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Introduzione
Che lo si apprezzi o che lo si osteggi, è fuori dubbio che Silvio Berlusconi
rappresenti uno degli uomini più interessanti da studiare dal punto di vista della
comunicazione. Il suo modo di esprimersi, di gesticolare, la sua loquacità gli
hanno permesso di diventare un importante uomo d’affari1 ma, soprattutto, un
importante uomo politico.
Sia chiaro: non sarà competenza di questo lavoro dare giudizi sul “come”
Berlusconi sia arrivato ad essere quello che è oggi, né tantomeno saranno
avanzate supposizioni in merito .
Il mero scopo di questo lavoro è quello di analizzare la comunicazione
commerciale in politica e, attraverso questo studio, tentare di dare una risposta
al quesito che si interroga sulla possibilità o meno di vedere Berlusconi non
come uomo ma come una serie di informazioni e modalità di rapportarsi coi
media da seguire nel caso si desiderasse diventare facoltosi uomini di
comunicazione, in particolare nell’ambito della politica.
Si è scelto di investigare proprio su questo campo, per il semplice motivo che la
persona oggetto di questa tesi opera ormai da anni ed a pieno titolo, nel campo
della politica, sfruttando a suo vantaggio gli innesti di comunicazione appresi
precedentemente nel campo dell’imprenditoria editoriale. Tuttavia, nel terzo
capitolo non si disdegnerà di fare un breve accenno a come la comunicazione
1
Secondo l’importante rivista americana Forbes che ogni anno stila la classifica degli uomini più ricchi
del mondo nonché quella relativa ad alcuni importanti paesi quali l’Italia, Silvio Berlusconi si piazza nel
2010 alla 74^ posizione tra gli uomini più ricchi del mondo mentre si contende ad anni alterni con
Michele Ferrero, patron dell’omonima azienda italiana specializzata nel campo dei dolci, la prima
posizione tra gli uomini più ricchi d’Italia.
Fonte: http://www.forbes.com/lists/2010/10/billionaires-2010_The-Worlds-Billionaires_Rank_3.html
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stile Berlusconi abbia influenzato il modo di dare notizie anche nell’ambito
televisivo.
Chiarite queste premesse, è ora necessario spiegare cosa si intende per
“comunicazione commerciale” e che cosa è un “format”.
Partendo dalla certezza che la “comunicazione” è, genericamente parlando,
l’atto della trasmissione di un messaggio da un soggetto emittente ad un
soggetto ricevente, la “comunicazione commerciale” non è altro che la
trasmissione di un messaggio da un soggetto emittente ad uno o più soggetti
riceventi con lo scopo di vendere, commerciare qualcosa.
Da qui l’idea di capire se il modo di comunicare di Berlusconi può essere o
meno visto come un prodotto da commerciare.
Il “format”, invece, è un’opera dell’ingegno che contiene in sé una struttura
originale ed esplicativa di uno spettacolo; un insieme di regole compiute ed
articolate che descrivono fasi sequenziali e tematiche di uno spettacolo,
determinandone lo svolgimento. Ogni format può subire eventuali adattamenti
(a seconda che abbia una struttura rigida o flessibile) atti a rendere il prodotto
finale il più simile e gradibile possibile ai gusti del determinato paese che lo
compra.
Date le definizioni dei termini di comunicazione commerciale e di format
contenuti nel titolo di questo lavoro, è bene fare una panoramica su come si
svolgerà la presente tesi: dal momento che, come si è detto, lo scopo della tesi
è di studiare la comunicazione commerciale nell’ambito della politica e capire
se il modo di comunicare commercialmente di Silvio Berlusconi può essere
trasformato in un format da rivendere a chiunque lo volesse comprare, si è
deciso di dividere la tesi in tre aree temporali di investigazione: la prima (Ante)
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porta a conoscenza le modalità comunicative prima dell’avvento della
televisione commerciale in Italia, pertanto prima della comunicazione
berlusconiana; la seconda area (Cum) invece indaga proprio sul periodo
temporale attuale, ovvero da quando Berlusconi ha fatto il suo ingresso nel
campo televisivo sino ad oggi che opera ancora nel campo politico; la terza ed
ultima area (Post), invece, cercherà di carpire quali mutamenti può aver
apportato la comunicazione commerciale e quali altri ne apporterà in futuro,
sia sui mezzi di comunicazione che sulla società Italiana.
Questa tesi intende, dunque, approfondire la conoscenza delle peculiarità riguardanti
la comunicazione commerciale nel settore della politica e scoprire se attraverso di
esse, esiste la possibilità di trasformare la “persona Berlusconi” nel “prodotto
Berlusconi”, un format da vendere agli amanti della comunicazione; un metodo di
comunicazione politica/commerciale replicabile, un vademecum insomma, da usare
per vincere contro Berlusconi nelle competizioni elettorali.
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Primo Capitolo – Ante
Potere è assunzione di decisioni. Il linguaggio della
politica è il linguaggio del potere; è il linguaggio
della decisione. Esso registra e modifica le decisioni:
è il grido di battaglia, verdetto e sentenza, statuto,
ordinanza e norma, giuramento solenne, notizia
controversa, commento e dibattito.
Harold Lasswell
1. Nascita della comunicazione politica e del linguaggio televisivo politico
La comunicazione politica affonda le sue radici in tempi assai lontani dai giorni
nostri: la prima società che si pose il problema di comunicare ad modum ai suoi
membri, è l’antica società greca, società che vede in Platone ed Aristotele gli
iniziatori della cultura del saper comunicare politicamente parlando. Tuttavia, la
definizione esatta di questa disciplina non prendeva il nome di comunicazione,
bensì veniva designata come “arte della retorica”.
Rientrava nel campo di quest’arte, l’accorto utilizzo delle parole, finalizzato al
convincere qualcuno dell’esattezza o meno di una data tesi. La retorica può
essere definita, quindi, come l’arte della persuasione e può, a pieno titolo,
rappresentare la prima forma di comunicazione politica applicata da degli
uomini in una società.
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Più tardi, in era romana, si può senz’altro individuare in Cicerone una delle
figure più rilevanti a testimonianza del fatto che la comunicazione politica era
tutt’altro che sottovalutata: in una delle sue opere, Commentariolum petitionis,
Cicerone si dà una serie di consigli in forma di missiva ricevuta dal fratello, sul
come vincere gli avversari in un campagna elettorale.
Volendosi avvicinare - ma non troppo – ad un periodo temporale più odierno, è
assolutamente di stretta attualità quanto propone Nicolò Machiavelli nella sua
opera “Il Principe”, dove spiega tutta una serie di cose che un sovrano
dovrebbe e/o non dovrebbe fare per farsi amare dal suo popolo.
Tuttavia, per poter parlare di comunicazione politica vera e propria, bisogna
aspettare l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa, non tanto dei giornali,
quanto piuttosto del cinema e della radio ed in particolare, della televisione: la
diffusione di quest’ultimo nuovo mezzo negli anni ‘50, il quale si avvale non più
della sola voce (come accadeva per la radio), ma anche dell’immagine
direttamente proiettata nel salotto della propria casa, consacra la
comunicazione politica come il modo più veloce e sicuro per arrivare al potere.
Il fortissimo connubio che oggi lega gli attori politici alla comunicazione politica,
in particolare quella svolta attraverso il mezzo televisivo, permette, senza
troppe difficoltà, di capire quanto i mezzi di comunicazione di massa siano
divenuti nel nostro presente, uno strumento talmente importante, quasi vitale
per poter arrivare alla mente delle persone.
A testimonianza di ciò, infatti, si ha il fatto che prima dell’avvento dei mass
media (fermo restando il particolare riferimento alla televisione), la
comunicazione politica escludeva le masse popolari dalla conoscenza di sé
stessa; il discorso politico era, pertanto, appannaggio di ristrette élite culturali,
un circuito chiuso ed impenetrabile per il popolo.
Se ne deduce, dunque, che anche fino a poco prima della nascita dei mass
media, il discorso politico era concepito, a grandi linee, come nell’antica Grecia
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dei filosofi sopraccitati: un dibattito che finiva col concludersi nella sola
dialettica tra le due parti dibattenti.
E’ possibile, quindi, fissare il primo momento clou della comunicazione politica,
negli anni ’50, quando la televisione, mezzo di comunicazione di massa per
eccellenza data la sua facilità di fruizione, fa il suo ingresso in scena e quando le
persone la accolgono nel proprio soggiorno come fosse una parente venuta a
vivere nella propria abitazione.
E’ anche nei medesimi anni ’50 che nasce e si inizia a sviluppare il linguaggio
televisivo politico, un linguaggio settoriale cui i politici non possono sottrarsi
dall’apprenderlo, se vogliono stare in video con successo.
“Linguaggio politico è, quindi, una locuzione che designa un linguaggio
settoriale, ossia un linguaggio circoscritto ad un particolare ambito di
pertinenza”.2
Tale linguaggio, avendo la funzione di dover far colpo sulla mente di chi lo
ascolta, ha dovuto creare un connubio, forse inizialmente forzato, tra il
linguaggio politico usuale, molto prolisso, pieno di termini aulici e poco
comprensibili per i più, ed il linguaggio televisivo, un modo di comunicare
veloce, spontaneo (o quasi) ma, soprattutto, più semplice dal punto di vista
della digeribilità da parte dello spettatore poco colto.
Giova, infatti, ricordare che negli anni ’50 c’era un altissimo tasso di
analfabetismo e che il mezzo televisivo nella fattispecie, è stato veicolo di
apprendimento di informazioni e cultura per coloro i quali non ne avevano
avuto la possibilità.
Come ci ricorda Mazzoleni, esistono “quattro tipi di linguaggio politico: il
linguaggio della contrattazione, il linguaggio giuridico, il linguaggio
amministrativo ed il linguaggio esortativo”.3
2
G. Fedel, Sul linguaggio politico, in “Quaderni di Scienza Politica”, 1, n.3, 1994, pp. 362-363.
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Riflettendo per un momento sui nomi dei quattro tipi di linguaggio politico che
Mazzoleni ha individuato, è anche possibile dedurne con relativa facilità il
significato: per linguaggio della contrattazione si intende far riferimento al
linguaggio usato per negoziare un qualsivoglia processo, esempio pratico è
costituito dal sindacato che contratta con gli amministratori politici, le intese
per i negoziati in una commissione parlamentare ecc.
Il linguaggio giuridico, è usato per stilare leggi, contratti, sentenze, costituzioni
ecc.; il linguaggio amministrativo, è, in pratica, una derivazione del linguaggio
giuridico tanto più che vi è una sostanziale uguaglianza tanto negli scopi quanto
nei contenuti e nei termini adoperati. Se proprio si volesse individuare una
differenza tra i due, si potrebbe dire che il linguaggio giuridico è più che altro un
linguaggio usato in forma scritta mentre quello amministrativo si avvale di più
della forma orale. Entrambi, tuttavia, mirano a tracciare una linea di
separazione netta tra coloro che li sanno usare ed i semplici cittadini che, per
poterli comprendere, si avvalgono di figure professionali specializzate in questi
campi (come, ad esempio, gli avvocati, i notai, i periti ecc.).
Infine, vi è il linguaggio esortativo, ultimo in scaletta ma primo per importanza,
in quanto è il linguaggio politico per eccellenza dato che mira ad esortare, a
persuadere qualcuno della veridicità o meno di qualcosa. Facendo leva sulle
emozioni di chi lo ascolta, il linguaggio esortativo, avvalendosi in particolar
modo della drammatizzazione e dell’emotività, riesce ad arrivare abbastanza
facilmente alla mente delle persone e, se usato bene, rende più digeribile
l’accettazione di azioni non propriamente condivisibili a primo impatto.
A questo punto, è bene citare nuovamente Mazzoleni che ci fornisce un’idea
molto chiara di ciò che è la comunicazione politica:
3
G. Mazzoleni, La comunicazione politica, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 1998, p. 139.
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“… lo scambio ed il confronto dei contenuti di interesse pubblico-politico
prodotti dal sistema politico, dal sistema dei media e dal cittadino-elettore”.4
2. Gli attori della comunicazione politica
Esistono tre attori nel mondo della comunicazione politica: oltre ai politici ed ai
cittadini, vi è la personalizzazione dei mezzi di comunicazione, i quali
costituiscono a tutti gli effetti il terzo attore di questo sistema. In altre parole,
la comunicazione politica non è altro che le relazioni che via via si stringono tra
i tre soggetti sopraccitati. Nella figura 1 è riportato il modello pubblicistico
dialogico ideato da Mazzoleni, il quale spiega le relazioni che intercorrono tra i
tre attori in questione: il sistema politico interagisce sia coi cittadini (spazio “a”)
sia col sistema dei media (spazio “b”); i media, a loro volta, interagiscono anche
con i cittadini (spazio “c”), sebbene spesso la comunicazione media-cittadini sia
a senso unidirezionale da parte dei media nei confronti dei cittadini.
I tre spazi a, b, c costituiscono l’essenza della comunicazione politica; lo spazio
“d”, invece, si riferisce alla comunicazione politica mediatizzata, ovvero il
momento in cui la comunicazione politica coinvolge allo stesso tempo tutti e
tre gli attori.
4
Ibidem, p. 34.