Premessa / Cooperazione, sviluppo e diritti dell'uomo: un legame inevitabile
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Diversamente dal concetto di cooperazione, quello di diritto allo sviluppo
presenta un maggior margine di incertezza, con riferimento sia alla precisa
definizione del suo contenuto, che all'individuazione dei soggetti titolari del
diritto stesso.
Esso è compreso nei diritti umani cosiddetti di terza generazione (le prime
due essendo costituite dai diritti civili e politici e da quelli economici, sociali
e culturali), ed è rivolto non al singolo individuo, ma ai popoli. Ne troviamo
conferma all'art.22 della Carta di Banjul sui diritti dell'uomo e dei popoli
adottata nel 1981 dall'Organizzazione per l'Unità Africana
3
, secondo cui:
«Tutti i popoli hanno diritto al loro sviluppo economico, sociale e culturale».
Un diritto che anche le Nazioni Unite attribuiscono «ad ogni essere umano e
a tutti i popoli»
4
.
L'Organizzazione delle Nazioni Unite definisce il diritto allo sviluppo come
«Un diritto inalienabile in virtù del quale ogni essere umano e tutti i popoli
hanno il diritto di partecipare e di contribuire ad uno sviluppo economico,
sociale, culturale e politico nel quale tutti i diritti umani e tutte le libertà
fondamentali possano essere pienamente realizzati, e di beneficiare di tale
sviluppo»
5
.
Da questa chiara definizione appare subito evidente il legame che intercorre
fra sviluppo e diritti umani, esplicitato nuovamente in una Dichiarazione
dell'UNCTAD del 7 maggio 1992: «States members of UNCTAD recognize
that peace and prosperity are indivisible and the lasting peace and stability
require effective international cooperation for the eradication of poverty and
the promotion of a better life for all in a larger freedom»
6
.
3
ORGANIZZAZIONE UNITÀ AFRICANA, "African Charter on Human and Peoples' Rights", adopted
June 27, 1981, Doc. CAB/LEG/67/3 rev. 5, 21 I.LM.58 (1982), entered into force October 21, 1986.
4
ASSEMBLEA GENERALE NAZIONI UNITE, "Dichiarazione sul diritto allo sviluppo", adottata con
Risoluzione n.41/128 del 4/12/1986,A/RES/41/128 in www.un.org/documents/ga/res/41/a41r128.htm.
5
Dichiarazione sul diritto allo sviluppo, op. cit.
6
UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development), Terms of Reference of the
Standing Committee of Poverty alleviation, Trade and Development Board decision, 398 of 7 May
1992, annex, section B, in www.unctad.org.
Premessa / Cooperazione, sviluppo e diritti dell'uomo: un legame inevitabile
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Nuovamente troviamo riscontro del legame tra concetto di cooperazione,
sviluppo e diritti umani nell'art.5 della IV Convenzione di Lomè: «La
cooperazione è intesa a uno sviluppo incentrato sull'uomo, suo principale
protagonista e beneficiario, e presuppone pertanto il rispetto e la promozione
dell'insieme dei diritti di quest'ultimo. Le azioni di cooperazione si inscrivono
in questa prospettiva positiva in cui il rispetto dei diritti dell'uomo è
riconosciuto come fattore fondamentale di un reale sviluppo e in cui la
cooperazione stessa è concepita quale contributo alla promozione di tali
diritti. In questa prospettiva la politica di sviluppo e la cooperazione sono
strettamente connesse con il rispetto e il godimento dei diritti e delle libertà
fondamentali dell'uomo» (par.1)
7
.
Anche a livello di legislazione comunitaria troviamo espresso il legame finora
enunciato. All'art.177 paragrafo 2 (ex art.130 U) del Trattato istitutivo si
legge: «La politica della Comunità di cooperazione allo sviluppo contribuisce
all'obiettivo generale di sviluppo e consolidamento della democrazia e dello
Stato di diritto, nonché al rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali». L'Unione Europea è diventata, con il tempo, un importante
punto di riferimento in materia di cooperazione allo sviluppo e di difesa dei
diritti umani; risulta, infatti, il primo donatore a livello mondiale in Europa
Centrale ed Orientale, per i paesi del Mediterraneo, in Africa ed Asia, e
partecipa attivamente alla politica di aiuto allo sviluppo in America Latina,
Asia, Caraibi e Pacifico
8
. C'è comunque da sottolineare che le politiche
comunitarie di aiuto allo sviluppo e di aiuto umanitario non sono attuate
solamente per ragioni di protezione e rispetto dei diritti umani, ma sono
dettate anche da interessi politici, economici e commerciali. La speranza è che
dietro questi interessi particolaristici della Comunità e dei singoli Stati
rimangano le reali motivazioni legate ai diritti umani, motivazioni che
7
Art.5 Fourth ACP-EEC Convention signed at Lomè on 14 December 1989, in Official Journal
L229, 17/8/1991 pp.3-280. Per la versione integrale del testo della IV Convenzione di Lomè, cfr.
www.acpsec.org/gb/lome/lome4_e.htm.
8
COMMISSIONE EUROPEA, "Aiuti e prestiti dell'Unione Europea: guida ai finanziamenti comunitari",
Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Comunità Europea, Bruxelles, 1996.
Premessa / Cooperazione, sviluppo e diritti dell'uomo: un legame inevitabile
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possono innalzare l'Unione Europea a entità che esporta non solo prodotti
industriali o tecnologie, ma anche principi di democrazia e modelli politico-
sociali.
Il presente studio si propone un'analisi approfondita sulla politica di aiuto
umanitario dell'Unione Europea che si sta evolvendo seguendo i mutamenti
politico-istituzionali dell'Unione stessa. Questa politica, inizialmente
rientrante nel quadro degli obiettivi della politica di aiuto allo sviluppo, è
infatti divenuta sempre più autonoma. Il capitolo primo ha quindi per oggetto
lo studio delle basi giuridiche dell'aiuto umanitario dell'Unione, nonché la sua
evoluzione, le sue tipologie e il quadro normativo di riferimento. Con il
successivo capitolo l'attenzione si sposta da un livello teorico e giuridico ad
uno istituzionale: come viene messa in pratica la politica di aiuto umanitario?
Come è noto, l'organo di Bruxelles competente per l'attuazione dell'aiuto
comunitario su scala mondiale è l'Ufficio Umanitario della Comunità Europea
(ECHO), creato nel 1992, di cui va dunque studiato il funzionamento.
Tuttavia, l'intervento dell'Unione Europea in situazioni di emergenza non si
ferma ai soli strumenti e metodi che potremmo definire "civili". Infatti, si
pone talvolta l'esigenza di ricorrere a strumenti militari: le peacekeeping
operations dell'Unione Europea. Oggetto del terzo capitolo è l'esame delle
cosiddette Missioni Petersberg, un istituto che l'Unione non ha ancora
effettivamente sperimentato, ma che merita pur sempre un accenno ed uno
studio come potenziale mezzo cui l'Unione potrà ricorrere in un futuro
immediato. Infine, il capitolo conclusivo si concentra sull'analisi della
catastrofe dei Grandi Laghi e sul ruolo che l'Unione Europea ha giocato in
una delle emergenze umanitarie più estese e più gravi di tutti i tempi.
L'obiettivo del presente studio è stato quello di approfondire la tematica
dell'aiuto umanitario, che potremmo definire di recente "introduzione"
nell'agenda comunitaria, la sua evoluzione e l'apparato burocratico che ne fa
da contorno, e come si passi dalla teoria e dalla legittimazione giuridico-
normativa all'intervento sul campo nella logica dell'istituzione di Bruxelles.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
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~ Capitolo primo ~
AIUTO ALLO SVILUPPO E AIUTO UMANITARIO
1 - POLITICA DI AIUTO ALLO SVILUPPO
1.1 - EVOLUZIONE GIURIDICA DELLA POLITICA DI AIUTO ALLO
SVILUPPO
'inserimento della politica di cooperazione allo sviluppo nel
Trattato della Comunità Europea è stato il frutto di un lungo
processo dell'azione comunitaria nei confronti dei paesi in via di sviluppo nel
corso di quasi trent'anni, a partire dalle poche e generiche affermazioni
contenute nel Preambolo in ordine alla «Solidarietà che lega l'Europa ai
paesi d'oltremare» e alla necessità di «Assicurare lo sviluppo della loro
prosperità conformemente ai principi dello Statuto delle Nazioni Unite», fino
ad arrivare all'inserimento nel Trattato della politica di aiuto allo sviluppo.
Nessun articolo del Trattato istitutivo prevedeva espressamente una politica di
cooperazione allo sviluppo. Le uniche norme sul tema erano contenute negli
artt.3.s (ex art.3.k), 182-188 (ex artt.131-136) e 310 (ex art.238).
L'art.3s si limita ad annunciare «L'associazione dei paesi e territori
d'Oltremare, intesa ad incrementare gli scambi e proseguire in comune nello
sforzo di uno sviluppo economico e sociale».
Gli artt.182-188 (ex artt.131-136) ne disciplinavano (e ne disciplinano tuttora)
l'attuazione. L'inserimento di questi articoli nel Trattato fu una precisa
richiesta della Francia che ne fece una condicio sine qua non della sua
adesione alla Comunità. L'interesse della Francia era quello di conservare
legami privilegiati con i suoi Dipartimenti d'Oltremare e, al tempo stesso, di
attenuare l'onere degli aiuti a quei paesi.
L'attuale art.182 stabilisce che «Scopo dell'associazione è di promuovere lo
sviluppo economico e sociale dei paesi e territori e l'instaurazione di strette
L
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 6
relazioni economiche tra essi e la Comunità nel suo insieme». Obiettivo
principale della norma è, dunque, l'inclusione dei paesi e territori non europei
sottoposti al dominio coloniale nella politica di cooperazione allo sviluppo
della Comunità.
L'articolo successivo (183) elenca gli obiettivi di una tale cooperazione: «Gli
Stati membri applicano ai loro scambi commerciali con i paesi e territori
d'Oltremare il regime che si accordano tra di loro, in virtù del Trattato»,
mentre «Ciascun paese e territorio applica ai suoi scambi commerciali con
gli Stati membri e gli altri paesi e territori il regime che applica allo Stato
europeo con il quale mantiene relazioni particolari». Inoltre, «Le
importazioni originarie dei paesi e territori beneficiano, al loro ingresso
negli Stati membri, del divieto dai dazi doganali», mentre sono soppressi
quelli «gravanti sulle importazioni dagli Stati membri» (art.184).
In assenza, quindi, di uno strumento specifico che rendesse possibile l'azione
della Comunità nel campo della cooperazione allo sviluppo le originarie basi
giuridiche erano:
- L'art.133 (ex art.113), che riconosce competenze comunitarie in ambito
tariffario e commerciale. Il rapporto tra commercio e sviluppo si richiama
alla teoria secondo la quale l'espansione commerciale è una condizione
necessaria alla crescita economica dei paesi in via di sviluppo
1
.
- L'art.310 (ex art.238): fondamento giuridico per gli accordi di
associazione, che stabilisce che «La Comunità può concludere con uno o
più Stati o organizzazioni internazionali accordi che costituiscono
un'associazione caratterizzata da diritti ed obblighi reciproci, da azioni in
comune e da procedure particolari». È a tale articolo che si sono fatte
risalire le basi giuridiche di quasi tutti gli accordi comunitari sui temi di
politica di sviluppo
2
.
1
MARTINES F., "La politica di cooperazione allo sviluppo della CEE", op. cit. Martines, inoltre, fa
presente che in ambito commerciale la Comunità gode di competenza esclusiva.
2
VIGILANTE A., "La Comunità ed i Paesi in via di sviluppo", op. cit.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 7
- L'art.308 (ex art.235): la Comunità vi ha fatto spesso ricorso per ampliare
la propria sfera di competenza in vari ambiti. La norma afferma che:
«Quando un'azione della Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel
funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunità,
senza che il presente trattato abbia previsto i poteri d'azione a tal uopo
richiesti, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della
Commissione e dopo aver consultato il Parlamento Europeo, prende le
disposizioni del caso». Si tratta della codificazione del principio dei poteri
impliciti, secondo cui un'organizzazione internazionale può utilizzare tutti
i mezzi a sua disposizione per raggiungere gli scopi previsti dal trattato
istitutivo dell'organizzazione stessa, anche quando tali mezzi non sono
espressamente previsti nel testo del trattato.
- Infine, in certi casi, quando l'intervento previsto rientrava nella materia
agricola, si è fatto ricorso all'art.37 (ex art.43).
L'approccio comunitario ai problemi dello sviluppo ha poi subito modifiche
significative nel corso del tempo.
La prima tappa importante è stata la presentazione del "Memorandum della
Commissione su una politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo"
3
del
1971, completata nel 1972 al Vertice di Parigi (19-20 ottobre), che ha fornito
la base politica necessaria alla definizione concreta della svolta. La
Commissione offriva spunti e dibattiti sugli orientamenti di una politica di
cooperazione che consentisse alla Comunità di «Rendere più manifesta la
solidarietà con i paesi in via di sviluppo».
Ulteriore conferma della nuova tendenza comunitaria è stato il Memorandum
Pisani del 1982
4
, dal nome del suo ideatore, in cui si sottolineava che la
politica di sviluppo è «L'espressione dell'identità europea sul piano
internazionale e la componente essenziale della politica estera della
3
COMMISSIONE EUROPEA, "Memorandum della Commissione su una politica comunitaria di
cooperazione allo sviluppo. Documento di sintesi (27 luglio 1971)", in Supp. Boll. CE 9-10/1971.
4
COMMISSIONE EUROPEA, "Memorandum sulla politica comunitaria di sviluppo", Suppl. Boll. CE
5/1982, dovuto essenzialmente al Commissario Edgar Pisani, responsabile in quel periodo del settore.
Cfr. inoltre www.volint.it/scuola/pubblico/4cooperazione/c17/c17t03.htm.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 8
Comunità» e che «manifesta una volontà di solidarietà con i paesi più poveri
e traduce una coscienza politica ed umana, oltre che economica,
dell'interdipendenza tra le regioni del mondo»
5
.
Tuttavia, solamente con il Trattato di Maastricht la svolta assume un rilievo di
tipo normativo. Il Titolo XX (ex XVII) è dedicato alla «Cooperazione allo
sviluppo», che quindi diventa politica comunitaria a tutti gli effetti.
I riferimenti sono agli artt.177 (ex 130U): «La politica della Comunità nel
settore della cooperazione allo sviluppo, che integra quella svolta dagli Stati
membri, favorisce lo sviluppo economico e sociale sostenibile dei paesi in via
di sviluppo nell'economia mondiale; l'inserimento armonioso e progressivo
dei paesi in via di sviluppo nell'economia mondiale; la lotta contro la povertà
nei paesi in via di sviluppo»; l'art.180 (ex 130X) che prevede un
coordinamento delle politiche della Comunità e degli Stati membri in materia;
infine l'art.181 (ex 130Y) dispone che «Nell'ambito delle rispettive
competenze, la Comunità e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e
con le competenti organizzazioni internazionali».
Nel corso di quasi trent'anni la politica comunitaria si è sostanzialmente
attuata tramite forme di cooperazione economica, lungo tre direttrici:
1. con alcuni Stati dell'Africa Subsahariana, del Pacifico e dei Caraibi;
2. con i paesi del Mediterraneo;
3. con i paesi in via di sviluppo dell'Asia e dell'America Latina.
Analizziamo brevemente le tre forme di cooperazione della Comunità.
1.2 - I RAPPORTI CEE-ACP: DA YAOUNDÈ A LOMÈ
I rapporti tra la Comunità Europea ed i Paesi dell'Africa, Caraibi e
Pacifico si intensificarono negli anni immediatamente successivi alla
creazione della Comunità stessa. I paesi e territori d'Oltremare legati agli Stati
membri da ragioni storiche ed economiche cominciarono il processo di
5
GUIZZI V., "Manuale di diritto e politica dell'Unione Europea", Napoli, Editoriale Scientifica, 1995.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 9
indipendenza proprio sul finire degli anni '50. Tuttavia, l'indipendenza politica
non è mai andata di pari passo con quella economica e la situazione di
dipendenza dai paesi occidentali e industrializzati permase piuttosto
accentuata. Proprio su questa linea direttrice prese avvio la prima fase di
politica di cooperazione della CEE con i Paesi ACP.
Nel 1963, 18 paesi, tutti francofoni (ad eccezione della Somalia) e tutti
africani (ad eccezione del Madagascar) siglarono a Yaoundè una
Convenzione di associazione CEE-SAMA
6
(Stati africani e malgascio
associati), imperniata su tre elementi fondamentali:
• la creazione di una zona di libero scambio, per consentire l'accesso dei
prodotti di base al mercato europeo;
• l'aiuto finanziario e tecnico, erogato sia mediante aiuti della Comunità
stessa, sia mediante aiuti bilaterali concessi dai singoli Stati membri;
• la costituzione di istituzioni paritetiche, usate a livello parlamentare e
ministeriale (Consiglio di associazione, Conferenza parlamentare, Corte
arbitrale).
Rinnovata nel 1969, la II Convenzione di Yaoundè
7
fu sostituita nel 1975
dalla Prima Convenzione di Lomè
8
, sottoscritta anche dagli Stati dei Caraibi e
del Pacifico, legati alla Gran Bretagna. La Convenzione di Lomè fu rinnovata
nel 1980 (II), 1985 (III) e 1990 (IV)
9
.
6
I Convenzione di Associazione tra la CEE e gli Stati africani e malgascio associati a tale Comunità,
firmata a Yaoundè il 20 luglio 1963, in GUCE L93 dell'11.06.1964, p.1431 non più in vigore. Gli
Stati che fanno parte della Convenzione sono: Alto-Volta Burundi, Camerun, Repubblica
Centrafricana, Ciad, Congo (Brazzaville), Congo (Léopoldville), Costa d'Avorio, Dahomey, Gabon,
Madagascar, Mali, Mauritania, Niger, Ruanda, Senegal, Somalia, Togo. Fonte: BRAYER G., "Europe-
Tiers monde. Lomè. Une novelle coopération douanière?", Tome XLVII, Paris, Libraire général de
droit et de jurisprudence, 1989, nota 1, p.50.
7
II Convenzione di Associazione tra la CEE e gli Stati africani e malgascio associati a tale
Comunità, firmata a Yaoundè il 29 luglio 1969, in GUCE L282 del 28.12.1970, p.2 non più in vigore.
8
First ACP-EEC Convention signed at Lomè on 28 February 1975. Per la versione integrale del testo
cfr. www.acpsec.org/gb/lome/lome1.htm.
9
II Convenzione ACP-CEE firmata a Lomè il 31 ottobre 1979, in GUCE L347 del 22.12.1980, p.161.
III Convenzione ACP-CEE firmata a Lomè l'8 dicembre 1984,in GUCE L86 del 31.3..1986, pp.1-208.
Cfr. inoltre Special Issue, in "The Courier ACP", n.89, January-February 1985, p.85. Per la versione
integrale del testo cfr. www.acpsec.org/gb/lome/lome3e.htm. Quarta Convenzione ACP-CEE firmata
a Lomè il 15 dicembre 1989, in GUCE L229 del 17.8.1991,pp.3-280. Cfr. inoltre "The Courier ACP",
n.120 March-April, 1990. Per la versione integrale del testo www.acpsec.org/gb/lome/lome4_e.htm.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 10
Fondate sull'art.310 - base giuridica per la stipulazione degli accordi di
associazione – (ex art.238), le Convenzioni di Lomè rappresentavano una
svolta nei rapporti CEE-ACP. Si trattava, infatti, di "Convenzioni di
cooperazione" e non più di associazione, come quelle di Yaoundè, proprio a
testimoniare «Il superamento di una concezione ristretta dei rapporti tra la
Comunità e i PVS e l'accoglienza delle rivendicazioni di questi ultimi per
l'instaurazione di un nuovo ordine economico internazionale»
10
. Si parla
infatti di "spirito di Lomè".
L'accordo stabiliva una cooperazione in termini globali: ambiente, agricoltura,
sicurezza alimentare, sviluppo energetico, servizi, comunicazione,
cooperazione culturale e sociale.
La Convenzione di Lomè ha raggiunto risultati positivi in numerosi settori:
1. cooperazione commerciale: i prodotti esportati dai PVS nell'ambito CEE
potevano entrare in esenzione dai diritti doganali, da tasse di effetto
equivalente e da restrizioni quantitative
11
;
2. Stabex: stabilizzazione dei prezzi dei prodotti di base e garanzie contro la
variazione dei termini di scambio;
3. accordo sullo zucchero: gli Stati ACP si impegnavano a fornire
annualmente alla CEE delle quantità di zucchero determinate, ad un
prezzo liberamente negoziato sul mercato (la Comunità garantiva un
prezzo minimo pari a quello assicurato ai propri produttori);
4. Sysmin: simile allo Stabex, si riferiva alla stabilizzazione delle
esportazioni di minerali
12
;
5. cooperazione industriale: con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e la
diversificazione industriale negli Stati ACP, di moltiplicare i legami tra
10
FUMAGALLI MERAVIGLIA M., "La politica di cooperazione allo sviluppo" in "Elementi di diritto
comunitario. Parte speciale. Il diritto sostanziale della Comunità Europea", a cura di DRAETTA U.,
Milano, Giuffrè Editore, 1995, pp.223-230.
11
Queste disposizioni coprivano circa il 99,5% dei prodotti esportati dagli Stati ACP. Solo alcuni
prodotti, rientranti nella politica agricola comune, non beneficiavano della esenzione totale, pur
godendo di un trattamento più favorevole di quello applicato agli Stati terzi rispetto alla
Convenzione. VIGILANTE A., "La Comunità ed i Paesi in via di sviluppo", cit. p.617.
12
Rame, cobalto, fosfati, manganese, bauxite, alluminio, stagno, minerale di ferro ed alcuni suoi
sottoprodotti.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 11
industrie e altri settori economici e facilitare il trasferimento delle
tecnologie;
6. cooperazione agricola: per facilitare lo sviluppo agricolo tramite la
predisposizione di adeguate misure di assistenza tecnica e la creazione di
un centro tecnico di cooperazione agricola e rurale;
7. cooperazione finanziaria e tecnica: tendeva a correggere gli squilibri
strutturali dei Paesi ACP. Le sovvenzioni erano costituite da aiuti non
rimborsabili.
Per finanziare le iniziative previste dalle Convenzioni di Lomè la Comunità si
avvaleva del Fondo Europeo di Sviluppo che rientra interamente nella politica
di aiuto allo sviluppo; ha durata quinquennale e viene rinnovato ad ogni
revisione della Convenzione. È gestito dalla Commissione ma non rientra nel
bilancio comunitario.
La IV Convenzione di Lomè è stata sostituita dalla Convenzione di Cotonou,
firmata il 23 giugno 2000
13
; ha durata ventennale con revisione ogni cinque
anni. Anche in questo caso l'approccio nei rapporti UE-ACP è globale:
dimensione politica (enfasi sul ruolo predominante del dialogo politico,
peace-building policies, prevenzione e risoluzione dei conflitti, rispetto per i
diritti umani); dimensione sociale ed economica (partecipazione nel processo
di sviluppo della società civile); particolare attenzione al problema della
riduzione della povertà; una sempre maggiore cooperazione commerciale che
favorisca l'inserimento economico dei PVS nell'economia mondiale; una
sempre più stretta cooperazione finanziaria.
13
CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, Decisione 00/770/CE dei rappresentanti dei Governi degli
Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 3.10.2000, concernente l'applicazione provvisoria
dell'accordo relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro del
protocollo finanziario dell'accordo di partenariato tra gli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico,
da un lato, e la Comunità Europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou (Benin) il
23.6.2000, nonché alla concessione di un'assistenza finanziaria ai paesi e territori d'oltremare cui si
applicano le disposizioni della parte quarta del trattato CE, in GUCE L317 del 15.12.2000, p.354.
Cfr. anche Accordo interno 2000/770/CE in GUCE L317 del 15.12.2000, pp. 355-372.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 12
1.3 - LA POLITICA MEDITERRANEA
L'apertura della Comunità verso i paesi più bisognosi si realizza anche
nei confronti di quelli lungo il bacino del Mediterraneo. Già nel 1976 erano in
vigore accordi firmati con i paesi del Maghreb: Algeria, Marocco e Tunisia;
un anno dopo con i paesi del Mashrek: Egitto, Giordania, Siria e Libano. Nel
sistema degli accordi restavano esclusi solamente Albania e Libia.
Anche per l'area mediterranea le disposizioni abbracciavano i settori più vari:
dal libero accesso al mercato comunitario per tutti i prodotti industriali alla
riduzione dei dazi doganali per i prodotti agricoli; dal campo finanziario alla
promozione delle esportazioni, al trasferimento di tecnologie; dal trattamento
paritario della mano d'opera alla regolamentazione della pesca.
Tra gli strumenti destinati a tutti i PVS, ma soprattutto all'area mediterranea, il
Sistema delle Preferenze Generalizzate rappresentava un risultato
importante
14
. Consisteva «Nell'ammissione sul mercato comunitario, in
esenzione di dazi doganali, di tutti i prodotti industriali, finiti o semilavorati,
provenienti da tutti i paesi in via di sviluppo e nella ammissione, in esenzione
parziale, dei prodotti agricoli trasformati, fino al limite di prefissati
contingenti per prodotto, per paesi di provenienza e paesi d'importazione»
15
.
1.4 - COOPERAZIONE CON I PAESI NON ASSOCIATI DELL'ASIA E
DELL'AMERICA LATINA
Fino al 1972 l'azione comunitaria nei confronti dei PVS e del
Mediterraneo è stata di gran lunga la più rilevante. Con il Vertice di Parigi del
1972
16
è nata, però, una politica di cooperazione su scala mondiale. Le
relazioni con i paesi non associati dell'Asia e dell'America Latina si
concretizzarono essenzialmente con azioni unilaterali
17
.
14
L'idea nacque dall'UNCTAD (1968). La Comunità fu la prima ad accogliere la proposta nel 1971.
15
VIGILANTE A., "La Comunità ed i Paesi in via di sviluppo", cit. pp.624-625.
16
Per un approfondimento cfr. www.volint/it/scuola/pubblico/4cooperazione/c17/c17t02.htm.
17
Sono inoltre da segnalare la conclusione di Accordi commerciali settoriali (ad esempio l'Accordo
Multifibre), Accordi di cooperazione commerciale e Accordi quadro di cooperazione economica.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
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Tuttavia, la Comunità Europea agisce nell'area anche tramite l'aiuto tecnico e
finanziario, sulla base dell'art.308 (ex art.235), considerato sino a Maastricht
pietra miliare di tutto il sistema dell'aiuto allo sviluppo. Gli obiettivi di tale
sostegno sono principalmente la realizzazione di progetti per lo sviluppo
dell'ambiente rurale e la produzione alimentare e progetti di integrazione
regionale. I finanziamenti assumono la forma di aiuti non rimborsabili
emanati dalla stessa Comunità, di co-finanziamenti con gli Stati membri o con
organizzazioni regionali.
1.5 - RACCORDO TRA AIUTO, RICOSTRUZIONE E SVILUPPO: LA
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE DEL 1996
"Un migliore sviluppo può ridurre la necessità di aiuti d'urgenza, un
migliore aiuto può contribuire allo sviluppo e una migliore ricostruzione può
agevolare la transizione dall'uno all'altro"
18
.
Secondo la Commissione l'esigenza di formare un collegamento fra queste tre
fasi risiede nel fatto che la riparazione di situazioni disastrose richiede lunghi
periodi di ricostruzione. Durante la fase di attuazione della politica di
sviluppo si rischia di trascurare l'esigenza immediata di proteggere le vittime
e aiutarle a far fronte alle situazioni di emergenza. Si viene, quindi, a creare
un modello a tre dimensioni, in apparenza facile, in realtà di difficile
realizzazione, in quanto molte situazioni d'emergenza sono dovute proprio a
condizioni di instabilità politica, economica e sociale, cioè a crisi di carattere
cronico, alle quali mal si adatta l'aiuto umanitario inteso come provvedimento
d'urgenza e limitato nel tempo.
La comunicazione della Commissione del 1996 cerca di trovare delle
soluzioni per ovviare allo scarto che separa i programmi di aiuto d'urgenza da
quelli di sviluppo, attuando piani complementari ed il più possibile coerenti
per rendere ancora più efficace l'intervento a favore dei paesi interessati.
18
COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione al Consiglio e al Parlamento Europeo relativa al
collegamento tra aiuto, ricostruzione e sviluppo, COM(96) 153 del 30 aprile 1996.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
_______________________________________ ________________________________________ 14
L'obiettivo finale di tale programma è quello di raggiungere una situazione di
cosiddetta "stabilità strutturale" (politica ed economica) dei paesi destinatari,
cioè integrare gli obiettivi degli interventi per lo sviluppo nelle operazioni di
aiuto d'urgenza. Tuttavia, cercare di far coincidere la visione a breve termine
con quella a lungo termine non è senza inconvenienti e può portare a delle
gravi anomalie. Nelle operazioni di aiuto si possono presentare delle
situazioni in cui gli obiettivi più immediati e urgenti siano in contrasto con il
conseguimento delle prospettive dello sviluppo, di respiro più ampio. Per
superare questi inconvenienti la Commissione propone un "modello di aiuto
ideale" che dovrebbe garantire:
a. un aiuto d'urgenza che non comprometta le iniziative di sviluppo;
b. un aiuto che porti in sé i principi fondamentali che si applicano
normalmente anche ai progetti di sviluppo;
c. infine la fornitura di aiuto dovrebbe essere immediatamente seguita da
programmi di ricostruzione.
Spesso la realtà è ben diversa dalla teoria: bisognerebbe avere una visione
ottimistica per poter immaginare che in una situazione d'urgenza vi sia il
tempo di poter pensare a tutti gli eventuali effetti negativi per lo sviluppo che
potrebbe provocare l'intervento internazionale, quando l'obiettivo principale è
di salvare vite umane. Per risolvere il gap che si crea tra la situazione reale e
quella teorica, un ruolo molto importante è ricoperto dalle cosiddette "Task
Forces", istituite dalla Commissione, che, essendo formate da personale che si
occupa sia di aiuto che di sviluppo, fungono da strutture di coordinamento. La
"Task Force" svolge, quindi, un ruolo fondamentale per quanto riguarda
l'aiuto umanitario, ma può rivelarsi anche molto importante per le fasi
successive, quelle di ricostruzione e sviluppo
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L'European Community Task Force (ECTF) è stata istituita nell'ottobre 1992 durante il Consiglio
Europeo di Birmingham, per sostenere gli sforzi dell'UNHCR volti a fornire un aiuto umanitario alla
ex-Yugoslavia. I suoi obiettivi consistevano nel: a) fornire un supporto logistico e tecnico all'UNHCR
(sebbene quest'ultimo non sia stato direttamente consultato); b) migliorare il coordinamento sul
terreno, principalmente agevolando, tra i donatori, lo scambio di informazioni sulle azioni finanziate,
con l'obbligo implicito da parte degli Stati membri e della Commissione di informare l'ECTF di tutte
le loro azioni.
Capitolo primo / Aiuto allo sviluppo e aiuto umanitario
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Infine, la comunicazione della Commissione conclude con un particolare
riferimento alle catastrofi causate dall'uomo, sottolineando l'esigenza che «ai
primi provvedimenti di aiuto umanitario facciano seguito nel tempo quelle
misure politiche che portino alla definitiva conclusione del conflitto e allo
sviluppo socio-economico dell'area considerata»: la prevenzione dovrebbe
essere la risposta politica dell'Europa per il problema dei conflitti. La
comunicazione, a tal proposito, parla di «sviluppo della pace», nel senso di
prevenzione dei conflitti anche in situazioni dove questi ultimi siano ancora
lontani dal manifestarsi, ma ci sia una tensione latente - prevenzione in senso
lato -. Non più, quindi, provvedimenti presi per cercare di rimediare ad una
situazione che oramai è di fatto precipitata, ma cercare di impedire che tale
situazione si verifichi.