3
Introduzione
L’idea di questa prova finale nasce dalla curiosità scaturita a seguito di una visita al
Museo Galata di Genova, un museo che presenta il fenomeno della “grande
emigrazione” italiana, e che è diventato lo spunto per riflettere su come oggi, di fronte
all’evento delle migrazioni che costituiscono un’emergenza sociale, sia importante
riflettere sul ruolo che il passato migratorio ha avuto in Italia.
L’obiettivo è analizzare come il fenomeno migratorio, in particolare quello italiano, che
caratterizzò il XIX e il XX secolo, venga trattato in ambito museale prendendo in
considerazione alcuni dei musei che presentano il fenomeno stesso, focalizzando poi
l’attenzione su un esempio ben riuscito di museo che rientra nella suddetta tipologia,
ovvero il Museo Galata di Genova.
All’interno del primo capitolo cercherò di ripercorrere gli aspetti salienti della “grande
emigrazione” individuando quelle che sono state le cause e le motivazioni che hanno
dato origine a questo flusso eterogeneo di italiani, i quali decisero di lasciare la loro
patria ed affrontare un lungo e pericoloso viaggio sulle “carrette del mare” in condizioni
disumane, per raggiungere la tanto agognata “Merica” .
La presenza di musei che trattano questo capitolo della storia italiana, spesso poco
approfondito a livello scolastico, come il museo di Ellis Island, il recente Museo
nazionale dell’Emigrazione Italiana a Roma, oppure ancora il museo Galata di Genova,
sottolinea come tale fenomeno abbia avuto una portata particolarmente significativa per
l’Italia e non solo, ed è per questo motivo che cercherò di mettere a confronto come
l’identità migratoria italiana vi sia rappresentata.
Il secondo capitolo invece, si concentrerà su Galata museo del mare. L’obiettivo è
ripercorrere brevemente le caratteristiche dei musei del mare e la loro impostazione
classica basata prevalentemente su carte nautiche realizzate dall’Istituto idrografico
della Marina Militare. Mi soffermerò in particolare sul Museo Galata di Genova e il
modo in cui lo stesso rivoluziona l’impostazione tradizionale, ma soprattutto
l’innovativo percorso multimediale ed interattivo proposto, attraverso si cui affronta la
tematica delle emigrazioni italiane del passato e l’immigrazione verso l’Italia oggi,
mettendole a confronto.
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L’innovativo approccio del museo di Genova diventa inoltre lo spunto per fare una
riflessione, nel terzo ed ultimo capitolo, relativamente a come l’immagine del museo
stia progressivamente cambiando.
I mezzi di comunicazione di massa sono parte integrante di questa trasformazione nella
quale l’esperienza museale non è più fredda e distaccata, ma al contrario diventa
interattiva.
Il visitatore non viene più considerato un soggetto passivo, cosa che accadeva appunto
in passato con la concezione di “museo-tempio”, ma vuole vivere esperienze capaci di
coinvolgerlo non più solo mentalmente ma anche, e soprattutto, emozionalmente;
esperienze capaci di lasciare un segno e un ricordo nella sua mente.
Tutti questi cambiamenti sono legati al fatto che il museo, a causa della sua funzione
sociale, cambia ed evolve assieme alla società nella quale è inserito e della quale ne
conserva l’eredità; inoltre oggi il museo è collocato all’interno di precise logiche di
mercato che fanno sì che venga concepito come una sorta di “industria”. Per tanto, deve
essere in grado adattarsi alle molteplici richieste del mercato.
Il museo non è più, quindi, solo un luogo di “culto”, una “cattedrale del sapere”,
riservato a pochi intenditori volenterosi di ampliare il proprio bagaglio culturale in
modo distaccato, ma diventa un polo di attrazione il cui obiettivo è ancora sicuramente
quello di trasmettere il sapere, ma in un modo completamente rivisitato.
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Capitolo I
La “grande emigrazione”italiana (1876-1915)
1.1 Partenza, transito, arrivo: dimensioni e caratteristiche del fenomeno
migratorio.
Il fenomeno migratorio si presenta come particolarmente sfaccettato ed articolato e, per
questo motivo, pensare di fornirne una descrizione puntuale e dettagliata, risulta molto
difficile. Utile tuttavia, almeno per quanto riguarda la storia dell’emigrazione italiana, è
distinguere 4 fasi:
1 la prima dal 1876 al 1900;
2 la seconda dall’inizio del Novecento alla Prima Guerra Mondiale;
3 la terza nel periodo compreso tra le due guerre;
4 la quarta ed ultima dal secondo dopoguerra fino la fine degli anni Sessanta.
1
Cercherò qui di descrivere la prima e la seconda fase, ovvero quel periodo compreso tra
il 1876 (anno della prima rilevazione ufficiale del numero di espatriati realizzata dalla
Direzione Generale della Statistica del Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del
Commercio)
2
e il 1915, per delineare anzitutto le cause che hanno poi, in un secondo
momento, dato avvio alla seconda fase, ovvero la “grande emigrazione”, che ha visto
circa 14 milioni di italiani lasciare la loro patria alla ricerca di nuove opportunità.
Dal 1901 “espatriano ogni anno 500.000 italiani e quattro partenze su dieci sono alla
volta del Nord America, in particolare degli Stati Uniti”.
3
Il flusso diminuisce in concomitanza del Primo conflitto mondiale, quando “iniziarono i
massicci rimpatri dall’estero e i divieti di espatrio per i soggetti alla leva, rafforzati poi
nel 1915.”
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1
AA. VV., Storia dell'emigrazione italiana. Partenze, a cura di Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina
E., Donzelli Editore, Roma, 2001, pp.47-48
2
AA. VV., Il mondo a Bergamo. Dall'emigrazione all'immigrazione, a cura di Emanuela Casti, Il lavoro
editoriale/università, Ancona, 2010, p.48
3
Nicosia A., Prencipe L., Museo nazionale dell'emigrazione italiana, Gangemi Editore, Roma, 2011,
p.51
4
Sori E., L'emigrazione italiana dall'unità alla seconda guerra mondiale, Il Mulino, Bologna, 1979 , p.
401
6
Le motivazioni che sono alla base di questa emigrazione di massa sono per lo più di
natura economica e coinvolgono in modo significativo il mondo agricolo e quindi
quello dei contadini, grande “serbatoio” di emigranti.
Da sempre questo settore è stato caratterizzato da migrazioni che portavano i contadini,
per lo più uomini, a spostarsi nei periodi invernali ed estivi. Si trattava di una
migrazione interna e soprattutto temporanea, ma comunque di fondamentale importanza
perché è stata proprio questa predisposizione allo spostamento che ha indotto poi, in un
momento successivo molto difficile, a valutare l’alternativa “Merica”.
Già nel periodo seguente l’Unità l’Italia, versa, infatti, in una situazione
economicamente complessa, aggravata ulteriormente, tra il 1873 e il 1879, da una
depressione agricola che attraversa l’Europa intera. I prezzi di alcuni prodotti italiani, in
particolare il grano, crollano vertiginosamente a causa della forte concorrenza
proveniente dall’America, la quale riesce a tener testa alla produzione italiana grazie al
notevole sviluppo dei trasporti con la comparsa delle navi a vapore, attraverso le quali
diventa possibile trasferire grandi quantità di merci in poco tempo e a un costo
contenuto.
5
A ciò va aggiunto: lo sviluppo del settore industriale il quale contribuisce a far
retrocedere ancora di più quello agricolo, ma che al tempo stesso si dimostra del tutto
incapace di assorbire la grande quantità di manodopera presente; l’esponenziale crescita
demografica (basti pensare che la popolazione italiana passa da meno di 18 milioni nel
1801 a circa 32 milioni esattamente nel giro di cento anni)
6
. Vi è quindi una pluralità di
fattori che contribuisce congiuntamente a rendere la situazione economica molto
delicata e spinge a prendere una decisione drastica. Non vi sono molte alternative,
infatti, come afferma lo stesso Francesco Saverio Nitti “O emigranti o briganti”.
7
Nella prima fase i protagonisti dell’emigrazione sono per lo più uomini giovani, che
partono soli; durante la seconda fase si assiste ad un aumento della percentuale di donne
che lasciano il paese, ma si tratta per lo più di ricongiungimenti familiari, cioè di donne
5
AA. VV., Storia dell'emigrazione italiana. Partenze, a cura di Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina
E., Donzelli Editore, Roma, 2001, p. 103
6
Ibidem, p. 102
7
Celebre frase pronunciata da Nitti e contenuta in L’emigrazione italiana e i suoi avversari” saggio
scritto dall’autore attorno ai vent’anni.
7
che, dopo aver inviato il marito in avanscoperta, decidono di raggiungerlo; rimane
comunque un forte squilibrio tra i sessi.
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Chiaramente la decisione di partire da soli o con moglie e figli preannuncia le intenzioni
di base: di solito si parte soli se l’idea è quella di tornare a casa dopo un periodo di
tempo più o meno lungo, necessario comunque per rientrare in possesso del denaro
speso per affrontare il viaggio, saldare i debiti contratti e racimolare una somma che
garantisca una vita serena alla famiglia. Per molti l’esperienza è dunque temporanea e
soprattutto circolare. Si stima infatti che il numero di rimpatri in questo periodo si aggiri
attorno al 50%
9
; risulta però impossibile fare una stima precisa in quanto mancano
delle registrazioni ufficiali di dati.
La scelta invece di partire con la famiglia è legata alla volontà di lasciare il Paese
definitivamente e costruire una nuova vita con nuove opportunità.
Molte donne quindi, almeno in un primo momento, si ritrovano per la prima volta
completamente sole, con l’intera famiglia sulle spalle. Questo periodo è perciò
fondamentale se analizzato anche in un’ottica femminile: la gestione della casa,
dell’eventuale piccola proprietà e soprattutto la gestione del denaro, spetta ora alle
donne.
In effetti per la prima volta nella loro vita, le donne si occupano di gestire le rimesse,
ovvero il denaro guadagnato dai mariti e inviato a casa.
10
Il denaro veniva inviato molto spesso tramite agenti di viaggio, per questo motivo a
volte non arrivava a destinazione o veniva consegnato in parte. Il denaro veniva poi
impiegato per saldare i debiti contratti per acquistare il biglietto di viaggio o riscattare i
terreni ipotecati e, conseguentemente, per migliorare il livello di vita e dei consumi.
Inoltre, la partenza di molti uomini contribuisce a far invecchiare la popolazione e
abbassare il tasso di natalità
11
, modificando così la composizione demografica del
Paese.
8
AA. VV., Storia dell'emigrazione italiana. Arrivi, a cura di Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E.,
Donzelli Editore, Roma, 2001, p.56
9
Ibidem
10
Questa è un’altra delle conseguenze dell’emigrazione italiana la quale contribuì non solo a ridurre la
pressione demografica, ma anche a migliorare la situazione economica per coloro che erano rimasti a
casa.
11
AA. VV., Storia dell'emigrazione italiana. Partenze, a cura di Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina
E., Donzelli Editore, Roma, 2001, pp. 206-207