7
standardizzazione riducono drasticamente la possibilità di assolvere tale
funzione.
In ambito accademico è sorto un dibattito sul rapporto tra le ‘strategie
della qualità’ e la ‘ricerca valutativa’, fondata sulla metodologia delle scienze
sociali. È a tal proposito che sono stati messi in luce i limiti metodologici e
conoscitivi delle prime, soprattutto quando l’oggetto della valutazione sono i
servizi. In questo caso, infatti, il processo valutativo è molto complesso a causa
della immaterialità che li connota, e la forte componente relazionale.
Su tale settore, quindi, abbiamo concentrato la nostra attenzione,
analizzando i problemi metodologici relativi alle indagini di customer
satisfaction, il primo passo che sempre più amministrazione italiane fanno verso
il perseguimento della Qualità Totale. I principali problemi sottolineati dagli
studiosi concernono la fedeltà dei dati raccolti con i questionari strutturati, gli
strumenti più frequentemente usati per rilevare la soddisfazione dei beneficiari
di un servizio. Ma è di nostro interesse riflettere anche sui limiti della
partecipazione dei cittadini/utenti al processo valutativo, secondo le modalità
offerte da queste indagini.
Abbiamo articolato la nostra analisi confrontando, dapprima, i
questionari usati dalle amministrazioni comunali per rilevare la soddisfazione
degli utenti dei servizi di sportello offerti. Considerandone struttura e
contenuto, chi scrive ha somministrato un questionario simile, ma arricchito da
domande di approfondimento, agli utenti dell’Ufficio Anagrafe del Comune di
Velletri, registrando le reazioni suscitate dal questionario con annessi problemi
di in – fedeltà dei dati raccolti.
8
Capitolo 1.
Le strategie1 della qualità nel settore pubblico
1.1. La Pubblica Amministrazione verso una cultura orientata al
servizio e alla qualità
Negli ultimi anni, grazie ad interventi legislativi e ad iniziative di
operatori particolarmente motivati, si è osservato un mutamento, o meglio, una
propensione al cambiamento all’interno della Pubblica Amministrazione [d’ora
in poi P.A.]. Nonostante vi siano ancora sacche di resistenza, si sta verificando
quella che De Rita definisce “la trasformazione dallo Stato soggetto allo Stato
funzione” (1999, 7). Come osserva il ricercatore, si modifica la stessa idea di Stato
che da realtà autoreferenziale, “ontologicamente legittimata e attenta
soprattutto alla dimensione del potere legislativo e regolamentativo”, diventa
Istituzione che si legittima perché riesce a fornire ai cittadini servizi efficaci2
(1999, 7-9). L’attenzione si sposta dalle Istituzioni al cittadino che da
amministrato diviene amministratore; è lui “il fondatore e l’azionista principale
dell’amministrazione, colui che in ultima analisi decide l’istituzione e la
legittimazione di un ente pubblico, che gli attribuisce delle finalità e delle
eventuali proprietà di servizio pubblico” (Tanese et al., 2003, 15).
1Nel marketing, il termine ‘strategia’ definisce “una modalità di relazione, a livello di azienda, tra
l’azienda stessa ed il suo ambiente di riferimento” (Margheri, 2002, 42). Considerando il caso del settore
pubblico, per “azienda” si intende una qualsiasi amministrazione pubblica – azienda erogatrice di servizi
(ad es. un comune), e per “ambiente di riferimento” si intendono le normative vigenti, il territorio e tutti
gli altri soggetti con cui un ente interagisce (ad es., altri enti pubblici, il personale interno, i cittadini).
2Un servizio, risultato di un’azione pubblica, può dirsi efficace quando risponde alle aspettative degli
utenti/cittadini. Nell’ambito di una P.A. rinnovata, assieme al criterio di efficacia va però applicato quello
di efficienza, secondo il quale per ottenere dei risultati efficaci bisogna anche saper utilizzare al meglio i
mezzi a disposizione.
Nonostante i due concetti siano fortemente collegati, De Rita (1999, 7 - 9), distinguendo lo Stato funzione
dallo Stato soggetto, sembra puntare l’attenzione soprattutto su quello di efficacia, presumibilmente
perché in questo emerge con più forza l’importanza del ruolo del cittadino. E’ solo grazie alle esigenze ed
aspettative di quest’ultimo che esistono istituzioni atte a soddisfarle.
Per la rilevanza del concetto di efficienza, nel quadro del rinnovamento gestionale della P.A. si veda più
avanti in questo stesso paragrafo.
9
Si propone quindi una vera e propria “rivoluzione culturale” (Fabris e
Rolando, 1999, 26) che tenta di modificare i rapporti tra amministrazioni e
cittadini. La Faccioli parla di una amministrazione orientata al servizio, ovvero
di “un’amministrazione che incentra la sua attività sulla realizzazione
dell’utilità pubblica ed è in grado di coniugare attività tese all’autopromozione
con attività di informazione e di ascolto dei cittadini” (2000, 131).
Anche il settore pubblico sembra quindi adottare una filosofia gestionale
marketing oriented incentrata sulla soddisfazione dei bisogni dei propri
clienti/cittadini (Peter e Donnelly, 1999, 3), tipica delle imprese private operanti
in regime di concorrenza. Di fatto, anche quando si parla di P.A. si può
affermare che questa operi “oggettivamente in concorrenza” (Fabris e Rolando,
1999, 13), almeno in quei settori (vedi le telecomunicazioni e i trasporti aerei)
progressivamente liberalizzati e privatizzati per rendere conforme la disciplina
nazionale alla disciplina europea in materia di libero mercato.
Al di là, comunque, della restrizione degli spazi d’azione monopolistici
della P.A., tutte le attività pubbliche3 sono chiamate a conferire centralità al
cittadino. Vediamo il perché attingendo al Documento “Customer satisfaction nei
comuni capoluogo” frutto dell’indagine sugli Urp realizzata dal Cnel con il
Ministero degli Affari regionali nel 1999.
Se per un verso la privatizzazione di molte funzioni e servizi è stata
sollecitata dal processo di integrazione europea, per altri versi è nata dalla
necessità di risanare il debito pubblico, problema divenuto improrogabile già
dalla fine degli anni ‘80. Per continuare a rispondere alla crescente domanda di
servizi pubblici, a causa della crisi finanziaria è stato necessario, da una parte,
puntare ad operare in termini di efficienza cercando quindi di ottimizzare le
risorse in possesso; dall’altra, inasprire il prelievo fiscale sulla popolazione per
accrescere le entrate. Pertanto, anche per ottenere una maggiore collaborazione
da parte dei cittadini, si è dovuto riconoscere loro centralità e attenzione. E’ così
che dal 1990 in poi, circa, tutta una serie di interventi legislativi ha tentato di
3
Pubbliche in quanto operanti a favore della collettività, indipendentemente da chi ne detiene la proprietà.
10
“sburocratizzare” la Pubblica Amministrazione, per renderla più efficace ed
efficiente, e di instaurare un nuovo rapporto fiduciario con i cittadini basato
sulla trasparenza, la partecipazione e l’ascolto. Nell’ambito delle
amministrazioni comunali, in particolare, la promulgazione della legge n. 81 del
1993, con l’introduzione dell’elezione diretta dei sindaci, ha contribuito
ulteriormente ad affermare il potere legittimante dei cittadini, obbligando
l’esecutivo locale a porre sempre più attenzione alle loro esigenze.
Le leggi, però, non sono l’unico strumento per realizzare il cambiamento.
L’avvicinamento alla filosofia gestionale marketing oriented, mutuata dal settore
privato, comporta l’acquisizione di strategie e strumenti funzionali al
perseguimento della ‘qualità’, altro concetto chiave del rinnovamento.
L’orientamento alla qualità è un modo per mettere in pratica a livello di
gestione aziendale l’attenzione verso le esigenze del cliente (cittadino/utente
nel caso della P.A.)4. Il principio su cui si basa è il miglioramento.
Un’organizzazione orientata alla qualità è quella che opera cercando di
migliorare le sue prestazioni attraverso l’innovazione, il confronto con la
concorrenza, il monitoraggio, la valutazione, la correzione continua5; è
un’organizzazione che riesce a mettere in pratica l’obiettivo, o la mission, come
nel caso della P.A., di soddisfare il proprio cliente.
Nei paragrafi successivi tratteremo distintamente le diverse possibilità tra
le quali un’amministrazione può scegliere per intraprendere il proprio
cammino verso la qualità. Un cammino che può avvalersi di un prestigioso
4
Parlando della strategia della Qualità Totale nella P.A. (cfr. par. 1.2), Negro e Susio sottolineano che
tale orientamento gestionale, oltre a recuperare il rapporto con il cittadino e a ridurre i costi della ‘non
qualità’, motiva “i lavoratori degli enti attraverso la risposta puntuale ai loro bisogni e alle loro attese (il
cliente interno), la partecipazione, il coinvolgimento, la valorizzazione delle grandi potenzialità esistenti”
(1998, 30 – 31).
In questa sede, però, non tratteremo la rilevazione della soddisfazione del ‘cliente interno’
all’amministrazione, la cosiddetta indagine people satisfaction (Tonetto e Volterrani, 1999, 119), pur
ritenendola un momento importante nella strategia gestionale di un ente.
5
Conti sostiene che in un ciclo di miglioramento continuo “non si può migliorare ciò che non si può
misurare” (1999, 81). Naturalmente, come spesso succede nelle scienze umane, il termine ‘misurare’ è
inteso in senso lato e profondamente impreciso. E’ usato al posto del più modesto ma certamente
gnoseologicamente più adeguato ‘rilevare’. Si può infatti misurare solo una proprietà che varia per
incrementi infinitesimali e per cui si dispone di una unità di misura (Marradi, 1984; vedi anche Pavsic e
Pitrone, 2003). Nel nostro caso, vedremo che i casi di “misurazione” sono poco frequenti. Non per questo
i tentativi di analisi sono meno onorevoli.
11
riconoscimento esterno, nel caso di premi o certificazioni, o che si limita ad
essere dichiarato dall’amministrazione stessa, impegnata in una gestione
orientata alla Qualità Totale (Tqm).
1.2. La Qualità Totale: i modelli organizzativi per l’eccellenza
Quando si parla di gestione basata sulla Qualità Totale si intende dire che
“la qualità informa la gestione manageriale ed operativa di tutta l’azienda […] i
suoi principi e la sua cultura sono interiorizzati da tutti coloro che operano
nell’azienda stessa, nella logica della soddisfazione dei bisogni del cliente e del
miglioramento continuo” (Margheri, 2002, 127).
Un’azienda che scelga una gestione improntata alla Qualità Totale si
assume un impegno gravoso e di lunga durata, perché non è affatto facile
adottare una nuova filosofia, un nuovo modus operandi e renderne partecipe
tutta l’organizzazione. E’ anche vero, però, che vi sono diversi risvolti positivi:
“la strategia della qualità consente di ottenere risultati superiori sul piano del
servizio, dei costi, dei tempi e della produttività in maniera fortemente
innovativa e con il consenso delle persone coinvolte” (Negro e Susio, 1998, 31).
Abbiamo già osservato che un’organizzazione che intraprenda il percorso
della Qualità Totale non deve necessariamente avvalersi di riconoscimenti
esterni per attestare la qualità della sua gestione (quality management); questo è
un percorso che l’azienda può intraprendere autonomamente pur avvalendosi
di concetti, tecniche e strumenti messi a punto dal progetto che stabilisce i
Premi per la qualità6.
Per riassumere gli elementi cardine della strategia della Qualità Totale
ricorriamo alle sei sotto – strategie proposte da Negro e Susio e appositamente
formulate per la P.A. (1998, 41 – 71), che abbiamo distintamente etichettate
come il ‘presupposto’, il ‘fine’ e il ‘mezzo’ del Tqm.
Alla base di una gestione amministrativa incentrata sulla Qualità Totale
troviamo: “il cittadino/cliente come priorità assoluta”, che può essere inteso
6
Come si vedrà più avanti in questo stesso paragrafo, il Total Quality Management nasce nel contesto dei
Premi per la qualità.
12
come il fondamento di questa filosofia gestionale. In secondo luogo, vi è il fine
della P.A. “il cittadino soddisfatto” e, in conclusione, il mezzo per perseguire
tale scopo: “il miglioramento continuo7”, che interessa “il miglioramento dei
processi8”, “il coinvolgimento delle risorse umane” e “il miglioramento del
sistema di erogazione del servizio” (1998, 41).
Gli autori illustrano, inoltre, le fasi e gli strumenti che un’amministrazione
dovrebbe seguire e adottare per implementare il Tqm, e l’esempio concreto di
un’amministrazione che ‘ce l’ha fatta’: il Comune di Bologna, sul quale
torneremo più avanti.
La strategia della Qualità Totale sembra essere la più impegnativa, perché
comporta dei cambiamenti radicali nell’impostazione dell’intera
organizzazione, ma anche quella che premia di più nel lungo periodo, e la più
apprezzata in questo momento. Basti osservare come le recenti versioni delle
norme Iso adottino i principi cardine del Tqm quale, ad esempio, il
miglioramento continuo (Bogani, 2001, 201). Non solo, si può affermare anche
che la Qualità Totale è un approccio nel quale inquadrare tutti gli altri percorsi
della qualità - che illustreremo fra breve; questi altri percorsi infatti possono
7
Per attuare il miglioramento continuo si ricorre al ciclo Pdca (Plan, Do, Check, Act) applicabile ad una
particolare iniziativa o all’intera attività di un’organizzazione (Conti, 1999, 80). Tale ciclo prevede
quattro fasi: lo sviluppo dei piani (Plan), la loro esecuzione (Do), il controllo della conformità e
soprattutto dell’efficacia dei risultati (Check), rispetto alla quale si stabiliscono e mettono in atto gli
eventuali interventi correttivi (Act). Le ultime due fasi sono funzionali alla pianificazione degli interventi
futuri e quindi all’innesco del ciclo successivo. In questo modo si instaura il circolo virtuoso del
miglioramento continuo (Conti, 1999, 80 – 81).
Guardando alla P.A. si osserva che il legame tra la pianificazione e l’esecuzione non è molto forte, perché
in fase di pianificazione si sopravvalutano le capacità esecutive (ibid.). Solo recentemente si sta cercando
di porre la giusta attenzione alla fase di controllo, revisionando la disciplina dei controlli interni
(Margheri, 2002, 130) e promuovendo la pratica valutativa (cfr. par. successivi). Data la carenza che si
riscontra nelle prime fasi, è presso che scontato dire che l’ultima fase (Act) trova difficile realizzazione
(Conti, 1999; Margheri, 2002).
In conclusione, si può affermare che nella P.A. ancora non riesce ad innescarsi il meccanismo del
miglioramento continuo, nella maggior parte dei casi. Conti sostiene che è necessario puntare soprattutto
sulla fase del controllo, sulla “autodiagnosi” per far continuare, e concludere poi, il ciclo, ovvero per
realizzare un piano di miglioramento; ciò comunque sarà possibile solo se il settore pubblico accetterà la
sfida culturale e sarà in grado di collocare ‘il cittadino al centro’ (1999, 84).
8
“La qualità dell’organizzazione viene prima della qualità del prodotto – servizio; quest’ultima è il
risultato della qualità dei processi. Solo se i processi interni sono di qualità il prodotto – servizio erogato
sarà di qualità.” (Negro e Susio, 1998, 48).
L’attenzione sui processi non deve però far trascurare l’analisi dell’efficacia dei risultati. Questo è un
momento importante nella gestione aziendale, riportato in auge proprio dal Tqm (si veda il par. 1.2.1),
anche se con alcuni limiti (cfr. par. 1.3.1; 2.2.1).
13
essere metaforicamente intesi come sentieri alternativi che introducono
l’organizzazione al lungo cammino verso la Qualità Totale.
Prima di entrare nel vivo della presentazione di tali sentieri, ripercorriamo
le origini del Tqm.
Conti (1999) ricostruisce la storia dei modelli organizzativi per l’eccellenza
sottolineando come nel tempo si sia diffuso e diversificato il loro uso e la loro
funzione. Denominati a cavallo degli anni ottanta e novanta ‘Total Quality
Management’ (Tqm), i modelli organizzativi per l’eccellenza nascono come
modelli di valutazione9 finalizzati ai premi nazionali per la qualità. I precursori
sono i giapponesi con il Premio Deming risalente al lontano 1951; per trovare
un modello più vicino a noi nel tempo e nello spazio dobbiamo arrivare al 1992,
anno d’introduzione del modello per l’eccellenza EFQM, finalizzato alla
concessione del Premio Europeo per la Qualità (Conti, 1999, 70 e sg.). Dato lo
sviluppo recente del settore terziario ed il cronico ritardo del settore pubblico, è
inutile dire che tali modelli e premi10 sono nati per essere applicati nell’ambito
manifatturiero, e solo in un secondo tempo sono stati adottati dal settore dei
servizi, privati e pubblici (Leonardi e Negro, 2003, 55; Conti, 1999, 70 – 71).
Inizialmente, i premi vengono istituiti per stimolare la competitività e la
produttività, in termini qualitativi e quantitativi, tra le aziende di un sistema
economico. A partecipare, comunque, sono solo quelle poche aziende sicure di
sé e del proprio livello d’eccellenza, motivate dalla possibilità di ottenere il
riconoscimento esterno della buona qualità delle prestazioni, riconoscimento
che si prefigura già come un’ottima pubblicità.
In seguito, si è osservato che con la loro pubblicazione e diffusione, le
diverse procedure di valutazione11 hanno iniziato a svolgere una funzione
anche per le aziende non eccellenti, ma desiderose di diventarlo: al di fuori del
premio, le procedure vengono utilizzate all’interno delle imprese per
9
Più che di valutazione sarebbe più esatto parlare di procedure che appurino se gli standard stabiliti
esternamente all’azienda siano stati raggiunti o no.
Per una definizione di valutazione e un approfondimento dell’argomento rimandiamo al cap. 2.
10
Anche le certificazioni di qualità sono nate per il settore manifatturiero e sono poi state riadattate e
diffuse nel settore dei servizi privati prima, e pubblici poi. (Sulla certificazione si veda il par. 1.3).
11
Si veda infra, nota 9.
14
individuare i punti critici e per definire così nuovi obiettivi al fine di migliorare
le prestazioni aziendali. Conti parla di nascita dell’autovalutazione12, “una
valutazione condotta non ai fini di un premio, né di una certificazione, ma delle
esigenze dell’organizzazione stessa, in particolare, per conoscere il proprio
posizionamento sulla via dell’eccellenza e le proprie aree di debolezza relative”
(1999, 72).
Si viene così a creare una differenziazione nell’ambito dei diversi
programmi in base alla loro funzione d’uso: da una parte, se usati come
strumento di confronto per il conferimento di premi, devono essere applicati in
maniera standardizzata; dall’altra, se vengono utilizzati con approccio
“diagnostico” (ibid.), devono essere riadattati alla singola azienda per favorirne
il miglioramento delle prestazioni.
Nei seguenti paragrafi tratteremo: il disegno di valutazione per
l’eccellenza EFQM; il CAF, lo strumento di autovalutazione che favorisce il
benchmarking13 tra le amministrazioni pubbliche europee; le norme Iso 9000 sui
sistemi di gestione per la qualità.
In coda al capitolo aggiungeremo le specifiche iniziative nate in seno alla
P.A. italiana, che incentivano la diffusione dell’innovazione e del confronto.
1.2.1 La valutazione dell’eccellenza, e i riconoscimenti della EFQM
(European Foundation for Quality Management)14
Il protocollo di valutazione dell’EFQM è stato introdotto a partire dal 1992
per consentire l’assegnazione del Premio Europeo per la Qualità (European
Quality Award, EQA) alle imprese che avessero dimostrato di aver raggiunto il
massimo livello di eccellenza. L’applicazione di tale protocollo è comunque
diffusa ben oltre la cerchia dei candidati al Premio annuale; infatti, si presta ad
12
Per un approfondimento dell’argomento si rimanda al cap. 2.
13E’ l’attività svolta tra “due o più partecipanti che avviano sistematiche comparazioni dei processi e/o
dei risultati sviluppati all'interno delle rispettive organizzazioni al fine di apprendere dalle pratiche
migliori e implementarle nel modo più adatto alla propria organizzazione” (www.eipa.nl).
14
Tutte le informazioni sul modello EFQM sono state prese nell’aprile 2004 da www.efqm.org, sito
ufficiale della European Foundation for Quality Management (EFQM), organizzazione non profit su base
associativa fondata nel 1988 per iniziativa di quattordici fra le principali aziende europee con l’intento di
promuovere in Europa ”l’Eccellenza Sostenibile”.
15
essere usato da tutte quelle organizzazioni (la Fondazione ne annovera circa
20.000) che vogliono solo effettuare un’autovalutazione. Questa operazione, in
ogni caso, è un primo passo necessario anche per le organizzazioni che
volessero concorrere per il Premio, come si vedrà avanti.
Il successo dell’operato della EFQM, oltre ad essere dimostrato dalle
adesioni raccolte attorno allo EQA, dalla crescita del numero dei membri della
Fondazione (attualmente 800 circa), dalla diffusione dell’autovalutazione, è
dimostrato anche dall’utilizzo del modello per l’assegnazione di altri premi
nazionali e regionali (si veda ad es. il PQI, il Premo per la Qualità Italiano,
dedicato alle piccole e medie imprese).
Nel tempo, con il mutare del contesto aziendale, il protocollo è stato
aggiornato e ad esso si sono accompagnati altri prodotti della Fondazione
quale, ad esempio, la versione per il settore pubblico15, settore per il quale nel
1996 è stata inaugurata una categoria apposita nello EQA.
Vediamo ora le caratteristiche fondamentali dello schema: i concetti
dell’eccellenza e i criteri.
Otto sono i concetti alla base della filosofia del modello, e a tutti viene
attribuito pari valore: per concretizzare l’eccellenza, un’organizzazione deve
orientare i propri risultati affinché soddisfino tutti i suoi stakeholders16; deve
rivolgere l’attenzione al cliente, creando valore per lui e cercando di
fidelizzarlo; la dirigenza - la leadership - deve essere d’esempio per il personale
agendo sempre in coerenza con la missione aziendale; l’organizzazione deve
essere concepita come un sistema retto su processi interdipendenti e gestita
basando le decisioni sui fatti; il personale deve essere coinvolto, formato e
motivato per poter rendere al meglio. Nel sistema aziendale deve vigere la
logica del miglioramento continuo; l’organizzazione deve essere in grado di
mantenere buoni rapporti nel tempo con tutti i soggetti che collaborano con
essa, come i fornitori e i clienti; operando all’interno di una società, l’azienda
15
Per le differenze con il modello base si veda più avanti in questo stesso paragrafo.
16
Gli stakeholders sono tutti coloro che detengono un qualche interesse nei confronti di un’azienda. Vi
rientrano i proprietari di un’organizzazione, i dipendenti, i partners (fornitori e clienti, ad esempio), la
collettività (Conti, 1999, 74 – 75).