7
In una organizzazione così articolata è diventato consequenziale il
crescente affermarsi di logiche di lottizzazione privatistica nella
gestione della cosa pubblica, con un progressivo affievolimento dei
procedimenti di controllo amministrativo, in virtù di una tendenziale e
strumentale concentrazione del potere, finalizzata ad una successiva
dislocazione in sedi tutt’altro che trasparenti.
In questo contesto, dunque, il pagamento della tangente, come mezzo
di accesso al sistema diritto-privilegio, ha finito per l’assumere un
ruolo sempre più essenziale nella individuazione della “natura delle
cose”.
Infatti, il caso di scuola del cittadino che dà una somma di danaro al
pubblico agente per acquistare questo o quel privilegio, è stato superato
dall’ipotesi tipica dei delitti di Tangentopoli che, invece, ha ricondotto
la controparte privata del rapporto collusivo non più al semplice
cittadino, ma a soggetti appartenenti alla fascia medio alta della vita
economica e politico- amministrativa del nostro Paese; si è determinato
così, quale effetto conseguente alla realizzazione di fatti
sostanzialmente divergenti rispetto all’esperienza precedente, un
decisivo mutamento sociale e penale, date le evidenti ripercussioni che
questi fatti hanno prodotto sul bene giuridico aggredito.
Pertanto, una tale ridefinizione ha fatto sentire, e non poteva essere
altrimenti, i suoi effetti anche sulla stessa discussa natura delle figure
delittuose ricorrenti nella dinamica tangentizia: concussione e
corruzione, infatti, hanno finito per essere oggetto di oscillanti
interpretazioni e ampi dibattiti dottrinali, che hanno finito per svuotare
di contenuto i concetti normativi che li prevedevano e a lasciare il
lettore della norma completamente incapace di comprenderne il reale
significato.
8
Dunque, sul piano giuridico- penale, una volta constatata l’incapacità di
cogliere la concreta dimensione offensiva dei nuovi fatti di criminalità
politico- amministrativa da parte dei tradizionali interessi sottesi ai reati
del Capo I del Titolo II del Libro II (buon andamento e imparzialità
dell’azione amministrativa), si è venuta manifestando anche un
evidente difficoltà nell’applicazione delle singole fattispecie, talvolta
manipolate allo scopo di ricomprendervi tipologie delittuose sfuggenti
al loro stesso impianto tipico.
Questo è il caso emblematico del delitto di concussione e del delitto di
corruzione, costantemente caratterizzati dalla evidente incertezza nella
loro qualificazione giuridica che, da una parte, si è arenata nella annosa
disputa circa l’individuazione di affidabili criteri di differenziazione
tipica e , dall’altra, si è imbattuta nelle difficoltà derivanti dalla
emersione di una nuova fattispecie delittuosa, giuridicamente ibrida e a
fisionomia variabile: la cd “concussione ambientale”.
Di fronte a tali difficoltà è stata inevitabile la presa d’atto
dell’inadeguatezza della fattispecie normativa vigente, datata e
incapace di regolare il fenomeno se non affidandosi a discutibili
operazioni di supplenza giudiziaria che, seppur pericolosamente
legittimate dall’opinione pubblica, si sono caratterizzate per la
violazione di fondamentali principi costituzionali, primo fra tutti quello
di legalità.
Ciò senza considerare che i vari interventi normativi in materia, dalla
legge n. 86 del 1990 alla legge n. 300 del 2000, passando per la legge
n. 181 del 1992, nati con lo scopo di rendere più efficace la tutela
penale della Pubblica Amministrazione, non sembrano ad oggi aver
raggiunto tale finalità.
9
Infatti, sebbene l’analisi della fattispecie di concussione, da me presa in
esame in questa trattazione, si possa avvalere di una elaborazione
dottrinale e giurisprudenziale ricca ed articolata, molti e non secondari,
sono i profili oggetto di dubbio o di incertezze interpretative, che
continuano ad essere riproposti, con significativa frequenza,
all’attenzione dei giudici come anche della scienza penalistica.
L’individuazione del bene tutelato, la determinazione del contenuto
della condotta incriminatrice, la ricerca di un criterio discretivo tipico
rispetto alla fattispecie di corruzione, e ancora la possibile introduzione
della nuova figura della “concussione ambientale”, devono essere
improntati, in considerazione dell’attuale sistematica dei reati contro la
Pubblica Amministrazione, alla necessità di ricercare un disvalore
tipico della concussione, ben distinto da quello degli altri reati
appartenenti allo stesso titolo, e, soprattutto, proporzionato alla severità
dell’opzione punitiva.
Nella trattazione che segue, cercando di analizzare tutti i fattori più o
meno problematici legati alla fattispecie di concussione, ho voluto
riportare l’ampio raggio di possibilità risolutive avanzate tanto dalla
dottrina quanto dalla giurisprudenza rispetto ad ogni singola questione.
Come si vedrà, alcuni aspetti richiedono di imboccare strade per lo più
obbligate dall’attuale sistema costituzionale, altri invece necessitano di
una adesione del tutto soggettiva, condizionata dal fronte dottrinale-
giurisprudenziale al quale si ritiene di aderire.
Sicuramente, in una prospettiva di necessaria (?) revisione del delitto in
questione, ben si potrebbe valutare l’opportunità di una diversa
collocazione o rilevanza delle ipotesi ora riconducibili all’art. 317 c.p.,
ma per tale analisi non si può prescindere dalla necessità di fornire tutti
gli elementi interpretativi e applicativi della fattispecie di concussione,
10
che tengano conto dell’attuale sistema dei delitti contro la Pubblica
Amministrazione e di una società che necessita di una tutela penale più
forte ed incisiva in settori così vitali per la corretta gestione
dell’apparato pubblico.
11
CAPITOLO I
1- La concussione come delitto contro la Pubblica
Amministrazione
Il delitto di concussione, contemplato dall’art. 317 del codice penale, è
collocato nell’ambito del titolo secondo del libro secondo, relativo ai
delitti contro la Pubblica Amministrazione, ed è il più grave tra i reati
realizzabili dai soggetti pubblici.
Il titolo secondo, infatti, è rappresentato da un complesso di
disposizioni approntate per salvaguardare il corretto funzionamento
dell’apparato pubblico contro fatti che ne colpiscono non solo l’attività
amministrativa in senso tecnico, ma anche, sotto certi aspetti, anche
l’attività legislativa e quella giudiziaria.
1
Infatti, come afferma espressamente la Relazione al codice
2
“il
concetto di pubblica amministrazione viene assunto nel senso più
ampio, e cioè comprensivo dell’intera attività dello Stato e degli altri
Enti Pubblici”; la legge penale, in questo modo, prevede e persegue
tutti quei comportamenti, posti in essere tanto da soggetti interni ad
essa quanto da esterni, atti a compromettere l’attività funzionale dello
Stato.
3
1
Cfr. Fiandaca- Musco, Diritto Penale, Parte Speciale, I, Zanichelli, 2007, p. 154 e ss.; Antolisei,
Manuale di diritto penale, Parte speciale, II, Giuffrè, 2003, p. 266 e ss.; Pagliaro, Principi di diritto
penale, parte speciale, Giuffrè, 2003, p. 105 e ss.
2
Relazione Ministeriale sul Progetto del codice penale, p. 112.
3
In proposito cfr. per tutti Pagliaro, Principi, op. cit., p.105 e ss.; per contro Antolisei,, Manuale,
op. cit. che ritiene tale definizione troppo lata poiché in siffatta previsione vi dovrebbero rientrare
anche reati che in effetti ne sono esclusi, quali, ad esempio, i delitti che offendono gli interessi
12
A questo scopo il codice ha operato una distinzione in due capi: il capo
I concernente i delitti posti in essere dai pubblici ufficiali, mentre il
capo II disciplina i delitti dei privati contro l’amministrazione pubblica.
Nonostante tale distinzione non sia formalmente impeccabile
4
,
quantomeno sotto il profilo sostanziale risulta essere corretta, per la
diversa indole che riconosce alle due ipotesi criminose; invero, nei reati
di cui al capo II, l’aggressione all’attività funzionale dello stato è
determinata da individui estranei all’attività medesima, mentre nei reati
della prima classe l’offesa proviene dall’interno, e implica sempre una
violazione di doveri funzionali da parte di soggetti che esercitano
mansioni pubbliche
5
. Da questo assunto di base nasce la ratio della
maggiore gravità di tali ultime condotte e, in particolar modo del delitto
in esame, individuabile nel particolare disvalore del comportamento
atto a strumentalizzare l’ufficio pubblico per coartare la volontà altrui,
tale da giustificare un trattamento sanzionatorio estremamente rigoroso
(da quattro a dodici anni).
6
Per questo motivo la previsione dell’art. 317 c.p. serve a sanzionare il
soggetto pubblico che, attraverso un comportamento violento o
minaccioso , ovvero mediante atteggiamenti artificiosi, strumentalizza
la propria qualifica per ricavarne vantaggi indebiti da parte di coloro
che intrattengono rapporti con la pubblica amministrazione
7
.
politici dello Stato, previsti nel primo titolo, nonché quelli che riguardano l’attività degli organi
giudiziari, disciplinati nel terzo titolo.
4
Come rileva Antolisei : “Nella prima classe sono compresi reati che possono essere commessi da
persone diverse dai pubblici ufficiali, e cioè dagli incaricati di pubblico servizio e dagli esercenti un
servizio di pubblica necessità, mentre autori dei delitti della seconda classe possono essere anche
persone che hanno attribuzioni di carattere pubblico”, Manuale, op. cit., p. 266.
5
In tal senso Pomanti, La concussione, Giuffrè, 2004, p. 4 e ss.
6
Cfr. anche Fiandaca- Musco, secondo cui la maggiore gravità della concussione và colta
all’interno della logica propria dello Stato fascista in cui i singoli cittadini, annullati nella comunità
statuale, devo essere tutelati dalle sopraffazioni di soggetti dotati di una posizione di supremazia, in
Diritto Penale, op. cit., p. 205 e ss.
7
Per un approfondimento si veda Morra, Corruzione e concussione, Giappichelli, 2004, p. 10 e ss.
13
Dunque egli compromette non soltanto il buon andamento e
l’imparzialità dell’azione amministrativa ( articolo 97 della
costituzione)
8
, ma anche la libera autodeterminazione del privato, il
quale ha interesse a che i funzionari pubblici non perpetrino a suo
danno soprusi o abusi ingiustificati di potere.
9
Questa tesi, pienamente condivisa anche dalla giurisprudenza
10
maggioritaria, porta inevitabilmente a considerare il reato di
concussione come un reato proprio e plurioffensivo
11
infatti, se da un a
parte esso è realizzabile solo dal pubblico ufficiale e dall’incaricato di
pubblico servizio, dall’altra offende non solo i principi di cui all’art. 97
Cost., ma anche la libertà dei singoli in relazione alla gestione del loro
patrimonio privato.
Per questo motivo, secondo parte della dottrina, tale reato ha una
oggettività giuridica multipla e complessa
12
, i relazione alla
molteplicità di interessi che protegge e perché, guardando al soggetto
passivo del reato, è protetto un duplice bene individuale: l’integrità del
patrimonio e la libertà di decidere senza coercizione
13
.
8
Secondo Pagliaro il buon andamento viene leso dal soddisfacimento di un interesse privato del
pubblico ufficiale, mentre l’imparzialità è violata dal fatto che il potere pubblico è rivolto ad
avvantaggiare indebitamente il pubblico ufficiali o altri soggetti a danno del soggetto concusso, in
Principi,op. cit., p. 104 e ss; in senso adesivo anche Antolisei, Manuale, op. cit., p. 299 e ss.
9
In tal senso Bevilacqua, I reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Cedam,
2004, p. 599; Pomanti, La concussione, op. cit., p. 5;. In senso contrario si veda Fiandaca, Diritto
Penale,op. cit., p. 205; Pedrazzi, La promessa del soggetto passivo come evento nei delitti contro il
patrimonio, in Rivista Italiana di Diritto Penale, 1952, p. 350.
10
Corte di Cassazione, sentenza 10 ottobre 1992, n. 3134.
11
Cfr. Pomanti, La concussione, op. cit., p. 3 ; Bevilacqua, I delitti, op. cit., p. 599; Pagliaro,
Principi, op. cit., p. 147; contra Fiandaca- Musco, Diritto Penale, op. cit., p. 205.
12
Chiarotti, La concussione, Diritto vigente, in Enciclopedia del Diritto, VIII, 1961 p. 706; Pomanti,
La concussione, cit., p. 3; Santoro, La concussione, Cedam, 1997, p. 37.
13
Per un approfondimento si veda Santoro, La concussione, Cedam, 1997, p.37 e Chiarotti, La
concussione, in Enc. Dir., op. cit., p. 706.
14
Nonostante tale assunto sia osteggiato da quanti ritengono che gli
interessi della vittima non rilevino nello schema della fattispecie
14
,
sembra da appoggiare la dottrina maggioritaria che è a favore della
rilevanza anche di questi elementi.
Non a caso infatti tale reato si consuma nel momento e nel luogo in cui
è avvenuta la dazione o si è fatta la promessa, e di conseguenza è un
reato di evento
15
. Infine, da un punto di vista processuale, la
competenza spetta al Tribunale ordinario in composizione
colleggiale
16
; la procedibilità è d’ufficio.
14
E’ questa l’opinione espressa da Contento, La concussione, op. cit., p. 58; Pedrazzi, La
promessa, in Riv. It. Dir. Pen., p. 106. Dell’avviso che la tutela del cittadino venga garantita solo in
via subordinata è Corte di Cassazione, sez. VI, 15 dicembre 1992, Di Gioia, in Rivista Penale, p. 78.
15
Così Fiandaca- Musco, Diritto Penale, op. cit., p. 211; Pedrazzi, La promessa, op. cit., p. 355.
16
Tale competenza giudiziale è frutto della modifica effettuata dalla legge 26 aprile 1990, n. 86,
che, al fine di ottenere un maggiore equilibrio e ponderatezza nelle decisioni riguardanti tutti i delitti
contro la Pubblica Amministrazione, ha eliminato la cognizione del pretore a favore del Tribunale.
15
2- Evoluzione storica
Per un esame approfondito del delitto di concussione non si può
prescindere dallo studio delle sue antichissime origini, di cui
rinveniamo le prime tracce nel diritto penale romano
17
.
Invero, già nel diritto egiziano e in quello mosaico
18
si trovano alcuni
cenni a pene comminate ai giudici corrotti, ma solo nella legislazione
ellenica il fenomeno si presenta più evoluto e sanzionato, a seconda dei
casi, con la pena pecuniaria o con la degradazione civica, e addirittura
con la morte.
19
Ma una tutela penale dell’esercizio dei poteri pubblici cominciò ad
esistere nel momento in cui si formò un’organizzazione statuale
pienamente autonoma rispetto al singolo appartenente al consorzio
sociale
20
; ed è proprio nella tradizione giuridica romana che si rinviene
per la prima volta tale caratteristica
21
.
Infatti era con il termine concussio che si intendevano fenomeni
generali di corruttela dei titolari dei poteri pubblici, tra i quali la
corruzione del giudice e ogni tradimento alla patria.
Quindi in tale fase storica non si rinvengono cenni specifici al delitto di
concussione, in quanto, la severità dei costumi, la breve durata delle
magistrature, la sorveglianza del senato, e il diritto che i cittadini
avevano di esercitare contro l’ufficiale prevaricatore l’azione civile per
17
Infatti secondo gli studiosi tra le leggi penali dell’antico oriente non si rilevano tracce spiccate
della fattispecie di concussione, come sottolinea Bevilacqua, I reati dei pubblici ufficiali contro la
Pubblica Amministrazione, Cedam, 2004, p.3.
18
Per un approfondimento in tal senso cfr. Pomanti, La concussione, Giuffrè, 2004, p. 9 e ss.
19
Cfr. Li Vecchi, Vecchi e nuovi problemi ermeneutica in tema di concussione, in Rivista Penale,
1992, p. 706 ss.
20
Cfr. Brasiello,La concussione, Diritto romano, in Enciclopedia del diritto, VIII, p. 697 e ss.
21
Tale caratteristica era individuata nella majestatis, cioè la sovranità, nella quale confluivano la
potestas ( potere d’imperio) e la dignitas ( il decoro), di cui erano esclusivi titolari prima il re e poi
il popolo ed il senato, cfr. Bevilacqua, I reati, op. cit., p. 6.
16
farsi restituire ciò che era stato loro carpito ingiustamente,
concorrevano a mantenere i funzionari entro il limiti del proprio
dovere.
22
I primi tratti specifici del reato si rinvengono invece dopo la conquista
delle province fuori dall’Italia.
Al pretore o al console che dovevano amministrare tali territori veniva
attribuito il comando militare, l’amministrazione della giustizia civile e
penale, nonché l’amministrazione finanziaria; tutti questi poteri riuniti
in un solo singolo soggetto determinarono lo sviluppo del fenomeno
criminoso.
23
L’incremento di tali abusi fu facilitato anche dall’eccessiva
permanenza sul territorio dei governatori, i quali , lungi dagli occhi dei
loro cittadini, prorogavano all’infinito il loro mandato (che di regola
era di un anno), trovando così il modo di rendere lucroso il loro
ufficio.
24
In tale quadro, la risposta politica e giudiziaria data dalle leggi romane
per porre fine a questa prassi, si trovò nell’incriminazione del crimen
repetundarum (pecuniarum)
25
che consisteva nell’illecita ricezione di
doni e nell’illecito commercio con i sottoposti da parte dei governatori;
22
Per un approfondimento si veda Li Vecchi, Riserva mentale e configurabilità del tentativo, in
Rivista Penale, 1995, p. 705.
23
Manzini, Trattato di diritto penale italiano, V, Utet, 1987, p. 190.
24
Come rileva Bruchi, “bastava un semplice accordo fra il governatore e i gabellieri, che da lui
dipendevano e a cui veniva affidata la percezione delle imposte, perché la provincia fosse
indegnamente spogliata”, in Il digesto italiano, VIII, p 526.
25
Nonostante in generale si individui l’origine della concussione in tale fattispecie, un autorevole
indirizzo proposto dal Manzini afferma che la concussio è sorta come crimine solo nella
legislazione imperiale, e dunque non si immedesimi col crimen repetundarum. Tuttavia non v’è
dubbio che questo crimine abbia affrontato per la prima volta il tema degli abusi dei soggetti
pubblici, e considerando che l’abuso è elemento centrale e fondamentale della concussione, sembra
che non ci possa discostare dalla interpretazione tradizionale. In tal senso Pomanti, La concussione,
op. cit., p. 8.
17
l’attenzione era concentrata sul recupero sia del denaro che delle altre
utilità estorte con atti di imperio abusivi
26
(repetundae res).
La prima legge specifica in tema di concussione fu la lex Calpurnia de
pecuniis repetundis (149 a. c.) emanata sotto il plebiscito di Lucio
Calpurnio Pisone Frugi e istitutiva di una sorta di giuria ( quaestio
perpetua) che, presieduta dal praetor peregrinus
27
e composta da
numerosi giurati di rango senatorio, aveva il potere-dovere di decidere
in tema di crimen repetundarum
28
.
Tale legge mirò a restituire il maltolto a coloro che avevano dato
somme indebite al magistrato, previa aestimatio nel caso in cui oggetto
dell’ingiustizia non fosse stato il denaro.
Nonostante la dottrina non sia concorde
29
nel riconoscere alla condanna
così determinata sia carattere restitutorio che quello punitivo, sicura
sembra essere la forma privata del processo, che si esplicava nella legis
actio sacramentarum.
30
Proprio sulla scia di questa impostazione giuridica, alla lex Calpurnia
seguì la lex Sempronia iudiciaria di Caio Gracco ( 123 a.c.).
A seguito di quest’ultima legge le estorsioni o concussioni praticate
con usurpazioni dirette o con costrizioni non furono più perseguite in
un giudizio di carattere privato, ma in un procedimento penale.
31
26
Li Vecchi, Riserva mentale, op. cit., p. 705.
27
Questi, dopo aver ricevuto il ricorso dei provinciali, nominava i giudici tra i senatori, i quali
condannavano il colpevole alla restituzione del maltolto. Si dette così una maggiore e più severa
garanzia ai cittadini autorizzandoli a domandare giustizia direttamente per mezzo di un patrono o
ad uno dei pretori in esercizio. Cfr. Bruchi, La concussione, in D.I., p. 519.
28
Per un approfondimento P. Pomanti, La concussione, op. cit., p.15.
29
Cfr. Manzini secondo il quale fu solo con la lex Acilia che si tramutò l’azione civile di ripetizione
delle liberalità e delle esazioni, indebitamente ricevute dai pubblici funzionari, in azione penale, in
Trattato, op. cit., p. 190.
30
Cfr. Pagliaro, Per una modifica delle norme in teme di corruzione e concussione, in Rivista
Penale dell’ Economia, 1999, p.55.
31
Secondo Pomanti è con questa legge che si accentuò chiaramente la natura criminale delle
repetundae. Soggetti attivi del reato potevano essere il dittatore, il console, il pretore, il censore, il
magister equitum, l’edile, il tribuno della plebe, il questore, il triunviro agris dandis adsignandis, i
senatori e i loro figli, in La concussione,op. cit., p. 12.
18
La pena consisteva nella restituzione del doppio del valore dei beni
estorti.
Dieci anni dopo la lex Servilia Glaucia (103 a.c.), conferì la cognizione
di questi giudizi al partito popolare, dal quale venivano giustamente
esclusi i senatori, i parenti di questi, e i magistrati non senatori.
Anche la sanzione venne rafforzata, prevedendo in caso di condanna la
restituzione alla vittima del doppio del maltolto oltre ad una multa in
favore dell’erario.
32
Nel seguito, intorno all’80 a.c. venne emessa la lex Cornelia de
repetundis del dittatore Silla, la quale riportò la giurisdizione ai
senatori, togliendola al partito popolare, pur fissando la sanzione nel
quadruplo del maltolto.
33
Intorno al 50 a.c. venne poi emessa la lex iulia di Giulio Cesare la
quale ebbe il merito di codificare leggi già esistenti, nonché di
introdurre nuove disposizioni contro gli abusi dei magistrati
34
.
In particolare venne a determinare con esattezza ciò che il governatore
poteva esigere, sancendo la nullità di tutte le donazioni effettuate dallo
stesso, con fissazione di un pena anche a carico del donatore.
35
Per questa legge rispondeva di concussione qualunque soggetto avesse
ricevuto denaro nell’esercizio della giustizia civile o criminale o il
funzionario subalterno che, simulando ordini di superiori, avesse
ingenerato timore nei privati allo scopo di estorcerne utilità.
32
Era prevista anche una disposizione premiale con la quale si stabiliva che il provinciale
collaborante nella individuazione del magistrato prevaricatore acquistasse la cittadinanza romana.
33
Nei casi più gravi la pena prevista era la interdictio acquae et ignis, cioè il divieto per chiunque di
fornire assistenza al colpevole, o anche la radiazione dal senato. Per un approfondimento
Bevilacqua, I reati, op. cit., p.4 e ss..
34
Questa legge ebbe anche il merito di distinguere nettamente le fattispecie di concussione da quelle
di corruzione, prevedendo in entrambe i casi anche l’applicazione della pena accessoria della
incapacità legale a rendere una testimonianza in giudizio. Pomanti, op. cit., p. 27.
35
La dottrina riporta come le concussioni diminuirono significativamente sia per l’efficacia della
rigorosa legge di Cesare, sia perché l’imperatore conosceva esattamente le rendite delle province,
potendole così controllare senza troppe difficoltà. Cfr. Bruchi, op. cit., p. 527..
19
In seguito però le gravi sanzioni della legge Giulia caddero in disuso, e
la concussione divenne un reato di lesa maestà
36
, come tale,
imprescrittibile, perseguibile anche dopo la morte del colpevole e
procedibile anche a denunzia di parte.
Quale delitto autonomo per concussio, dal latino concutere, si intese
proprio l’azione di scuotere un albero per farne cadere i frutti
37
,
esprimendo così l’idea del timore profuso per estorcere denaro o altra
cosa.
Sostanzialmente il delitto assunse la figura di una estorsione di danni o
di prestazioni mediante abuso di ufficio; già allora si potevano notare
gli stretti rapporti tra la concussione e il delitto di estorsione,
nonostante il primo sia sempre stato caratterizzato dalla qualifica
pubblica del soggetto attivo nonché dall’abuso di qualità e di poteri,
elementi invece estranei al secondo.
38
Tale schema sopravvisse e penetrò anche fra i popoli di origine
germanica, stanziatisi in Italia dopo la caduta dell’Impero Romano
d’Occidente, e resistette fino al basso medioevo.
39
In questo periodo, però, si confusero ulteriormente i caratteri del delitto
a quo con quello di corruzione, nell’unico concetto di “baratteria”
40
, a
36
Nell’accezione allora in uso esso comprendeva sia le azioni rivolte dall’interno ( perduellio) o
dall’esterno ( prodigio) contro l’ordine statuale, sia quelle costituenti più propriamente un abuso dei
poteri affidati ai funzionari. Cfr Bevilacqua, I reati, op. cit, p. 2.
37
Tale definizione venne formulata per la prima volta dall’ illustre criminalista Carmignani, e le
definizioni che in seguito sono state date dalla dottrina non hanno fatto altro che limitarsi a
parafrasare la norma. Li Vecchi, Vecchi e nuovi problemi, op. cit., p. 707.
38
In questo periodo infatti il termine concussio coincideva soprattutto con l’estorsione di denari
accompagnata dalla minaccia di ricorrere alla denuncia o alla coercizione giudiziale, o dalla
simulazione di un ordine del magistrato.Essa aveva una funzione residuale: poteva applicarsi
quando il fatto non poteva rientrare in un altro più specifico delitto, come il crimen repetundarum.
Manzini, op. cit, p. 490.
39
Qui però il delitto di concussione veniva talvolta confuso anche con la fattispecie del peculatus (
da pecus, bestiame), vale a dire l’illecita appropriazione di danaro o di altri beni pubblici da parte
dei funzionari dello Stato e dei privati stessi. Difatti le pene previste in quest’ultima ipotesi
corrispondevano a quelle del crimen repetundarum: risarcimento fino al quadruplo, acqua et ignis
interdictio, morte. Bevilacqua, op. cit., p 4 e ss.
40
Cfr. Marongiu, Concussione,Diritto intermedio, in Enciclopedia del diritto, VIII, p. 699.
20
testimonianza di come tra le due ipotesi di reato vi siano sempre state
caratteristiche molto affini tali da creare una zona d’ombra, in cui
entrambe perdono definizione e contorni.
41
Un graduale cambiamento avvenne nel XVI secolo, allorquando,
nell’ambito dell’onnicomprensivo delitto di lesa maestà, si cominciò a
distinguere tra delitti di primo e secondo grado: in quest’ultima
categoria trovò posto il reato di concussione in quanto, diversamente
dai reati ascritti alla prima categoria, non possedeva una carica lesiva
della sicurezza dello stato.
42
Di conseguenza nella legislazione comunale si cercò di contenere
maggiormente l’ambito di applicazione del fenomeno concussivo
43
; a
tale scopo la dottrina diede sempre maggior peso all’elemento del
metus pubblicae potestatis, consistente nella paura o nel timore
generato nel soggetto passivo dalla situazione di preminenza di cui
godeva il pubblico funzionario.
In questo modo si chiariva che motivo discriminante tra corruzione e
concussione era l’atteggiamento del giudice che, differentemente dalla
corruzione dove egli era solo il destinatario di una somma datagli
spontaneamente, riceveva danaro per averlo egli stesso estorto.
44
41
Pomanti, La concussione, op. cit., p 8 e ss.
42
Vale la pena di ricordare che sotto il titolo di delitti di lesa maestà venivano raggruppati i più
diversi fatti criminosi ( dal falso nummario alla resistenza alla forza pubblica) e di cui gli autori del
XVI e XVII secolo ne avevano contato quarantacinque. Per un approfondimento Bevilacqua, op.
cit., p. 5 e ss.
43
Durante l’età comunale gli Stati Italiani coprirono di efficaci garanzie l’esercizio delle pubbliche
magistrature istituendo i sindacati e nominando i forestieri per le magistrature maggiori. Cfr.
Bruchi, Concussione, in D.I, p. 530.
44
Infatti ,come fattispecie specifica, le Costituzioni egidiane del 1357 vennero a sanzionare le
estorsioni realizzate con una minaccia ingiusta dal carcere, senza prevedere quale requisito del
crimine, anche l’abuso del pubblico funzionario. Nella dottrina più antica Tiberio Decani giunse
così a definire concussione il fatto di colui il quale, nell’esercizio di un pubblico ufficio
(magistratura, ambasceria, curatela), avesse indotto gli altri a dargli o promettergli denaro
(corporalis pecunia) o altra utilità. Cfr. Bruchi, Concussione, in D.I., p .529.