CAPITOLO I – LO STATO DEGLI STUDI
1.1 Lo stato degli studi ad oggi
Per comprendere l‟immenso patrimonio artistico presente in Valtellina è necessario
comprendere l‟importanza che queste zone anticamente avevano, soprattutto come
crocevia di scambi, soprattutto per la Valtellina, tra la Repubblica di Venezia e il
1
nord Europa.
Questa valle, oggi quasi sconosciuta, era oggetto tra il 500 e il 600 di importanti
contese tra i Grigioni, che avevano allora il dominio sui territori, e la Spagna, che per
allargare i propri possedimenti verso nord, voleva ottenere la Valtellina per poterne
sfruttare i passi alpini.
Anche Roma guardava con interesse alla valle da quando l‟autorità politica grigione
aveva sottratto al papato la giurisdizione su questi territori, garantendo quindi ai
protestanti la possibilità di rifugiarsi in questi luoghi senza essere oggetto di
persecuzione, come accadeva invece nel resto d‟Italia.
Per tale motivo il papato era particolarmente attivo affinché la zona ritornasse sotto il
2
controllo del vescovo di Como .
Questo breve excursus storico viene fatto per spiegare come sia possibile che in
Valtellina si trovino degli esempi di architettura ecclesiastica tanto importanti e
sontuosi, come non ci si aspetterebbe di trovare in piccoli insediamenti di contadini.
Tra questi edifici sacri degni di attenzione rientra certamente la chiesa parrocchiale
di San Giuseppe a Grosio.
Principiata nel 1626 e protagonista indiscussa per oltre un secolo degli sforzi e dei
sacrifici dell‟intera popolazione, come poi vi sarà modo di approfondire nel capitolo
seguente, è indubbiamente la più grande ed illustre opera che questo piccolo paese di
montagna abbia realizzato.
1
Langé S., L‟architettura sacra nell‟età della Riforma in Valtellina e Valchiavenna in Il Sei e
Settecento in Valtellina e Valchiavenna : contributi di storia su società, economia, religione e arte,
Polaris, Sondrio 2002, pp.47-48
2
Coppa S. (a cura di), Il secondo Cinquecento e il Seicento in Civiltà artistica in Valtellina e
Valchiavenna, Bolis, Bergamo 1998, pp.19-21
4
Per la costruzione dell‟edificio religioso, progettato perché superasse in maestosità e
bellezza le altre chiese della provincia ed in particolare il santuario del paese
3
confinate, Grosotto, i grosini impegnarono tutti i mezzi a loro disposizione,
4
sacrificandosi con donazioni e lasciti anche molto importanti.
Vista l‟importanza ed unicità di questa chiesa, è particolarmente insolito che ad essa
non sia mai stato dedicato uno studio approfondito e soprattutto esclusivo, inserendo
invece tutte le ricerche svolte all‟interno di volumi miscellanei che non rendono
giustizia alla grandezza di questa chiesa.
Non si può infatti negare che diversi studi e ricerche, anche molto interessanti, siano
stati condotti, sia da personaggi illustri del paese che da studiosi, che hanno
comunque rilevato la particolarità della chiesa e deciso di impegnarsi per
approfondirne lo studio.
La prima importante testimonianza che ci giunge circa la considerazione della quale
godeva la chiesa, anche nel passato, risale al 1634, quando l‟arciprete di Mazzo,
Giovanni Tuana, la definì, nella sua illustre opera De Rebus Vallis Tellinea, “una
chiesa grande e di pregevole architettura dedicata a S. Giuseppe” aggiungendo, vista
la lentezza dei lavori a causa dei molteplici episodi sfavorevoli che affliggevano la
valle in quel periodo, “se a Dio piacerà, la chiesa raggiungerà lo splendore dei più
5
insigni edifici della zona”.
Nel 1682, il prevosto di Grosio, Giuseppe Cesare Negri, inviò una relazione al
vescovo di Como, nella quale illustrava minuziosamente lo stato dei lavori ed
elogiava il grande operato fino ad allora compiuto “ Questa chiesa, è la più grande e
vaga di tutta la Valtellina […] Questo nobilissimo e amplissimo tempio, eretto dai
3
Antonioli G., Notizie relative alla realizzazione del sagrato antistante la chiesa di S. Giuseppe in
Grosio in Magister et magistri : studi storico-artistici in memoria di Battista Leoni, Società Storica
Valtellinese, Sondrio 2002, pp. 49-60
4
Antonioli G., I doni alle chiese del terziere superiore di Valtellina in G. Scaramellini (a cura di),
I tesori degli emigranti : i doni degli emigranti della provincia di Sondrio alle chiese di origine nei
secoli 16.-19., Silvana, Cinisello Balsamo 2002, pp. 89-94
5
Tuana G., Fatti di Valtellina - De rebus Vallistellinae, a cura di Tarcisio Salice, Bettini, Sondrio
1998
5
fondamenti dalla pietra e devozione del popolo di Grosio ha tutta la facciata alta
6
quasi come quella del duomo di Como”
Queste sono due prime testimonianza del sentimento di imponenza che la chiesa, in
costruzione e quindi non ancora nella sontuosa forma che vediamo noi oggi,
suscitava nei visitatori del tempo.
Diversi studi sono stati poi effettuati nel corso degli ultimi anni, partendo dall‟opera
Inventario degli oggetti d‟arte d‟Italia IX Provincia di Sondrio datato 1938, nel
quale Maria Gnoli Lenzi raccolse alcuni degli oggetti d‟arte presenti nelle chiese
della provincia, suddividendoli per tipologia e fornendo una sintetica ma esaustiva
descrizione per ognuno.
Alla chiesa prepositurale di San Giuseppe viene dedicato un ampio elenco suddiviso
tra dipinti, sculture in marmo e in legno, opere in ferro battuto e paramenti sacri.
Ogni oggetto è accuratamente descritto nella struttura e nello stato di conservazione e
per alcuni , come l‟inginocchiatoio doppio, corredato dalla fotografia.
Questo lavoro è particolarmente interessante perché ci permette di comprendere quali
erano considerati, settanta anni fa, oggetti di rilevante interesse e quindi degni di
studio e quali invece non lo erano.
Lo studio in assoluto più importante realizzato sulla chiesa è quello svolto
sull‟archivio parrocchiale, che ha dato vita, nel 1990, all‟opera Archivi storici
ecclesiastici di Grosio, Grosotto, Mazzo curato da Gabrile Antonioli.
L‟opera sopracitata è composta da un puntuale elenco, suddiviso per argomento, di
tutti i documenti ecclesiastici inerenti le chiese dell‟antica pieve di Mazzo, della
quale Grosio faceva parte.
Per quanto riguarda la parte relativa alla Chiesa di Grosio bisogna anzitutto dire che
portare a termine l‟opera è stato molto difficile a causa della scarsa reperibilità dei
documenti. L‟archivio parrocchiale infatti non era mai stato assemblato ed era perciò
sparso in vari luoghi, non solo di proprietà del Comune o della chiesa, ma anche
presso privati di Grosio e dei comuni limitrofi, che li avevano ereditati da antichi
parenti che erano venuti in diversi modi a contatto con la storia della chiesa.
6
Antonioli G., Notizie relative … pp.51-53
6
Per questo motivo, e anche a causa del cattivo stato di conservazione delle carte, il
lavoro ha impiegato per molto tempo Antonioli che è comunque riuscito a ricostruire
gran parte dell‟archivio e creare un‟opera molto importante per la sua divulgazione.
Quando l‟opera andò in stampa, ci si accorse però, dell‟esistenza di altro materiale
relativo alla chiesa che non era stato trovato prima.
Fu allora opera di Giacomo Rinaldi creare un inventario suppletivo dell‟Archivio
Parrocchiale di Grosio, che raccoglie i documenti rinvenuti tra il 1990 e il 2009.
Quest‟opera fu realizzata, oltre che in formato cartaceo anche su supporto
informatico, rendendone più agevole la diffusione.
Entrambe le opere raccolgono, suddivisi per argomento e riportati in ordine
cronologico, gli elenchi di tutti i documenti rinvenuti, tra i quali relazioni circa lo
stato di avanzamento dei lavori di costruzione, lettere di incarico per la realizzazione
di varie opere artistiche e architettoniche ad artisti locali e non, registri contabili nei
quali vengono segnate le offerte ricevute e i pagamenti effettuati, inventari degli
arredi commissionati dalla chiesa stessa o donati dai parrocchiani, testamenti per
lasciti o donazioni in favore dell‟ecclesia e registri legati, amministrativi ed atti
notarili. Tutto questo è stato molto utile per conoscere le varie fasi di costruzione
dell‟edificio, per comprendere in che modo veniva reperito il denaro necessario per i
lavori e capire in che modo la popolazione ha contribuito alla sua realizzazione, ma
soprattutto, lo studio di questi documenti ci ha permesso di conoscere maggiormente
molte delle opere presenti all‟interno della chiesa, di datarle con precisione e di
attribuirle al corretto artista, lavoro che in precedenza non era stato possibile
effettuare a causa della mancanza di testimonianze al riguardo.
La realizzazione di questo archivio ha suscitato molto interesse e ha portato
Saverio Xeres, Docente di Storia della Chiesa, a dedicarvi, all‟interno del Bollettino
della società storica Valtellinese n.43 anno 1990 un articolo dal titolo Riflessioni
storiche sugli archivi ecclesiastici di Grosio, Grosotto e Mazzo.
Nel saggio Xeres elogia l‟accurato lavoro di riordino, inventariazione e schedatura
effettuato, criticando inoltre la mancanza, al centro della Diocesi, di un
“coordinamento efficiente per la salvaguardia dei patrimoni librari e archivistici
sparsi nel territorio diocesano”.
7
È infatti importante per il Sacerdote incentrare l‟attenzione sul ruolo fondamentale
che una corretta conservazione del patrimonio culturale ecclesiastico svolge per
l‟intera popolazione.
Egli definisce “[…] un dovere, una questione di civiltà, di rispetto e di amore per la
propria terra, la propria gente” la corretta ricostruzione ed analisi del materiale in
nostro possesso, in quanto esso è il mezzo attraverso il quale possiamo conoscere la
nostra storia e quella del nostro paese, non solo dal punto di vista religioso, ma anche
e soprattutto sociale ed economico.
Attraverso gli archivi ecclesiastici siamo venuti a conoscenza della crisi economica
che afflisse il paese, spingendo molti grosini a emigrare a Venezia in cerca di lavoro,
come testimoniano le opere d‟arte donate alla chiesa di provenienza veneta.
Allo stesso modo ci vengono fornite preziose informazioni su quelli che erano i
metodi di pagamento per coloro che lavoravano alla realizzazione della chiesa e che
non venivano stipendiati con denaro, ma erano spesso pagati con prodotti della terra
o a volte solamente ripagati dando loro il vitto per la giornata (tali lavoratori erano
definiti pobeganti).
Ci è così possibile ricostruire una storia di questi piccoli paesi di montagna,
altrimenti difficilmente conoscibile, a causa della mancanza di testimonianze scritte
circa le vicende storiche delle valle e dei suoi rapporti col resto d‟Italia.
Come Xeres puntualizza:
“Anziché stupirsi e quasi lagnarsi del fatto che – ahimè – si tratta in gran parte di incartamenti
e registri di carattere economico o di contenuto demografico, sarebbe logico prendere questo
dato di fatto come punto di partenza per una nuova concezione e prassi storiografica”
Questa è una chiara esortazione a riconoscere in questo tipo di documenti, di cui i
nostri archivi parrocchiali sono ricchi, il punto di partenza per un corretto e sapiente
studio del nostro passato.
Il lavoro di Antonioli non si è fermato solo allo studio dei documenti archivistici ma
è continuato attraverso lo studio di alcuni elementi di particolare rilevanza della
chiesa, pubblicando al riguardo degli interessanti saggi.
8