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INTRODUZIONE
L‟istruzione in Italia è stata soggetta a molte riforme nel corso degli
anni dal dopoguerra a oggi, gli obiettivi di queste modifiche del sistema
scolastico e della formazione sono stati rivolti a un superamento delle riforme
del periodo fascista, di cui ancora sono presenti tracce.
Queste, inoltre, sono servite nel tentativo di legare il mondo del lavoro
a quello scolastico, per rispondere a un necessario incontro tra domanda e
offerta di lavoro e una indispensabile crescita del Paese. Si tratta di due
mondi, quello della scuola e quello del lavoro, che sembrano molto diversi
sotto molteplici aspetti, dall‟età dei soggetti interessati alle attività che gli
stessi sono portati a svolgere, ma che possiedono un legame inscindibile,
complementare e che necessita di uno scambio “osmotico” continuo.
Queste iniziative sono però segnate da costanti pregiudizi nei
confronti di percorsi scolastici considerati minori, un atteggiamento
strettamente legato alla cultura e tradizione italiana e difficile da estirpare. Si
è diffusa negli anni l‟idea che i licei fossero percorsi riservati solamente a chi
volesse proseguire gli studi fino all‟Università e hanno portato e portano
tuttora l‟etichetta della scuola per i più dotati. Di contro le altre tipologie
scolastiche sono state sempre poco “pubblicizzate” e si è venuta a creare
anche una sorta di confusione nei nomi che le distinguono, a volte una
moltiplicazione dei corsi senza criterio e altre volte una mancanza di
qualifiche professionali, considerando chi le sceglie come una persona che
non ha interesse per la cultura personale, ma è alla ricerca solamente di un
attestato.
L'idea di scuole di minore o superiore importanza, con i relativi
cambiamenti intrapresi nel tentativo di modificarla, non è nata in un tempo
poi così lontano da noi. Per decenni l‟Italia ha avuto un sistema scolastico in
cui gli anni della scuola media inferiore erano distinti dall‟avviamento
professionale e a loro volta le scuole secondarie superiori presentavano un
bivio altrettanto marcato tra i licei che permettevano l‟ingresso a qualsiasi
corso universitario e gli istituti tecnici e professionali, che conducevano
all‟ingresso nel mondo del lavoro, oppure a una scelta forzata verso un
percorso di studi già stabilito, ad esempio dopo il diploma di ragioneria erano
accessibili solo poche lauree come Economia e Commercio o Statistica.
Alla fine degli anni ‟60 del ventesimo secolo la scuola ha subito
un‟importantissima riforma anche sociale, unificando la scuola media e
permettendo a chiunque avesse concluso i cinque anni delle superiori, di
qualsiasi indirizzo, di scegliere il corso universitario desiderato dallo studente
in quel momento; potendo così creare un intreccio di percorsi differenti e
quindi una maggiore comunicazione anche tra settori molto distanti tra loro.
Purtroppo negli anni, nonostante la riforma, la concezione distinta dei
licei come culturalmente superiori alle altre scuole non è stata superata.
5
A fianco a questo percorso di scuola secondaria si è andato
sviluppando il sistema della formazione, intesa come corsi esterni alla scuola
e all‟istruzione. La formazione presenta molteplici sfaccettature che hanno
creato una grande confusione nel pensiero comune, da una parte la
formazione svolta all‟interno delle imprese, che a sua volta può essere di vari
tipi (pratica, teorica, per la sicurezza ecc.) e dall‟altra la formazione
professionale tramite i corsi regionali, che permettono di ottenere una
qualifica specifica e sono svolti in particolare per riqualificare chi ha perso il
lavoro, come politica attiva, oppure rivolti a chi ha abbandonato la scuola
prematuramente.
Spesso la formazione professionale viene confusa con i corsi
scolastici degli istituti professionali, è qui che si crea un problema nell‟utilizzo
di termini simili. Non è comune distinguere istruzione e formazione né tanto
meno la scuola professionale dalla formazione professionale e la formazione
nei luoghi di lavoro. La confusione nei termini e le differenze nei soggetti
competenti a erogare i corsi non permettono, come si diceva in precedenza,
neanche un buon legame e una comunicazione e cooperazione tra il mondo
dell‟istruzione e quello del lavoro.
Il mercato del lavoro italiano, similmente a quanto avvenuto per la
scuola, presenta delle peculiarità strettamente connesse alla storia del
Paese. Lo sviluppo industriale, ma anche l‟agricoltura e il successivo
sviluppo del terzo settore hanno cambiato l‟aspetto produttivo dell‟Italia dalla
seconda guerra mondiale fino ad oggi con la società dell‟Information and
Comunication Technology e della globalizzazione.
In Italia la presenza di piccole e piccolissime imprese rispetto ad altri
Paesi che hanno colossi industriali multinazionali, influenza e ha influenzato
tutta la concezione del lavoro.
Nel corso di questa trattazione viene esposto un iter di pensiero sullo
sviluppo della scuola, in particolare dell‟istruzione professionale dal secondo
dopoguerra e di come i cambiamenti nel mercato del lavoro italiano abbiano
influenzato le riforme scolastiche e le scelte della popolazione rispetto ai
percorsi di istruzione e formazione. In particolare verrà analizzato il territorio
di Roma e due casi specifici di quest‟area geografica della scuola al suo
interno.
Nel primo capitolo viene presentata la storia della scuola italiana
all‟incirca dagli anni ‟50 ad oggi, concentrandosi in particolare sul periodo che
arriva fino agli anni ‟70-‟80. Vengono spiegate le riforme che più hanno
cambiato l‟aspetto della scuola nel nostro Paese.
Il campo viene poi focalizzato sulla storia dell‟istruzione e formazione
professionale in modo da distinguere i differenti termini utilizzati per poter
meglio definire i confini dell‟argomento trattato e comprendere i cambiamenti
6
che la società ha subito, mostrando anche la sensibilità della popolazione
all‟istruzione e alla cultura.
Con il supporto di statistiche e dati viene analizzato il livello di
istruzione negli anni con le differenze di genere, legate alle riforme, e con le
aree geografiche che rispecchiano differenti necessità del mercato del
lavoro.
Nel secondo capitolo si espone la trasformazione dell‟Italia nel periodo
storico analizzato riguardo alla produzione del Paese e di conseguenza i
cambiamenti nelle richieste di determinate professioni e qualifiche nel
mercato del lavoro.
Questo capitolo serve soprattutto a legare le scelte della scuola e
della popolazione rispetto alle richieste del mercato e della produzione,
considerando i dovuti ritardi temporali della ricezione di questa domanda di
beni e servizi e a sua volta della domanda di lavoro.
Nel terzo capitolo viene presentata nel dettaglio la storia di Roma degli
anni del secondo dopoguerra, rispetto alla scuola. Utilizzando i censimenti e
gli archivi capitolini viene elaborata una immagine dell‟evoluzione delle
scuole professionali in quest‟area geografica specifica. Ricalcando lo schema
del secondo capitolo, è presentato anche un quadro del mercato del lavoro e
delle attività economiche svolte a Roma, per collegare il contesto con le
modifiche degli aspetti scolastici romani senza trascurare lo sviluppo urbano
di specifiche aree dedicate a edilizia residenziale da una parte e sviluppo
industriale dall‟altra.
Avendo quindi ottenuto un quadro completo della Capitale italiana, nel
quarto capitolo viene esposta la storia di due Istituti di Scuola Secondaria
Superiore di Roma, fondati negli anni del dopoguerra e tuttora in funzione.
Per seguire l‟evoluzione degli Istituti nel tempo sono stati visionati i
documenti appartenenti a questi e cercata la corrispondenza o meno con le
analisi macro del Paese e della città.
Nelle conclusioni viene illustrato un collegamento con i diversi
argomenti esposti per ottenere il quadro della situazione sulle evoluzioni
dell‟Italia e in particolare di Roma e del nostro caso pratico. Sarà così
possibile rilevare se ci siano state risposte tempestive o meno delle scuole
professionali alle esigenze della società; se la popolazione le abbia sentite
adeguate oppure no e se le istituzioni abbiano saputo gestire le richieste
della società e del mercato del lavoro. Si esamina inoltre la situazione attuale
per possibili strade future che potranno essere percorse.
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PRIMO CAPITOLO
L‟ITALIA E LA SCUOLA DAL 1948 AL 2015
1.1 Breve storia della scuola Italiana
Il presente paragrafo riassume la storia della scuola italiana dal
periodo fascista ai giorni nostri. Vengono ripercorsi i principali avvenimenti
seguendo le normative italiane, il tutto è esposto focalizzandosi solo su
alcuni aspetti, infatti, questo paragrafo non vuole essere esaustivo della
storia della scuola, né tanto meno ricalcare quello che si può trovare su un
saggio dedicato all‟argomento. L‟intenzione è fare una panoramica che ci
permetta di contestualizzare il tema principale della presente tesi.
Per ripercorrere la storia della scuola Italiana dopo il secondo conflitto
mondiale occorre iniziare da qualche anno prima e fare un accenno al
periodo fascista, che ha attuato delle riforme scolastiche di cui tuttora si trova
traccia nell‟organizzazione dei percorsi didattici e nei piani di studio.
La famosa riforma Gentile del 1923 prevedeva un percorso articolato
nei vari anni di studio attraverso il quale ci si specializzava in un settore. Le
scuole elementari fornivano una cultura generale, mentre a livello secondario
era prevista una scelta che indirizzasse fortemente il futuro delle persone. A
questo livello del percorso educativo si sceglieva tra: l‟avviamento
professionale
1
; la scuola media per poter intraprendere un successivo
percorso universitario; un indirizzo magistrale
2
alla conclusione del quale si
poteva insegnare nelle scuole elementari. La scuola media prevedeva
l‟insegnamento del latino per dare una base umanistica alla popolazione. È
forte, quindi, già da questo momento l‟impronta umanistica della scuola
media rispetto agli altri due percorsi, in particolare è forte la separazione tra
studi classici-teorici e quelli scientifico-pratici
3
.
1
Questo percorso veniva chiamato “complementare”, mentre il termine “medie” era riservato agli
altri indirizzi. Per facilità di comprensione rispetto all’attuale sistema scolastico, qui si userà il
termine completo “medie inferiori” per tutti i percorsi scolastici dalla fine delle elementari all’inizio
delle superiori (10-14 anni), mentre con il termine singolo “medie” si indicherà il percorso dell’epoca
rivolto al proseguimento nei licei. Vedi per maggiore chiarezza sulla scuola elementare e media di
quegli anni Genovesi G. Storia della scuola in Italia dal settecento ad oggi Laterza, 2010, Bari, pag
169-172.
2
Qui il termine “magistrale” è usato nel senso di scuole per diventare maestro/a e non nel significato
attuale usato nei percorsi universitari come biennio di specializzazione.
3
Per maggiore chiarezza si veda tabella 1 in allegato.
8
Le scuole medie inferiori erano legate strettamente alle secondarie
superiori, come si diceva sopra, i percorsi scelti al termine della primaria
segnavano in modo decisivo il futuro degli adolescenti. Le scuole tecniche,
infatti, duravano complessivamente otto anni, che attualmente noi
concepiamo come i tre anni delle medie inferiori sommati ai cinque anni delle
secondarie superiori. Come con le scuole tecniche, così anche le magistrali
4
duravano sette anni in tutto (3+4) e i licei prevedevano quelle che sono
adesso considerate le scuole medie unificate, un percorso umanistico
predisposto per il liceo scientifico o classico, tant‟è vero che il liceo classico
attuale conserva ancora il nome di ginnasio per i primi due anni che vengono
a oggi contati come successivi agli anni delle medie inferiori
5
.
Gli esami finali delle secondarie superiori, controllati da commissioni
esterne, comprendevano, secondo il percorso didattico svolto, anche
l‟abilitazione alla professione e/o l‟accesso all‟Università.
Negli anni successivi si provò a dare una logica leggermente diversa
alle scuole secondarie. Nel 1929 furono raggruppate per indirizzo, un‟area
tecnica che includeva non solo gli indirizzi industriali ma anche quelli di
agraria e commerciali e altri indirizzi simili, un‟altra area era invece per
l‟avviamento professionale che comprendeva le scuole professionali
femminili
6
e i corsi per gli operai specializzati. In questo stesso periodo anche
le scuole tecnico-professionali passarono sotto la gestione del Ministero
dell‟Educazione
7
.
Con la legge n. 739 del 1939 i due mondi tecnico e professionale
iniziarono a influenzarsi reciprocamente, infatti, con questa legge venne data
la possibilità di gestire corsi professionali all‟interno dell‟istruzione tecnica.
Questa strada porterà ai giorni nostri a una sorta di duplicazione dei percorsi
didattici creando confusione tra i vari indirizzi. Mentre l‟avviamento
professionale, che era stato pensato prevalentemente per incentivare e
mantenere la cultura artigiana, non stava portando ai risultati sperati.
4
Le scuole magistrali vennero chiamate anche “normali” (Genovesi, 2010: 69).
5
Al liceo classico, fino all’anno scorso (2014), gli anni di scuola venivano contati partendo dal quarto
e quinto ginnasio, che corrispondono rispettivamente al primo e secondo anno delle superiori e gli
ultimi tre anni venivano contati come primo, secondo e terzo anno a differenza delle altre scuole
superiori che contano come terzo, quarto e quinto. Questo ha mantenuto fino a oggi il collegamento
che era previsto con le medie inferiori dell’epoca per dare un senso di continuità al percorso
scolastico.
6
Per molto tempo le scuole furono divise tra femminili e maschili, in particolare le scuole
professionali femminili prevedevano dei percorsi didattici diversi da quelli maschili. In allegato nella
tabella 2 si trova il piano di studi dell’epoca.
7
Prima erano gestite secondo gli indirizzi dal Ministero dell’Economia, del Lavoro e della Marina (per
gli istituti nautici).
9
A seguito dell‟inizio della seconda guerra mondiale, nel 1942 si ebbe
un rafforzamento decisivo degli istituti tecnici industriali dovuto soprattutto al
crescente numero degli iscritti, anche se il primato rimase agli istituti tecnici
commerciali.
Nel periodo fascista, come ogni cosa nel Paese, anche
l‟insegnamento venne trasformato, per dare un‟educazione totalmente
fascista, a partire dal tesseramento obbligatorio degli insegnanti, fino ai libri
di testo scritti e scelti direttamente dal Regime senza lasciare alcuna libertà
nell‟insegnamento. Non solo a livello di studi classici o industriali, ma anche il
mondo rurale e contadino venne spinto nelle scuole agrarie per far ritrovare
nella popolazione l‟attaccamento alla terra e un progresso delle tecniche
agrarie, mentre per la piccola borghesia era previsto un percorso sul
terziario.
Con la fine della guerra e del regime fascista fu eliminata anche la
riforma Gentile, che comunque già attraverso il fascismo aveva subito
notevoli modifiche
8
. Dal 1945 ci fu una fase di transizione e di
defascistizzazione
9
, durante la quale si cercò di strutturare una riforma
scolastica legata alla Costituzione del 1948. Proprio con questa viene
riconosciuto il ruolo importante della scuola con gli art. 33 e 34.
L‟art. 33 Cost.
10
garantisce la libertà di insegnamento, la libertà nella
scuola
11
, riconosce la parità tra scuole pubbliche e private, la libertà e parità
non solo dell‟insegnamento di tutte le materie, ma anche parità di trattamento
per gli studenti e libertà per gli stessi di poter scegliere dove studiare (libertà
della scuola)
12
. Allo Stato viene dato il compito di stabilire le norme generali
sull‟istruzione e un esame di stato alla fine dei percorsi scolastici.
8
Come la riforma Bottai del 1940, che propose varie innovazioni nei percorsi scolastici, che non
vennero attuate, come la scuola media unica che avrebbe dovuto dare libertà di scelta per i corsi
superiori. Vedi sempre Genovesi pag 172.
9
Setta S., La destra nell’Italia del dopoguerra, Laterza, 2000, Bari.
10
Art. 33 Cost.: “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le
norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati
hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel
fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse
piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole
statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la
conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura,
università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi
dello Stato.”
11
Barbera A., Fusaro C., Corso di diritto pubblico, Mulino, Bologna 2001, pag 160.
12
Ibidem.