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INTRODUZIONE
La motivazione principale che mi ha indotto a realizzare una tesi sul problema
dell’influenza che la nostra società subisce giornalmente dai programmi televisivi e
delle conseguenze che essa volente o no provoca dentro di essa, è semplicemente
quella di capire se davvero la nostra è una società frivola e insulsa che oramai ha
perso i valori veri e autentici della vita, lasciando spazio a ciò che di più orribile ci
sia in una società, e cioè la superficialità, l’egoismo e la cattiveria. In una sola
parola: l’ignoranza.
Partendo da un’analisi generale sui mezzi di comunicazione di massa, si vuole
arrivare a capire in che modo la tv e i suoi programmi (e in particolare ovviamente
quelli ideati e condotti da Maria De Filippi), riescono a entrare così
prepotentemente nelle menti della gente comune e no, causandone una perdita di
personalità e massificandone i pensieri.
Nel primo capitolo ‚Media e influenza sociale‛, per prima cosa ho pensato
inizialmente di illustrare in breve, i vari passi che, nel corso della storia, hanno
portato l’umanità a percorrere una strada tortuosa e imprevedibile tra i vari mezzi
di comunicazione di massa realizzati dall’uomo. Dagli inizi della scrittura,
passando per la stampa e la radio, fortemente condizionata dal passaggio del
fascismo e del nazismo che la contrassegneranno quale ‚medium‛ cardinale della
propaganda di quei tempi; fino ad arrivare all’avvento della Tv e alla sua
affermazione consacrale di media per eccellenza. Nella seconda parte del capitolo si
affronteranno i principali studi teorici affrontati dai sociologi e dagli studiosi dei
media, e di come questi sono cambiati (o meglio evoluti) nel corso degli anni.
Nel secondo capitolo, si passerà principalmente all’analisi della televisione e
soprattutto della sua programmazione. Si vedrà come, nel succedersi dei cicli tv, si
è passati da una tv ‚verità‛, ad una tv ‚realtà‛, che trasporta la vita di tutti i giorni
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nel teleschermo, proponendo come mero intrattenimento le vicende personali di
vip e gente comune, rendendo protagonisti, gli aspetti privati di qualsivoglia
personaggio di turno. E ad apice di questi intenti, si analizzerà l’esplosione dei
reality show, ormai veri e propri dominatori della scena televisiva. Le loro origini, i
metodi di ideazione e produzione, e soprattutto gli effetti prodotti sugli spettatori,
saranno al centro dell’indagine sulla‚reality tv‛; che racchiude anche i talk show
popolari e i quiz strappalacrime degli ultimi periodi. Infine verrà documentata la
progressiva scomparsa dei programmi di cultura dai principali palinsesti televisivi
in chiaro.
Nel terzo e ultimo capitolo, verrà affrontato il ‚fenomeno De Filippi‛. Attraverso
l’analisi dei suoi programmi principali e di maggior successo e anche grazie alla
creazione di un forum su internet, e alle discussioni ivi createsi, si vuole
comprendere come la scena mediale sia al momento dominata da una donna
divenuta autentica regina degli ascolti e, soprattutto, quali strascichi sociali possa
avere un così ampio successo e potere mediale, caratterizzato dalla scarsa qualità
del messaggio inviato al pubblico.
Ovviamente questa non vuole essere solo una tesi riguardante il mezzo di
comunicazione propriamente detto, ma si ispira ad analizzare quei programmi che
in queste ore dominano la scena nella maggior parte delle case italiane, e su come
chi li guarda possa venirne condizionato nei comportamenti sociali.
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1. MEDIA E INFLUENZA SOCIALE
La comunicazione di massa
L’affermazione del genere umano, quale dominatore del mondo, passa sicuramente
dalla sua eccelsa capacità nel comunicare. I vari linguaggi che riusciamo ad
esprimere, sono proprio ciò che più ci contraddistingue da qualsiasi altro essere
vivente sulla Terra.
L’uomo comunica fin dalla Preistoria. Grazie solo a dei semplici segni, graffiti o
espressioni del proprio corpo, riesce a trasmettere al proprio simile, ciò che lui
pensa.
L’evoluzione ha portato l’essere umano a perfezionare sempre di più il suo modo
di comunicare e farsi capire. La scrittura e la lingua sono scoperte assolutamente
fondamentali e fino al XV secolo dopo cristo, il modo più efficace per comunicare
ad una più o meno grande quantità di persone i propri pensieri e le proprie idee,
era quello di tenere un discorso pubblico o rappresentare in teatro la propria opera.
Certo, c’erano i manoscritti, e tra questi alcuni di inestimabile valore e altri dei più
grandi pensatori dell’umanità. Ma la diffusione di queste opere, era fortemente
limitata. Il costo di questi scritti era molto elevato, e le copie erano riprodotte in un
numero altamente ristretto.
Possiamo dire con certezza che il primo vero mezzo di comunicazione di massa che
ha rivoluzionato i rapporti sociali, è stato il giornale stampato. Grazie alla stampa
chiunque poteva usufruire di informazioni. I costi si ridussero notevolmente, e la
diffusione delle idee e delle notizie prese rapidamente piede. Il giornale o
quotidiano divenne ben presto un’istituzione (e lo è ancora oggi), e fino
all’invenzione della radio nel 1906, era anche l’unico.
Si presentava però un problema. La possibilità di divulgare le proprie idee così
facilmente e così economicamente ad un potenzialmente vasto pubblico, non
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andava giù a chi magari governava o aveva un’illustre e rispettabile posizione
sociale da difendere, e si sentiva minacciato da attacchi ‚mediatici‛ sui giornali
dell’epoca. Le autorità erano poco tollerabili e i primi giornali erano sottoposti a
severe censure. Solo nel 1789, con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, viene
riconosciuto il diritto alla libertà di stampa, di parola e di espressione.
Nel 1921, la nascita in Gran Bretagna della BBC (la prima e più antica radio del
mondo ancora esistente) è la prima radicale innovazione nelle comunicazioni di
massa, dopo quella della stampa di cinque secoli prima.
I tentativi di definire con precisione il fenomeno della comunicazione di massa, si
sono avvicendati nel corso degli anni. Colui che probabilmente ne coglie in pieno il
senso, è il sociologo britannico John Thompson, secondo cui la comunicazione di
massa è la ‚produzione istituzionalizzata e la diffusione generalizzata di merci
simboliche attraverso la fissazione e la trasmissione di informazioni e contenuti
simbolici‛. Sempre Thompson poi, individua altre due specifiche caratteristiche
della comunicazione di massa: l’estesa accessibilità delle forme simboliche nello
spazio e nel tempo e la circolazione pubblica delle forme simboliche.
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Dopo l’avvento della radio, la tecnologia ebbe presto un interesse irrefrenabile
verso lo sviluppo e la perfezione dei mezzi di comunicazione, e purtroppo non
sempre con fini e scopi positivi per l’umanità. I media verranno utilizzate negli
anni seguenti per divulgare ideali sbagliati, che porteranno i governi a
regolamentarne gli usi e i diritti.
Fu agli inizi della Seconda Guerra Mondiale che l’umanità prese atto delle
potenzialità dei media. Alle tradizionali armi della guerriglia, ve né si affiancò una
altrettanto potente e mimetica, i mass media. Grazie all’uso della radio e della
stampa, personaggi quali Hitler e Mussolini, riuscirono nei loro intenti bellici e
acquisirono sempre più consensi con una manovra psicologica e assuefacente, che
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Sorice M. - I media. La prospettiva sociologica, Carocci, 2005, p.34
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partiva dall’interno di ogni abitazione e riusciva a convincere milioni di persone
con messaggi sia diretti (marce militari, discorsi al popolo, radiocronache di guerra)
che subliminali (con l’avvento del cinema e la proiezione di film riguardanti il mito
bellico e l’elogio del patriottismo).
Queste ideologie avevano essenzialmente l’obbiettivo di annullare qualsiasi tipo di
individualità e cercavano di infettare i cittadini nei loro credi e nei loro pensieri. Le
notizie venivano distorte e le vicende che avrebbero potuto screditare il consenso
nei confronti dei due dittatori, venivano nascoste e offuscate. In Italia le iniziative
prese dal regime per diffondere l’ascolto collettivo nei luoghi pubblici, o in
occasione delle grandi adunate, dimostrano che si era attribuito al mezzo un potere
delegato di persuasione.
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Una volta regolamentati e tutelati, i mass media hanno ben presto invaso la vita
delle popolazioni mondiali. La definizione che di essi propone Fausto Colombo è
concettualmente ampia ma estremamente rigorosa: i media sono apparati socio-
tecnici che svolgono una funzione di mediazione nella comunicazione fra soggetti. I
mezzi ‚di massa‛ vengono definiti tali anche perché non consentono una
comunicazione paritaria. In altre parole, il loro pubblico non è un pubblico, ma una
massa, in quanto non è in grado di formulare risposte differenziate visibili ai
messaggi trasmessi dai mezzi.
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Monteleone F. - Storia della radio e della televisione in Italia. Un secolo di costume, società e politica, Marsilio, 2003
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Sorice M. - I media. La prospettiva sociologica, Carocci, 2005, pp. 28-37
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L’avvento della Tv
Dopo la Grande Guerra, l’avvento diffuso della televisione negli anni ’50, scalzò la
leadership della radio. La differenza tra i due mezzi balzò subito agli occhi. La
televisione arrivò in zone dove neanche la radio era riuscita mai ad arrivare. Il
fascino che la tv provocava nella gente era notevole, grazie all’innovazione
dell’unione tra il già esistente audio, e la novità delle immagini in movimento.
Una volta diffusa, la televisione (come fu anche per la radio) si proponeva in due
modelli ben distinti, quello americano e quello europeo. Il primo era fondato sulla
competizione tra le varie catene televisive indipendenti e finanziate dalle aziende
pubblicitarie, il secondo invece si basava su un monopolio pubblico. Questa
differenza si rivelò decisiva nell’ambito della libera informazione. Il modello
americano consentiva la messa in onda di notiziari più liberi e meno agghindati di
quelli europei, che al contrario, data l’influenza dello stato sui palinsesti tv,
dovevano essere tendenzialmente favorevoli al governo.
In Italia, nei primi anni della sua esistenza (1954), la televisione si presentava con
un unico canale a monopolio Rai (sotto stretto controllo del Governo), di forte
impatto pedagogico e umanistico. Col passare degli anni vennero aggiunti altri due
canali Rai, fino alla svolta del 1975 in cui la Rai resta monopolio, ma il controllo su
di essa passa dal Governo al Parlamento; sono i partiti, di fatto, a nominare i vertici
dell’azienda. L’anno successivo una nuova sentenza della Corte costituzionale
capovolge i principi della riforma consentendo l’emittenza privata ‚in ambito
locale‛. In assenza di una definizione per legge di tale ambito, nascono ovunque
radio e televisioni private. Alla fine del decennio, le tv locali cominciano ad allearsi
fra loro e i soggetti più forti cominciano ad affermarsi.
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Anche nel resto d’Europa il
monopolio statale si sfaldò e negli anni 80 le emittenti private avevano affiancato
quelle pubbliche, americanizzando sempre di più la tv europea. Ovviamente questo
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Menduni E. - La televisione, 2002, p. 53