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diventata portatrice di una sfera di significazione molto più
ampia, deve evolversi. L’interrogativo alla base di questo
elaborato riguarda il modo in cui le nuove strategie
pubblicitarie diffuse nella rete potranno affiancare quelle
veicolate dai media tradizionali per creare valore. A tale
quesito risponderemo attraverso l’esposizione delle conclusioni
cui siamo giunti effettuando l’analisi del caso Dove, uno dei
brand gestiti da Unilever, che è stato assunto come oggetto di
indagine dell’ultimo capitolo.
La nostra analisi si pone l’obiettivo di interpretare il ruolo
assunto dalla marca on line e di mettere in luce alcuni dei
cambiamenti che questo comporta.
L’ipotesi alla base dello studio tiene conto della possibilità di
utilizzare il marketing virale per rafforzare l’immagine e il
posizionamento del brand, mettendo in evidenza l’importanza
della dimensione partecipativa della marca; quest’ultima
rappresenta una componente di importanza essenziale, essendo
assimilabile ad una delle caratteristiche costitutive del
patrimonio genetico del Web 2.0.
Un compito rilevante sarà indagare sulle strategie messe in atto
per suscitare l’interesse del webnauta e coinvolgerlo all’interno
di un progetto collaborativo, al fine di “evangelizzarlo”, cioè di
trasformarlo in uno dei divulgatori del messaggio.
La marca può in questo modo stabilire una relazione complessa
e multidimensionale: non si limita solamente ad enunciare
discorsi e a progettare sistemi di valori, ma ha la possibilità
concreta di rendere ciascuno partecipe e promotore del proprio
fine.
Per mettere alla prova l’ipotesi sarà sviluppato un percorso
lungo quattro capitoli. Il primo illustrerà l’evoluzione degli
approcci di marketing, che deve concentrarsi sempre
sull’analisi dell’ambiente esterno e del mercato di riferimento,
per cercare di prevedere trend e sviluppi futuri, fenomeni
9
attuali, strutture di business migliori e posizionamenti più
coerenti. La revisione delle teorie di mass marketing sarà la
condizione necessaria per descrivere la trasformazione che ha
investito la società odierna ed il ruolo del consumatore.
Nel secondo l’attenzione sarà focalizzata su una delle principali
strategie di marketing innovativo: il buzz marketing o word of
mouth, che è stato affrontato sotto molteplici aspetti al fine di
inquadrare il fenomeno in un’ottica più ampia.
Il terzo capitolo evidenzierà l’importanza della brand identity
per le imprese, esponendo le sue dimensioni e focalizzando
l’attenzione sulla gestione del branding on-line. Il capitolo si
concluderà con la descrizione dell’importanza rivestita dalla
brand reputation e dalla dimensione partecipativa della marca
nel Web 2.0.
Il quarto e ultimo capitolo sarà dedicato all’analisi del caso
Dove: ne sarà illustrata la strategia di comunicazione, mirata a
creare un sistema valoriale improntato sulla possibilità di
veicolare un discorso sociale, obiettivo che ben si sposa con la
nuova attenzione delle imprese nei confronti dell’etica, in
un’ottica di assoluta coerenza con la comunicazione di
prodotto. L’innovazione congenita nel dna del brand è stata
gestita, negli anni, con efficacia e coesione, determinandone il
successo.
Oltre ad esaminare il logo, il naming e a ricostruire le varie fasi
della campagna, saranno analizzati il sito (sia quello ufficiale
che quello della campagna “Per la bellezza autentica”) e gli
effetti della campagna stessa. In allegato è stata anche inserita
l’intervista effettuata a due Brand Manager di Unilever, Elisa
Branduardi e Verena Tomasetto, contattate con l’aiuto di
Arianna Destro, Marketing Director Personal Care
dell’azienda, che le ha definite le “maggiori esperte” Dove.
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11
Capitolo I
L’EVOLUZIONE DEL MARKETING
1.1 Gli orientamenti del marketing
Il marketing è strettamente legato al sistema economico nel
quale l’impresa opera. Poiché i sistemi economici hanno subito
una profonda evoluzione, anche il marketing ha seguito la
stessa sorte.
L’orientamento aziendale, ovvero come l’azienda direziona le
proprie azioni e i comportamenti in relazione al contesto, ha
subito una notevole trasformazione nel corso degli anni. Il
declino della produzione di massa (basata su azioni che
permettevano di conseguire ingenti volumi di unità di prodotto,
standardizzazione ed economie di scala) ha implicato la
ridefinizione delle azioni di marketing e, in generale, della
relazione tra azienda e mercato.
Il cambiamento più rilevante è stato ravvisato nel passaggio
dalla “produzione di massa/grande impresa/consumatore
passivo” al modello “produzione flessibile/organizzazione per
networks/soggettività interattiva del consumatore” (Pastore e
Vernuccio, 2004).
Richiamandoci al contributo di alcuni autori descriveremo nel
corso del capitolo i principali orientamenti aziendali che si
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sono succeduti negli ultimi cento anni. È opportuno premettere
che il passaggio da un orientamento all’altro è avvenuto in
epoche differenti, in paesi diversi, in base alla velocità dei
processi di industrializzazione del paese considerato; la stessa
situazione è anche diversa in funzione del settore considerato.
Quanto di seguito riportato rimane però utile a livello teorico,
al fine di semplificare l’analisi. È possibile distinguere quattro
stadi di evoluzione del concetto di marketing.
1.1.1 Prima fase: L’orientamento alla produzione ed il
marketing passivo
Durante gli anni dell’era industriale (dall’inizio della seconda
rivoluzione industriale fino all’immediato dopoguerra, negli
anni venti) l’azienda sviluppa ”l’orientamento alla produzione”
(production concept); questa fase pone enfasi sull’offerta
aziendale, influenzata in modo preponderante dalla tecnologia,
che si poneva come obiettivo la riduzione dei costi e l’aumento
dei volumi di vendita. Si inizia a produrre industrialmente ciò
che fino ad allora era stato ottenuto in modo artigianale, ad alti
costi e bassi volumi di vendita. La meccanizzazione del lavoro
nelle fabbriche consente di realizzare volumi di produzione
senza precedenti, impiegando manodopera con modesta o
scarsa specializzazione.
L’offerta si rivolge ad “un mercato indifferenziato di
consumatori desiderosi esclusivamente di acquistare prodotti su
larga scala e a basso prezzo” (Castellett, 2006, p. 18): i bisogni
da soddisfare, infatti, sono omogenei ed il reddito della
popolazione è basso.
13
Ciò che conta, in questa fase, è produrre; la preoccupazione
dell’impresa è quella di migliorare la produttività degli
strumenti utilizzati, quella del marketing riguarda la vendita di
tutto ciò che è stato prodotto (Lambin, 2000).
È l’epoca del marketing passivo, in cui la domanda è sostenuta
da una modesta competizione tra le imprese e da prodotti o
servizi erogati poco numerosi, con cicli di vita lunghi e
sostenuti da un basso tasso di innovazione. I mercati hanno un
raggio di azione limitato; le ricerche su cosa vuole il
consumatore sono molto rare perché i mercati sono ancora
lontani dalla saturazione.
Le lacune di questo focus sono notevoli, comprendendo, tra
l’altro, una forte insensibilità culturale, l’incapacità di attuare
modelli alternativi e l’affermarsi di forme limitanti della
concorrenza di tipo monopolistico ed oligopolistico (Perrone,
2004).
1.1.2 Seconda fase: L’orientamento alle vendite ed il
marketing operativo1
Le imprese statunitensi produttrici di beni di largo consumo
attraversano questa fase nel corso degli anni Trenta, quelle
europee a partire dal decennio successivo.
L’azienda, a seguito della scoperta delle prime giacenze di
prodotti invenduti e di offerte aziendali non assorbite dal
mercato, assume un comportamento meno passivo. La
1
“Se da un punto di vista prettamente teorico si può distinguere nettamente l’attività
strategica da quella operativa, da un punto di vista gestionale concreto, invece, tale
distinzione tende ad attenuarsi: quando si parla di marketing operativo e di gestione
delle leve di marketing mix, infatti, si deve comunque fare riferimento
necessariamente alle politiche, cioè alle strategie, di prodotto, prezzo, distribuzione e
comunicazione che li sottendono” (Castellett, 2006, p. 21)
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necessità ora è vendere, ma ciò può avvenire solo sottraendo
quote di mercato ai concorrenti.
Si afferma una competizione aggressiva tra le imprese. Prodotti
e servizi hanno cicli di vita brevi, ma ne aumenta il numero ed
il tasso di innovazione (Perrone, 2004). La tendenza di fondo è
costituita dalla volontà di stimolare il cliente all’acquisto
(attenzione verso l’esterno), attraverso l’organizzazione di
vendita e le attività pubblicitarie. Il marketing deve attuare
“politiche aziendali di persuasione e di promozione volte a
spingere sul mercato prodotti che i consumatori non
dimostrano di voler e di aver bisogno di acquistare” (Castellett,
2006, p. 19); è proprio l’abilità nel saper esercitare la giusta
pressione sul mercato a decretare il successo di un produttore.
1.1.3 Terza fase: L’orientamento al mercato ed il marketing
strategico
Intorno agli anni Cinquanta – Sessanta nasce il marketing
concept, in cui l’organizzazione adotta un punto di vista
strategico totalmente differente, focalizzato sul perseguimento
della soddisfazione delle esigenze del cliente, al fine di
raggiungere gli obiettivi a lungo termine che essa si pone
(customer satisfaction).
I prodotti e i servizi, dunque, non rappresentano più lo scopo,
bensì il tramite aziendale per conquistare il successo e
comprendere i bisogni della clientela.
La distribuzione di massa e la vendita aggressiva si dimostrano
insufficienti a sostenere il lancio di un prodotto sbagliato, così
come a convincere qualcuno ad acquistare un prodotto di cui
non ha effettivo bisogno.
15
L’attività prioritaria dell’azienda diventa quindi quella di
conoscere la propria domanda di riferimento, mediante la
messa a punto di analisi e segmentazioni di mercato; solo in un
secondo momento, quindi, verranno predisposti e gestiti i
processi produttivi, di marketing e di vendita.
Lo scopo è quello di approntare un sistema di offerta coerente
con le esigenze della clientela.
Si afferma anche la regola secondo cui le varie funzioni che
compongono il marketing devono essere tra loro strettamente
integrate: progettazione, sviluppo dei prodotti, prezzi,
distribuzione, promozione.
1.1.4 Quarta fase: L’orientamento al cliente, l’attenzione
verso la concorrenza e la responsabilità sociale
Il marketing diffuso
2
si sviluppa all’interno dell’orientamento
al cliente, quello attuale, in cui il focus è incentrato sul singolo
acquirente, per riuscire a migliorare ed a personalizzare il
servizio offerto (Perrone, 2004).
A partire dagli anni Ottanta, inoltre, il marketing entra in un
nuovo stadio. Basso sviluppo e calo della domanda sono in
questi anni una costante diffusa in molti settori.
In presenza di un eccesso di offerta, non si devono monitorare
attentamente solo le esigenze del compratore, ma occorre anche
seguire con attenzione l’attività della concorrenza.
Si passa così dalle imprese marketing oriented a quelle
competition oriented.
2
La funzione di marketing, quando le caratteristiche delle sue prestazioni
dipendono dagli effetti delle interazioni con i clienti, non è necessariamente svolta
da una specifico nucleo organizzativo, ma da molteplici posizioni e unità, collocate a
diversi livelli gerarchici; si caratterizza, dunque, come diffusa.
16
Contemporaneamente all’affermazione dell’intervento dello
Stato, dei movimenti di difesa del consumatore e dell’iniziativa
di alcune imprese, si afferma il principio che non ci si deve
basare meramente sulla vendita ed il profitto, ma occorre
considerare anche le effettive esigenze della società.
1.2 L’evoluzione del marketing management
La visione tradizionale del marketing management
3
, incentrata
meramente sulla singola transazione, non poteva più adattarsi
ad un contesto dinamico in cui assumono nuova rilevanza ed
3
“Il marketing management comprende le quattro principali attività gestionali di
un’azienda:
- Analisi: dell’ambiente strategico complessivo entro cui l’azienda si ritrova ad
operare e dell’analisi del mercato. Per mercato saranno da intendersi non solo clienti
attuali e potenziali ma che la pluralità di concorrenti.
- Pianificazione strategica: una volta raccolto un insieme completo di informazioni e
sviluppata una conoscenza analitica della situazione complessiva dell’ambiente
strategico, della domande e della concorrenza, l’azienda può suddividere l’intero
mercato in segmenti definiti (attività di segmentazione) tra cui scegliere quelli
obiettivo a cui indirizzare precisamente la propria attività (targeting); quindi, può
approntare un sistema di offerta che possa soddisfare, in maniera migliore rispetto a
quello della concorrenza, le esigenze del target di riferimento (attività di
posizionamento); ed infine definisce i propri obiettivi e le proprie attività strategiche
da perseguire nel medio-lungo termine.
- Implementazione operativa: l’azienda attua concretamente il perseguimento degli
obiettivi definiti nel piano strategico. E lo fa selezionando e gestendo le cosiddette
leve del marketing mix: il marketing mix è lo strumento operativo di cui si avvale
l’impresa per la realizzazione della strategia di marketing, ed è composto dalle
quattro variabili, le c.d. “4 P”, di product, price, place (oppure point of sale),
promotion, cioè prodotto, prezzo, distribuzione, promozione.
- Monitoraggio e controllo. L’azienda deve nuovamente analizzare la situazione di
mercato monitorandone le eventuali evoluzioni intervenute a seguito dell’attuazione
delle proprie attività, e verificando che i risultati effettivamente ottenuti sul mercato
siano corrispondenti a quelli attesi.” (Castellett, 2006, p. 20)
17
influenza diversi attori, che devono essere presi in
considerazione nell’ideazione ed attuazione di strategie
efficaci.
La visione tradizionale del mercato, di origine anglosassone,
divide nettamente tra impresa, società, concorrenza e clientela,
trattandole come entità indipendenti e concorrenti. La miopia
di questa visione è stata evidenziata da Pastore e Vernuccio
(2004), che hanno analizzato anche i limiti del marketing
concept. Questi due autori pongono l’accento sulla capacità
connettiva del mercato, cioè sullo sviluppo di relazioni che è in
grado di attivare. I soggetti, in quest’ottica, gestiscono in modo
sinergico le proprie interdipendenze con gli altri operatori,
dando vita ad un sistema coordinato di scambi.
Le tecnologie digitali hanno accelerato la revisione dei principi
tradizionali che avevano governato il mass market fino alla
seconda metà degli anni novanta.
Oltre a rendere l’informazione ubiqua e a basso costo, Internet
è potenzialmente accessibile a tutti, anche ai clienti (Prandelli,
Verona, 2002).
In conseguenza dell’affermazione della cosiddetta democrazia
informativa e dell’avvenuta rivoluzione culturale, dunque, le
imprese devono necessariamente ripensare il proprio
orientamento al mercato (Sawhney e Kotler, 2001).
Le strategie di marketing tradizionali venivano elaborate
partendo dalla comprensione dei bisogni del clienti, ma in
un’ottica monodirezionale I consumatori, però, soprattutto in
rete, interagiscono tra di loro, avendo la possibilità di acquisire
una moltitudine di informazioni prima di compiere,
eventualmente, l’atto di acquisto.
Agli acquirenti, inoltre, si aggiungono gli stakeholder.
Nell’elaborazione della strategia di marketing, infatti, è
necessario tener conto di “tutti gli operatori e partecipanti che,
direttamente o indirettamente, influenzano la decisione
18
d’acquisto del cliente e fanno perciò parte del ‘mercato’ inteso
in senso ampio” (Lambin, 2002, p. 27).
Come ricorda Castellett è necessario gestire una relazione
multidimensionale con una pluralità di soggetti, basata sulla
fiducia che “non può prescindere da un processo di
innovazione continua che l’azienda deve soprattutto stimolare
per poter capitalizzare nuove opportunità di sviluppo”
(Castellett, 2006, p. 9).
1.3 Dal targeting alla co-produzione
Durante l’era industriale la segmentazione del mercato
costituiva un’attività basilare della pianificazione strategica
aziendale. Era la produzione, eventualmente in simbiosi con il
marketing, a definire i beni ed i servizi che sarebbero stati
commercializzati. Dopo aver compiuto il frazionamento del
mercato di consumatori in segmenti (cioè in gruppi omogenei
relativamente a bisogni, caratteristiche, motivazioni e modalità
di comportamento), l’organizzazione sceglieva i cluster a cui
indirizzarsi (targeting).
Il suo scopo principale era quello di ottimizzare l’adattamento
dell’offerta rispetto alle esigenze della clientela in modo
superiore rispetto alla concorrenza. Successivamente l’azienda
immetteva sul mercato il proprio bene o servizio,
“spingendolo” con le tecniche persuasive derivanti dalle scelte
di marketing mix effettuate.
Attualmente, come ricordano anche Prandelli e Verona (2002),
invece, è il cliente a ricoprire un ruolo centrale nel processo di
definizione dell’offerta. Essa verrà realizzata scegliendo la
combinazione più appropriata delle diverse variabili del
19
marketing mix, in una logica sempre più pull (ossia tirata dal
cliente) anziché push (cioè “spinta” dall’impresa).
La strategia pull è indubbiamente più onerosa dell’altra ma
consente di “creare un’immagine di marca e una buona brand
equity […] e di inquadrare la strategia promozionale in una
prospettiva di lungo termine” (Gherardelli, 2006, p. 143).
Le imprese devono ristrutturarsi per raggiungere quella
flessibilità desiderata dal mercato, sostituendo le vecchie
organizzazioni piramidali, monolitiche, con strutture
decentralizzate, nell’ambito delle quali i percorsi siano più
brevi e fluidi. I consumatori sono molto più sofisticati di
quanto non lo fossero venti o trenta anni fa: non si
accontentano più di ricevere i prodotti, ma vogliono sentirsi
speciali. Essi desiderano soluzione “personalizzate”, in assenza
delle quali sono pronti a rivolgersi altrove (Morelli, 2003).
Un nuovo modo di concepire la produzione dei beni basato su
questo principio, senza rinunciare all'efficienza, all'efficacia e
al contenimento dei costi, riguarda l’affermarsi della
personalizzazione di massa. La flessibilità tecnico-produttiva,
la sistematica rilevazione dei bisogni della domanda e
un’accurata segmentazione della clientela consentono
all’azienda di fornire numerose varianti di prodotto a prezzi
convenienti.
La personalizzazione di massa mira a conciliare le esigenze
specifiche del singolo con quella di riuscire a soddisfare tali
bisogni per un numero consistente di destinatari attraverso
Internet, che può ristabilire l’anello di comunicazione
mancante tra produttore e consumatore.
È possibile, inoltre, attraverso il suo utilizzo combinato con
specifici strumenti statistici di modellazione e correlazione,
ottenere una maggiore quantità di dati, individuali e aggiornati,
che vengono rielaborati in informazioni sulle quali costruire il
profilo dei vari consumatori , trattati come singoli.