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1.1 STRUTTURA CHIMICA E BIOSINTESI
DELL’EPARINA
L'eparina è un glicosaminoglicano (GAG) altamente solfatato
dotato di diverse attività biologiche. La struttura dell’eparina consiste di
un’alternanza di unità disaccaridiche, composte da residui di acidi
exuronici (acido D-glucuronico o L-iduronico) e di D-glucosamina,
legate tra loro da legami glicosidici 1→4. I polimeri sono altamente
solfatati; l’acido uronico ha il gruppo solfato sull’atomo di carbonio in
posizione 2 (C-2), mentre la D-glucosamina è N-acetilata o N-solfatata,
e può essere ulteriormente solfatata in C-6 o C-2.
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Figura 1. Struttura molecolare dell’eparina
La diversa disposizione dei gruppi solfato può portare teoricamente
a 32 diverse unità disaccaridiche che possono essere disposte in diverso
ordine, dando così luogo ad una notevole eterogeneità strutturale.
Inoltre, grazie a metodiche di spettroscopia NMR e di diffrazione a raggi
X è stato possibile ricavare delle indicazioni circa la forma degli
eparinoidi. L’eparina forma un’elica con periodicità variabile, compresa
tra 0.82 e 0.87 nm; l’elica sarebbe stabilizzata da legami ad idrogeno tra
l’atomo di ossigeno posto nell’anello dell’acido uronico ed il gruppo
idrossilico sul C-3 della glucosamina adiacente. L’eterogeneità
strutturale è determinata dal meccanismo regolatore della biosintesi. La
maggior parte degli studi sulla sintesi di eparina sono stati condotti
incubando preparazioni microsomiali provenienti da cellule mastocitarie
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con precursori dell’eparina marcati radioattivamente: il donatore di
solfato, 3’-fosfoadenosin-5’fosfosolfato (PAPS) e i donatori di zuccheri,
UDPGLcA e UDPGLcNAc. Questi estratti cellulari catalizzano la sintesi
di una molecola eparinica quando tutti i precursori sono presenti (1).
L’eparina nasce come un proteoglicano, composto da un nucleo
proteico ricco di sequenze in cui si alternano residui di serina e di
glicina, e da lunghe catene glucosaminoglicaniche legate
covalentemente al core. I proteoglicani dell’eparina (peso molecolare da
750.000 a 1.000.000 Dalton) sono stati isolati dalla pelle di ratto, dai
mastociti peritoneali di ratto e da mastocitoma di topo. In genere il
contenuto in eparina dei vari organi correla con il numero di mastcellule
in essi presente.
Nelle mastcellule la biosintesi dell’eparina avviene per aggiunte
successive di unità monosaccaridiche dai corrispondenti UDP-zuccheri
ai terminali non riducenti delle catene in via di formazione, legate al
nucleo proteico. Lo scheletro di base viene sintetizzato a partire da un
trisaccaride costituito da Xilosio-Galattosio-Galattosio. Questo
trisaccaride è legato ad un gruppo idrossilico del residuo serinico del
nucleo proteico, il quale, a biosintesi conclusa, costituirà il proteoglicano
dell’eparina. L’iniziale prodotto di polimerizzazione contiene una
sequenza alternata di unità di acido glucuronico e di N-acetil
glucosamina. Successivamente questa struttura non solfatata viene
coinvolta in una serie di reazioni di modificazioni del polimero che si
succedono in una rapida ed ordinata sequenza, conducendo alla
formazione di un numero distinto di specie intermedie. Queste reazioni,
rappresentate schematicamente in fig. 2, includono in sequenza: la
deacetilazione dei residui di N-acetilglucosamina, la solfatazione dei
risultanti aminogruppi liberi, la conversione delle unità di acido D-
glucuronico in unità di acido L-iduronico per azione dellaC-5-
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epimerasi, una O- solfatazione sull’atomo in posizione 2 dei residui di
acido iduronico, e, finalmente la O-solfatazione in posizione 3 e 6 delle
unità di glucosamina. (2)
Figura 2. Biosintesi eparina
Ciascuna reazione coinvolge solo una frazione delle totali unità
disaccaridiche, di modo che la modificazione del polimero risulta
incompleta ed eterogenea. Inoltre, nelle mastcellule, le catene di eparina
nascenti sono spezzate da una endo-β-glucuronidasi in frammenti più
piccoli che vengono immagazzinati insieme con proteasi neutre ed
amine vasoattive nei granuli secretori delle mastcellule. Anche la
lunghezza delle catene polisaccaridiche liberate dall’azione della endo-
β-glucuronidasi mastocitaria risulta eterogenea. Quindi l’eparina
estrattiva, usata come farmaco in clinica, è una miscela di catene diverse,
eterogenee sia per peso molecolare, sia per grado di solfatazione. Il peso
molecolare può variare da 6.000 a 30.000 dalton; tuttavia il peso
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molecolare medio delle miscele di eparina convenzionali è intorno a
15.000 Dalton.
L’eparina espleta le sue funzioni interagendo elettrostaticamente
con svariate proteine, il cui comportamento cambia proprio in
conseguenza di tali associazioni.
L'eparina endogena (3) è presente non solo, come è ben noto, nei
granuli secretori dei mastociti, da cui viene rilasciata da stimoli di natura
infiammatoria, ma anche nel plasma umano, dove circola in stretta
associazione con peptidi basici, con i quali forma complessi proteolisi
resistenti (4,5). Tali complessi possono risultare acidi, basici, o neutri a
seconda del rapporto eparina peptidi. L'eparina e le proteine sono lunghe
molecole, ma la loro interazione è rivolta a domini ristretti, la cui
struttura è stata definita in pochi casi. Dai dati disponibili in letteratura
sembra plausibile ritenere che l'assemblaggio sopramolecolare
dell'eparina plasmatica endogena con proteine o con fosfolipidi abbia la
funzione di regolarne l'attività biologica e rendendo, allo stesso tempo,
difficoltose la sua estrazione e la sua purificazione. Dato che
l'associazione dei peptidi con l'eparina permane anche dopo esaustiva
proteolisi del plasma, appare evidente che tale associazione è
estremamente stabile e potrebbe avere un ruolo fisiologico.(6)
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1.2 FUNZIONI FISIOLOGICHE E
PATOLOGICHE DELL’EPARINA
L’eparina è presente in molti organismi animali, sia vertebrati che
invertebrati, inclusi molluschi, anellidi, aracnidi, insetti ed anche animali
antichissimi come i celenterati (7,8,9). Ciò suggerisce che l’eparina
abbia un ruolo significativo di carattere generale nella fisiologia dei
tessuti animali. L’attività biologica si esplica attraverso il legame con
particolari proteine mediante interazioni elettrostatiche fra le cariche
negative dell’eparina (portate sia dai gruppi carbossilici, sia dai gruppi
solfato) e i residui basici (arginina, lisina) (10) delle proteine a livello di
ristretti domini. Oltre a svolgere diversi ruoli in ambito fisiologico
(principalmente nell’ambito della regolazione dell’emostasi e
nell’interazione con fattori di trascrizione), l’eparina e’ anche coinvolta
in processi patologici, tra i quali risulta di particolare rilevanza
l’aterogenesi.
1.2.1 Eparina ed emostasi
La coagulazione del sangue si verifica quando si ha un danno
vascolare.
Il fenomeno dell’emostasi è molto complesso e coinvolge un gran
numero di enzimi, cofattori, ioni calcio e fosfolipidi; si realizza
attraverso una cascata di reazioni, nelle quali una serie di proenzimi
sono convertiti in serino-proteasi attive.
L’eparina è un importante effettore del sistema emostatico.
Come evidenziato in figura 3, la coagulazione può svolgersi
attraverso due vie distinte, la via intrinseca e la via estrinseca.
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Figura 3. La cascata della coagulazione
Il sistema intrinseco è mediato da componenti del plasma ed è un
processo relativamente lento rispetto al sistema estrinseco che è attivato
dal rilascio di un fattore tissutale, detto tromboplastina, dalle cellule del
tessuto danneggiato.
Le due vie, successivamente, convergono in un’unica via che
conduce alla formazione del fattore Xa (X attivato), che si assembla con
il fattore Va (V attivato) sulla superficie delle piastrine, convertendo la
protrombina (fattore II) in trombina (IIa). Quest’ultima agisce sul
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fibrinogeno portando alla formazione di fibrina solubile, che una volta
stabilizzata dal fattore XIII, forma, con le piastrine aggregate, il tappo
emostatico.(11)
L’eparina esplica la sua funzione anticoagulante tramite interazione
elettrostatica con l’antitrombina III (ATIII) (12,13) a livello dei residui
di lisina 114 e 125 ed una specifica sequenza pentasaccaridica
dell’eparina.
Figura 4. Formula di struttura del pentasaccaride
L’ATIII è in grado di inibire diverse serino-proteasi coinvolte nel
processo coagulativo, come i fattori IXa, Xa, XIa, XIIa, comportandosi
da substrato “suicida”, in quanto interagisce con i siti attivi delle proteasi
e viene da queste tagliata.
L’ATIII agisce anche da sola, ma una concentrazione ottimale di
eparina aumenta da 1.000 a 10.000 volte la velocità della reazione.
Il ruolo dell’eparina è quello di servire da stampo, sul quale si
legano sia l’antitrombina che le proteasi. Questo legame determina una
modificazione conformazionale dell’ATIII rendendo il sito reattivo più
accessibile alle proteasi. Una volta che si è avuta la formazione del
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trimero, eparina-ATIII-trombina, l’eparina si stacca ed è disponibile per
catalizzare una nuova reazione.
Figura 5: Modello interazione dell’eparina con l’antitrombina III, il fattore Xa la
trombina.
1.2.2 L’eparina ed il processo di aterosclerosi
L'aterosclerosi è un processo patologico, gradualmente progressivo,
a carico delle arterie che porta alla progressiva occlusione del lume del
vaso.
Questa patologia è caratterizzata dall'ispessimento dell'intima
associato alla presenza di tipiche alterazioni dette ateromi.
Sia la formazione che l'ulteriore evoluzione dell'ateroma avvengono
lentamente e si svolgono attraverso tappe successive:
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Figura 6: Aspetto macroscopico dell’aterosclerosi aortica: A) lieve B) severa
inizialmente si verifica la formazione di strie lipidiche costituite da
macrofagi che hanno fagocitato LDL (cosiddette cellule schiumose).
L'intima, in corrispondenza delle strie lipidiche si ispessisce
progressivamente per la proliferazione di cellule muscolari lisce e per
deposizione di fibrina fino a dar luogo alla formazione di placche
fibrose. Le strie lipidiche non sporgono nel lume in maniera significativa
e di conseguenza non determinano di per sé ostacoli al flusso sanguigno.
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Figura 7. Aorta di un paziente con strie lipidiche (frecce)
Durante l’evoluzione patologica le placche fibrose divengono
una struttura rilevata in corrispondenza del lume arterioso e risultano
formate da ammassi di fibrocellule muscolari lisce proliferanti e di
macrofagi con citoplasma turgido di materiale fagocitato (LDL).
L'ateroma rappresenta l’ulteriore evoluzione della placca fibrosa e si
distingue da questa per la presenza di aree di necrosi. Esse sono causate
dal diminuito apporto di ossigeno e di sostanze nutritive alle cellule
dell'ateroma che negli stadi finali della malattia può andare incontro a
calcificazione.
Figura 8: Sezione istologica di una placca aterosclerotica:
L (lume) F (cappa fibrosa) C (nucleo lipidico)