8
Negli ultimi anni si è assistito nel nostro Paese a forti cambiamenti dell’apparato
distributivo, che si concretizzano in una rapida crescita della Grande Distribuzione a
scapito dei piccoli negozi al dettaglio. Se da un lato questa situazione permette di
razionalizzare la distribuzione consentendo ai consumatori di concentrare i propri
acquisti in un’unica soluzione, dall’altro preannuncia la crisi del commercio tradizionale
in quasi tutti in settori merceologici. In questo contesto si è assistito ad un rapido
incremento delle forme associative nell’ambito delle quali il Franchising ha assunto
notevole importanza. Questo accordo, infatti, ha reso possibile ai piccoli dettaglianti di
entrare in una rete integrata con vantaggi sia di immagine che di competitività, creando
un canale distributivo alternativo per potersi sottrarre al potere della Grande
Distribuzione e senza dover sostenere costi eccessivi.
Il franchising, che ha fatto la sua prima comparsa negli USA agli inizi del 1900, si è
affermato in Italia solo a partire dagli anni Settanta ma è solo negli ultimi anni che
stiamo assistendo ad un marcato sviluppo di questo fenomeno. In Italia manca ad oggi
una normativa ad hoc per il franchising, nonostante i recenti progetti di Legge in
discussione in Parlamento. In questo quadro, si inserisce l'Associazione Italiana del
Franchising, costituitasi a Milano nel 1971, che ha lo scopo di favorire lo sviluppo del
franchising in ambito nazionale e internazionale, promuovendo l'applicazione dei codici
deontologici del franchising e sostenendo l’emanazione di una Legge che lo regoli in
ogni aspetto.
Nel 1978 l'Associazione Italiana del Franchising censiva solo 15 sistemi di franchising;
da allora il numero di franchisees e franchisors è progressivamente cresciuto arrivando
nel 2002 a 621 insegne, segno del successo riscontrato da una formula di vendita dalla
grande versatilità. Scriveva Theodore A. Coshnear: "Il franchising è una tecnica di
distribuzione molto elastica, applicabile alle esigenze di una grande varietà di aziende
che mettono in commercio sia beni materiali che servizi, dalla rivendita di prodotti di
abbigliamento alla gestione di un fast-food, dall'imbottigliamento e vendita di bevande
alla gestione di una scuola di lingue straniere".
1
Nel mercato italiano esistono 621 marchi censiti che contano oltre 38.000 unità affiliate
e che impiegano oltre 100.000 addetti; i dati appaiono ancora più rilevanti se si
considera che la maggior parte degli affiliati si concentra intorno a poche insegne.
1
Coshnear T.A., “Il contratto di franchising”, IPSOA, Milano, 1986.
9
Alla luce dell’importanza assunta dal franchising nel sistema distributivo italiano, il
lavoro che segue si propone di analizzare alcuni degli aspetti più importanti nell’ambito
dello sviluppo nazionale ed internazionale; in particolar modo verranno trattati i temi
della creazione e sviluppo della rete in Italia e all’estero, sia in termini quantitativi sia
qualitativi, sottolineando l’importanza strategica che questa formula assume.
Per meglio individuare gli argomenti in esso contenuti l’elaborato è stato suddiviso in
tre sezioni
Nella Prima Parte viene trattata l’evoluzione del commercio, ponendo l’accento
sull’analisi dei principali aspetti che hanno portato all’affermazione della formula del
franchising. Il Franchising rappresenta infatti una delle forme più interessanti
sviluppatesi negli ultimi anni nel settore del commercio e dei servizi. La crisi del
piccolo commercio e del commercio tradizionale, provocato in parte dall’entrata dei
nuovi modelli della grande e media distribuzione, appare difficilmente superabile con
strumenti tradizionali di intervento; il tasso di mortalità delle nuove imprese del
commercio tradizionale è molto elevato. Il modello franchising, che affianca ai vantaggi
di personalizzazione e di qualità del servizio tipica di un piccolo esercizio le sinergie e
le economie di scala derivanti da uno studio ed un’elaborazione centralizzata delle
strategie promozionali, delle modalità di approvvigionamento, del layout, ecc..., può
rappresentare una delle strade possibili per avviare attività di successo nel piccolo
commercio. Il tema è relativamente nuovo, ma il settore in questi ultimi anni è in forte
espansione, con offerte che prevedono metodologie di intervento, proposte operative,
livelli di investimento, potenzialità di successo molto diversificate.
Alla luce di queste considerazioni, in questa parte si è proceduto ad un’analisi generale
delle caratteristiche del sistema per individuare quali vantaggi esso può procurare al
franchisor ed al franchisee e le ragioni per cui è stato ben accolto dai consumatori.
Vengono quindi indicate le varie definizioni e tipologie individuate dagli studiosi della
materia e recepite dalle principali Associazioni internazionali e nazionali. In questa
Parte verranno trattati anche i principali aspetti privatistici: si cercherà di mettere in
evidenza che non esiste una disciplina direttamente applicabile agli accordi di
franchising, ma che nonostante ciò è possibile trovare un supporto giuridico sia nelle
norme comunitarie che in quelle contenute nel Codice Civile. A questo proposito è
10
importante tuttavia sottolineare che non si può assimilare tout court il franchising ad
altre figure più note (concessione a vendere, contratti di licenza,…); si farà inoltre
presente che al fine di evitare problemi giuridici sarà opportuno predisporre contratti il
più possibile dettagliati. Un aspetto di rilievo, infine, riguarderà l’analisi della recente
proposta di Legge discussa nella 10ma Commissione Industria riguardante l’importanza
dell’informazione pre-contrattuale per le parti; essendo il franchising un contratto
atipico e non essendoci regole fisse per la sua compilazione, risulta infatti importante
evitare che si arrivi non sufficientemente informati alla sottoscrizione del contratto.
Nella Seconda Parte viene trattato il tema del franchising in Italia sottolineando il fatto
che questo contratto sta raccogliendo negli ultimi decenni sempre più interessi anche nel
nostro Paese. Si è cercato di analizzare le cause del suo successo e le modalità attraverso
le quali si può instaurare una rete distributiva attraverso tale formula. Appare importante
sottolineare gli aspetti di marketing e strategici, fondamentali per qualsiasi impresa, ma
che risultano fondamentali per l’avvio di una formula di successo. Nell’ambito della
creazione e dello sviluppo della rete si è sottolineato il ruolo svolto dalla
comunicazione, fattore indispensabile nei rapporti reticolari e quindi elemento
determinante per quanto riguarda il franchising. Il sistema riscuote infatti successo se
c’è un corretto dialogo e scambio di informazioni tra le parti coinvolte nel progetto,
viceversa, sempre più spesso la mancanza di una comunicazione corretta ed adeguata
porte alla crisi della formula. In questa parte si è quindi dato spazio anche alle crisi che
possono presentarsi durante la creazione e con lo sviluppo della rete, in quanto il
franchising rappresenta una formula distributiva di successo, ma sempre più spesso si
assiste a fenomeni di fallimento delle reti.
Viene inoltre dedicata attenzione al tema dei costi: la leadership dei costi, rappresenta
infatti un’importante fonte di vantaggio competitivo nei mercati della distribuzione
commerciale di beni e servizi. Il franchising e' una formula che di per sé consente,
attraverso una compartecipazione di soggetti economicamente e giuridicamente
autonomi, la riduzione dei costi per merito dell'esperienza, di economie di scala e di
curve di esperienza. Nonostante queste premesse, bisogna evidenziare che, anche se
oggi e' sostanzialmente facile ed economico creare una rete in franchising, e' molto
difficile e costoso creare una rete vincente. Il fallimento di molte reti, deriva spesso
11
dalla scarsa attenzione che si pone alla cura dell'immagine in relazione ai costi. Verrà
anche sottolineato come la differenziazione dei prodotti e servizi offerti sia la fonte
principale della competitività tra le imprese.
Nel capitolo riguardante i dati relativi all’Italia, è stata effettuata un’analisi della
formula distributiva in franchising dal 1999 al 2002, periodo considerato molto
interessante per capire l’evoluzione del sistema; in tale periodo, infatti, è possibile
riscontrare una serie di eventi, come l’introduzione dell’euro e gli attentati
dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, che hanno influenzato negativamente
l’economia e che quindi sono necessari per sottolineare ancora una volta la validità del
franchising. In questo arco temporale, infatti, si è registrato un ulteriore incremento
positivo, ed anche se tale incremento non è stato in linea con le variazioni intervenute in
altri periodi storici, è stato comunque segno che il franchising è stato un comparto
dell’economia a non risentire della crisi congiunturale che stiamo vivendo. Verranno
quindi presentati i dati dei Rapporti Quadrante riportanti i dati relativi agli anni
considerati, ponendo in particolare l’attenzione sui dati relativi al 2002. Nell’ambito
dell’analisi specifica relativa a questo anno, inoltre, è stata condotta una ricerca
empirica per cercare di individuare quali fossero le insegne italiane che maggiormente si
erano distinte in termini di numero di reti in Italia e all’estero; i dati sono stati forniti
direttamente dai responsabili delle insegne attraverso le risposte ad un questionario
inviato tramite e-mail, contenente la richiesta dei dati maggiormente identificativi del
successo ottenuto. Dai dati ricevuti è possibile identificare le imprese con maggior
sviluppo in termini di reti nel periodo 1999 – 2002.
Nella Terza Parte dell’elaborato, infine, viene analizzato brevemente il Franchising
Internazionale, inteso sia dall’Italia verso l’estero che dall’estero in Italia, per
dimostrare come questa formula possa essere un’efficace metodo di penetrazione nei
mercati esteri. In questo contesto, vengono illustrati i mezzi di internazionalizzazione
che vengono più comunemente utilizzati dalle imprese italiane, indicando le criticità che
gli imprenditori incontrano nel momento in cui decidono di espandere la propria attività
in Paesi stranieri. In questa prospettiva è risultato interessante introdurre il concetto di
strategia internazionale, per sottolineare le diverse modalità di introduzione nei mercati
internazionali. Tali strategie, infatti, risultano diverse a seconda del tipo di attività svolta
12
e dal rapporto che il franchisor vuole instaurare con i nuovi consumatori.
Successivamente, sono state tracciate le linee generali delle formule maggiormente
utilizzate per l’esportazione del franchising, tra le quali il Master Franchising risulta
essere la modalità più sfruttata, nonostante presenti qualche svantaggio per l’affiliante in
termini di perdita di controllo sull’attività svolta all’estero.
Nel capitolo riguardante i dati, è stata effettuata un’analisi del sistema nel periodo dal
1999 al 2002, considerato ricco di avvenimenti soprattutto nello scenario internazionale
a causa della pesante congiuntura economica che ha interessato tutti i Paesi, ed in
particolar modo gli Stati Uniti. Sono stati illustrati i dati dei Rapporti Quadrante,
relativamente all’arco temporale considerato, circa le reti italiane in franchising
all’estero, la loro evoluzione ed i Paesi maggiormente interessati
dall’importazione/esportazione dei sistemi italiani. In questo contesto, è stato dato
spazio alla trattazione del franchising in Europa e nel mondo, relativamente a quei Paesi
che si sono maggiormente distinti in termini di sviluppo locale e straniero. Queste
informazioni sono state elaborate attraverso l’ausilio della collaborazione di alcune
associazioni internazionali per il franchising, come la European Franchising Federation
(EFF) in Gran Bretagna, la Fédération Françhise de la Franchise (FFF) in Francia e la
International Franchise Association (IFA) negli Stati Uniti. In questo modo è stato
possibile fare il punto della situazione sullo sviluppo della formula e sulle opportunità
per l’espansione delle insegne italiane e straniere nel mondo.
13
Prima Parte
L’evoluzione del commercio
e l’origine del Franchising
14
Capitolo 1: L’evoluzione del commercio.
1.1. Premessa.
Il sistema distributivo-commerciale italiano è stato sollecitato negli ultimi
decenni da spinte innovative cui è seguito un sostanziale rinnovamento delle funzioni e
delle strutture di commercializzazione.
Nell’ambito dei fattori di complessità assume rilievo il processo di globalizzazione che
si è verificato all’interno del sistema economico, che ha ridotto la differenza tra mercato
nazionale e mercato internazionale, con conseguente aumento della concorrenza a
livello mondiale.
2
Alla luce di questi fatti si è delineata nel commercio una progressiva tendenza alla
concentrazione del commercio in formule che riuscissero a far fronte ai cambiamenti in
atto. Con l'avvento della Grande Distribuzione, infatti, il piccolo dettaglio ha subito una
forte frenata. Gli operatori hanno assunto spesso un comportamento passivo e di
rivendicazione nei confronti del fenomeno senza riflettere su quali nuove strategie
gestionali e di mercato adottare per fronteggiare in maniera più efficace le difficili sfide
a cui sono stati chiamati a rispondere.
3
Per far fronte in modo più preciso ai forti mutamenti economici, sociali e tecnologici,
occorrono capacità di adattamento alle condizioni locali specifiche, prontezza di
reazione mercatilistica, maggiore efficienza nella produzione delle funzioni di
commercializzazione, attraverso la specializzazione del lavoro e nuove tecniche
organizzative, operative e decisionali.
In questo quadro, nuove forme e attività di commercio integrato si stanno diffondendo;
le attività commerciali si indirizzano a segmenti più precisi di bisogni da soddisfare e di
clientela da servire: si accentua quindi una specializzazione funzionale e per clientela.
4
2
Gregori G.L., Aspetti economici e gestionali delle relazioni tra imprese industriali ed intermediari
commerciali, Giappicchelli Editore, Torino, 1995.
3
Capodieci A., L'orientamento al mercato ed al cliente per difendersi dalla grande distribuzione,
http://www. pragmark.it, 2002.
4
Centro Studi Confcommercio, Come è cambiato il commercio in Italia , Roma, 37/2002.
15
In quest’ottica si inserisce il Franchising che risulta essere la formula di vendita più
innovativa sul mercato: nel 2001 ha registrato un fatturato di 13.849 milioni di euro, con
un incremento del 13,8 % rispetto al 2000 e con 99 mila persone attualmente
impiegate.
5
Alla luce di queste considerazioni, in questo capitolo verrà trattata brevemente
l’evoluzione del commercio per cercare di capire come si è arrivati alla Rivoluzione
Commerciale, tramite la quale sono mutati i rapporti tra Industria e Distribuzione. Verrà
poi trattato il tema della Grande Distribuzione e del suo sviluppo; in particolare si
sottolineerà la risposta attuata dalle Piccole-Medie Imprese attraverso
l’Associazionismo. In questo contesto verrà introdotto il Franchising come moderna
tecnica per la distribuzione di prodotti e servizi. La diffusione della formula del
franchising ha raggiunto livelli importanti soprattutto nei Paesi economicamente più
avanzati, dove la natura competitiva del settore commerciale ha trovato le condizioni
favorevoli per un miglioramento del sistema distributivo.
5
Pasquali F., “Ecco dov’è l’affare. Le domande che l’aspirante affiliato deve rivolgere a se stesso e
all’affiliante” in AZ Franchising n. 9, settembre 2002.
16
1.2. Commercio e Distribuzione: due realtà a confronto.
Nel linguaggio comune i vocaboli “distribuzione” e “commercio” vengono
spesso usati indifferentemente come se si trattasse di due sinonimi. In realtà bisogna
sottolineare che i significati letterali dei due termini sono completamente diversi:
¾ la parola commercio indica l’attività economica fondata sullo scambio di merce
con altra merce di valore equivalente o denaro;
¾ la parola distribuzione indica, invece, l’insieme di attività attraverso il quale le
merci prodotte vengono portate a contatto del consumatore finale e a questo
vendute.
6
Sia che si faccia riferimento all’economia industriale, sia che si prenda in
considerazione l’economia d’impresa, il ruolo che viene assegnato alla distribuzione è
definito in modo univoco: in entrambi i casi essa produce il servizio commerciale,
inteso come l’insieme di attività per mettere a disposizione dei consumatori i beni che
essi desiderano, nei tempi, nei luoghi e nei modi desiderati.
7
La distribuzione
rappresenta quindi un’interfaccia tra produzione e consumo.
Le forme distributive e la loro evoluzione sono il risultato di una ricerca per aderire al
meglio alle necessità dei consumatori. Il servizio reso ai consumatori ha assunto infatti
nel tempo caratteri di personalizzazione e differenziazione, dando luogo a formule di
offerta diverse.
Nella realtà operativa di mercato ogni impresa che voglia far giungere al consumatore o
utilizzatore finale un bene o un servizio, tratta quotidianamente con un certo numero di
imprese commerciali: grossisti, dettaglianti, agenti, intermediari, ecc…
L’insieme degli intermediari commerciali costituisce il canale di distribuzione
attraverso il quale il produttore di bene e/o servizi raggiunge il proprio mercato.
8
6
Zingarelli N., Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 1991.
7
Pellegrini L., “Le trasformazioni in corso nella distribuzione: implicazioni settoriali e intersettoriali” in
I contratti della distribuzione commerciale, EGEA, Milano, 1993.
8
Tupponi M., Ghirotti E., I contratti di distribuzione commerciale : agenzia, concessione di vendita,
franchising, analisi degli schemi contrattuali e definizione del business plan, Maggioli, Rimini, 2000.
17
Nel sistema distributivo italiano si possono individuare tre tipi di canali:
9
un canale diretto produttore-consumatore, come nella vendita diretta di prodotti
agricoli, industriali o artigianali, oppure la vendita porta a porta;
un canale indiretto breve, in cui tra produttore e consumatore si inserisce un solo
intermediario, come nel caso dei dettaglianti per i beni di consumo;
un canale indiretto lungo, in cui tra produttore e consumatore ci sono due o più
intermediari come agenti, grossisti, dettaglianti, ecc…
Per quanto riguarda il commercio, la sua origine è molto antica e riconducibile alle
forme primordiali di convivenza. Già nei tempi più remoti le comunità avevano
individuato nelle attività di caccia, pesca, raccolta una prima forma di produzione, e
nell’ambito di ogni comunità avveniva lo scambio tra individui del proprio lavoro.
Nella storia evolutiva del commercio, assume importanza la Rivoluzione Industriale,
grazie alla quale si avvia un processo di trasformazione socio-culturale che vede come
punto centrale la separazione fra produzione e distribuzione dei beni. Nell’ambito di tale
cambiamento, prende corpo un’attività commerciale che diviene sempre più
diversificata al suo interno, sia sotto il profilo delle differenti tipologie e forme
commerciali, sia dei differenti canali distributivi; sia al dettaglio, che all’ingrosso; tanto
interna che all’esportazione.
10
Le figure tradizionali di intermediari lasciano il posto a nuove figure specializzate che
operano a più stretto contatto con il produttore: agenti, rappresentanti, viaggiatori,
concessionari e affiliati in franchising.
Alla luce di queste considerazioni, l’attività commerciale può essere analizzata secondo
due approcci di studio, uno tradizionale ed uno moderno.
Secondo un approccio tradizionale, l’attività commerciale viene considerata come
l’attività che consiste nel trasferimento di beni dai luoghi di produzione a quelli di
consumo, nel conservarli nel tempo in modo da immetterli nel mercato e nel porli a
disposizione degli acquirenti secondo le modalità di assortimento, di pagamento e di
consegna. In questa ottica, il commercio svolge una funzione logistica di supporto al
9
Centro per gli Studi sui Sistemi distributivi ed il Turismo (Cesdit), Il Franchising: realtà e prospettive,
Milano, 1985.
10
Fruscio D., Economia e tecnica della distribuzione commerciale, Giappichelli Editore, Torino, 1996.
18
trasferimento, alla conservazione ed alla messa a disposizione dei beni dei consumatori
finali. In letteratura all’approccio tradizionale si collega il concetto di avvicinamento: il
commercio è subordinato all’attività produttiva con l’unico obiettivo di allocare i beni
sul mercato, senza intervenire sulla natura e sul modo di presentazione degli stessi.
11
In base ad un approccio moderno, invece, il commercio produce un servizio
commerciale secondo le necessità della domanda, adeguandosi alle sue caratteristiche
ed influenzando la produzione. La letteratura collega tale approccio al concetto di
adattamento: si ha un costante monitoraggio della domanda con l’obiettivo di soddisfare
la varietà e la variabilità dei bisogni, attraverso la produzione di servizi e beni,
combinati secondo differenti formule, per soddisfare la clientela.
1.2.1. La Rivoluzione Commerciale e lo sviluppo della Grande Distribuzione.
Il momento di trasformazione e di crisi che ha investito la realtà socio-
economica italiana durante gli anni ’80 ha costituito un forte stimolo per il delinearsi ed
il rafforzarsi di mutamenti e tendenze nuove ed interessanti a livello distributivo-
commerciale. L’espansione dei consumi, la concentrazione della domanda nei centri
urbani e la trasformazione delle condizioni di vita dei consumatori che sono diventati
maggiormente critici e maturi, hanno creato i presupposti per l’affermarsi in Italia di
nuove forme distributive basate sulla concentrazione.
Il termine grande distribuzione identifica tutte le imprese della distribuzione moderna
che operano nel settore, a prescindere dalle diverse modalità organizzative con cui
agiscono sul mercato.
12
In generale, in un’impresa di distribuzione moderna è presente
un’unità centrale che svolge una serie di attività comuni a livello aziendale (acquisto,
marketing, ecc…), a cui fanno capo a livello periferico uno o più centri distributivi ed
una rete di punti di vendita per la produzione del servizio commerciale sul territorio.
11
Sciarelli S., Vona R., L’impresa commerciale, Mc Graw Hill, Milano, 2001.
12
Pellegrini L., La distribuzione commerciale in Italia, Il Mulino, Bologna, 1996.
19
A seconda delle modalità con cui sono ripartite le competenze tra centro e periferia, si
ha la distinzione tra grande distribuzione e distribuzione organizzata:
13
Grande Distribuzione = la centrale stabilisce le strategie commerciali e di
sviluppo e le strutture periferiche operano sulla base delle indicazioni della
centrale stessa. E’ il caso delle imprese a succursali.
Distribuzione Organizzata = i centri decisionali sono plurimi e le politiche a
livello di impresa sono prese dai singoli imprenditori, riflettendo la maggiore
autonomia strategica degli associati. E’ il caso dei Gruppi d’Acquisto e delle
Unioni Volontarie.
Nel corso degli ultimi anni, la differenza tra queste due tipologie si è fortemente ridotta.
La Grande Distribuzione Organizzata sta vivendo un periodo di rapida ed intensa
trasformazione. Stiamo assistendo ad un continuo e progressivo processo di
modernizzazione e mutamento del sistema distributivo italiano che si presenta sempre
meno frammentario rispetto ai modelli degli altri Paesi.
Il passaggio da un sistema distributivo frammentato ad uno maggiormente concentrato,
denominato Rivoluzione Commerciale, ha ravvisato una progressiva autonomia del
commercio rispetto all’industria ed ha permesso di ridefinire i compiti ed i ruoli
all’interno del canale. La distribuzione, infatti, non è più controllata dall’industria, il
commercio si rende autonomo e per questo nascono i primi conflitti.
Industria e distribuzione hanno obiettivi e politiche contrastanti: si creano conflittualità
dovute al fatto che l’industria non può più utilizzare il canale distributivo come una
variabile del marketing mix per arrivare al consumatore finale, ma deve “contrattare”
con la distribuzione, che rappresenta un interlocutore autonomo.
14
L’industria sviluppa politiche di marketing rivolte ai distributori e non più solo ai
consumatori: la distribuzione, infatti, non è più solo una variabile del marketing mix ma
diventa un mercato da conquistare. Per l’impresa di produzione diventa quindi molto
importante stabilire una strategia di trade marketing, al fine di ottenere la
collaborazione dei distributori.
Il Trade Marketing rappresenta “una strategia commerciale volta ad ottimizzare
l’efficacia dell’azione complessiva dell’impresa attraverso il soddisfacimento delle
13
Zanderighi L., “Le grandi imprese di distribuzione in Italia” in La distribuzione commerciale in Italia,
Il Mulino, Bologna, 1986.
14
Pellegrini L., “Le trasformazioni in corso nella distribuzione…” in Op. cit.
20
esigenze dei propri clienti commerciali, in modo da differenziare la propria offerta sui
mercati intermedi ed ottenere in essi vantaggi competitivi duraturi trasferibili sui
mercati di consumi”.
15
Nel momento in cui la distribuzione assume un ruolo indipendente nel canale, diventano
importanti i rapporti tra Industria e Distribuzione.
In questo contesto, le relazioni tra industria e distribuzione possono essere
schematizzare secondo i seguenti modelli:
1. Modello negoziale: il rapporto si concentra sui singoli scambi, le parti mantengono
piena autonomia con chiara divisione dei compiti e nessuna integrazione.
2. Modello conflittuale: c’è un conflitto circa le rispettive aree di influenza. Ogni
parte controlla una o più fasi del processo distributivo.
3. Modello collaborativo: le parti hanno una visione sistemica del canale. Decidono
di collaborare per ottenere obiettivi strategici di medio/lungo periodo, e può esserci
un’integrazione di risorse e competenze.
Per tentare di definire meglio gli scenari entro cui si colloca il rapporto industria-
distribuzione, è necessario verificare come si è evoluto il ruolo della distribuzione a
monte e a valle, nei confronti rispettivamente dell’industria e del consumatore.
La diffusione delle politiche di marca industriale segna l’inizio di una radicale
trasformazione dei mercati dei beni di consumo. Attraverso la pubblicità, la marca crea
un rapporto diretto tra consumatore e produttore e diventa per le imprese industriali
una precondizione per attuare politiche di differenziazione. Grazie alla marca il bene
perde le sue caratteristiche di bene generico per acquisire una sua precisa identità. Si
sviluppa quindi l’industria di marca.
15
Pastore A., I nuovi rapporti tra industria e distribuzione, CEDAM, Padova, 1996.
Le strategie di marketing tradizionale sono di tipo pull, hanno cioè l’obiettivo di rivolgersi al consumatore
finale e acquisirne la fedeltà. Si hanno attività di R&S, investimenti per migliorare la qualità dei prodotti
o servizi, investimenti nella pubblicità.
Le strategie di Trade Marketing, invece, sono di tipo push, hanno cioè l’obiettivo di migliorare il
posizionamento dei prodotti nel mercato intermedio.
Le imprese si trovano di fronte al problema di scegliere quanto investire in una strategia rispetto all’altra.
Non esiste una situazione ottimale: dipende dal tipo di impresa, dalle risorse di cui si dispone, dagli
obiettivi che ci si propone di raggiungere, così da prendere una decisione e trovare una situazione di
equilibrio.