rilevato come l’artista siciliano sia stato riconosciuto dalla critica, quasi
all’unanimità, come un eccellente esempio di artista nazional-popolare, secondo la
connotazione che tale concezione assume all’interno della riflessione gramsciana
sulla posizione e l’estrazione dell’intellettuale in relazione alla società italiana.
Guttuso viene quindi individuato da gran parte degli studiosi come esempio di artista
nostrano il quale, contrariamente alla generale tendenza della nostra cultura
nazionale distaccata dal sapere popolare, riesce a coniugare la qualità contenutistica
con la facile accessibilità ed immediatezza per fruitori di ogni estrazione. La critica
non è apparsa, però, concordemente favorevole rispetto a tale possibilità: se da un
lato gli studiosi più scettici si annoverano tra i redattori di riviste come «Immagine»,
dall’altro c’è una gran parte di critica, composta, chiaramente, anche da intellettuali
militanti, che sostiene fortemente la prospettiva di una cultura nazional-popolare.
È apparso quindi evidente come l’esigenza di riannodare il legame tra cultura, vita
nazionale e rapporto con il popolo, negli anni Cinquanta sia un elemento
fondamentale per l’artista in primis (e Guttuso è la personificazione di questa
esigenza), ma anche per la critica, in modo da ritrovare finalmente «l’uomo sotto
l’artista e lo studioso»
1
.
In questa ricerca sulla valutazione critica della poetica realista di Guttuso si è
ritenuto di poter suddividere tale espressione artistica in almeno tre fasi,
assecondando chiaramente le meditazioni, e dunque i commenti critici, che rendono
l’arte del decennio in questione particolarmente densa di significati. Nella prima fase
della sua pittura realista (1949-1953) Guttuso si confronta con le questioni legate alla
realtà contadina, rappresentate principalmente dalla lotta contro lo storico
latifondismo meridionale che, nello specifico, tra la fine degli anni Quaranta e
l’inizio dei Cinquanta assume una connotazione particolarmente violenta. La forma
artistica in oggetto si fa vettore delle rivendicazioni dei braccianti agricoli e ne
diventa diretta rappresentazione grazie ad un accento di forte protesta e di rivolta,
che si concretizza in quello che è il manifesto del “realismo sociale” di tale periodo,
l’Occupazione delle terre incolte.
Si è cercato di mettere in luce le varie posizioni critiche createsi rispetto a questo
capitolo della poetica guttusiana e si è osservato che la maggior parte degli articoli e
degli interventi considerati, da Trombadori a Maselli, da Marchiori a Moravia,
riconoscono ed approvano la chiara intenzione di “realismo sociale” presente nelle
1
A. GRAMSCI, Ritorno a De Sanctis, «Rinascita», in Letteratura e vita nazionale, Einaudi, Torino,
1950, p. 5.
opere del pittore. Questi studiosi, infatti, apprezzano soprattutto l’originalità di
Guttuso inquadrata nella complessiva esperienza figurativa moderna e individuano la
grande innovazione apportata dal pittore, che, finalmente, è riuscito a trasferire la
trattazione della realtà nell’ambito delle discipline artistiche. Si è riscontrata però
anche un’altra posizione critica ricorrente, che accusa Guttuso di verismo, di
“sottomissione” sia rispetto alla realtà stessa, sia rispetto alla denuncia politica, che
lo ha portato a rinunciare all’elaborazione formale e stilistica.
Ci è parso, in realtà, che queste diverse posizioni, sia positive che negative, non
riescano a cogliere l’effettiva complessità ed articolazione di questa pittura, in cui la
volontà di rappresentazione della realtà e di denuncia sociale sono senz’altro
presenti, ma non risultano certo preponderanti rispetto ad altri importanti componenti
emotive, stilistiche, partecipative.
Se l’iconografia di questo momento pittorico riguarda quelle che sono le
tematiche scottanti della realtà italiana, e quindi i temi principali sono legati al
mondo dei lavoratori, in seguito l’attenzione di Guttuso si trasferisce su dinamiche
sociali di più recente formazione. In quella che si è considerata come la seconda fase
della poetica realista guttusiana (1953-1957), si passa dalla rappresentazione del
disagio contadino all’accettazione dello scenario urbano come luogo del nostro
presente, con un cambiamento dei soggetti, ma sempre in un rapporto di interazione
con il popolo. Dunque gli intenti e gli scopi della pittura di Guttuso rimangono
immutati, ma cambia evidentemente il mezzo con cui vengono perseguiti. Per la
prima volta si avverte nella poetica dell’artista un reale interesse per nuovi aspetti
della contemporaneità, relativi al loisir e al piacere di massa di una società
profondamente cambiata dal dopoguerra in poi, mostrando tutta la sua versatilità ed
elasticità tematica.
La valutazione di tale condizione tipica del nostro tempo si apprezza
completamente nelle opere concepite dal 1953 in poi (in particolare in Boogie-
woogie e ne La spiaggia), quando Guttuso inizia a porsi nuovi interrogativi, si apre a
interessi più complessi, che vanno al di là dell’immediatezza polemica degli anni
passati, all’interno di una prospettiva che adesso pone al centro l’uomo e la sua
esistenza. Questi caratteri saranno ancora più evidenti in un momento successivo
della pittura di Guttuso, quello che percorre gli ultimi anni Cinquanta e i primissimi
Sessanta, denominato da Crispolti “realismo esistenziale” proprio per la sua
attitudine nell’indagare i vari momenti dell’esistenza umana. Si è individuato
quest’ultima forma di realismo come terza ed ultima fase della poetica degli anni
Cinquanta (1957-1960) in cui la totale apertura guttusiana a nuove possibilità
artistiche e un generale ripensamento riguardo alle scelte fatte precedentemente,
portano l’artista ad una condizione di solitudine meditativa. La nuova posizione di
Guttuso nei confronti delle diverse soluzioni formali, è una posizione completamente
possibilista, nel senso che non vuole escludere a priori nessun elemento formale,
purché questo possa contribuire alla resa della realtà. Una posizione di questo genere
risulta assolutamente innovativa nella ricerca dell’artista, da sempre avverso a certe
espressioni formali, ma si pone nell’ottica della necessità di un ammodernamento
della cultura realista italiana, a cui l’artista contribuisce profondamente.
In questo nuovo periodo, dunque, l’attenzione si sposta su altre tensioni, su altre
“lotte”, che sono quelle dell’individuo che combatte per il mantenimento del proprio
ruolo, della propria personalità nel tentativo di contrastare una società che tende
invece ad omologarlo. La standardizzazione che l’uomo è tenuto ad affrontare in
questi anni, con la necessaria solitudine che ne consegue e che Guttuso ben conosce,
è la nuova, scottante questione emergente dall’osservazione della realtà.
Anche in questo caso, in relazione ai cambiamenti pittorici, si sono evidenziati i
vari giudizi espressi e si è rilevato che quella critica maggiormente attenta ai valori
formali, di cui fa parte Brandi ad esempio, si mostra piacevolmente sorpresa ed
apprezza l’apertura intervenuta nelle tematiche dell’artista siciliano. Invece, quegli
studiosi che sostengono l’opera realista di Guttuso dei primi anni Cinquanta, di
fronte a questa svolta si sforzano di smorzare o addirittura di negare la portata del
cambiamento avvenuto, nonostante questo appaia abbastanza lampante: questa è di
fatto la reazione di critici come Del Guercio, Trombadori e Venturoli, che temono un
ripudio delle battaglie precedentemente condotte, mentre lo stesso Guttuso spiega
che non si tratta affatto di un retrocedere, un abbandonare le posizioni di lotta sempre
tenute, ma è al contrario solo un’apertura in grado di migliorare e rivitalizzare quelle
conquiste ormai appurate.
Parallelamente a questa analisi critica condotta sull’opera del pittore siciliano negli
anni Cinquanta si è ritenuto significativo trattare anche il dibattito svoltosi attorno
alle principali esposizioni nazionali a cui l’artista partecipa, riferendo i commenti sia
sulle manifestazioni e sulla loro organizzazione, sia sulle singole opere ivi esposte da
Guttuso.
CONCLUSIONI
Le motivazioni che ci hanno mosso ad una indagine sulla valutazione critica
dell’opera di Renato Guttuso alla metà del secolo scorso sono senz’altro molteplici e
di varia natura. Innanzitutto va precisato che, nonostante il lavoro di tale pittore
risulti ampiamente dibattuto e studiato dalla critica contemporanea, per quella fase
specifica denominata dall’artista stesso “poetica realista”, sembra non essere
intervenuta una analisi approfondita, che la indagasse non soltanto negli elementi
stilistici e formali, ma anche nei vari dibattiti, reazioni critiche e polemiche che ha
scatenato. Gli anni Cinquanta rappresentano senz’altro un momento molto speciale
all’interno della storia non solo culturale, ma anche politica e sociale del nostro
Paese; e l’esperienza artistica di un pittore, quale Guttuso, acquista una valenza
esemplare.
Nello specifico ambito artistico, poi, la ricerca sulla valutazione critica che ha
interessato l’operato di Guttuso è risultata notevolmente stimolante ed interessante
per molti punti di vista. In particolare si è ritenuto significativo osservare le reazioni
suscitate dal realismo del pittore, in relazione a due diversi parametri, uno di genere
artistico-culturale e l’altro di genere politico. Dal punto di vista prettamente artistico,
infatti, il periodo in oggetto sembra proporre delle tendenze e degli orientamenti che
indubbiamente si distanziano dalla pittura di Guttuso. Di fatto, mentre questo artista
si muove verso un’osservazione diretta e puntuale della realtà e della vita moderna,
con tutte le sue profonde problematiche e questioni irrisolte, pare che
contemporaneamente le forme artistiche che vanno affermandosi siano
completamente ed inesorabilmente divergenti. Gli anni Cinquanta non a caso vedono
il consolidamento e in seguito l’imporsi in Italia delle avanguardie, che in questo
contesto sono rappresentate da quelle vocazioni astratte e dall’emergente informale,
protagonisti anche delle maggiori manifestazioni artistiche italiane dell’epoca.
Dunque sul piano della relazione con la realtà, gli obiettivi delle due proposte
artistiche risultano senz’altro molto diversi e conseguentemente sono differenti anche
i linguaggi e le caratteristiche stilistiche che vengono di volta in volta adottati. Per
Guttuso e per tutti i realisti lo scopo principale è di tipo comunicativo, poiché
l’intento prioritario è quello di proporre un’arte popolare, in grado di farsi tramite
efficace per la trasmissione di valori e di messaggi a tutti gli strati della popolazione.
Di conseguenza il linguaggio che questi adottano è il più comprensibile, il più
accessibile ed immediato possibile, idoneo quindi per l’avvicinamento del pubblico
popolare.
Le avanguardie, al contrario, non sentono come essenziale la comunicazione con
il pubblico “comune” e perciò il tramite espressivo che queste privilegiano non
risulta affatto immediato, né comprensibile agli occhi di chi non sia introdotto
all’arte. Per questo motivo, infatti, certe forme artistiche sono spesso state tacciate di
elitarietà, di irraggiungibilità e ovviamente di incomprensibilità, sembrando così
espressioni del tutto anti-democratiche e dalla piega piuttosto aristocratica. Un
rischio che invece, per ovvi motivi, non è mai stato corso dalle istanze realiste.
L’arte di Guttuso negli anni Cinquanta, con la sua particolare attenzione nei
confronti della realtà sociale, si muove dunque controcorrente o almeno in una
direzione diversa rispetto a quello che appare essere il gusto predominante in ambito
artistico. In base quindi a questo fattore di distanza del pittore siciliano rispetto alle
“mode” a lui contemporanee, è risultato particolarmente interessante osservare i vari
commenti critici, notando che, com’era da aspettarsi, in alcuni casi l’arte realista è
stata giudicata come ottocentesca o quantomeno antiquata in relazione al clima
artistico che si andava affermando.
L’altra discriminante che ha reso coinvolgente tale ricerca sulla critica all’opera di
Renato Guttuso è stata di genere politico, poiché si tratta di un artista apertamente e
concretamente schierato dal punto di vista politico (ricordiamo che si iscrive al
Partito Comunista già nel 1940, quindi in forma del tutto clandestina), in un
momento della storia politica italiana non certo semplice. Questo è apparso
senz’altro come un fattore di grande valore e rilevanza per l’esame delle varie
reazioni critiche, in quanto si è notato, fatto abbastanza naturale, come quei critici
apertamente militanti, che scrivono ad esempio sulle pagine de «l’Unità» o delle altre
riviste di Partito, si schierino molto spesso completamente a favore dell’operato di
Guttuso, ma mossi soprattutto da motivazioni ideologico-politiche, più che di
apprezzamento estetico. Questa parte di critica, di fatto, al di là dei valori pittorici o
stilistici propri del realismo guttusiano, mostra di apprezzare principalmente il
messaggio sociale, la volontà di interazione con il popolo, l’intenzione di dar vita ad
un’arte finalmente democratica, popolare, immediata e non più elitaria o accademica.
L’analisi proposta da questi critici di sinistra, dunque, non va ad indagare le opere
dell’artista siciliano da un punto di vista “formale” o pittorico, ma in primo luogo ne
esalta la portata e la valenza “popolare”, quindi fondamentalmente ideologica, e
rischia così, talvolta, di sottovalutare o quantomeno di minimizzare l’effettiva
complessità che caratterizza il realismo di Guttuso. Un realismo che di fatto non è
mai un mero strumento politico, ma che racchiude una vasta articolazione di
significati molteplici, dal sentito legame con la sua terra alle contaminazioni di
correnti artistiche europee o statunitensi, con l’interesse per movimenti anche
avanguardistici e non soltanto di matrice realista.
L’engagement di Guttuso, dunque, è senz’altro un elemento di fondamentale
importanza per l’analisi critica su questo pittore, ma non va considerato come fattore
esclusivo o predominante, pena l’eccessiva semplificazione di una pittura che,
nonostante l’aspetto formale e linguistico apparentemente “facile”, racchiude una
complessità e una pluralità interiore tutta da indagare.
Dall’altro lato quella critica non così schierata politicamente (anche se, in realtà,
nel momento storico in oggetto, come forse ancora oggi, l’assimilazione tra la figura
dell’intellettuale e una militanza di sinistra risulta molto frequente), e magari
maggiormente attenta a valori formali e stilistici, spesso critica in senso negativo i
caratteri pittorici dell’opera guttusiana, giudicandola in linea con le istanze realiste
ottocentesche, ma non con le nuove tendenze d’avanguardia, sia italiane che
straniere. Questo genere di critica si mostra quindi effettivamente sorpreso e felice
del cambiamento stilistico, ma soprattutto sostanziale, che interviene nell’opera di
Guttuso già a partire dal 1953, con gli studi sul tema del boogie-woogie, e poi, più
compiutamente, dal 1955 in poi con l’apertura del pittore allo studio della realtà e
soprattutto dell’uomo moderno nella sua nuova, e talvolta alienante, collettività di
massa.
L’uomo inserito in tale contesto corale e spersonalizzante, caratteristico della
dimensione urbana contemporanea, è il protagonista delle opere del pittore siciliano
dalla metà del decennio (e poi per tutto il decennio successivo), così come lo erano
stati i contadini in rivolta o i lavoratori delle zolfare siciliane nei dipinti dei primi
anni Cinquanta. La società cambia rapidamente, pone nuovi, talvolta inquietanti,
interrogativi, nuove questioni irrisolte e un’arte che si pone come consapevole
specchio di essa deve necessariamente collocarsi sulla medesima scia di
rinnovamento, rispondendo a queste inedite problematiche che si presentano. Guttuso
lo fa, riscuotendo inaspettatamente consensi ed apprezzamenti da quella critica
generalmente poco favorevole alla sua opera, mentre risulta poco compreso e
valorizzato dai critici che invece lo avevano sempre sostenuto.
Dunque questi due fattori, l’osservazione delle reazioni critiche ad un’arte
popolare ed accessibile, proprio nel momento della ribalta delle istanze astratte e
informali, e i commenti nei confronti di una pittura dai poco velati richiami politici e
sociali, sono stati gli elementi maggiormente stimolanti ed interessanti nello
svolgimento di tale ricerca.
Il materiale a cui si è fatto principalmente riferimento è stato di genere abbastanza
vario, ma il cardine bibliografico di riferimento è stato il Catalogo ragionato
generale dei dipinti di Renato Guttuso, a cura di Enrico Crispolti, edito nel 1983.
Qui, oltre chiaramente alla catalogazione di tutte le opere di Renato Guttuso, è stato
possibile reperire i vari riferimenti critici, che in seguito sono stati consultati nelle
varie riviste e periodici originali dell’epoca (alcuni di essi, i più significativi secondo
il nostro parere e non ripubblicati in raccolte o monografie, sono stati anche inseriti
integralmente nell’antologia critica in appendice).
Oltre ovviamente agli interventi critici comparsi sui vari cataloghi di esposizioni e
sulle molteplici monografie, è risultato molto utile ed interessante il volume di
Nicoletta Misler, La via italiana al realismo. La politica culturale del P.C.I. dal
1944 al 1956, del 1973. Questo, nello specifico, si è rivelato prezioso per una ricerca
sui rapporti esistenti tra Guttuso, ma più in generale tra i realisti italiani, e i critici
delle riviste e delle sezioni culturali del Partito Comunista Italiano.
Al termine, nell’antologia critica, si è scelto di inserire alcuni fra gli interventi
critici consultati, selezionati sia secondo un criterio di accessibilità, poiché gli articoli
riportati non risultano essere riediti in seguito alla pubblicazione sul periodico
dell’epoca, sia secondo un criterio di varietà. Si è voluto, infatti, anche in tale sede
fornire una panoramica il più ampia e variegata possibile della critica su Renato
Guttuso nel decennio considerato, e quindi si sono privilegiati quei discorsi critici
provenienti non soltanto da riviste apertamente politicizzate o di Partito e si è cercato
allo stesso tempo di coprire tutti gli anni Cinquanta, visti anche i fondamentali
cambiamenti che intercorrono nella pittura guttusiana.
È risultata così un’analisi che si è prefissata di dare una panoramica abbastanza
variegata e obiettiva, prestando attenzione alle differenti parti critiche in questione, ai
diversi momenti che, nel corso degli anni Cinquanta, la pittura di Guttuso attraversa e
a tutta la affascinante versatilità, la densità di significati e la complessità
interpretativa peculiari di questa forma di studio sulla realtà perseguita dall’artista
siciliano.