60
2.4 Rischi legati ai Social Network
I Social Network come si è appena visto possono offrire numerose
opportunità all’utente che sceglie di utilizzarli, ma come in tutte le cose, esiste sempre
l’altra faccia della medaglia. Se non usati con cautela, i Social Network
presentano una serie di rischi in cui l’utente potrebbe incorrere, qui di seguito ne
vengono descritti alcuni tra i principali.
2.4.1 Comportamenti disfunzionali
G. Riva descrive una serie di comportamenti disfunzionali che si nascondono dietro
l’utilizzo dei Social Network, alcuni di questi sono
62
:
Il cambiamento di identità: nonostante la maggior parte degli utenti dei
social network siano identificabili per nome e cognome, non ci sono
garanzie reali sull’identità dei soggetti interagenti. Motivo per cui è
abbastanza comune trovare utenti che assumono identità fittizie.
I comportamenti aggressivi: i più comuni sono il cyber stalking (utilizzo
dei social Network per perseguitare un soggetto con minacce insulti o
ricatti) il cyber bullismo (comportamenti violenti di natura psicologica sui
social network per esempio offese insulti e prese in giro. A differenza del
bullismo tradizionale è più difficili da reperire e investe il soggetto ogni
volta che si connette alla rete e non in momenti precisi per esempio a
scuola), sexting (parola che deriva dalla fusione dei termini inglesi sex e
texting, designa l’invio via cellulare o Internet di immagini o video erotici
di sé stessi), cybergrooming (adulto che contatta un minore tramite le
piattaforme di Social Network nell’intento di compiere atti sessuali. e
62
G. Riva, I social network, Il Mulino, 2012. p. 145.
61
l’happy slapping (tipo di comportamento violento che si è sviluppato con
la diffusione dei telefoni che permettono la ripresa di video: mentre una
persona viene ferita o aggredita i complici filmano la scena e poi la
diffondono in rete).
La violazione o la manipolazione dell’informazione: in questo caso
abbiamo l’hacking che consiste, nel caso del social network, nel tentativo
di penetrare nei profili altrui. L’ hacker potrebbe eseguire azioni illegali:
insultare, minacciare o anche solo esprimere pareri e opinioni a nome
dell’utente, caricare foto. Potrebbe anche chattare con i suoi amici virtuali
facendo credere loro che è l’utente a chattare., può anche usare il profilo
per scrivere frasi volgari e inopportune al posto dell’utente. L’hacker infine
può così anche leggere le chat private tra l’utente e gli amici, familiari e
colleghi.
Alla base dei comportamenti disfunzionali secondo Pravettoni possono esserci due
motivazioni:
Un bisogno frustrato (non esserci), per esempio il desiderio di entrare a far
parte di una specifica comunità;
Il desiderio di essere visibile (voler esserci), cioè di essere considerato
dagli altri soggetti presenti
63
.
“Non potendo riconoscere l’identità del soggetto si riduce il controllo sociale e quindi
gli utenti tendono a comportarsi in maniera più disinibita”. (Joinson 2007).
63
G. Pravettoni, Web Psychology, Milano, Guerini e Associati, 2002.
62
2.4.2 L’eccesso di informazione
Più informazione abbiamo e meglio è. Questa è un’idea di senso estremamente
comune, messa in crisi recentemente dalla nuova situazione che nasce dalla presenza
di un’enorme quantità di informazioni presenti in rete e dalla difficoltà invece che
trova l’utente nel gestirla tutta. Infatti se si ha troppe informazioni a portata di mano
queste risultano ingestibili, quindi inutilizzabili: se arrivano cento messaggi nel giro
di un’ora, leggerli tutti non è possibile. Questo fenomeno prende il nome di
information overload (eccesso di informazioni) il giornalista David Schenk lo
descrive come «smog di dati»
64
, superato un certo livello l’informazione non
contribuisce più a migliorare la qualità di vita ma la peggiora.
Da un punto di vista psicologico, le principali conseguenze dell’information overload
sono due:
L’ansia da mancanza di informazione sufficiente: la difficoltà a trovare
all’interno del flusso di informazioni notizie significative può portare
l’utente a cercare di allargare ulteriormente le proprie fonti informative.
Un esempio di quest’ansia è quando il soggetto controlla il proprio profilo
ogni 5 minuti e si comporta in maniera ansiosa in caso di assenza di
messaggi.
Il disinteresse o il rifiuto dell’informazione: il bombardamento di
informazioni eccessive e troppo contrastanti può portare l’utente a
disinteressarsi del flusso informativo e a lasciar perdere. Il risultato è un
aumento sì della produzione di informazione ma a esso corrisponde una
progressiva diminuzione della quantità di fruizione. (Riva, 2010)
64
D. Schenk, Data smog: Surviving the information glut, New York, HarperCollins Publisher, 1997.
63
2.4.3 Dipendenza dai social network
Le modificazioni psicologiche e fisiche dell’utente affetto da Internet Addiction
Disorder dipendente dalla rete sono (Young, K. S. 1998):
perdita o impoverimento delle relazioni interpersonali;
variazioni dell’umore;
percezione del tempo alterata;
tendenza a sostituire il mondo reale con un mondo virtuale
sintomi fisici: tunnel carpale, dolori al collo e alla schiena, problemi alla
vista.
Il «disturbo di dipendenza da Internet» (Internet Addiction Disorder) è un disturbo
psicofisiologico caratterizzato da dipendenza, perdita delle relazioni interpersonali,
modificazioni dell’umore, alterazione del vissuto temporale, attenzione
completamente orientata all’utilizzo compulsivo del mezzo. (Cantelmi, 2000).
Ivan Goldberg, nel 1996, coniò il termine Internet Addiction Disorder e indicò i criteri
diagnostici utili per riconoscerla:
Il soggetto è eccessivamente assorbito nel cyberspazio (per esempio è
eccessivamente assorbito nel rivivere esperienze passate o a programmare
la successiva avventura).
Il soggetto tenta senza poi riuscire a controllare, ridurre, interrompere
l’esperienza in rete.
Il soggetto si irrita quando tenta di ridurre o interrompere la connessione
ad Internet.
Il soggetto mette a repentaglio o perde relazioni significative, lavoro o
opportunità di carriera per via di Internet.
64
Il soggetto mente per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel
cyberspazio.
2.5 La vita “Onlife” durante la pandemia
Fino a prima dell’arrivo della pandemia del Coronavirus nonostante le tecnologie
digitali si fossero infiltrate sempre di più nella nostra vita, erano ancora moltissime le
attività svolgevamo faccia a faccia. Il Coronavirus ci ha colto di sorpresa e in poco
tempo abbiamo dovuto reinventarci sotto tutti i punti di vista: relazioni, lavoro,
educazione, cultura, attività motoria. Come è stato descritto nei precedenti paragrafi
l’utilizzo dei Social Network e più in generale di Internet presenta innumerevoli
vantaggi e ci permettono di accorciare le distanze e ampliare la nostra rete sociale.
Con lo scoppio della pandemia il mondo digitale è diventato il nostro unico mondo,
perché tutto o quasi è stato spostato online. Questo ha causato non pochi problemi a
chi non aveva accesso a Internet, a chi lo aveva ma non era in possesso delle nozioni
per farne un uso adeguato. La nuova tecnologia ci ha fatto da salvagente durante quei
mesi di lockdown, permettendoci di mantenere una parvenza di vita normale. Nei
primi mesi di lockdown, è stato vietato l’uscire se non per motivi di salute gravi, e per
fare la spesa. Tutti i lavori e la didattica sono stati spostati online. “La pandemia ha
accelerato cambiamenti che altrimenti avremmo assistito tra 10 anni”, queste le parole
del filosofo Luciano Floridi in un’intervista per la Rai
65
. Sia i lati negativi che quelli
positivi legati alla realtà digitale sono stati messi in risalto con l’arrivo del Covid-19.
Tra i lati positivi ci sono appunto la possibilità di essere riusciti a continuare a studiare,
lavorare e sentire gli amici e familiari senza necessita di spostarsi da casa. La rete
Internet e le varie piattaforme online ci hanno permesso di continuare a lavorare da
casa introducendo lo smart working, definito «una modalità di esecuzione del rapporto
di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di
65
Video intervista a Luciano Floridi, Rai1: https://www.raiplay.it/video/2020/11/Speciale-Tg1-
fefc49ce-db82-4029-ba7f-21d87bcddba0.html
65
organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di
lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività
lavorativa»
66
.Anche la didattica si è spostata completamente online. Le scuole e le
università hanno iniziato a chiudere a fine febbraio 2020, a partire dal nord Italia
(Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Veneto e Friuli-Venezia Giulia). A
partire dal 10 marzo 2020 il governo ha poi esteso le misure di blocco a tutte le regioni
del Paese. I bambini, i ragazzi e le loro famiglie hanno vissuto in quasi totale
isolamento per circa due mesi fino al 3 maggio 2020 e le scuole sono rimaste chiuse
fino a settembre. Escludendo le interruzioni scolastiche programmate, gli studenti
italiani hanno perso 65 giorni di scuola regolare
67
. Alcune testate giornalistiche, nel
riportare alcuni dei risultati preliminari di un’indagine del Ministero dell’istruzione,
hanno riferito che al 18 marzo 2020 il 67% delle scuole (inclusi gli asili e le scuole
dell’infanzia) aveva spostato tutte le proprie attività didattico-educative online,
raggiungendo potenzialmente 6,7 su 8,3milioni di studenti in Italia
68
. Tuttavia,
partendo dai dati del 2019 sulla connettività Internet nelle famiglie italiane, l’ISTAT
stima che circa 3 milioni di bambini e ragazzi tra i 6 e i 17 anni di età potrebbero aver
avuto difficoltà nelle attività formative a distanza durante il lockdown per la carenza
di connettività o di adeguati strumenti informatici in famiglia
69
. Analogamente, da
un’indagine condotta da Save the Children è emerso che il 28% degli studenti tra i 14
e i 18 anni in Italia conosce almeno un compagno di classe che ha smesso di
frequentare la scuola (a distanza o di persona) dopo il lockdown La stessa indagine
mostra come il motivo principale per non frequentare le lezioni a distanza (28% degli
66
Definizione consultabile presso il sito del Governo al seguente link:
https://www.miur.gov.it/lavoro-agile
67
UNESCO, UNICEF and the World Bank (2020). What have we learnt? Overview of findings from
a survey of ministries of education on national responses to COVID-19. Paris, New York,
Washington D.C.: UNESCO, UNICEF, World Bank. Disponibile alla pagina: https://
data.unicef.org/resources/national-education-responses-to-covid19/
68
Scuola 24. (2020, March 27). Didattica digitale, raggiunti 6,7 milioni di studenti (sugli 8,3 milioni
complessivi), disponibile alla pagina: https://scuola24.ilsole24ore.com/art/scuola/2020-03-
26/didattica-digitale-raggiunti-67-milionistudenti-sugli-83-milioni-complessivi-
164052.php?uuid=ADex49F.
69
Istat (2020). Rapporto annuale 2020. La situazione del paese. Disponibile alla pagina:
https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2020/ Sintesi2020.pdf
66
intervistati, N =160) sia costituito da problemi di connettività
70
. In Italia, la maggior
parte dei bambini e dei ragazzi già fruiva abitualmente delle tecnologie digitali e
l’utilizzo di internet era profondamente integrato nella loro vita quotidiana già prima
del lockdown
71
. Secondo un’indagine rappresentativa a livello nazionale condotta nel
2017, l’88% dei bambini e dei ragazzi in Italia tra i 9 e i 16 anni usa internet a casa
ogni giorno. Tuttavia, il lockdown dovuto al COVID-19 ha cambiato il modo in cui i
bambini e i ragazzi si confrontano con Internet e le tecnologie digitali. Internet non è
più solo uno spazio opzionale per l’apprendimento, le attività sociali o il divertimento;
è diventato rapidamente l’unico modo per i bambini e i ragazzi di interagire con gli
amici, per formarsi e connettersi con i membri della famiglia che vivono fuori casa.
La videoconferenza (ad es. tramite Zoom, Google Hangouts, Skype) è stato lo
strumento digitale più frequentemente utilizzato dalle scuole per facilitare la DAD ad
ogni livello di istruzione, seguito da applicazioni di messaggistica (ad es. WhatsApp,
Messenger, ecc.), email e ambienti di apprendimento virtuale (ad es. Moodle,
Microsoft Teams, Google Classroom)
72
. Non solo, anche il nostro tempo libero con
l’arrivo della pandemia si è dovuto spostare in rete invece che all’aria aperta.
2.5.1 Il divario digitale
Un aspetto che senza dubbio è stato messo in evidenza dall’arrivo del Covid-19 è il
digital divide. Questo termine è stato utilizzato per la prima volta del 1996 da Bill
Clinton durante un discorso tenuto a Knoxville Tennessee
73
.
70
Save the Children (2021). I giovani ai tempi del coronavirus. Disponibile alla pagina:
https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/ pubblicazioni/i-giovani-ai-tempi-del-coronavirus.
71
EU Kids Online 2020: Survey results from 19 countries: dati consultabili presso:
https://www.researchgate.net/publication/339177682_EU_Kids_Online_2020_Survey_results_from_
19_countries
72
La didattica a distanza durante l’emergenza COVID-19: l’esperienza italiana, UNICEF OFFICE
OF RESEARCH, Febbraio 2021: https://www.unicef-irc.org/publications/pdf/la-didattica-a-distanza-
durante-l%E2%80%99emergenza-COVID-19-l'esperienza-italiana.pdf
73
Vedi “divario digitale” in Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Divario_digitale#