Viaggio in senso lato, quanto la figura del forestiero stricto sensu,
e di tutto l’universo che lo riguarda e che oggi è catalogato sotto
il “capitolo” TURISMO. Il punto di arrivo, o meglio, il punto di
vista finale è poi stato quello legato al marketing ed alla
promozione territoriale. Il cerchio, quindi, si chiudeva,
abbracciando il cuore del mio percorso di studi.
L’esperienza concreta di cui sopra, mi si è configurata come
opportunità da prendere al volo: una locandina appesa in una
bacheca dell’università recante l’invito a partecipare alle
selezioni degli equipaggi di due barche a vela protagoniste di una
nuova trasmissione televisiva di RaiDue, sulla promozione del
diporto nautico e del turismo.
Bene, ho partecipato alle selezioni e sono stata scelta.
Al colloquio ho preso coscienza di cosa si trattava e ho deciso di
voler fare di quella occasione unica un’esperienza utile anche per
il mio futuro, quindi per i miei studi e per il mio lavoro.
Quale miglior modo per vedere quali sono i meccanismi che
stanno dietro alla comunicazione televisiva, come prende avvio e
si realizza un format nuovo, se non quello di viverlo in prima
persona e, soprattutto, 24 ore su 24, dato che il tutto si sarebbe
svolto su di una barca e, quindi, con un set di ripresa itinerante e
galleggiante?
Ecco qui spiegata, in parte, la motivazione embrionale a questa
tesi. Dico “in parte” ed in modo “embrionale” perché poi gli
sviluppi e gli approfondimenti sono stati anche altri.
Durante questa esperienza, di cui tralascio, per ovvii motivi, tutto
l’aspetto ludico e di coinvolgimento personale, mi sono resa
conto, infatti, di come il format fosse legato al turismo e alla
promozione del territorio.
Tornata dal viaggio ho voluto approfondire questi temi.
Dal punto di vista teorico ho potuto farlo attraverso la
conclusione dei miei studi universitari, dal punto di vista pratico
ho avuto l’utilissima opportunità di farlo attraverso uno stage ed
11
il lavoro presso la società di produzione del format stesso di cui
avevo fatto parte. Contemporaneamente quindi ho potuto, da un
lato studiare sui libri sociologia del turismo e marketing del
territorio e del turismo, dall’altro vedere concretamente come si
realizza un piano di comunicazione legato alla promozione del
territorio attraverso il mezzo televisivo.
L’aspetto pratico, cioè lo stage ed il lavoro, entrambi incentrati
sulla seconda edizione del programma, è diventato più
interessante e attinente ai miei studi per un motivo specifico. Alla
seconda edizione il format da semplice evento televisivo sarebbe
diventato infatti anche evento territoriale, con l’implicito
coinvolgimento delle realtà turistico - balneari toccate anche da
un punto di vista locale. Il viaggio delle due barche, in sostanza,
non avrebbe più solo fatto in modo che le singole località portuali
e costiere avessero visibilità attraverso il mezzo televisivo, ma
anche che le stesse potessero animarsi in occasione di un evento
territoriale di carattere ludico, sportivo e musicale. Tutto ciò
avrebbe dato chiaramente uno spazio ancora più ampio ed
interessante a tutte le realtà locali impegnate in un tipo di
marketing istituzionale.
Questo lavoro assume una forma semplice e lineare.
La prima sezione, i capitoli I, II, III, riguardano la parte
monografica, il supporto teorico di cui mi sono avvalsa.
Il primo capitolo introduce il tema delle relazioni pubbliche,
esamina in breve la struttura di un piano di comunicazione, si
addentra poi nello specifico delle componenti di un piano di
relazioni pubbliche, proponendo il metodo Gorel come modello
di intervento in questo ambito di lavoro.
Il secondo capitolo riguarda il marketing territoriale. Delinea le
tappe necessarie per elaborare una strategia turistica, si
concentra sul destination marketing e, dopo avere indicato
l’analisi di situazione come fase preliminare del processo che
12
consente di stabilire quale dovrà essere la pianificazione di una
strategia di intervento, indica la necessità di un esame finale
della totalità dei dati ottenuti precedentemente. A tale scopo
viene proposta come valido strumento di lavoro la cosiddetta
Swot analysis, che riassume e classifica i pro e i contro principali
secondo i quattro aspetti racchiusi nell’acronimo stesso (punti di
forza, punti deboli, opportunità e rischi) e presenta risultati sotto
forma di brevi descrizioni, da inserire possibilmente in una
tabella riassuntiva. Parte minore ma non trascurabile assume una
sezione che affronta il concetto di turismo sostenibile, ovvero ciò
che oggi potremmo definire come nuova frontiera di un turismo
di qualità.
Il terzo capitolo si avvia verso il cuore di questo lavoro. E’ un
focus su gli eventi: organizzazione, scelta della location,
allestimento, grafica, promozione, budget e tipologie. Viene
introdotto il concetto di multimedialità e l’evento multimediale
come nuova spinta al comunicare oggi. Ne vengono proposti i
mezzi e viene indicato L’Italia dei porti come evento non solo
televisivo ma, come vedremo, anche multimediale ed, infine,
territoriale.
Esso, oltre a racchiudere in sé conferenze, convegni e una sorta di
fiera in veste di villaggio con stand istituzionali e non, può essere
identificato come un road show a metà tra la concezione
americana e quella italiana.
Si tratta di un evento-spettacolo con animazione ludica, sportiva
e musicale secondo un format preconfezionato che viene, sì
replicato di location in location diverse, ma ogni volta,
mantenendo lo stesso filo conduttore, si adatta al luogo che lo
ospita, secondo, quindi, il modello americano.
Un punto sul quale vale la pena riflettere credo sia il fatto che,
ancor prima di essere, per così dire, “multimediale”, un evento è,
molto spesso, un evento “territoriale”. Da collocarsi in un luogo e
in un tempo precisi, infatti, un evento si radica nel territorio, ne fa
parte, scaturisce da esso e non ne può prescindere. Ciò comporta
13
un coinvolgimento a tutto tondo che comprende i privati, le
amministrazioni, le istituzioni, i servizi e tutta la popolazione
locale. Laddove si parlerà di convergenza e collaborazione tra
tutti gli attori per la comunicazione di un territorio
c’è da
aggiungere che la stessa cosa vale per quanto riguarda
l’organizzazione di eventi, in quanto strumenti del marketing
territoriale.
Il quarto capitolo costituisce il cuore del lavoro; una case
history: concepimento, nascita, vita e futuro de L’Italia dei
porti, l’evento televisivo e territoriale di cui sopra.
Ho cercato di proporre uno sguardo completo, partendo
dall’idea, analizzando format, target, narrazione e obiettivi. Ho
reso evidenti quali siano state le realtà, enti pubblici e privati,
che hanno dato vita al progetto e ho cercato di delineare le
differenze tra la prima edizione dell’evento (2003) e la
seconda (2004).
La seconda edizione presenta una novità sostanziale: l’evento
territoriale, cui si accompagnano convegni e conferenze,
quindi si tratta di un macro evento che racchiude in sé micro
eventi.
Ho ritenuto opportuno ritagliare uno spazio anche ai
protagonisti che, come me, hanno preso parte al progetto,
inserendo qualche loro testimonianza.
Lay-out finale sono le conclusioni: come e perché L’Italia dei
Porti costituisce un valido esempio di marketing territoriale e di
evento multimediale; perché le istituzioni delle singole regioni
d’Italia coinvolte hanno creduto nel progetto e come vi hanno
aderito; margini di miglioramento e prospettive per il futuro.
14
Capitolo Primo
LE RELAZIONI PUBBLICHE
1.1. Introduzione
Le relazioni pubbliche sono una delle quattro leve che
costituiscono il mix di comunicazione all’interno del piano
marketing. Definire univocamente tale funzione è difficile e lo
dimostra l’ampio dibattito che intorno a questo tema si è
sviluppato e che, ancora in corso, coinvolge molti illustri
osservatori di questo settore. Nonostante quest’ostacolo le
relazioni pubbliche stanno assumendo all’interno delle imprese
un ruolo sempre più centrale.
Attualmente, stando a quanto riportato nel sito Ferpi
1
,
Federazione Relazioni Pubbliche Italiane, le definizioni in
circolazione sono oltre cinquecento nonostante i tentativi fatti da
vari professionisti e studiosi della materia, nonché dalle
associazioni di settore di molti Paesi, di trovare una definizione
unica. Tale esigenza non è meramente didattica, ma serve per
coadiuvare lo sviluppo della professione che altrimenti rischia di
introdurre al suo interno, e paradossalmente proprio dall’interno,
un elemento di confusione che contemporaneamente rende più
vulnerabili e deboli rispetto ad eventuali critiche esterne. Manca
quindi una base teorica forte, capace di essere un punto di
riferimento sia per le relazioni pubbliche praticate, sia per la
disciplina insegnata negli atenei.
1
A.A.V.V. Come orientare l’evoluzione delle rp: intenso dibattito sul sito di Ferpi
in www.ferpi.it visitato il 11/04/2004;
15
A conferma di quanto detto, basta pensare che non c’è una chiara
definizione dei confini delle relazioni pubbliche. Dove si può
chiaramente distinguere tra marketing e pubbliche relazioni? E
tale separazione può davvero essere operata in maniera netta?
Proprio perché le relazioni pubbliche sono una leva all’interno
dell’attività di marketing non dovrebbe essere possibile operare
una distinzione. Le relazioni pubbliche dovrebbero invece,
attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione, andare ad
integrare le attività di marketing per perseguire gli obiettivi posti
nel piano marketing.
La necessità di cooperazione emerge anche dalla ricerca Delphi
2
realizzata per BledCom 2002 da Betteke van Ruler e Dejan
Vernic
3
. I professionisti intervistati nei tre turni dello studio
sostengono sì che la funzione relazioni pubbliche debba
collaborare con il marketing, ma rimanendo separata da
quest’ultimo. Un punto di vista che quindi distingue le due
funzioni, arrivando perfino a non considerare le relazioni
pubbliche uno strumento di marketing, pur essendo uno
strumento proprio del management, che si occupa della gestione
delle organizzazioni complesse.
In realtà nei Paesi in cui le relazioni pubbliche hanno una storia
più lunga, principalmente Stati Uniti d’America e Gran Bretagna,
molti investimenti vengono destinati dalle aziende alle cosiddette
2
Il Delphi è un metodo di ricerca qualitativa usato per analizzare le tendenze di un
fenomeno socioculturale, tecnologico, economico o politico, mediante interviste ad
un gruppo di persone competenti sull’argomento. Il coordinatore del Delphi invia
un primo questionario ai partecipanti. Ricevute le risposte queste vengono usate per
elaborare un secondo questionario per approfondire gli aspetti più interessanti.
Questo metodo, utile quando i soggetti da intervistare sono lontani, ha come difetto
principale, secondo Betteke van Ruler e Dejan Vernic, quello di generare talvolta
un effetto alone, laddove le risposte date siano vaghe, impedendo quindi di
restringere il campo della ricerca. Tosi H.L., Pilati M., Mero N.P., Rizzo J.R.
(2002), Il comportamento organizzativo. Persone, gruppi e organizzazioni, Egea,
Milano p.169;
3
Betteke van Ruler e Dejan Vernic, The Bled Manifesto on Public Relations, in
www.ferpi.it, visitato il 04/04/2004;
16
marketing pr
4
. Si tratta dell’applicazione di strategie e tecniche di
relazioni pubbliche per creare e sviluppare relazioni con i
protagonisti del mercato in cui opera l’azienda. È noto, infatti,
che l’azienda deve rapportarsi con quell’insieme di persone e
forze esterne ad essa che costituiscono l’ambiente influente. C’è
quindi una collaborazione attiva tra marketing e relazioni
pubbliche motivata dalla centralità della relazione anche in un
ambito prettamente commerciale. Volendo individuare
un’ulteriore distinzione tra questi due ambiti d’attività si può fare
riferimento al modello organizzativo di Mintzberg che colloca le
funzioni di marketing a livello di line dotate dunque di
un’autorità formale all’interno dell’organizzazione, mentre
caratterizza le posizioni di relazioni pubbliche come esterne
all’organizzazione in posizione di staff di supporto
5
. Si
tratterebbe in tal caso di servizi specifici a supporto delle attività
principali svolte nell’organizzazione. Da notare che sempre più
spesso la funzione relazioni pubbliche è internalizzata e collocata
nella gerarchia aziendale vicino al vertice strategico da cui
dipende.
4
A.A.V.V., “Le Marketing Public Relations”, in Gorel, governare le relazioni in
www.ferpi.it visitato il 10/03/2004;
5
Mintzberg H. (1996), La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino,
Bologna p.58;
17
1.2. Definizioni
Di separazione tra relazioni pubbliche e marketing parla anche,
ma con meno enfasi, Kotler che però non la attribuisce ad una
differenza di funzioni tra le due attività, quanto al fatto che
spesso chi cura le relazioni pubbliche deve confrontarsi con
problemi che non riguardano strettamente il marketing. In realtà
le relazioni pubbliche hanno per Kotler un ruolo cruciale nel
raggiungimento degli obiettivi del piano marketing, tanto da
arrivare a definirle come la quinta P del marketing mix. Infatti,
nella definizione che dà, riprendendo quella del Webster’s New
International Dictionary, parla di relazioni pubbliche come di
“un’insieme di attività intese a creare e mantenere efficienti e
chiare relazioni con i pubblici speciali, clienti, dipendenti o
azionisti, e con il pubblico in generale, in modo da inserirsi
profondamente nel proprio ambiente di marketing e presentare
una precisa immagine di sé alla collettività
6
”.
Il ruolo delle relazioni pubbliche è quindi centrale per tutta
l’attività di un’organizzazione perché contribuiscono a creare
delle relazioni importanti per la sopravvivenza stessa
dell’impresa. Le persone e le strutture con le quali si rapportano
gli addetti alle relazioni pubbliche, che costituiscono l’ambiente
di marketing, hanno un’influenza diretta su come
l’organizzazione è percepita e quindi sull’immagine che
raggiunge la clientela obiettivo. Tra i pubblici con i quali è
necessario interfacciarsi sono comprese, infatti, le autorità
politiche locali e nazionali, i centri del potere finanziario, i mezzi
di informazione, nonché i gruppi di pressione. Pubblici in grado
di ostacolare l’attività dell’azienda qualora la ritengano opposta
agli interessi del proprio gruppo, e di influire sulle opinioni che
arrivano al pubblico generico dei consumatori. Pertanto, compito
delle relazioni pubbliche è quello di instaurare un contatto con le
6
Kotler P., Scott W. (2002), Marketing management, ISEDI, Torino p. 904;
18
varie tipologie di pubblico e di operare successivamente per far sì
che tali rapporti si mantengano saldi e positivi nel tempo.
Per il continuo lavoro svolto al fine di instaurare una relazione
diretta con i mezzi d’informazione, le relazioni pubbliche
possono essere accostate secondo Kotler alla propaganda rispetto
alla quale hanno però un campo d’intervento più ampio e
strutturato. Prima la propaganda era inserita all’interno del piano
di comunicazione come una leva a sé stante, successivamente ne
è stato ridimensionato il peso e la propaganda è rimasta
un’attività da considerare accessoria a quella svolta dalle
relazioni pubbliche. Ciò che accomuna le due funzioni è la
pressione sui mezzi di comunicazione con lo scopo di ottenere
spazio editoriale gratuito che porti alla diffusione di informazioni
su un prodotto, un’azienda, ecc., in una forma redazionale diversa
dalla pubblicità, con una maggiore possibilità quindi di ottenere
l’attenzione dei lettori. Un’importante differenza sta però nel
fatto che il termine propaganda viene di solito riferito alla
diffusione di idee e ideologie, un ambito diverso quindi da quello
prettamente commerciale in cui operano le relazioni pubbliche.
La definizione più sintetica di relazioni pubbliche è certamente
“far bene e farlo sapere
7
” che, oltre ad avere il pregio di essere
breve, pone giustamente l’accento sul ruolo delle relazioni
pubbliche nella diffusione verso l’esterno di informazioni
sull’azienda. Manca però il necessario riferimento ai destinatari
della comunicazione. In questa definizione, infatti, si dà rilievo al
passaggio di notizie dall’azienda ai suoi pubblici, trascurando
invece la fase successiva che consiste nell’ascolto del pubblico
per coglierne reazioni ed eventuali risposte.
Comune anche ad altre definizioni è l’attribuzione alle relazioni
pubbliche del ruolo di intermediario tra l’azienda ed i suoi
pubblici, il che comporta attivare un processo di partecipazione
nei confronti di quanto è realizzato dall’azienda. Si tratta quindi
7
Roggero G. (1997), Le relazioni pubbliche, FrancoAngeli p.30;
19
di vendere l’immagine dell’azienda, di presentare le sue attività
in modo tale da creare un’area d’interesse comune con i pubblici
raggiunti. Ciò presuppone uno studio accurato dei destinatari
della comunicazione. Anche Roggero sottolinea la necessità di
ricognizione dell’opinione pubblica, ovvero di capire qual è
l’immagine di cui gode l’azienda presso i vari pubblici. Tale
studio è necessario per poter poi progettare e realizzare le attività
di relazioni pubbliche più appropriate.
“Governo delle relazioni”, così per Toni Muzi Falconi può essere
sintetizzato l’obiettivo delle relazioni pubbliche che, prosegue,
“devono sviluppare e governare sistemi di relazione consapevoli,
programmati, interattivi e simmetrici tra un’organizzazione ed i
suoi stakeholder e influenti
8
”. Le due tipologie di pubblico
raggiunte si differenziano perché, mentre gli stakeholder sono
interessati all’operato dell’organizzazione e consapevoli
dell’influenza che su di essa possono avere, gli influenti, pur
intervenendo sul raggiungimento degli obiettivi perseguiti
dall’organizzazione, non sono necessariamente consapevoli del
loro ruolo né interessati a creare una relazione con
l’organizzazione. Ovviamente la tipologia di pubblico alla quale
ci si rivolgerà avrà dirette conseguenze sulle modalità di
comunicazione scelte e quindi sul lavoro degli operatori di
relazioni pubbliche.
L’attività di questi ultimi oltre ad essere svolta in maniera
continuativa deve essere sempre trasparente, corretta e a due vie
anche per ovviare all’accusa di ambiguità mossa spesso nei
confronti dell’operato di alcuni addetti alle relazioni pubbliche.
L’ambiguità in alcuni casi è generata dal fatto che le azioni di
relazioni pubbliche non sono esplicite come quelle, ad esempio,
della pubblicità, e quindi l’impressione che se ne ricava è quella
di attività manipolatorie poco trasparenti, perché non è esplicitato
il fine al quale mirano. Inoltre, l’ambito all’interno del quale si
8
Muzi Falconi T., Le relazioni pubbliche in Fabris G. (a cura di) (2003), “La
comunicazione d’impresa”, Sperling & Kupfer, p. 67;
20
realizzano gli interventi di relazioni pubbliche è quello della
politica, dell’economia e dell’informazione, che per loro natura
sono irte di difficoltà e di ambiguità soprattutto se guardate dal
punto di vista del grande pubblico. È innegabile però che proprio
in questi settori si realizzino le relazioni più importanti per le
organizzazioni, perché sono i contesti con i quali ogni individuo
entra in contatto quotidianamente, instaurando relazioni di varia
durata e stabilità. Il momento del contatto è nell’attività di
un’organizzazione quello principale, durante il quale trasmette
messaggi portatori dei valori guida dell’organizzazione, quelli
condivisi da tutti membri che ne fanno parte e che sono posti alla
base del patto instaurato tra l’organizzazione e i suoi pubblici.
Alla visione attualmente predominante delle relazioni pubbliche
che è centrata sull’aspetto relazionale, corrisponde una
metodologia operativa, il GOREL, che attraverso dieci fasi
distinte si propone come lo strumento in grado di consentire
all’alta direzione di qualsiasi organizzazione di creare e gestire le
relazioni con i propri pubblici.
Un approccio più ampio alla questione è suggerito, invece, da
Emanuele Invernizzi
9
che ritiene necessario non chiudersi in
definizioni eccessivamente vincolanti, ma guardare a tutte le
esperienze che si realizzano nell’ambito delle relazioni
pubbliche. Perciò, oltre a sottolineare sempre l’importanza della
relazione, Invernizzi distingue tra Core e Extended PR. Per Core
PR si intendono tutte le attività che tradizionalmente identificano
le relazioni pubbliche, principalmente quindi la comunicazione
esterna volta ad influenzare l’opinione pubblica. Il concetto di
Extended PR, invece, comprende ogni possibile forma di
comunicazione attuata all’interno di un’azienda dalle diverse
funzioni aziendali. In particolare quando ci si riferisce alle
organizzazioni complesse le relazioni pubbliche, sempre secondo
Invernizzi, sono meglio definite dal termine Corporate
9
Invernizzi E., La svolta delle relazioni pubbliche: come orientarne l’evoluzione,
in www.ferpi.it visitato il 09/04/2004;
21
Communication. Tale precisazione per indicare come tutte le
attività di comunicazione vadano gestite in modo integrato. Dato
lo sviluppo raggiunto dalla professione dovrebbero essere gli
addetti alle relazioni pubbliche ad occuparsi della gestione della
comunicazione e ciò richiede necessariamente l’acquisizione di
competenze tali da far seguire all’accresciuta importanza del
ruolo una parallela crescita formativa. Formazione professionale
che però rappresenta nel nostro Paese un aspetto critico.
All’interno delle organizzazioni, infatti, non si dà ancora il giusto
peso alle competenze ed alle conoscenze di chi si occupa di
relazioni pubbliche, nonostante tale funzione sia sempre più
spesso collocata alle dirette dipendenze del vertice esecutivo. Per
sostenere la posizione nell’organigramma aziendale è necessario
quindi sviluppare il proprio bagaglio conoscitivo, mentre oggi è
ancora predominante la tendenza ad attribuire il valore delle
relazioni pubbliche non alle caratteristiche intrinseche della
funzione, ma alle singole persone ed alla loro abilità individuale.
Se dunque l’accesso ai vertici dell’organizzazione non comporta
una parallela crescita nel ruolo che si svolge, i cambiamenti
finiscono per essere esclusivamente formali e non consentono
quell’autonomia necessaria alla pianificazione degli interventi di
relazioni pubbliche.
Tra le difficoltà che emergono nel tentativo di definire le
relazioni pubbliche Betteke Van Ruler e Dejan Vernic, autori del
Bled Manifesto, sottolineano l’aspetto prettamente linguistico
della questione. Come si può pensare di giungere ad una
definizione che trovi d’accordo tutti gli operatori del settore, se
persino il significato grammaticale del termine relazioni
pubbliche non è per nulla condiviso?
I due autori, infatti, hanno notato che nei Paesi europei al termine
pubblico sono connessi dei valori molto diversi da quelli classici
dell’accezione anglo-americana del termine che per relazioni
pubbliche intende la gestione dei rapporti tra un’organizzazione
ed i suoi pubblici di riferimento. Nelle lingue di origine tedesca,
22