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CAPITOLO II. BUZZATI RACCONTA L’ACCADUTO SUL “CORRIERE
D’INFORMAZIONE” E SU “IL NUOVO CORRIERE DELLA SERA”
2.1 Introduzione.
Dopo aver esaminato il contesto storico in cui si trovava l’Italia ed aver
riassunto per sommi capi la vicenda oggetto di studio, si procederà ora ad analizzare
quanto scritto da Dino Buzzati sul “Corriere d’informazione” e su “Il Nuovo
Corriere della sera”. In primo luogo, ciò appare necessario per poter approfondire
maggiormente come un articolo di giornale possa divenire un prodotto letterario, ed
in secondo luogo si mira a porre in risalto come i pezzi di cronaca possano divenire
oggetto di documentari o video che ne riassumano la storia e identifichino la scena
come « […] una delle scene del crimine più spaventose ed agghiaccianti di tutti i
tempi»
11
.
Per rendere più agevole l’analisi dei vari articoli è possibile compiere una
divisione in tre parti.
Il metodo usato per dividere in parti è puramente convenzionale e serve per
rendere semplice e comprensibile al lettore il quadro concettuale di riferimento e
consiste nell’individuare il prima del processo, il durante e l’epilogo finale con la
sentenza di condanna. Nella prima parte prenderò in esame gli articoli intitolati:
“Un’ ombra gira tra noi”, “Non sanno maledire” e “Addio anime innocenti” poiché
hanno come matrice comune la descrizione degli eventi e quanto viene percepito
dalla gente all’impatto della notizia; la seconda parte, invece, contiene gli articoli
che ci portano direttamente all’interno dell’interrogatorio e in un secondo tempo
del processo, nello specifico analizzerò i testi: “La belva in gabbia”, “Sordità
sentimentale”, “Una voce dalla Sicilia” e “«Ho diritto di difendere la mia famiglia»
(ma la sua famiglia è ormai sterminata)”; infine la terza parte contiene gli articoli:
“Il fascino della toga”, “L’accusatore”, “Vana attesa del colpo di scena”,
“Immensità della tragedia” e per ultimo “Forse, non ha capito”, che hanno in
comune la narrazione della parte finale del processo e l’epilogo con la sentenza di
condanna ed il senso di smarrimento della Fort.
11
C. Lucarelli in Profondo Nero programma TV su Crime investigation – video promozionale su
https://www.youtube.com/watch?v=6OPjKx1JqZU (ultimo accesso 22/12/2017).
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In questa suddivisione non figurano gli articoli “A Rina Fort, no” e “Senza
domenica”; questi due articoli più che narrare la vicenda forniscono dei punti di
riflessione su chi sia realmente la Fort e sul suo modo di reagire, anche se c’è da
dire che il suo comportamento emerge prepotentemente in tutta la narrazione;
inoltre questi fungono da collegamento tra le parti della suddivisione pocanzi
delineata.
2.2 Analisi sistematica degli articoli.
Nell’incipit dell’articolo, pubblicato il 3 dicembre 1946 su “Il Nuovo Corriere
della Sera” ed intitolato “Un’ombra gira tra di noi”, Buzzati scrive: «Una specie
di demonio si aggira dunque per la città, invisibile, e sta forse preparandosi a
nuovo sangue»
12
. Si evince che l’autore vuole mostrarci la paura di ogni individuo
di poter trovare di fronte a sé un serial killer che potrebbe commettere nuovamente
il reato. Interessante notare come questo incipit ci immerge direttamente in una
situazione di tensione che provoca ansia e terrore e colpisce il lettore che si trova
davanti ad una donna che uccide la sua «rivale e i suoi tre figlioletti»
13
. L’autore
descrive poi una situazione di spensieratezza raccontando cosa accadeva nelle case
degli italiani nella vita quotidiana: al momento del rientro a casa, della cena, ed
infine, del mettersi a letto e spegnere le luci. Leggendo queste poche righe è come
se ci si trovasse in una narrazione di eventi abitudinari, della quotidianità. Ad un
tratto nella narrazione si legge dell’improvviso risveglio della città: “D’improvviso
però la città si svegliò”. Particolare rilievo assume questo svegliarsi; infatti a mio
modesto parere, andando oltre il possibile significato dell’alzarsi dal letto, questa
locuzione può benissimo riferirsi al rendersi conto di quanto fosse accaduto la sera
prima.
Nell’articolo non viene narrato pedissequamente quanto accaduto ma vengono
sottolineate le paure della gente: prima fra tutte la paura che quanto successo la sera
prima possa avvenire a qualcun altro; infatti l’autore scrive: «[…] un sottile
impalpabile panico si è irradiato dal sinistro numero 40 di via San Gregorio. Noi
siamo ben chiusi in casa con le porte sprangate, eppure lo sentiamo vagare intorno,
nelle ore alte della notte, e strisciare lungo le trombe della scala. […] »
14
; ma a
12
Lorenzo Viganò (a cura di), La «nera» di Dino Buzzati.., cit., p. 45.
13
Ibidem.
14
Lorenzo Viganò (a cura di), La «nera» di Dino Buzzati…, cit., p. 47.
8
sottolineare la paura e la volontà di “scovare” quest’ombra è la chiusura
dell’articolo dove leggiamo: « […] Egli gira invisibile, covando il male, e non sarà
mai stanco. Bisogna scovarlo. Occorre togliergli l’aria, incalzarlo oltre i confini
estremi della città […] »
15
. In questo passo è possibile proprio vedere la volontà di
trovare quest’ombra, che altro non è se non una metafora per identificare il killer, e
catturarlo così che non possa più compiere altri delitti.
Nell’articolo “Non sanno maledire” che venne pubblicato sul “Corriere
d’informazione” il 5 dicembre 1946, viene descritto il viaggio del padre e del
fratello di Franca Pappalardo. Rilevante è l’uso della parola “ombre” che lo collega
al precedente articolo, ma che in questo caso si riferisce ai due uomini che erano
«saliti su per l’Italia»
16
. Mi soffermerei proprio sul salire in Italia. Questa locuzione
suggerisce proprio il movimento di uscire dai confini meridionali per recarsi nel
cosiddetto “Continente”. Come precedentemente affermato, infatti, in quel periodo
gli abitanti del meridione si dirigevano verso il Nord Italia per trovare fortuna e
lavoro
17
; in questo caso però il viaggio dei due non era per lavoro bensì per
«rivendicare una tragica investitura»
18
. Si ricordi che la Sicilia in quegli anni
avanzava faticosamente poiché il progresso era lento e faticoso e ciò era aggravato
dalle devastazioni della guerra. Infatti, molte zone erano state danneggiate; la rete
ferroviaria aveva subíto dei danni per circa 11,2 miliardi di lire. Il quadro che si
profilava all’orizzonte era desolante ed a ciò si aggiungeva una società arretrata su
cui gravavano ingenti imposte. Oltre questo in Sicilia molta gente nutriva un forte
risentimento verso lo Stato centrale che veniva considerato come il male dell’Isola.
A tal proposito si sviluppò un forte movimento separatista
19
, che voleva un potere
regionale indipendente dal potere centrale. Dai cinegiornali e dai vari documentari
dell’epoca, emergono prepotentemente tutto il folklore e le tradizioni popolari della
Sicilia.
20
15
Ibidem.
16
Ibidem p. 48.
17
Per i Siciliani, lo spostarsi al Nord nel cosiddetto “Continente” significava lasciare tutte le proprie
tradizioni e molte volte anche la propria famiglia ed i propri affetti. Per approfondire: G. Sabbatucci
- V. Vidotto, Il Mondo contemporaneo dal 1848 a oggi, Editori Laterza, Roma-Bari 2012 p. 515.
18
Lorenzo Viganò (a cura di), La «nera» di Dino Buzzati…, cit., p. 48.
19
Sul separatismo in Sicilia, si veda, in particolare, l’inchiesta in 8 puntate condotta per il quotidiano
La Sicilia di Giuseppe Gennaro nel 1946; ora in G. Di Fazio - G. Farkas, Un giornale, un’Isola. La
Sicilia di Domenico Sanfilippo, Alfio Russo e Antonio Prestinenza, Salvatore Sciascia editore,
Caltanissetta - Roma 2005, pp. 99 – 134.
20
A. Miccichè, Sicilia in cammino. Documentari, narrazioni e immagini di una società tra
arretratezza e sviluppo (1953-1962), https://www.officinadellastoria.eu/it/2017/10/17/sicilia-in-
9
Tornando alla prima sezione degli articoli, di rilevante interesse è, a mio parere,
il momento in cui arriva la notizia ai parenti.
È, infatti, il 1° dicembre 1946 cioè ben due giorni dopo la strage. Ci si potrebbe
chiedere a questo punto, perché sia passato così tanto tempo dall’accaduto alla
ricezione della notizia? È possibile rispondere a questa domanda iniziando a
considerare l’epoca storica in cui ci troviamo. Nel 1946 le tecnologie di
comunicazione di massa non erano sviluppate come ai nostri giorni; infatti, le
notizie si potevano ricevere tramite i giornali locali
21
o tramite i giornali nazionali,
o ancora tramite la radio. Ciò fa sì che la velocità con cui la notizia arriva all’interno
delle nostre case non sia immediata ma passi prima attraverso dei filtri che la
codificano e la facciano arrivare dopo un certo periodo. Oggi per fortuna, grazie
all’avvento del Web 2.0 ciò avviene con una velocità di scambio eccezionale così
da permetterci il reperimento della notizia quasi immediatamente. Tuttavia, durante
la percezione del messaggio può verificarsi ciò che Eco e Fabbri chiamano
decodifica aberrante
22
, in ciò ci si trova di fronte ad un messaggio malamente
decodificato che può sfociare nel suo rifiuto totale o addirittura in una
delegittimazione della fonte. Tornando al 1946 possiamo affermare che la
tecnologia non era favorevole ad uno scambio veloce di notizie, se poi pensiamo
che la notizia doveva arrivare in Sicilia il tempo di duplica; nel 1946 non esistevano
la rete internet, i blog, o i telegiornali; addirittura in Italia non si aveva ancora la
diffusione della televisione bensì si aveva la radio che anche diffondendo notizie
nel modo più veloce possibile non era alla portata di tutta la popolazione in quanto
era pressoché un mezzo di élite.
Leggendo l’articolo in esame si nota innanzitutto che il padre e il figlio si
trovarono inizialmente spaesati di fronte ad una situazione così dolorosa. In
secondo luogo, essi furono spiazzati anche perché erano stati investiti da «titoli
sempre più lunghi e massicci, parole sempre più orrende, e poi le macchie invadenti
delle fotografie»
23
.
cammino-documentari-narrazioni-e-immagini-di-una-societa-tra-arretratezza-e-sviluppo-1953-
1962/ (ultimo accesso 04/01/2018).
21
Da considerarsi tuttavia che la situazione italiana era piuttosto precaria. Precarietà che si rifletteva
anche sulla produzione dei giornali, infatti, i giornali erano continuamente sottoposti a censura ed
inoltre si avevano problemi per il reperimento della carta che veniva assegnata dal comando alleato.
Per approfondire cfr.: G. Di Fazio – G. Farkas, Un giornale, un’isola, cit., p. 14.
22
S. Bentivegna, Teorie della comunicazione di massa, Laterza, Bari – Roma 2003, pp. 95 – 96.
23
Lorenzo Viganò (a cura di), La «nera» di Dino Buzzati…, cit., p. 50.