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INTRODUZIONE
La malattia nell’antichità era considerata una punizione divina, ma con il
passare del tempo la concezione cambia. Con Ippocrate (circa 410 a,c,) si sviluppa
l’idea del triangolo delle 3 M (malato, malattia, medico), in un rapporto medico-
paziente, dove quest’ultimo aiuta il medico a curare la malattia, sebbene la relazione
risulti comunque asimmetrica: il medico, con il suo sapere e la sua esperienza, valuta
le condizioni cliniche del paziente e decide i trattamenti terapeutici piu’ idonei in
un’ottica paternalistica.
La relazione medico-paziente è anche direttamente collegata al ceto sociale,
per cui il consueto comportamento paternalistico ed autoritario del medico, in caso di
un soggetto nobile od aristocratico, risulta addirittura opposto, ossia di sudditanza del
medico nei confronti del paziente. L’informazione ed il consenso sono destinati solo
agli uomini liberi.
In epoca medioevale il medico viene considerato alla stregua di un sacerdote,
che esercita l’arte medica come una vera e propria missione. E’ con l’illuminismo
che i nuovi metodi di indagine della sperimentazione, dell’osservazione fanno sì che
il paziente venga considerato come un caso clinico, modificando il rapporto duale
medico-paziente che diventa più formale. Il concetto di consenso informato si
sviluppa nel XIX secolo, prima nel campo della sperimentazione ed in seguito nel
trattamento diagnostico-terapeutico. Da ricordare nel 1947 il Codice di Norimberga,
un decalogo etico, in base al quale il consenso è volontario, ma considerato
essenziale, in quanto connota la liceità di una sperimentazione. Dal Codice di
Norimberga alla Dichiarazione di Helsinky (1964) il consenso diventa informato,
dall’espressione informed consent, utilizzato per la prima volta nel 1954 negli Stati
Uniti: una informazione esauriente data al paziente sulle sue condizioni di salute
permette l’acquisizione del consenso al trattamento terapeutico da parte del medico.
La relazione simmetrica fra medico e paziente permette di raggiungere un equilibrio
fra la competenza professionale del medico ed il diritto di autodeterminazione del
paziente, in un’ottica di accordo contrattuale.
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I presupposti giuridici del consenso informato si trovano negli articoli 2, 13 e
32 della Costituzione. Il consenso può presentarsi sia in forma scritta che verbale.
Oltre al consenso, il paziente può esprimere anche una volontà di dissenso e persino
di rifiuto di essere informato sulle proprie condizioni di salute. In tal caso il paziente
può delegare un altro soggetto ad avere informazioni sulle condizioni di salute e nel
caso di minori od incapaci, è prevista la nomina di un tutore od amministratore di
sostegno.
In giurisprudenza il primo caso in Italia sul tema del consenso informato
risale al 1992, il caso Massimo, con Sentenza di reato di omicidio preterintenzionale
per mancata acquisizione del consenso informato a seguito di intervento chirurgico
con esito infausto.
Importanti le successive Sentenze, rispettivamente della Corte Costituzionale
n. 438/2008 e della Corte di Cassazione Civile, Sezione III n. 19220/2013, nelle
quali viene affermato che il consenso informato è il risultato della sintesi del diritto
alla salute e del diritto all’autodeterminazione del paziente, acquisito a seguito di una
corretta ed esauriente informazione.
Si assiste ad un ulteriore passo avanti nella Sentenza della Corte di
Cassazione Penale, Sezione 4 n. 21537/2015, dove viene decretato che in sede penale
non si può condannare un medico, solo perché non ha acquisito il consenso. Unica
eccezione, nel caso in cui il consenso possa fornire ulteriori informazioni sulle
condizioni di salute e permettere una diagnosi corretta.
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, con Sentenza 2437/2009
ribadisce la non lesività del diritto alla salute, in caso di esito positivo di un
intervento chirurgico con guarigione del paziente, sebbene eseguito senza acquisire il
consenso informato da parte di quest’ultimo. L’irrilevanza penale è dovuta al fatto
che il consenso tutela il diritto alla salute ed alla scelta del paziente, consapevole di
eventuali successivi danni a seguito del trattamento sanitario e la mancata
acquisizione del consenso configura la richiesta di risarcimento danni in sede civile,
dove il soggetto deve dare prova che avrebbe rifiutato il trattamento, se fosse stato
adeguatamente informato. Il fatto che il trattamento sia stato eseguito lex artis non ha
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nessuna rilevanza ed il risarcimento del danno si configura anche in assenza di
lesione alla salute.
La nuova Legge n. 219/2017 pubblicata in G.U. n. 12 in data 16/01/2018 ed
entrata in vigore il 31/01/2018 si sviluppa in 8 articoli e si articola in due parti: il
consenso informato ed il testamento biologico (le disposizioni anticipate di
trattamento).
I punti più salienti della legge riguardano:
- La relazione medico-paziente simmetrica, tra l’esigenza di
autodeterminazione del paziente e la competenza professionale del
medico, la cosiddetta alleanza terapeutica (articolo 1);
- L’alleanza assistenziale concernente la terapia del dolore, il divieto di
ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita
(articolo 2);
- L’acquisizione del consenso informato nei minori ed incapaci (articolo 3);
- Le disposizioni anticipate di trattamento (articolo 4);
- La pianificazione condivisa delle cure nei casi di patologia cronica ed
esito infausto (articolo 5).
Già in precedenza nel 2009 c’era stato il tentativo di approvare un disegno di
legge (DDL Calabro’), mai diventato legge di stato dal titolo << Disposizioni in
materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di
trattamento >>, con finalità di puro orientamento a differenza della nuova Legge n.
219/2017 che ha lo scopo di riaffermare il principio costituzionale del diritto di
autodeterminazione di ogni soggetto.
Anche i principi del biodiritto penale di inizio e fine vita (tutela della vita,
integrità del corpo, salute) giocano un ruolo di rilievo nelle posizioni della bioetica
laica e cattolica (disponibilità e non disponibilità della vita) e sono posizioni
d’interesse per la nuova Legge sul consenso informato e le disposizioni anticipate di
trattamento, che è incardinata in un sistema giuridico basato sull’homo dignus, dove
nessuna volontà esterna può sostituirsi al soggetto interessato. Il diritto di ogni
soggetto di prendere decisioni sul proprio fine-vita è corollario della dignità umana.
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La definizione del tempo di comunicazione tra medico e paziente come
tempo di cura al comma 8 dell’articolo 1 testimonia l’importanza del rapporto di
alleanza terapeutica che si instaura tra medico e paziente.
Da non sottovalutare anche l’adeguata e costante formazione degli operatori
sanitari in materia di relazione, comunicazione, terapia del dolore e cure palliative
menzionata al comma 10 dell’articolo 1.
La terapia del dolore, il divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e
dignità nella fase finale della vita menzionati nell’articolo 2 sono aspetti importanti
della nuova legge.
Grazie anche all’esito della Sentenza della Cassazione Civile, Sezione I n.
21748 del 2007 nel caso Englaro, anche la legge n. 219/2017 valorizza il minore e
l’incapace (articolo 3), in base al quale il soggetto deve essere messo in grado di
esprimere la propria volontà, dopo aver ricevuto un’adeguata informazione. In
particolare il caso Englaro ha rappresentato il caso leading nel considerare il
consenso informato come diritto fondamentale di tutti i soggetti, capaci ed incapaci.
Con le disposizioni anticipate di trattamento e la ricostruzione della
personalità del soggetto si mette in evidenza la sua identità, per poter fare scelte
congruenti alle abitudini di vita ed ai valori del soggetto incapace od interdetto. I
rappresentanti legali del soggetto tengono conto della volontà del soggetto nel
rispetto della sua salute psichica e della sua dignità.
Il fatto fondamentale è che le disposizioni anticipate di trattamento (articolo
4) permettono al soggetto di esprimere le proprie volontà sui trattamenti sanitari, in
caso di futura incapacità, con la nomina revocabile di un fiduciario, che ne fa le veci
nel rapporto con il medico e con l’équipe sanitaria. Il fiduciario può accettare o
rifiutare la nomina ed in tal caso spetta al giudice tutelare provvedere a nominare un
amministratore di sostegno.
Le disposizioni anticipate di trattamento sono vincolanti per il medico, ma
può comunque disattenderle in tutto od in parte, in accordo con il fiduciario, se
risultano incongruenti con le condizioni cliniche attuali del paziente oppure se sono
disponibili nuove terapie capaci di offrire miglioramenti clinici.
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In caso di dissenso fra medico e fiduciario, la decisione è rimessa al giudice
tutelare.
Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione degli iscritti al
Servizio Sanitario Nazionale possono regolamentare la raccolta delle disposizioni
anticipate di trattamento ed il loro inserimento nella banca dati istituita presso il
Ministero della Salute.
Il Ministero della Salute (articolo 8) trasmette ogni anno alle Camere una
relazione sull’applicazione della legge, sulla base di questionari compilati dalle
regioni,
La questione dell’eventuale obiezione di coscienza sembra rilevarsi
infondata, in quanto al comma 9 dell’articolo 1, al comma 5 dell’articolo 2 ed al
comma 5 dell’articolo 4 viene ribadito che le strutture pubbliche e private
garantiscono l’applicazione della legge ed il medico può disattendere le disposizioni
anticipate di trattamento in tutto od in parte, in accordo con il fiduciario ed in caso di
controversia la decisione è rimessa al giudice tutelare.
La Regione Toscana è stata la regione capofila ad attuare la Legge n.
219/2017 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento, con
Delibera n. 352 del 3 aprile 2018 dal titolo << Umanizzazione delle cure e
autodeterminazione del cittadino: primi indirizzi per l’attuazione della legge
219/2017 >> e Delibera n. 980 del 3 settembre 2018 dal titolo << Indirizzi attuativi
della legge 22/12/2017 n. 219: le disposizioni anticipate di trattamento e la
pianificazione condivisa delle cure >>.
Al fine di rendere omogenee le procedure, sono stati coinvolti i diversi ordini
professionali, oltre a percorsi organizzativi, formativi del personale sanitario e
campagne di informazione ai cittadini.
L’Assessorato alla Salute, al Welfare, all’Integrazione Socio-sanitaria e Sport
di Regione Toscana sì è confrontato con l’Autorità Garante per la Privacy per dare
indicazione alle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere-Universitarie sulle modalità di
raccolta e registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento.
La Giunta Regionale della Toscana con atto n. 1082 del 01/10/2018 ha
approvato lo schema di regolamento e di trasmissione al Garante per la Privacy, i
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Protocolli d’Intesa con l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia (ANCI) Regione
Toscana ed il Comitato Regionale Notarile Toscano, per armonizzare la procedura di
raccolta delle disposizioni anticipate di trattamento.
Per quanto concerne le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere-Universitarie, la
procedura prevede che le disposizioni anticipate di trattamento siano inserite nel
fascicolo sanitario elettronico (FSE) e nella cartella clinica elettronica (CCE), per
permetterne la consultazione da parte dei Medici di Medicina Generale, dei Medici
Ospedalieri e delle Strutture Sanitarie.
L’Azienda USL Toscana centro nata il 1 gennaio 2016 dalla fusione delle ex
Aziende Sanitarie di Pistoia, Prato, Firenze ed Empoli, ai sensi della L.R. 84/2015,
ha provveduto ad individuare i referenti del progetto ed all’organizzazione del
servizio di registrazione, rilascio e conservazione delle disposizioni anticipate di
trattamento (sportelli amministrativi CUP, orari, operatori).
La procedura prevede che l’assistito possa rivolgersi al proprio medico di
medicina generale per acquisire tutte le informazioni ed una volta compilato e
sottoscritto il modulo DAT, quest’ultimo può presentarsi presso gli sportelli CUP
dell’Azienda abilitati a tale servizio.
Un’analoga procedura viene eseguita anche presso gli sportelli dell’Ufficio di
Stato Civile del Comune di residenza del soggetto.