2 Gli autori e le opere
Prima di affrontare direttamente i testi selezionati, si propongono qui dei
brevi cenni biografici sugli autori e alcune informazioni introduttive alle
loro opere. L'elenco che segue è ordinato secondo l'anno di pubblicazione
di ogni testo; partiremo quindi dal testo più datato fino ad arrivare al più
recente. L'arco temporale va dal 1946 al 2002.
• Gerolamo Pedoja, La disfatta nel deserto, OET Polilibraria, Roma
1946. Pedoja rappresenta in questo lavoro un'eccezione: non fu
infatti tra le fila dell'esercito, ma si trovò in Africa come reporter
dall'estate del 1942 all'inverno 1943 per La gazzetta del popolo.
Ciononostante la sua opera è una delle migliori sull'Africa
Settentrionale e si distingue per un astio non troppo velato verso i
tedeschi e verso Mussolini. Circa metà del testo è dedicata al
soggiorno di Mussolini in Libia, lì per prepararsi al trionfo che lo
avrebbe atteso dopo la conquista di Alessandria. Conquista che non
ci fu mai. Secondo Ceva, il Mussolini di Pedoja del 1942 appare già
quasi un corpo estraneo alla nazione, incapace di interpretarne la
tragedia, prossimo a essere dimenticato.
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Autore anche di C'è del nuovo sotto il sole del sud (1953) sul
Mezzogiorno nel dopoguerra e La popolazione di Roma (1937), uno
studio demografico.
• Oderisio Piscicelli Taeggi, Diario di un combattente nell'Africa
Settentrionale, Laterza, Bari 1946. Ufficiale d'artiglieria della
divisione corazzata Ariete, nell'opera descrive l'offensiva britannica
nell'inverno 1941-1942 e gli scontri finali del 1943 in Tunisia; qui
venne gravemente ferito e infine catturato. Famoso tra i combattenti
sia per il suo valore in battaglia, sia per il suo dirigere il tiro
d'artiglieria arrampicato su una scala di legno a bordo di un trattore.
27
Un testo molto valido, specialmente per la sua forza descrittiva e
perché scevro da retorica e da ampollosità. Pisicelli fu militare di
26 L. Ceva, Africa Settentrionale, 1940-1943, p. 112
27 Ivi, p. 80
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carriera e nella sua opera trasmette i valori per cui combatteva:
onore, cameratismo, senso del dovere; questo però non gli impedì di
muovere forti critiche a chi quella guerra la decise e la gestì.
• Paolo Caccia Dominioni, Takfir, cronaca dell'ultima battaglia di El
Alamein, Alfieri, Milano 1948. V olontario nella Prima Guerra
Mondiale, poi ufficiale del genio guastatori ad El Alamein. Dopo l'8
Settembre partecipò alla Resistenza, ma venne catturato e arrestato.
Nel dopoguerra trascorse molti anni (fino al 1962) a recuperare e
seppellire i corpi dei caduti nel deserto libico, italiani e non, fino a
realizzare un vero e proprio sacrario ad El Alamein. Autore anche di
altri testi come El Alamein (1933-1962), che qui sarà citata più volte,
e Le trecento ore a nord di Qattara, che raccoglie circa cinquanta
testimonianze dei combattenti italiani in Africa Settentrionale. Takfir,
che l'autore traduce con espiazione, ma che in arabo indica anche una
colpa gravissima, è una buona opera; l'autore vive la guerra (o
almeno così la descrive) con una visione aristocratico-medievale
28
,
combattendo per senso del dovere e dell'onore. L'opera è arricchita
qua e là dai disegni dell'autore che ritraggono alcuni episodi di
guerra: pur nella loro semplicità, rendono il lavoro più avvincente.
Pochi e velati i giudizi sulla guerra e sulla politica.
• Sergio Antonielli, Il campo 29, Edizioni Europee, Milano 1949.
L'opera si pone a metà strada tra romanzo e diario o, per dirla con le
parole dell'autore, traduzione della realtà.
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Non racconta le vicende
di guerra, ma descrive gli anni della prigionia in India dopo esser
stato catturato dagli Inglesi. Non trattando direttamente le vicende
belliche tende a discostarsi dal resto delle opere qui scelte, ma
rimane comunque un testo fondamentale per alcuni giudizi sulla
politica e sulla guerra. Il titolo rimanda ai vari campi di prigionia
della zona in cui si trovava: erano quattro, 25, 26, 27, 28; il campo
29 non esisteva, era nominato dai prigionieri quando uno di loro
moriva: è andato al 29.
30
Al ritorno in Italia fu docente di Letteratura
italiana moderna e contemporanea presso l'Università degli Studi di
28 Ivi, p. 109
29 Sergio Antonielli, Il campo 29, p. XIII
30 Ivi, p. XX
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Milano.
• Mario Tobino, Il deserto della Libia, Einaudi, Torino 1952.
Scrittore, poeta e psichiatra. Viene mandato in Libia come
sottufficiale medico, tra il 1940 e il 1941; dall'opera che testimonia
questa esperienza vennero poi tratti due film: Scemo di guerra
(1985) di Dino Risi e Le rose del deserto (2006) di Mario Monicelli.
Al ritorno in Italia partecipa attivamente alla Resistenza.
Il testo, a metà strada fra romanzo e memoria di guerra, è
apertamente ostile al fascismo e soprattutto alla guerra in cui l'autore
si trovò a combattere. Nel capitolo iniziale, pur giudicando criminale
la guerra fascista, Tobino sente il dovere di non sottrarsi alla
chiamata alle armi; non per entusiasmo, spirito d'avventura e
certamente non per adesione al fascismo, ma per non sottrarsi al
destino dei più
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, ossia coloro che non avevano vie di scampo
(raccomandazioni, conoscenze, etc.). Il sottotitolo ad una vecchia
edizione riassume nitidamente il principio fondante dell'opera: una
generazione mandata allo sbaraglio in una guerra non sua.
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• Giuseppe Berto, Guerra in camicia nera, Garzanti, Milano 1955.
Si arruolò nel 1935 come volontario per la guerra in Africa Orientale,
combattendo per quattro anni; dopo essere stato ferito fu insignito di
una medaglia d'argento e una di bronzo al valore militare. Con lo
scoppio della II Guerra Mondiale si trovò in Africa Settentrionale nel
1942 col VI Battaglione Camicie nere, prendendo parte alla ritirata
dalla Cirenaica alla Tunisia. Più tardi, venne inviato come rinforzo
del X Battaglione Camicie Nere M, per poi esser fatto prigioniero nel
Maggio del 1943. L'opera risulta molto interessante poiché
testimonia le convinzioni di molti giovani italiani sul fascismo e
sulla politica; il fascismo come qualcosa non da combattere, ma
soltanto da riformare
33
. Le certezze di gioventù però verranno presto
deluse e l'opera di Berto, uscita nel 1955 con un titolo a dir poco
provocatorio, non è certo un inno al fascismo, anzi: non v'è
patriottismo, né eroismo, né astio verso i nemici. È una descrizione
31 L. Ceva, Africa Settentrionale, 1940-1943, p. 181
32 Vedi edizione Mondadori 1977.
33 L. Ceva, Africa Settentrionale, 1940-1943, p. 188
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semplice e spesso ironica degli avvenimenti vissuti, dove il
protagonista si sente spesso spaesato di fronte ad alcuni tronfi e
grotteschi personaggi delle camicie nere.
Berto fu scrittore prolifico e apprezzato.
34
• Alberto Bechi Luserna, I ragazzi della Folgore, Alfieri, Milano
1956. Il testo in realtà risale al 1943, fu scritto infatti durante la
guerra ma venne pubblicato soltanto nel '56. Un testo di non facile
lettura, spesso retorico e pomposo. Ma il testo incarna la celebre
figura di Bechi Luserna: appartenente ad una famiglia di tradizione
militare, seguì le orme del padre (ufficiale e scrittore), prestò servizio
in Libia e in Etiopia, divenendo poi colonnello del IV Btg. del 187
o
Rgt. Fant. Folgore, e poi comandante dell'intero reparto ad El
Alamein. Viene ucciso in Sardegna dopo l'8 Settembre 1943.
Nell'opera I ragazzi della Folgore racconta le vicende del neonato
corpo paracadutisti, dall'Italia fino all'Africa Settentrionale. Pur con
asperità stilistiche, il testo esprime i valori a cui l'autore era
profondamente legato: onore, sacrificio, amore per la patria; valori
del militarismo tradizionale più che della mitologia fascista.
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Decorato di numerose medaglie, tra cui quella d'Oro al Valor Militare
alla memoria. Fu autore anche di altre opere, come Britannia in
armi: cronache di pace e di guerra (1941), La falsa democrazia
della Gran Bretagna (1941) e Noi e loro. Cronache di un soldato
vagabondo (1941).
• Paolo Caccia Dominioni, El Alamein 1933-1962, Longanesi,
Milano 1962. Dell'autore abbiamo già parlato; qui, è infatti l'unico
memorialista di cui si riportano due testi sulla guerra d'Africa
Settentrionale. I testi di Caccia Dominioni sono imprescindibili se si
vuole affrontare la memorialistica del Fronte africano, e inoltre,
anche molte opere di altri memorialisti contengono scritti di questo
autore.
36
Il testo parte dal 1933, l'anno del primo incontro con la
34 Per approfondimenti rimandiamo a www.giuseppeberto.it
35 L. Ceva, Africa Settentrionale, 1940-1943, p. 105
36 Le memorie di Giuseppe Izzo sono ad esempio contenute in Takfir, di cui s'è già parlato e I ragazzi
della Folgore di Bechi Luserna è accompagnato dalla Relazione ufficiale del XXI Btg. Guastatori,
sempre di Caccia Dominioni.
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località di Alamein, fino ad arrivare al 1962, anno in cui termina la
ricerca dei corpi dei caduti; il racconto è ampiamente interrotto dalle
vicende belliche in Africa Settentrionale.
• Giuseppe Izzo, Il V Battaglione paracadutisti Folgore ad Alamein,
Longanesi, Milano 1967. Il testo viene pubblicato, come indicato in
nota 36, nell'edizione di Takfir, di Paolo Caccia Dominioni.
Giuseppe Izzo, militare di carriera, partecipò alla guerra di Spagna e
alla Campagna di Grecia, per poi giungere in Africa Settentrionale
nella Divisione Folgore con il grado di maggiore. Decorato con la
Medaglia d'Argento al Valor Militare dopo El Alamein; dopo l'8
Settembre partecipò alla guerra di liberazione nelle fila delle truppe
regolari, guadagnandosi la Medaglia d'Oro al Valor Militare e la
Distinguished Service Cross dal Comando americano.
Il testo ricorda per molti aspetti quello di Bechi Luserna: cede spesso
alla retorica ed esalta, fino a risultare stucchevole, la Folgore e chi ne
faceva parte. Non a caso, entrambi fecero parte di questa divisione.
• Davide Beretta, Batterie semoventi alzo zero, quelli di El Alamein,
Mursia, Milano 1968. L'autore prese parte alla battaglia di El
Alamein come comandante della 1
a
batteria del DLIV gruppo
semoventi delle divisione corazzata Littorio. Il semovente è un
mezzo corazzato simile ad un carro armato, capace di portare bocche
da fuoco, come l'obice da 75/18 nel caso di Beretta. I termini alzo
zero stanno ad indicare l'angolazione minima del cannone, usata
(evidentemente spesso) quando il nemico era molto vicino. Il testo è
utile per le preziose informazioni sull'ambiente dei carristi, ma si
dilunga eccessivamente a causa dei (poco riusciti) tentativi
storicizzanti che aggiungono poco di nuovo
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, nonché per le molte
frasi retoriche e ridondanti.
• Renato Migliavacca, Ventiquattr'ore a Tobruk, Longanesi, Milano
1972. Militare di carriera e scrittore di molti libri sulle vicende della
Folgore in terra d'Africa, di cui faceva parte e con cui combatté le
battaglie di Alam Halfa e di El Alamein. Fu catturato il 6 Novembre
del 1942 e rimase prigioniero fino all'Agosto del 1946.
37 L. Ceva, Africa Settentrionale, 1940-1943, p. 94
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