le loro speranze. come cambia la loro vita dopo il
contatto con il circuito penale. Avrei potuto esami-
nare il rapporto tra adolescenti e strutture penali
al momento attuale, ma mi sentivo troppo coinvolta ed
influenzabile da quella che è la prassi operativa. Ho
deciso, allora, di rivolgermi al passato, ad un pas-
sato abbastanza recente, che in quanto passato può
essere affrontato con maggior distacco, ma non essen-
do troppo lontano nel tempo conserva ancora elementi
di contatto con la realtà attuale. La scelta di que-
sto ambito temporale è stata determinata dal tipo di
istituzione penale che ho esaminato, cioè l'Istituto
di Osservazione, creato dalla Legge n° 1404 del 1934
successivamente modificata dalla Legge n° 888 del
1956 e abrogato dal DPR n° 616 del 1977, istituto che
a Firenze fu attivo dal 1955 al 1977.
La decisione di studiare questa struttura penale
è stata determinata dalla specificità delle funzioni
che le erano state attribuite
1
cioè quelle di indaga-
re il comportamento «dei minori degli anni 18 abban-
donati, fermati per motivi di sicurezza, in stato di
detenzione preventiva o, comunque, in attesa di un
provvedimento dell'autorità giudiziaria.»
2
al fine di
assicurare loro un trattamento idoneo per un adeguato
reinserimento sociale. Tali funzioni, prettamente
diagnostiche, presupponevano l'esistenza di un ricco
materiale conoscitivo sulla realtà dei ragazzi che vi
erano inseriti, depositato in voluminosi fascicoli
personali. Questo ha permesso di disporre di molte
informazioni che attraverso un'elaborazione statisti-
ca
3
hanno reso possibile la descrizione dei minori
inseriti nella struttura e del loro rapporto con l'i-
stituzione penale. I compiti attribuiti dalla legge
all'IO, mettono in luce i contrasti che hanno carat-
1
Il primo capitolo di questo lavoro contiene una breve ricostruzione storica
della Giustizia Minorile in Italia, all'interno della quale è possibile in-
quadrare le motivazioni e le funzioni per cui fu istituito l'Istituto di Os-
servazione.
2
Art. 8 della Legge 1404 del 1934.
3
Illustrata nel II capitolo.
terizzato, fin dalla sua origine, il sistema penale
minorile, ad esempio la compenetrazione fra funzione
di controllo e di aiuto, il reale effetto stigmatiz-
zante di una struttura nata per contribuire al rein-
serimento.
Lo scopo che mi sono prefissa, nel fare questo
lavoro, è stato di dare un volto ai giovani che hanno
vissuto l'esperienza dell'IOM, agli operatori che se
ne sono occupati, tramite la ricostruzione delle loro
storie, in modo da arricchire le ipotesi interpreta-
tive con volti, dati reali che ci facciano recuperare
emozioni con cui stemperare quel distacco troppo
spesso considerato elemento essenziale per studiare
fenomeni sociali.
Le strutture della Giustizia minorile sono nate
per fronteggiare i problemi di devianza dei giovani,
esaminando i fascicoli personali dei ragazzi, che so-
no passati dall'IOM di Firenze, è emerso chiaramente
l'esiguità delle storie riconducibili a criminalità
organizzata e ad una reale pericolosità sociale ri-
spetto all'alto numero di giovani con difficoltà di
socializzazione, o con vicende di povertà e con pro-
blemi familiari.
Mi sono chiesta perciò che cosa realmente diffe-
renziasse i ragazzi che il Tribunale per i Minorenni
decideva di inviare in una struttura penale, quale
l'IOM, da quelli che invece inseriva in un collegio,
in un qualsiasi istituto assistenziale. Questo inter-
rogativo ne ha suscitato conseguentemente un altro e
cioè se l'IOM, ed in genere le istituzioni penali
previste per i minorenni, svolgano realmente, insieme
con un ruolo di controllo, funzioni di recupero so-
ciale.
CAPITOLO I
I. COLLOCAZIONE STORICO ISTITUZIONALE DELL'IOM
I.1. Nascita e sviluppo dell'istituzione e delle leg-
gi speciali per i minorenni
La definizione dell'IOM (Istituto Osservazione
Maschile) si ha nell'art. 8 della Legge istitutiva
del Tribunale per i minorenni (RDL 20 luglio 1934 n°
1404): «Gli istituti di osservazione sono destinati
ad accogliere ed ospitare in padiglioni o sezioni,
distinti opportunamente, i minori degli anni 18 ab-
bandonati, fermati per motivi di sicurezza, in stato
di detenzione preventiva o, comunque, in attesa di un
provvedimento dell'autorità giudiziaria».
L'analisi storica di tale istituzione ci per-
mette, individuando i motivi che ne hanno determinato
la nascita, di comprendere più a fondo il significato
dell'istituzione durante tutta la sua esistenza.
Un adeguato approfondimento storico potrebbe co-
stituire da solo argomento di una tesi, ma poiché lo
scopo principale di questo lavoro è un'indagine sugli
ospiti dell'Istituto di osservazione, mi limiterò a
fornire un breve excursus storico corredato dalle re-
lative indicazioni bibliografiche.
Le istituzioni minorili, come sono ai nostri
giorni, fanno la loro apparizione con l'industrializ-
zazione ed il capitalismo per fronteggiare e control-
lare i problemi sociali da questo determinati, l'ur-
banesimo ad esempio, aveva fatto esplodere il proble-
ma sociale dei minori abbandonati dalla famiglia.
L'intervento nei confronti di questi bambini e adole-
scenti abbandonati, in Italia, si è basato prevalen-
temente su iniziative confessionali e caritatevoli. A
tal proposito abbiamo notizia nel 1650, a Firenze,
dell'istituzione della «Pia Casa per il rifugio dei
poveri fanciulli», che ospitava giovani poveri, vaga-
bondi e bambini agiati ma con tendenze al «vizio» e a
disobbedire; qui l'intento filantropico si saldava
con quello correzionale e punitivo
1
. Come questo tro-
viamo numerosi esempi nei vari Stati regionali che
occupavano l'attuale territorio italiano prima del-
l'unità.
A partire dall'unità d'Italia ci troviamo di
fronte, dal Codice Penale del 1859 a quello Za-
nardelli del 1889, a tentativi di unificare e si-
stematizzare la materia. Tali tentativi dal punto di
vista giuridico e criminologico iniziano, nella se-
conda metà dell'Ottocento, a risentire dell'influenza
delle scuole positivistiche, mentre dal punto di vi-
sta culturale, sociale e pedagogico rimangono ancora-
1
G. De Leo, La Giustizia dei minori, Torino, Einaudi, 1981.
ti alla precedente ideologia di fondo, che giustifi-
cava l'atteggiamento punitivo nei confronti dei gio-
vani devianti con interventi caritatevoli ed educati-
vi. Ad esempio, nel Codice Civile del 1865 è suffi-
ciente la sola richiesta verbale dei genitori per ri-
coverare nelle Case di Correzione i minori «travia-
ti». D'altra parte le famiglie, appartenenti agli
strati più deboli della società, a causa delle diffi-
cili situazioni socio-economiche dovute alla prima
industrializzazione (migrazioni, urbanesimo), non a-
vevano altra scelta che delegare l'assistenza dei lo-
ro figli alle istituzioni, anche denunciandoli come
devianti
2
.
Alla fine dell'Ottocento, dal punto di vista
criminologico la giustizia minorile, per come si era
caratterizzata fino ad allora, costituiva il terreno
ideale per l'applicazione delle nuove tendenze soste-
2
Ibidem.
nute dal positivismo. Questa scuola di pensiero con-
siderava il comportamento umano determinato da fatto-
ri bio-sociali, che escludevano la piena responsabi-
lità e conseguentemente il concetto di pena collegata
e proporzionata al reato, asse portante della conce-
zione classica del diritto. Pertanto la scuola posi-
tivistica sostituì al concetto di imputabilità quello
di diagnosi, basata sullo studio scientifico della
personalità del deviante e al concetto di correzione
quello di misure di rimedio. E’ stata questa conce-
zione criminologica a introdurre il concetto, estre-
mamente flessibile, di pericolosità sociale, che au-
torizza a detenere, isolare categorie di persone ri-
tenute non responsabili dei propri atti. Sono esem-
plari di questo gli artt. 53, 54, 55 del Codice Za-
nardelli, che non individuano criteri certi e genera-
lizzati per stabilire l'imputabilità del minorenne,
ma è la diagnosi medica che decide se il ragazzo ha
capacità o meno di «discernimento». Nel caso non sia
individuata una sufficiente capacità di discernimen-
to, al minore non viene comminata la pena, ma egli
può essere sottoposto a due tipi di misure: ricovero
«in un istituto di osservazione e di recorrezione»
oppure l'obbligo «ai genitori [...] di vigilare sulla
condotta di lui sotto pena, in caso di inosservanza,
e dove il minore commetta un delitto qualsiasi, di
una ammenda fino a lire duemila». Questo porta ad in-
crementare la creazione di strutture per il controllo
dei minori. Nelle Norme di Pubblica Sicurezza del
1889, gli artt. 114, 116 sanciscono l'istituzionaliz-
zazione dei minorenni per il solo fatto di essere
privi di famiglia, vagabondi, ecc., senza alcun col-
legamento alla commissione di reati. Come rileva De
Leo, agli inizi del Novecento, il moltiplicarsi di
istituzioni per il controllo dei giovani coincide con
l'aumento dell'allarme sociale rispetto al problema
della delinquenza giovanile. I fenomeni legati ai mi-
nori emarginati vengono tradotti in termini di delin-
quenza, sia sotto il profilo concettuale che istitu-
zionale
3
.
E’ proprio l'istituzionalizzazione dei minori,
che era nata dalla preoccupazione dello Stato per i
giovani abbandonati, a fare emergere l'allarme so-
ciale per la delinquenza minorile. Come afferma G. De
Leo nel suo libro La giustizia dei minori, già cita-
to, il reale aumento del fenomeno della delinquenza
minorile, che si verificò alla fine dell'Ottocento,
inizio Novecento, in parte fu determinato dalle ri-
sposte istituzionali che erano state individuate per
affrontarlo.
Portavoce di questa preoccupazione per l'incre-
mento della delinquenza minorile si fece il senatore
Quarta, con la relazione tenuta per l'apertura del-
l'anno giudiziario del 1908, che si può considerare
il momento d'inizio di quella fase di riforme nel
3
Ibidem.
settore minorile, che porterà alla Legge del 1934 di
istituzione del Tribunale per i minorenni.
Tale movimento d'idee trovò espressione, a li-
vello istituzionale, nello stesso anno, nella circo-
lare del ministro Orlando e nel 1912 nel documento
della Commissione presieduta dal Senatore Quarta, no-
minata dal Parlamento con l'incarico di elaborare,
sulla base dello studio delle cause della delinquenza
minorile, un Codice per i minorenni.
Ambedue questi elaborati proponevano una con-
cezione plurifattoriale della devianza, attribuita a
cause sociali, economiche, familiari, ecc. Si po-
nevano prevalentemente intenti preventivi e non san-
zionatori o di correzione e inoltre, evidenziando
l’inadeguatezza delle istituzioni che si dovevano oc-
cupare dello sviluppo dei giovani, proponevano di
riunire in un unico Codice tutta la legislazione che
li riguardava (sanitaria, assistenziale, del lavoro,
civile, ecc.).
Dal punto di vista legislativo, proponevano un
sistema penale per i minori al di sotto dei 16 anni;
nel quale non si prestava attenzione alle garanzie di
difesa del minore, in quanto veniva sancito, in primo
luogo, il suo bisogno di essere corretto ed aiutato
4
.
Tali elaborati rappresentano le basi concettuali
ed ideologiche della Legge Minorile del 1934. Inol-
tre, già nel nuovo Codice di Procedura Penale, trova-
no applicazione alcune indicazioni enunciate dalla
Commissione Quarta (dibattimento a porte chiuse, il
ricovero in riformatorio o in un istituto di assi-
stenza per evitare la carcerazione). Ad esclusione di
questo, i lavori della Commissione Quarta non ebbero
ulteriori immediate conseguenze concrete dal punto di
vista legislativo a causa della entrata in guerra ed
anche della resistenza dei cattolici, che nel ricono-
scimento del ruolo dello Stato nella educazione dei
4
Per una conoscenza più approfondita di questi documenti vedi G. Baviera, Il
diritto minorile, Milano, Giuffre', 1976.
giovani, intravedevano un pericolo per l'esistenza
delle loro istituzioni.
Finita la prima guerra mondiale, il movimento di
riforma della legislazione per i minorenni riprese
con maggior vigore. Nel 1921, fu istituita una Com-
missione parlamentare per la revisione del Codice Pe-
nale italiano, dove il problema della criminalità mi-
norile trova grande spazio. La presiedeva Enrico Fer-
ri, importante esponente, insieme a Lombroso, del po-
sitivismo italiano, di idee socialiste, sostenitore
delle cause sociali della criminalità.
Questa analisi del fenomeno non si discosta mol-
to da quella enunciata dalla Commissione capeggiata
dal senatore Quarta, variano invece i rimedi previ-
sti, quelli di ordine preventivo che si riferiscono
all'adeguatezza dell'ambiente sociale per una corret-
ta crescita dei giovani, e quelli legali, che devono
essere tarati sulla personalità del delinquente. Ne
consegue una determinante attenzione per la classifi-