interna del p. d. v. Insomma, le decisioni spaziali prese in
considerazione dal merchandising non sono quelle esterne, relative
all’ubicazione del negozio, ma interne, relative alla sistemazione dei
reparti, alla loro dislocazione, all’assegnazione della loro superficie
espositiva (layout delle attrezzature), per continuare, alla disposizione
delle diverse famiglie di prodotti nei reparti, al loro accostamento
(layout merceologico), per giungere alla sistemazione delle referenze
sugli scaffali (display) e alla loro assegnazione dello spazio espositivo
(space allocation).
Un altro esempio può essere costituito dalla leva della
comunicazione: il merchandising tralascia gli aspetti relativi agli
strumenti pubblicitari utilizzati esternamente del punto di vendita, ma
comprende al suo interno le promozioni e le animazioni che vengono
attivate dentro il p. d. v. stesso (in-store promotions).
L’altra riflessione riguarda invece il fatto che il merchandising è
una leva fondamentale, che è propria dei punti di vendita a libero
servizio, caratterizzati cioè da una presenza minimizzata del
personale; in tale fattispecie rientrano i punti di vendita delle imprese
commerciali GDO
L’introduzione e il rapido sviluppo del libero servizio hanno
modificato nel tempo l’importanza di alcune leve di retailing mix
rispetto ad altre.
Ad esempio in un negozio specializzato, soprattutto nel settore
del “non-food”, la comunicazione dell’immagine è un fattore
essenziale.
Le tendenze evolutive del “non-food” hanno portato i produttori
ad un maggior e miglior controllo del mercato attraverso
17
un’integrazione a valle realizzatasi con l’apertura di negozi di
proprietà degli stessi.
Gli strumenti utilizzati dai negozi di proprietà dei produttori
(self-standing stores, flagship stores, concept stores), per supportare
una certa identità di marca e per veicolare una sua immagine unica e
distintiva, sono rappresentati principalmente dall’insegna, dalla
vetrina e dall’ingresso del negozio e sono sintetizzati dall’espressione
“visual merchandising”, proprio perché l’aspetto visivo ha una
funzione promo-comunicazionale di evocazione del brand.
In tali negozi, il personale riveste una parte fondamentale ed
integrante del livello di servizio offerto al consumatore; in queste
forme distributive ad alto servizio per il consumatore, è il personale
che si fa da tramite e si attiva per accontentare le preferenze e per
servire gli acquisti dei consumatori.
Nei punti di vendita a libero servizio, invece, sono gli stessi
consumatori che entrano in possesso dei prodotti servendosi da soli, in
base alla loro libera scelta di prendere ciò che desiderano e meglio
soddisfa le proprie esigenze. I punti di vendita self-service sono quindi
caratterizzati da un accesso diretto del consumatore alla merce,
generalmente confezionata o pre-imballata, con indicazione espressa
dei prezzi e dalla possibilità di trasportarla fino alla cassa con un
carrello.
Il punto di vendita a libero servizio cerca di agire sui
meccanismi di formazione delle preferenze in shop, spingendo le
vendite di quei prodotti che vengono definiti come acquisti ad
impulso; a riprova dell’efficacia del merchandising, alcune ricerche
effettuate hanno messo in evidenza come solo circa la metà degli
18
acquisti sia pianificata dal consumatore, mentre la restante parte sia
dettata da un processo d’impulso sul punto di vendita.
Il merchandising è una sorta di venditore silenzioso nel punto di
vendita che cerca di incidere sul processo d’acquisto del consumatore
al momento, quando si trova all’interno del negozio: si dice che nei
2
punti a libero servizio, la merce si vende “da sé”, sostituendo ad una
presentazione passiva una presentazione attiva dei prodotti.
Ecco quindi che le decisioni di assortimento, le decisioni sulla
dislocazione dei reparti e sulla loro dimensione, le tecniche di
presentazione dei prodotti e la determinazione dello spazio da
assegnare alle singole referenze, le promozioni del negozio, sono tutte
problematiche che rientrano nel concetto di merchandising.
L’Institut Français du Merchandising lo ha definito come “un
sistema di studi e di tecniche d’applicazione, promosse e realizzate
separatamente o congiuntamente dai distributori e dai produttori, al
fine di accrescere la redditività del punto di vendita e lo smercio dei
prodotti, mediante il costante adeguamento dell’assortimento ai
3
bisogni del mercato e un’appropriata presentazione delle merci”.
In pratica, gli obiettivi del merchandising possono essere
sintetizzati nell’incrementare l’efficienza del punto di vendita, nel
migliorare la sua redditività e nel favorire la rotazione del capitale
investito nelle merci.
In particolare, la redditività complessiva del negozio può essere
perseguita dal distributore in due modi opposti ma complementari, che
2
Collesei U. (1986), “Merchandising e comunicazione”, in Lugli G. (a cura di), Manuale di
gestione delle imprese commerciali al dettaglio, cit. p. 163
3
Vedi Jallais J., Orsoni J., Fady A. (1992), “ La politica di merchandising”, in Marketing della
distribuzione: mercato, strumenti e sussidi tecnici, cit. p. 319
Vedi anche Collesei U. (1986), “Merchandising e comunicazione”, in Lugli G. (a cura di),
Manuale di gestione delle imprese commerciali al dettaglio, cit. p. 164
19
il retailer deve saper orchestrare secondo le proprie strategie; ossia sia
vendendo prodotti ad alto margine (contribuzione al margine), sia
accrescendo il flusso di vendita dei prodotti, aumentando la rotazione
delle merci (contribuzione al fatturato) con il fine ultimo della
massimizzazione del profitto.
Il merchandising, quindi, è l’insieme delle azioni, degli sforzi di
marketing profusi dal distributore per valorizzare i prodotti agli occhi
del consumatore, cercando di orientare le sue preferenze ed indurlo in
ultima analisi all’acquisto non programmato in loco, vale a dire sul
punto di vendita.
Esso può essere pensato come “l’arte di far venir fuori la
quintessenza di un negozio agendo su tutti gli elementi che possono
4
fornirgli le merci esposte per essere vendute”.
Suggestiva a tal riguardo è anche l’analogia che può essere
istituita tra merchandising e packaging: se il packaging, a livello
industriale, rappresenta il confezionamento del prodotto e comprende
qualsiasi forma di manipolazione delle modalità con cui è presentato
al consumatore, il merchandising rappresenta l’equivalente di tale
5
concetto a livello distributivo.
Il concetto del merchandising può essere espresso in senso
stretto come l’ottimizzazione e la valorizzazione dello spazio a vari
livelli: dei reparti, delle famiglie fino ad arrivare alle singole
referenze; ma il suo significato più ampio e completo coinvolge anche
4
Vedi prefazione di Werner Robert F. (1992), in Fady A., Seret M., Il merchandising: tecniche
e metodi del commercio al dettaglio
5
VediPellegrini L.(1993), “Merchandising e rapporti di canale”, in Il merchandising:
interazione tra marketing del distributore e del produttore nel punto di vendita, cit. p. 5, 6
20
le scelte di assortimento e le promozioni nel negozio (come per es. le
riduzioni di prezzo).
Si possono, in definitiva, identificare le seguenti leve di
merchandising fortemente interrelate:
-
La definizione dell’assortimento
- La disposizione ottimizzata delle attrezzature all’interno del p.
d. v. (il layout delle attrezzature)
- La logica di raggruppamento delle referenze, vale a dire la
sequenza espositiva e assortimentale delle merci (il layout
merceologico)
- I criteri di esposizione e di presentazione delle referenze sugli
scaffali (il display)
- L’assegnazione ottimizzata degli spazi alle famiglie e alle
singole referenze in funzione delle strategie (la space allocation)
- Le promozioni e le animazioni all’interno del p. d. v. (le in-store
promotions)
- La comunicazione interna al punto vendita e l’ambientazione.
2.2 Posizionamento gerarchico del merchandising nel
retailing mix
Il merchandising, come già affermato e dimostrato, rientra nelle
decisioni tattiche dell’impresa commerciale.
In analogia a quanto avviene nelle imprese industriali, in cui il
marketing operativo deve essere coerente in tutte le sue componenti e
conformarsi al marketing strategico, le decisioni di merchandising,
come leva di retailing mix, devono sottostare a decisioni prese a
monte a livello strategico dall’impresa commerciale.
21
In particolare, la criticità dello spazio nei rapporti verticali tra
impresa commerciale ed industriale, come risorsa “scarsa” che va
gestita ed ottimizzata e sul quale si ripercuote la concorrenza spaziale
dei prodotti, porta l’impresa commerciale ad essere considerata sotto il
6
profilo gestionale come un “venditore di spazio” esercitando di fatto
7
una “gestione immobiliare”; i relativi affitti (intesi come contributi
corrisposti dalle imprese industriali per aggiudicarsi gli spazi), oltre a
dipendere dalla qualità e quantità dello spazio assegnato, sono
influenzati anche dal livello complessivo dei servizi offerti ai
consumatori.
Le decisioni relative al merchandising e alla gestione dello
spazio sono quindi vincolate a livello strategico e organizzativo
dell’impresa commerciale; vale a dire che esse devono essere pensate
nel rispetto del complessivo posizionamento dell’insegna che, a sua
volta, implica la necessità di un’attività di segmentazione del mercato
dei consumatori, di scelta del mercato obiettivo, ossia di scelta di uno
o più target di utenza da soddisfare secondo bisogni ed esigenze ben
identificate.
Così l’impresa commerciale, al pari di quella industriale,
enuclea decisioni strategiche che successivamente vengono
operativamente realizzate dalle leve di retailing mix.
A livello strategico, all’analisi dell’ambiente di mercato (forze
sociali, economiche, tecnologiche, normative), segue l’attività di
segmentazione, ossia di suddivisione del mercato globale dei
consumatori in gruppi omogenei secondo svariati criteri; quindi segue
6
Lugli G. (1988), La gestione dello spazio espositivo nel libero servizio, cit p. 8
7
Pellegrini L.(1993), “Merchandising e rapporti di canale”, in Il merchandising: interazione tra
marketing del distributore e del produttore nel punto di vendita, cit. p.7
22
la scelta dei target di utenza da coprire ed infine la costruzione di un
posizionamento, vale a dire la costruzione di un’immagine
dell’insegna caratterizzata dalla presenza e dall’intensità di un mix di
attributi che la devono rendere quanto più possibile unica e distintiva
nella mente dei consumatori e rispetto ai concorrenti.
Il posizionamento dell’insegna può essere ben rappresentato
mediante la tecnica del differenziale semantico che mette in evidenza
presenza ed intensità degli attributi ritenuti rilevanti dai consumatori,
che in definitiva ne sintetizzano il mix di servizi loro offerti:
Es. di un profilo d’immagine di un negozio
assortimento
atmosfera
personale
Principali attributi servizio
prezzo (convenienza)
qualità
ridotta
elevata
intensità
Adattamento da Collesei U. (1986) “Merchandising e comunicazione”, in Lugli G.
(a cura di) Manuale di gestione delle imprese commerciali al dettaglio, p.161
Tutto questo vuol semplicemente mettere in risalto come le
decisioni di merchandising in generale e di organizzazione degli spazi
in particolare, abbiano confini diversi in rapporto alle diverse forme
distributive con cui l’impresa commerciale si relaziona al mercato.
Ecco che la decisione di coprire un certo target di utenza porta
l’impresa commerciale a progettare i propri punti vendita con un certo
assortimento, una certa dimensione, una certa localizzazione, un certo
23
livello di servizio offerto e un certo livello di convenienza; tutte
decisioni queste che devono essere successivamente supportate e
coerentemente realizzate a livello operativo e, in relazione al
merchandising, trovare espressione in un certo layout delle
attrezzature, layout merceologico, display e space allocation.
In sintesi, la gerarchia che le decisioni di merchandising
ricoprono all’interno del complesso delle decisioni di un’impresa
commerciale può essere rappresentata dallo schema nella pagina
seguente:
24
Gerarchia delle decisioni di merchandising nell’ambito delle
decisioni dell’impresa commerciale
decisioni strategiche
Assortimento
Personale
Mix di servizi
forma distributiva
posizionamento
Ubicazione
dell’insegna
Dimensionamento
decisioni operative
Price image
Politica dei Adeguamento Pubblicità
margini dell’assortimento Promozione
Layout delle attrezzature
Comunicazione interna al
p.d.v e ambientazione
Merchandising
Layout merceologico
Display
Space allocation
In-store promotions
Adattamento da Pellegrini L. (1992) “Merchand. e rapporti di canale”, in Il
merchand.: interazione tra marketing del distribut. e del produtt. nel p. d. v., p.10
E da Lugli G. (1988) La gestione dello spazio espos. nel libero servizio, p.9
25
Capitolo III
La definizione dell’assortimento
3.1 Obiettivi e principi nella costituzione
dell’assortimento
L’assortimento rappresenta il fattore più importante nell’offerta
di un’impresa commerciale.
La funzione di selezione e di aggregazione dell’assortimento
permette di rendere i prodotti ai consumatori finali dove e quando da
1
loro desiderati, operando un “matching quali-quantitativo” fra offerta
e domanda.
Come è già stato affermato nel precedente capitolo, le decisioni
in materia di assortimento sono strettamente legate alle scelte
strategiche di segmentazione e di posizionamento: in particolare, la
composizione dell’assortimento deve tener presente le esigenze da
soddisfare dei diversi target di clientela prescelti come mercato
obiettivo ed essere coerente con il posizionamento perseguito; le
modalità di presentazione dell’assortimento sono particolarmente
rilevanti nel far percepire il posizionamento come conforme alle
esigenze della clientela.
La formazione e le modalità di esposizione rendono quindi
l’assortimento una leva su cui basare la differenziazione competitiva
dell’insegna commerciale e del punto di vendita.
Gli obiettivi ai quali l’assortimento deve rispondere sono
principalmente tre:
1
Il distributore presenta una vasta varietà di prodotti e combinazioni nell’offerta commerciale in
grado di soddisfare diverse esigenze qualitative e quantitative dei consumatori
32
- essere coerente con i bisogni, le esigenze, gli atteggiamenti e i
comportamenti dei target di clientela individuati nella zona
d’attrazione in cui opera il p. d. v.
- essere redditizio mediante la presentazione combinata di
2
prodotti di richiamo e di prodotti a più alto margine.
- Essere supportato da un’adeguata presentazione che ne valorizzi
le potenzialità; il che implica un’efficace ed efficiente
organizzazione dello spazio espositivo e adeguate scelte di
collocazione dei prodotti sugli scaffali (decisioni in materia di
layout merceologico, di display e di space allocation).
In sintesi, le decisioni di assortimento devono essere pensate
quanto più possibile al fine di far coincidere l’offerta dei prodotti con
le domande dei clienti, cercando di ottenere la massima redditività
3
complessiva.
Nei prossimi paragrafi del capitolo ci si concentrerà sulla
composizione dell’assortimento.
3.2 La struttura dell’assortimento
Ogni punto vendita, quale che sia la sua dimensione e il suo
formato distributivo, offre una varietà di prodotti che necessita di
essere, in qualche modo, catalogata.
2
I prodotti di richiamo sono chiamati anche prodotti segnaletici; sono caratterizzati
dall’applicazione di un basso margine con l’obiettivo di stimolare ed incrementare le visite e la
circolazione nel p. d. v. (ruolo di traffic-maker e di contribuzione al fatturato).
I prodotti a più alto margine rappresentano generalmente gli acquisti d’impulso cui le manovre
del merchandising cercano di indirizzare; sono prodotti caratterizzati per l’appunto da un margine
più elevato, ma da un tasso di rotazione molto contenuto (ruolo di contribuzione al margine).
3
Jallais J, Orsoni J., Fady A. (1992) “ La politica di assortimento” in Marketing della
distribuzione: mercato, strumenti e sussidi tecnici
33
Si ritiene, quindi, indispensabile usare una terminologia
appropriata al fine della semplificazione delle operazioni di
classificazione dei prodotti in assortimento.
In genere, un assortimento è suddiviso in:
- Divisioni o comparti
Essi comprendono l’insieme dei reparti merceologici, presenti
in un punto di vendita a libero servizio, affini per tipologia.
Solitamente i settori principali sono due: l’alimentare (il “food”)
e il non alimentare (il “non food”)
- Reparti merceologici
Essi comprendono l’insieme delle categorie di prodotti
caratterizzate da una stessa funzione/destinazione d’uso.
- Categorie merceologiche
Esse comprendono l’insieme delle famiglie di prodotti legate da
una stessa funzione/destinazione d’uso
- Famiglie di prodotti
Esse rappresentano l’insieme delle sottofamiglie che hanno una
caratteristica merceologica in comune; vale a dire un insieme di
prodotti omogenei secondo un determinato carattere di
differenziazione
- Sottofamiglie di prodotti/Segmenti merceologici o di consumo
Sono insiemi ancora più ristretti delle famiglie e quindi sono
insiemi di prodotti ancora più omogenei al loro interno,
individuati in base all’intersezione di più caratteri
- Referenze
Sono i singoli prodotti di un p. d. v., sono le singole unità di
vendita individuate in base alla specificità di un insieme di
caratteri quali marca, formato, prezzo.
34
Lo schema, qui di seguito illustrato, può essere utile per meglio
comprendere la struttura dell’assortimento:
Esempio di struttura d’assortimento relativo al reparto “Latticini”
Alimentare Non alimentare
D
Drogheria Latticini Bevande Fresco Freddo
R
alimentare deteriorabile
Uova Latte Formaggi Yogurt
C
freschi
F
Latte a lunga Latte fresco
conservazione
Latte fresco Latte fresco
S. F.
intero parzialmente scremato
Latte fresco SOLAC Latte fresco SOLAC Latte fresco parz.
Ref.
ALTA QUALITA’ parz. parz. Screm. 1 litro - Screm. 1/2 litro -
Screm. 1 litro - € 1,30 € 1,25 € 0,65
Elaborazione dell’autore
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