio
con l’obiettivo di rendere i momenti passati sui libri interessanti, utili e
redditizi.
Questa prospettiva s’inserisce nella categoria degli studi
sull’apprendimento, sulla memoria, sulla lettura rapida, su quelle forme di
perfezionamento dell’abilità di studio come il sottolineare i testi,
schematizzarli ed esporli con chiarezza e completezza. Tuttavia, come
tenterò di dimostrare nel corso del presente lavoro, la gestione del tempo
di studio sembra essere non solo una tecnica fra le tante disponibili, ma la
MANAGEMENT SCUOLA
Operatori
Utent i
Visione tradizionale
III
fondamentale premessa per tutti gli interventi successivi. In altre parole, a
mio avviso, il time management dello studente è il punto di partenza per
l’intero processo di miglioramento delle proprie tecniche di apprendimento.
Dopo aver elaborato la trasformazione dei principali modelli di time
management, per così dire, adulto in procedure adatte allo studio
quotidiano, ho testato personalmente la praticabilità delle stesse su un
gruppo sperimentale di studenti (a questo proposito desidero ringraziare il
Preside Prof. Vincenzo Cicerone del Liceo scientifico P. Frisi di Monza).
Con i ragazzi ho potuto constatare la reale efficacia del modello
manageriale anche in merito alla sua applicazione nell’ambito scolastico,
cogliendone comunque alcuni limiti strutturali. Il nucleo della presente
ricerca è proprio il resoconto di questo percorso dal time management
professionale a quello studentesco.
Il punto di partenza è rappresentato da una breve analisi delle
principali forme di spazializzazione del tempo, principale modalità di
concettualizzazione e rappresentazione simbolica del tempo. Già
dall’inizio di quest’impresa apparentemente semplice, apparirà evidente la
difficoltà di impostare una definizione del concetto unica e condivisa. Il
percorso ideale tra le differenti concezioni del tempo metterà ulteriormente
in risalto queste difficoltà che, ovviamente, rimangono spesso irrisolte: il
discorso assume molteplici forme ed ogni autore preferisce puntare su
determinati aspetti, a lui più congeniali per rendere relativamente chiaro un
concetto molto complesso e astratto.
Il passaggio successivo sarà quello di cambiare prospettiva,
abbandonando la visuale strettamente teoretica della filosofia e, attraverso
la psicologia, la sociologia e la visione scientifica del problema, inoltrarci
nella visione produttiva e industriale. Passeremo così dal tempo analizzato
dal punto di vista esclusivamente concettuale, alla prospettiva del tempo
risorsa, ossia del tempo vissuto come un bene prezioso, scarso e da
utilizzare con parsimonia e precisione.
Solo con questo diverso atteggiamento, sarà possibile considerare
la prospettiva del time management vero e proprio, trattato nel secondo
IV
capitolo, e porre le basi per le tappe successive.
La direzione, dettata dal termine stesso “time management”, sarà in
questa prospettiva duplice: se da una parte analizzerò il tempo in senso
stretto (time), dall’altra mi pongo l’obiettivo di leggere il problema con gli
occhi della produzione industriale e del lavoro in genere (management).
Nel secondo capitolo sarà, così, approfondito il tempo produttivo
con la presentazione di due differenti indirizzi nell’ambito
dell’ottimizzazione del tempo: il primo, quello teorico-sperimentale fornirà
indicazioni prettamente speculative sui differenti modi di percepire e
pianificare il proprio tempo, fornendo esempi di ricerche sulle differenti
modalità percettive, sulle preferenze nell’ambito delle priorità e sul
rapporto tra una corretta gestione del tempo e diverse aree della
personalità come l’autoregolazione e il controllo dello stress. Il secondo
indirizzo, quello pragmatico, d’altra parte, renderà concreto quanto
esposto, presentando in modelli procedurali pratici, volti ad organizzare
effettivamente le attività quotidiane. In questo modo si completerà la
descrizione teorica e pratica di quello che è conosciuto con il termine time
management e, allo stesso tempo, si concluderà anche l’analisi di un
tempo visto nella prospettiva adulta, un tempo dei grandi che, spesso, dice
poco del tempo giovanile, trattato nella seconda parte.
Passeremo così ad un’analisi quasi esclusivamente qualitativa del
MANAGEMENT
Tempo
come
Risorsa
Mondo del
Lavoro e della
Produzione
TIME
MANAGEMENT
DELLO
STUDENTE
TIME
Tempo
come
Concetto
Filosofia
Tempo
Concreto
Psicologia
Sociologia
Scienze
TIME
MANAGEMENT
V
tempo dei giovani, presentato nel terzo capitolo, che punterà su una
duplice serie di elementi: da una parte, avremo il concetto di strutturazione
del proprio tempo mentre, dall’altra, punteremo su quello di progettualità
giovanile. Questi non sono che due facce della stessa medaglia, due
aspetti del tempo giovanile indissolubilmente legati assieme, in grado di
illuminare una lunga serie di fenomeni di dispersione della risorsa-tempo,
di cattiva organizzazione delle proprie giornate e delle modalità di
pianificazione dei propri impegni quotidiani.
Oltre ad analizzare il tempo degli adolescenti da un punto di vista
concettuale e prevalentemente astratto, ho concentrato nel quarto capitolo
la mia attenzione su quella parte che occupa (o almeno che dovrebbe
occupare) la maggior parte del loro tempo autonomo: il tempo di studio.
Una particolare attenzione è andata a tutte quelle variabili che
influenzano questa delicata porzione della giornata, variabili troppo spesso
trascurate soprattutto da coloro che non sono direttamente legati al settore
formativo. È proprio in queste pagine che ho raccolto una serie di
riflessioni che danno origine al modello del time management dello
studente, presentando prima di tutto le caratteristiche del tempo di studio,
la sua definizione, i suoi limiti intrinseci e il possibile spazio d’azione dello
studente stesso. In una seconda parte dello stesso capitolo, ho poi
presentato le possibili procedure che possono portare una concreta ed
apprezzabile ottimizzazione del tempo passato sui libri.
I passaggi saranno dettati da tre parole chiave: conoscenza del
proprio tempo come probabile problema da risolvere, competenza
nell’utilizzo delle principali tecniche di time management e controllo
costante dei risultati ottenuti. In questo modo il tempo assumerà forme
piuttosto diverse, passando da un’astratta ed impalpabile sequenza di
attimi impercettibili, ad una più tangibile sequenza di azioni pratiche,
procedure e atteggiamenti quotidiani più facile da gestire.
Punto centrale del time management dello studente, è il metodo
personalmente elaborato e indicato con la sigla G3RV, che rappresenta
una puntualizzazione del tradizionale consiglio di eseguire i compiti
VI
assegnati a scuola il giorno stesso in cui le singole materie vengono
trattate. Il procedimento indica una progressione di cinque differenti attività
da eseguire quotidianamente per tentare di stare al passo con quanto
spiegato in classe, evitando così l’inutile e deleterio accumulo dei capitoli
da studiare all’ultimo minuto, magari il giorno di un’importante verifica.
Come già accennato, ho sperimentato direttamente questo e gli altri
sistemi proposti con un gruppo di studenti di un liceo scientifico, i cui
risultati sono raccolti nell’ultimo capitolo. Con questi studenti ho analizzato
la composizione dei loro pomeriggi, individuato le principali lacune
organizzative, le dispersioni e le risorse possibili e pianificato l’intero
intervento sperimentale, basandomi prevalentemente su tecniche
provenienti dal mondo aziendale
1
. Infine, abbiamo considerato i risultati
alla luce delle trasformazioni incorse nelle abitudini quotidiane degli
studenti stessi, individuando tutti quei problemi rimasti ancora irrisolti.
In un continuo andirivieni tra teoria e pratica, tra modelli
sperimentali ed atteggiamenti quotidiani si concluderà il percorso che
porta alla realizzazione del time management dello studente, dalla sua
ipotesi teorica sino alla sua sperimentazione sul campo.
Prima di passare all’esposizione della ricerca vera e propria, è
necessaria una precisazione sull’uso particolare del termine
“management”
2
. In questo lavoro, infatti, il vocabolo “management” non ha
nulla a che vedere con l’inserimento dello stesso nell’istituzione scolastica,
con l’autonomia degli istituti o con l’imprenditorialità dei presidi. Il termine
vuole semplicemente riferirsi ad una duplice serie di considerazioni. In
primo luogo, quello che qui interessa è l’atteggiamento generale del
mondo della produzione nei confronti della relazione tra risorse, vincoli ed
obiettivi, nella prospettiva di produrre di più e meglio. Come conseguenza
a questo primo punto, ne segue il secondo, legato al rapporto tempo –
produzione: come già accennato, il tempo nel mondo del lavoro è una
1
Come si leggerà meglio più avanti, la maggior parte di queste tecniche è sicuramente discutibile
dal punto di vista della scientificità, ma assolutamente “tollerabile” e spesso apprezzabile per i
risultati che riesce a produrre.
2
Per la definizione tecnica di “management” rimando al paragrafo sul tempo della produzione nel
capitolo successivo, in cui vengono presentate brevemente anche le sue origini storiche.
VII
risorsa importante, da sfruttare nel migliore dei modi, ed è questa la
prospettiva che porta con sé la necessità di non sprecarlo e di gestirlo nel
migliore dei modi. Come si vedrà, entrambe queste posizioni possono
essere applicate alla realtà studentesca, ottenendo un significativo
incremento dei risultati positivi di coloro che prendono parte a specifici
interventi di questo tipo.
1
Capitolo n. 1
IL TEMPO COME CONCETTO
1.1 La geometria del tempo.....................................................................................3
1.2 Il tempo della produzione................................................................................21
1.2.1 La posizione lineare - quantitativa. .........................................................28
1.2.2 La posizione circolare - qualitativa.........................................................31
Per tutto l’arco della propria esistenza, l’uomo affronta
quotidianamente paradossi disorientanti, inquietanti e spesso
insormontabili. Nonostante l’iniziale timore, non si scoraggia: a volte cerca
di affrontarli, carpendone i segreti, altre li supera, altre ancora preferisce
evitare di sfidarli, lasciandoli in una sorta di “limbo” dal quale, forse, non
possono colpirlo.
Uno di questi fondamentali dilemmi è quello della definizione del
tempo. “Tutti sappiamo di cosa parliamo quando diciamo ‘tempo’. La
nozione è immediata e intuitiva, ma se proviamo a darne una definizione
saremo costretti a ricorrere a delle immagini […]. Ma cosa sia per noi
l’esperienza del tempo, ci riesce molto difficile definire, pur sapendo
immediatamente a cosa ci riferiamo.” [Melucci, 1991].
Ogni individuo vive, infatti, “sulla propria pelle” gli effetti del tempo:
a parte la naturale crescita del suo organismo e la degenerazione dei
tessuti giunti ad una certa età, gli impegni quotidiani spingono ognuno di
noi a combatterlo, nel tentativo di assoggettarlo definitivamente o, altre
volte, l’eccessiva mole di obblighi ci trasforma in suoi schiavi, incapaci di
organizzarlo o, ancora, ci porta a non preoccuparcene, lasciando che sia il
caso a determinare il nostro rapporto con esso. Nonostante il continuo
rapporto col tempo, è sempre molto difficile la definizione concettuale del
termine: siamo capaci di condividere il nostro tempo quotidiano con gli
altri, ma troviamo difficile condividerne il concetto astratto.
2
Sebbene questo paradosso sia presente nella vita dell’uomo
praticamente da sempre, in ogni forma di pensiero si presuppone che
esista una serie di elementi (minuti, anni, azioni da compiere, tappe
esistenziali, fasi della vita) che si susseguono e che formano una
sequenza. La nostra abitudine di sistemare concettualmente gli oggetti in
base alla loro collocazione nello spazio (la bottiglia è vicino al bicchiere,
sul tavolo, collocato davanti alla finestra, ecc.), ci spinge ad immaginare gli
eventi come se fossero posti su un’ipotetica linea, in cui i punti (la
sequenza dei differenti momenti della nostra giornata, il ritmo delle nostre
azioni, l’infinita serie delle fasi della nostra vita), si susseguono in
continuazione.
Siamo già di fronte ad una definizione del tempo come
“successione di eventi” e abbiamo così districato, in poche parole e solo
all’inizio del lavoro, la matassa del paradosso appena presentato? Può
darsi, ma il confronto presentato da Kant nella sua Critica della Ragion
Pura tra spazio e tempo è solo una delle possibili interpretazioni che
l’uomo ha dato di questo problema: per il filosofo di Königsberg, infatti, il
tempo non è che una forma di collocazione degli eventi uno dopo l’altro,
così come lo spazio è la sistemazione degli oggetti uno accanto all’altro.
Questa definizione del problema si pone sicuramente tra le più
interessanti, ma rappresenta solo una possibile spiegazione
1
.
Se anche riuscissimo a fissare definitivamente il concetto di tempo,
il problema non sarebbe completamente risolto. La definizione del tempo
è, infatti, solo una delle fasi che portano alla comprensione del tempo,
preceduta dall’analisi della percezione individuale del tempo e seguita
dall’elaborazione delle concettualizzazioni teoriche e delle pratiche
quotidiane che permettono di gestirlo e usufruirne completamente, in una
parola di controllarlo.
1
Il tempo è stato definito in molti altri modi ma, come vedremo nel corso del prossimo capitolo,
nelle discipline che cercano di migliorare la gestione del proprio tempo, le attività, i compiti da
svolgere, gli impegni presi e gli obblighi provenienti dall’esterno, vengono letti, percepiti e trattati
proprio in funzione della loro successione, della loro fondamentale caratteristica di occupare un
preciso posto e della loro collocazione, in un’ipotetica linea, una accanto/dopo l’altra.
3
Definizione, percezione, controllo sono così le tre parole chiave del
“problema-tempo” e, contemporaneamente, un vero e proprio metodo di
studio per affrontarlo con razionalità.
Questo capitolo si pone, così, l’obiettivo di delineare un primo
approccio al problema del tempo e indicare i principali modi di definirlo,
distinguendo due differenti ambiti di analisi: il primo, nel quale includo la
filosofia, la psicologia, la sociologia e la scienza in generale, ci fornirà
alcuni spunti di riflessione per disegnare una prima bozza della questione,
presentando le due principali forme di “spazializzazione del tempo”. Il
secondo ambito, invece, approfondirà l’aspetto produttivo del tempo, ossia
di quella particolare percezione dell’organizzazione delle attività che è
propria del mondo produttivo. In questo modo entreremo nel terreno in cui
è nato e si è sviluppato il time management, argomento sviluppato nel
capitolo seguente, dove saranno analizzate la percezione individuale del
tempo e alcuni modelli di pianificazione, seguiti dalla presentazione delle
tecniche e delle procedure che si pongono l’obiettivo di gestire
praticamente il tempo di lavoro per una maggiore produttività ed efficacia.
1.1 La geometria del tempo.
Le origini del concetto. All’inizio del capitolo ho presentato un paradosso
piuttosto significativo: tutti vivono il tempo, ma pochi riescono a definirlo
come concetto astratto. Questo avviene per tantissimi aspetti della vita
umana: gli affetti, le emozioni, le rappresentazioni mentali, i ricordi sono
solo alcuni esempi di esperienze difficili da esprimere. Ad esempio, un
ricordo raccontato ad altri non è mai identico al ricordo vissuto e, allo
stesso modo, il termine amore esprime con difficoltà il vero significato del
sentimento espresso o l’insieme delle emozioni che proviamo e il loro
effetto sulla nostra vita.
4
Senza entrare in argomentazioni teoretiche, questi esempi
rappresentano un aspetto abbastanza ovvio: se la filosofia ingenua, quella
della gente comune, può permettersi di non giungere a conclusioni
“scientificamente” valide e generalmente condivise, la filosofia, possiamo
dire, “dei filosofi” si pone il problema della definizione del tempo con
maggiore serietà, rigore e seguendo precisi metodi di analisi.
A questo scopo esistono molte iniziative di ricerca scientifica che
presentano occasioni di incontro e dibattito, con l’obiettivo di analizzare il
problema con mezzi teorici validi e generalmente condivisi dal mondo
accademico.
Un esempio di queste importanti proposte di studio è fornito
dall’esperienza dell’International Society for the Study of Time [Fraser et
al. 1971, 1975] che, con la pubblicazione di due volumi intitolati “The
Study of Time” e “The Study of Time II” ci fornirà una prestigiosa e
completa rassegna per tracciare la storia del concetto “tempo”, dalle sue
origini sino ai giorni nostri.
Il tempo, sottolinea Whitrow nella parte introduttiva sulla storia del
concetto [Fraser et al. 1971, pag. 2 e segg.], ha influenzato le culture
antiche in modi diversi: se da un lato troviamo i Maya, ”ossessionati” dal
tempo e molto attenti non solo alla sua scansione, ma anche dalla sua
rappresentazione, dall’altro troviamo la cultura greca, più “morbida” nella
propria riflessione e maggiormente attenta agli aspetti naturali e immediati
della successione degli eventi.
Già alle origini del pensiero greco troviamo due opposti
atteggiamenti: Omero non parla quasi mai del tempo e l’Iliade appare così
“dominata da concetti spaziali”, da espedienti geometrici e geografici che
determinano il campo dell’azione nel quale si sviluppano le vicende.
Esiodo, invece, si avvicina al concetto di tempo e, almeno implicitamente
e indirettamente, lo utilizza per rendere una primordiale idea della
successione delle fasi della vita agricola nel suo “Opere e i giorni”.
Il primo pensiero filosofico occidentale, ancora impregnato del mito
e dello spirito poliedrico greco, tendeva rapidamente al raggiungimento del
5
logos filosofico, alla nascita del grande pensiero occidentale, ma doveva
aspettare qualche secolo per delineare con maggiore precisione la propria
concezione filosofica del tempo, visto come successione ciclica, eterno
ritorno di tutti gli esseri. Fu Eraclito a fornire l’immagine circolare del
tempo, come continua danza degli opposti ed eterno mutare degli eventi. I
greci, infatti, associavano il tempo “con il regolare alternarsi delle cose e
non con il concetto di progresso e perpetua trasformazione” [Whitrow in
Fraser et al. 1971, pg 4]. Il sole, il cielo, le stagioni confermavano
quest’impressione di un eterno ritornare dell’uguale e furono all’origine
della metafora del cerchio, come rappresentazione di questa ciclicità
senza fine.
La nascita dei primi grandi sistemi di pensiero, primo fra tutti quello
di Parmenide, riformulò questa problematica cogliendo nel tempo nuovi
spunti di riflessione: il tempo appariva, secondo l’interpretazione di
Whitrow, troppo complesso ed articolato per essere affrontato con rigore e
permetteva al massimo di riflettere sull’impermanenza del mondo sensibile
in cui “la stessa cosa può avere proprietà contraddittorie – essa può
essere rossa e non rossa, in relazione al tempo e all’evoluzione di tutte le
cose sensibili” [idem]. Per Parmenide il tempo è pertanto un segno
dell’opposizione tra l’essere immutabile ed eterno e la realtà sensibile
perennemente in mutamento. Il suo allievo Zenone di Elea, non solo
conferma quest’idea, ma la convalida grazie ai suoi paradossi (anche se
inizialmente legati allo spazio) tesi a negare la continuità del tempo e
l’inconsistenza di quelle teorie dogmatiche che vorrebbero definirlo e
determinarlo una volta per tutte.
Platone riflette questo “disagio” e presenta nel Timeo lo spazio
come forma esistente a proprio diritto, grazie alla naturale disposizione
delle cose, mentre parla del tempo come immagine mobile dell’eternità. “Il
tempo non è dunque una realtà assoluta, ma è strettamente legato al
mondo, e con esso creato; anzi è strettamente legato al divenire, al
movimento e alle sue forme” [Trabattoni in Moravia, 1993, pag. 263]. Il
6
tempo è pertanto concepito dal demiurgo per dare al mondo sensibile
“l’impressione” dell’eternità del mondo ultrasensibile.
L’allievo più illustre dell’Accademia platonica, Aristotele, non
accettò il legame tra il tempo e il movimento e preferì puntare sul suo
aspetto matematico e numerico, lasciandosi influenzare anche dalla
concezione pitagorica. Da questo punto di vista il tempo appare come
basato sulla nostra percezione di ciò che viene prima e di ciò che viene
poi. Il movimento assume quindi un nuovo ruolo e Whitrow, citando la
“Fisica” di Aristotele, osserva che il tempo diviene la dimensione numerica
del movimento, che a sua volta riflette l’andamento del primo.
Contrariamente al proprio maestro, Aristotele precisa un certo tipo di
movimento legato al tempo, ossia quello circolare, conferendo al mitico
succedersi degli eventi naturali una prima definizione matematica e
filosofica.
La concezione ciclica del tempo, particolarmente cara alla filosofia
greca, osserva puntualmente Whitrow, diede origine anche al concetto di
Grande Anno, inteso sia come normale movimento del sole, della luna e
delle stagioni, sia come età del mondo dalla sua nascita alla futura
distruzione e relativa rinascita, visione tipica dello stoicismo.
Il cerchio viene, così, eletto metafora privilegiata nella filosofia
greca fino all’avvento della linea, ma a distanza di secoli altri importanti
filosofi fecero propria questa prospettiva e il più importante tra questi è
sicuramente Nietzsche. Nel suo “Così parlò Zarathustra” ci presenta,
infatti, un’immagine della ciclicità rinnovata e attuale: per il filosofo di
Lutzen, il concetto di tempo circolare è molto diverso dai suoi predecessori
greci, in quanto rappresenta la completa ripetizione della stessa identica
situazione [Dauer in Fraser et al. 1975, pg 81-97]. In realtà, come
evidenzia la Dauer, esistono tre tipi diversi di interpretazione della
circolarità del tempo in Nietzsche. La prima considera il tempo prima
dell’avvento del Superuomo come lineare, mentre dopo questo momento il
tempo diventa circolare, poiché egli non ha altro da desiderare e vuole
solo la continua ripetizione di ciò che già è. La seconda prospettiva è di
7
interpretare la circolarità come parte della vita, la quale ha l’unico obiettivo
della continua ripetizione. L’avvento del Superuomo non creerebbe
variazioni in questo perenne ritorno, che toccherebbe solo le cose normali
e le persone, tranne (ovviamente) il Superuomo. L’ultima possibilità è di
interpretare il cerchio del tempo come spirale, nella quale “alla fine di un
ciclo uno tornerebbe ad una situazione simile ad un livello superiore”
[ibidem, pag. 93]
2
.
Come abbiamo visto, la visione circolare del tempo non è un
semplice Ouroboros, un serpente che si mangia la coda, ma rappresenta
un vero e proprio atteggiamento nei confronti dello scorrere degli eventi.
Se osserviamo le stagioni, l’alternarsi del giorno e della notte, il
susseguirsi periodico degli opposti, ci sembrerà che il tempo disegni fasi
alterne, idealmente rappresentate da un pendolo. L’andamento del
pendolo può anche essere rappresentato da due punti opposti, identici ma
che hanno un diverso valore se posti in relazione allo scorrere del tempo.
Il continuo passaggio del pendolo tra questi due punti disegna una
sinusoide che, forzando in una certa misura la sua rappresentazione
grafica, può fare riferimento ad un cerchio in cui, terminata la fase calante,
si passa a quella ascendente, e così via.
2 Secondo l’autrice le tre prospettive ci allontanano dalla concezione originaria di Nietzsche. La
prima, infatti, andrebbe contro la fondamentale importanza della circolarità del tempo nel pensiero
del filosofo e rappresenterebbe una forma di escatologia a “lieto fine”, nella quale si ripete sempre
la stessa perfezione. La seconda interpretazione enfatizzerebbe troppo la distinzione evolutiva tra i
periodi a cavallo dell’avvento del Superuomo, mentre la terza stravolgerebbe completamente la
precisa affermazione di Nietzsche relativa al ritorno dell’uguale. Tra le tre possibilità la Dauer,
nonostante affermi che esistano tuttora fondamentali problemi interpretativi sulla concezione
circolare del tempo in Nietzsche, preferisce comunque la prima più vicina, a suo avviso, al pensiero
dell’autore tedesco.