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è l‟evoluzione del marketing sociale in Italia, e cosa si intende per campagne sociali. Campagne
promozionali come quella creata, definiscono la pratica pubblicitaria conosciuta come marketing
sociale.
In Italia si è parlato per la prima volta di marketing sociale, negli anni ‟70, quando lo si presentava
come il marketing dei consumi collettivi in opposizione al marketing tradizionale, che invece era
orientato ai consumi individuali. È una tipologia di marketing i cui prodotti sono le idee, idee che si
propongono di risolvere problemi di interesse collettivo, tramite il cambiamento degli atteggiamenti e
dei comportamenti.
Il primo a fornire una definizione esaustiva del concetto di marketing sociale, è stato Kotler, che in un
suo libro risalente al 1967, definisce il marketing sociale in questi termini: “il marketing sociale è la
progettazione, la realizzazione e il controllo dei programmi finalizzati ad aumentare l‟accettabilità di
una causa e di un‟idea sociale”. In sostanza, ciò che differenzia altri tipi di marketing da quello sociale,
è il tipo di offerta: non un prodotto fisico, ma un‟idea di comportamento, il carattere dell‟offerta che
riguarda temi sociali non controversi, e la finalità dell‟offerta: non una scelta di acquisto, ma
l‟assunzione di diversi atteggiamenti e comportamenti.
Nel secondo capitolo ci occupiamo delle campagne di comunicazione di marketing sociale. L‟obiettivo
di questo capitolo è di analizzare l‟argomento della pubblicità sociale secondo una logica innovativa
che, muovendo dalle definizioni di tale concetto, unitamente a quello della comunicazione sociale,
giunga fino ad alcuni esempi pratici, passando per la presentazione di alcuni casi specifici.
Presenteremo quindi, nel corso del capitolo, una rassegna dei diversi generi di campagne di questo tipo
che incentivano la promozione di stili di vita corretti. Nel capitolo è contenuto anche un confronto tra
vari organismi istituzionali nel campo della comunicazione sociale: nello specifico si confronteranno
l‟“Advertising Council” americano, il “Central Office of Information”, istituzione di pubblicità sociale
alle dipendenze del governo britannico e “Pubblicità Progresso”, esperienza tutta italiana;
analizzandone gli iter di formazione, i modi e i linguaggi comunicativi e le finalità di tali organismi.
Importante anche l‟attenzione che si dà alle campagne di marketing sociale dedicate alla salute e alla
promozione di un regime alimentare e di stili di vita corretti.
Nel terzo capitolo cercheremo di comprendere e spiegare la storia e le cause dell‟influenza che i media
esercitano sull‟infanzia. La domanda che guiderà il corso di questo capitolo è la seguente: perché i
media influenzano così tanto i bambini, cosa c‟è che “li rapisce”, e li tiene incollati al video per ore?
L‟interesse e lo studio verso i possibili effetti dannosi dei mass media sull‟infanzia, è un problema che
ha origini antichissime: e di volta in volta il media sotto inchiesta è diverso: si va dalla letteratura orale
6
dell‟antichità, passando per i primi libri a stampa, il cinema, la musica, i fumetti, fino ad arrivare alla
tv, i telefoni cellulari e da ultimo lo sconfinato mondo di internet.
In linea generale i media sono visti prevalentemente in maniera negativa, e particolarmente negativo è
stato e continua ad essere il giudizio che si esprime sulla televisione; accusata di provocare distorsioni
nella percezione della realtà, specialmente nei bambini, privi di infrastrutture cognitive che consentano
una fruizione sufficientemente distaccata.
Questo perché, caratteristica fondamentale della TV, è la sua capacità di dare parvenza di realtà anche a
ciò che reale non lo è affatto: unendo il codice sonoro a quello visivo si ottiene qualcosa di
assolutamente verosimile che risulta dominante agli occhi dello spettatore più della consapevolezza che
quelle immagini sono state costruite. La televisione si elegge regina dell‟intrattenimento dei bambini
nel tempo libero: si sostituisce, talvolta in maniera irreparabile, al gioco, ad un‟espressività fisicamente
più coinvolgente, e a nonni e nonne che non raccontano più fiabe. Ma la tv non è pericolosa a priori, il
suo problema è quello di essere un elettrodomestico col telecomando; un oggetto che si configura come
“scettro del potere”, se lo si lascia a disposizione dei più piccoli, può provocare effetti particolarmente
deleteri.
Tra tutti i generi televisivi, la pubblicità è stata continuamente subissata di polemiche, specie per
l‟eccessiva quantità a cui i bambini sono involontariamente sottoposti. E perché oggi come oggi, la
pubblicità è la cultura di massa, con i suoi stereotipi, i suoi simboli e i suoi linguaggi. Dalla pubblicità
nascono tendenze, modi di dire, comportamenti e stili caratterizzanti il mondo giovanile.
Quindi nel quarto capitolo ci occupiamo del rapporto che intercorre tra bambini e pubblicità; cercando
di capire come questo rapporto si struttura, come è evoluto nel tempo, e come può influire sui
comportamenti e sulle scelte dei bambini.
Inizieremo quindi con una panoramica della storia della pubblicità; dai suoi inizi, che coincidono poi
con gli inizi della tv, fino alla nascita del moderno spot. Il passo successivo sarà quindi rispondere a
due quesiti fondamentali: perché la pubblicità piace così tanto ai bambini? E come può la pubblicità
influenzare modelli di consumo e comportamenti collettivi?
La pubblicità televisiva nasce in Italia, il 3 febbraio 1957, con la messa in onda della prima puntata di
Carosello: primo programma contenitore interamente dedicato agli spazi pubblicitari, che nel corso
degli anni, diverrà un appuntamento fisso per tutta la famiglia. Ogni puntata era composta da un
numero fisso di reclame, ciascuna delle quali divisa in due parti; il pezzo, dove veniva raccontata una
storia di fantasia, con protagonisti alcuni personaggi di animazione, totalmente scissa dal prodotto, e il
codino, dove con uno slogan, si reclamizzava l‟offerta. Fin dall‟inizio Carosello si identificò come una
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forma di spettacolo molto gradita anche al pubblico dei più piccoli per l‟uso delle storielle sempre
divertenti ed educative, e per la creazione di nuovi personaggi.
Con la fine di Carosello, dopo quasi vent‟anni d‟onorata carriera, e con l‟esplosione delle televisioni
private, commerciali, la comunicazione pubblicitaria cambia aspetto: nasce lo spot moderno. Ciò
significa filmati brevi, senza parte spettacolare, o comunque, qualora fosse presente, si trattava di una
narrazione funzionale al messaggio d‟ acquisto. Oggi, ogni ora di tv è infarcita con 35 spot. E lo spot,
con le sue immagini, i suoi suoni e le sue atmosfere, è solo uno dei tanti elementi del fluire della
comunicazione televisiva. Mentre gli adulti ne approfittano per cambiare canale, per sgranchirsi le ossa,
o per fare una telefonata; per i bambini, anche gli spot sono parte integrante dello spettacolo, e li
seguono quasi stregati. Possiamo sostenere, a ragione, che la pubblicità rappresenti per l‟“infanzia
multimediale”, cresciuta a videogiochi ed internet, una versione aggiornata delle vecchie fiabe,
costituita da un linguaggio animato, veloce ed immediato, da personaggi vicini e familiari al mondo dei
bambini e dalla presenza di un aiutante magico che riporta sempre il lieto fine. Inoltre gli spot sono
centrati sull‟atmosfera, la storia raccontata, la musica, il contesto, le suggestioni, e non sulle
caratteristiche oggettive del prodotto. Gli spot, attraverso tutti questi, ed altri accorgimenti dello stile
della narrazione, comportano la modifica di un comportamento d‟acquisto, anche da parte dei bambini.
Per questa influenza che la pubblicità esercita sui bambini, cognitivamente indifesi, essa si costituisce
argomento di discussione e confronto tra gli esperti del settore che hanno evidenziato, con sempre più
convinzione, il potere degli spot televisivi di imporre al pubblico dei minori determinati modelli di
consumo e comportamento.
Ci sono modi per proteggere i bambini dall‟overdose di spot?
Innanzitutto i genitori devono insegnare ai figli a decodificare gli spot, spiegando loro che l‟obiettivo è
di indurre all‟acquisto, e smascherando insieme le tecniche di persuasione utilizzate. Tra queste ci
sono: il volume alzato rispetto al programma, immagini colorate abbinate ad un ritmo incalzante, per
favorire il coinvolgimento psico-emotivo, slogan e jingle che restano impressi.
In questo scenario già allarmante, si inserisce l‟influenza esercitata dai media in generale, e in
particolare dalla pubblicità di cibi-spazzatura, sui consumi alimentari dei bambini. Consumi alimentari
dei bambini e pubblicità di tali prodotti, saranno quindi argomento del quinto capitolo, è qui che si
esplicita il nodo centrale del presente elaborato. Come presupposto si studia come gli elevati tempi di
esposizione alla tv favoriscano l‟aumento di peso in vari modi: innanzitutto guardare per molte ore la
televisione, significa sottrarre tempo all‟attività fisica, a favore di una vita completamente sedentaria; il
secondo aspetto è che, molto spesso, la fruizione televisiva ben si accompagna al consumo, “quasi
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ritmato” e costante, di snack ipercalorici e di merendine. Da questo, si passa ad indagare il forte legame
tra pubblicità di cibi non sani e eccesso di peso tra i bambini. Un rapporto così stretto, che dovrebbe
dare un‟idea del terribile potere seduttivo e mistificatorio dei messaggi pubblicitari rivolti ai bambini,
vere e proprie vittime inconsapevoli e inermi di un sistema che ne manipola abilmente il gusto e la
capacità di giudizio. Una delle domande a cui si tenta di dare risposta in questo capitolo è la seguente:
quali armi usano i pubblicitari per condizionare i consumi alimentari dei più piccoli?
Ne abbiamo individuate alcune. La mamma è spesso protagonista degli spot alimentari destinati ai
bambini. Questa figura ha un ruolo attivo nella scelta dell‟alimento, anche se si tratta di un cibo poco
salutare. Il consenso materno rassicura i bambini e le mamme si identificano. In molti prodotti
alimentari destinati ai piccoli viene inserito un regalo, spesso una collezione, che spinge non solo al
primo acquisto, ma ad un acquisto reiterato. In molti casi il gioco è associato proprio ad alimenti poco
salutari. Un‟altra esca della pubblicità è il richiamo nutrizionale. Molto spesso riguarda ingredienti
genuini come il latte o le verdure, anche in prodotti troppo grassi o zuccherati, che di sano hanno ben
poco.
In molti casi, per attirare consenso, l‟arma più frequente, è usare come protagonisti degli spot
personaggi dei cartoni animati o personaggi di fantasia, oppure personaggi reali famosi tra i
giovanissimi. Si tratta di una pratica complessa, caratterizzata da diversi aspetti, che merita di essere
spiegata in maniera più esausitiva. È proprio di questo particolare legame che ci occuperemo nel sesto
capitolo. Nello specifico: spiegheremo cosa sono i testimonial, come vengono usati i personaggi dei
cartoons nelle pubblicità per bambini, specie in quelle di cibi-spazzatura, quali sono gli effetti negativi
provocati, e se è possibile, al contrario, un uso propositivo.
È scientificamente provato che, spot che fanno ampiamente ricorso a personaggi dei cartoni animati,
promuovono nei bambini alti livelli di attenzione, e stimolano un desiderio di acquisto verso i prodotti
reclamizzati decisamente più alto rispetto a prodotti non pubblicizzati o comunque sponsorizzati da
testimonial completamente avulsi al mondo dell‟infanzia. I bambini sono attratti da queste pubblicità
per i diversi elementi che le caratterizzano: la vivacità delle immagini, le musiche, i personaggi e i
prodotti. Le industrie alimentari usano sempre più spesso famosi cartoons per promuovere alimenti
destinati ai bambini. Niente di male se non fosse che questi personaggi occhieggiano quasi sempre
dalle confezioni dei prodotti meno salutari. Inoltre i produttori di alimenti per bambini applicano
strategie eticamente discutibili, che vanno contro la salute dei più piccoli e il sentire dei genitori.
Spiegato il concetto di marketing sociale, assieme alla presentazione di alcune campagne di questo
tipo; definito il problema dell‟obesità infantile, definita l‟influenza dei media sui bambini, in
9
particolare quella della pubblicità, e presentato l‟aspetto negativo che caratterizza l‟affiancare
personaggi dei cartoons a prodotti alimentari non salutari, nel settimo capitolo passeremo a presentare
la ricerca.
Una ricerca che nasce tentando di usare l‟influenza della pubblicità e dei personaggi dei cartoons nel
ruolo di testimonial, in maniera costruttiva. Si prova ad incentivare comportamenti alimentari corretti
con l‟ausilio di queste tecniche di influenza. Nel caso specifico, nel settimo capitolo si descrive una
campagna di marketing sociale, che tenta di incentivare una corretta alimentazione tra i bambini. Per
prima cosa abbiamo cercato una possibile influenza positiva dell‟uso dei cartoons sugli stili di vita dei
bambini. Dopodiché siamo passati a presentare la campagna realizzata: spiegando chi sono i
protagonisti scelti, e per quale motivo abbiamo fatto questa scelta. Abbiamo usato come testimonial di
questa campagna di marketing sociale, le Winx; le sei fate che da qualche anno a questa parte sono
diventate le regine del mondo dell‟animazione. Personaggi di finzione che possiedono un ascendente
quasi magico sulle bambine, così forte da minare il ruolo indiscusso che la Barbie riveste da oltre
cinquant‟ anni. Le Winx hanno sbaragliato la Barbie e le altre dirette concorrenti, perché con le loro
avventure, accompagnano le bambine in ogni momento della loro vita, toccando vari aspetti e varie
sfaccetature dell‟esistenza. La Barbie, nel tempo è stata solo una bambola muta, dotata si di vari
accessori, ma priva di una sua storia. Non ha mai avuto un cartone animato di successo a supportarla,
mentre le Winx sono nate come un prodotto di animazione. Questo ha fatto si che le bambine vivessero
le Winx come personaggi reali, dotati anche di un‟interiorità in cui riconoscersi: sono persone che
provano sentimenti, che vivono ansie, gioie e difficoltà, in cui ogni bambina può facilmente
identificarsi. Proprio perché le bambine, riconoscendosi alcune propensioni caratteriali, recitano il
ruolo di una Winx, piuttosto che di un‟altra, si vestono con lo stile delle Winx, e si raffrontano, in ogni
azione quotidiana con il loro alter ego animato, si è voluto vedere cosa potrebbe accadere, se queste
celeberrime eroine dei cartoons, divenissero fautrici di una corretta alimentazione, e di uno stile di vita
sano e salutare. A conclusione del capitolo elencheremo sinteticamente, e spiegheremo i risultati
ottenuti dopo aver sottoposto la campagna creata, e un test sulle abitudini televisive ed alimentari a
gruppi di bambine.
10
1. CONCETTO DI MARKETING E MARKETING SOCIALE
In questo capitolo ci occuperemo di fornire degli strumenti che consentano, anche a chi non possiede
profonde conoscenze di marketing e di strategie di mercato, di comprendere le implicazioni di alcune
tipologie di attività promozionali ed in particolare delle complesse interazioni che riguardano il
cosiddetto “marketing sociale”. Dopo una prima parte descrittiva, la domanda che guiderà il corso di
questo capitolo è la seguente: come può, un‟attività prettamente commerciale, come il marketing,
adattarsi a problemi e a questioni di natura sociale? Nel primo paragrafo, senza la pretesa di essere
esaustivi, riporteremo alcune definizioni del concetto di marketing, date dai maggiori esperti del
settore. Una menzione a parte spetta al contributo dato alla materia da Philip Kotler. Questo autore, è
stato anche il primo a contribuire a una definizione di marketing sociale. Un argomento questo che
spiegheremo nel secondo paragrafo, andando ad analizzare chi sono i soggetti promotori, e quali sono
le sue caratteristiche fondamentali. Nel terzo paragrafo ci occuperemo di spiegare cosa si intende per
responsabilità sociale; poiché ogni impresa che fa marketing sociale, deve far fronte ad una
responsabilità di questo tipo. In quest‟ottica risulta importante il ruolo degli stakeholder:
nell‟attribuzione della responsabilità sociale, è fondamentale poter individuare i soggetti che esercitano
o subiscono influenza dall‟impresa che fa comunicazione. L‟ultimo paragrafo è invece dedicato alla
storia e alla diffusione del concetto di marketing sociale in Italia.
1.1 Il marketing e i marketing: alcune definizioni. Il contributo di Philip Kotler
Se si cerca su qualsiasi dizionario, troveremo che il termine marketing può essere tradotto con la
locuzione “piazzare sul mercato”. Si può piazzare sul mercato ogni genere di prodotti, attraverso mirate
azioni aziendali e di mercato. Il marketing si configura dunque come un processo che ha, come finalità,
il conseguimento del massimo profitto da parte dei soggetti promotori. In sostanza, volendo darne una
definizione semplice ed intuitiva, si potrebbe identificare lo scopo del marketing nell‟attività del
convincere la gente a comprare cose, che altrimenti non acquisterebbe o che non desidera davvero.
Ma per andare più in profondità e capire la genesi dell‟accezione attuale di marketing, può essere utile
affidarsi al percorso cronologico stilato da Kotler, colui che viene definito il “guru del marketing”, che
11
nel suo libro “Marketing Management” (1973), ci invita a partire dai primi anni del diciannovesimo
secolo, e dal cosiddetto orientamento alla produzione. In questi anni, molti pensavano che la gente
avrebbe acquistato qualsiasi cosa, di qualsiasi livello qualitativo, purché il prezzo si fosse mantenuto
sufficientemente basso. Quindi i produttori si concentravano sul funzionamento del reparto produttivo.
Con la crescita del benessere, la gente cambia la sua propensione al consumo, e si sofferma con
maggiore consapevolezza, sulle qualità e funzionalità dei prodotti. Di fronte ad uno scenario così
mutato, l‟aspirazione degli imprenditori era il prodotto ideale, un prodotto che tutti avrebbero voluto
acquistare e possedere. Si crearono così prodotti qualitativamente migliori, in accordo alla teoria nota
come “orientamento al prodotto”. Nel periodo immediatamente successivo i produttori cominciano a
ritenere che un vero venditore debba essere in grado di vendere qualsiasi cosa a chiunque. Non il
prezzo conveniente, e neanche un‟ottima qualità; il vero imperativo è vendere, senza se e senza ma, a
prescindere da qualsiasi livello di prezzo e da qualsiasi standard qualitativo. Questa visione è
l‟orientamento alle vendite, secondo cui il consumatore è un soggetto facile da ingannare, e che spesso
si lascia volontariamente ingannare. Per concludere il nostro excursus, arriviamo ai giorni nostri, e
parliamo dell‟orientamento al consumatore: oggi i responsabili marketing si rendono conto che i clienti
sanno distinguere ciò di cui hanno bisogno, e ciò che invece sarebbe superfluo, sanno riconoscere il
valore di ciò che pagano e possono liberamente decidere di non tornare ad acquistare da un‟impresa che
non li ha soddisfatti. La scansione in orientamenti differenti proposta da Kotler è ripresa anche da
Corigliano nel suo libro “Marketing, strategie e tecniche” (2004) ed è lo stesso Corigliano a ribadire
l‟importanza dell‟orientamento al consumatore. Poiché, come aveva già notato Kotler a suo tempo,
oggi è ancora più vero che il contesto in cui il consumatore si trova ad agire è profondamente mutato: i
processi di globalizzazione si sono accelerati, Internet sembra aver rivoluzionato le regole del gioco, il
consumatore è divenuto un soggetto attivo e imprevedibile. Queste sono le basi del concetto di
marketing modernamente inteso: mettere il cliente al centro dell‟attività di organizzazione dell‟impresa.
Tale attività è conosciuta con la definizione marketing management1, che consiste nell‟analizzare,
programmare, realizzare concretamente e post-valutare, progetti volti all'attuazione di scambi
commerciali che realizzino obiettivi aziendali.
Negli ultimi vent‟anni, il concetto di marketing ha subito una rapida e totale evoluzione che ha segnato
la definizione stessa del marketing e i confini dell‟ambito di ricerca (Corigliano, 2004). Un esempio
1
Letteralmente significa “gestione del marketing”, o “gestione delle attività di commercializzazione”.
12
estremamente emblematico di questa evoluzione, è dato dal fatto che, uno tra gli organismi più
autorevoli nella ricerca di marketing al mondo, l‟American Marketing Association dà nel corso
dell‟ultimo ventennio, due definizioni diverse di marketing: una di carattere strettamente commerciale,
l‟altra di natura relazionale, legata ai rapporti degli organismi di marketing con i consumatori. La prima
definizione di marketing che diede l‟AMA era la seguente:
“The process of planning and executing the conception, pricing, promotion and distribution of ideas,
goods and services to create exchanges and satisfy individual and organizational objectives”2 (in
Vargo e Lusch, 2004).
Negli ultimi anni invece, poiché il marketing ha iniziato ad abbandonare i vecchi presupposti; la
definizione più recente dell'AMA, che risulta anche essere la più appropriata per descrivere la
situazione attuale, presenta il marketing così:
“Marketing is the activity, set of institution and processes of creating, communicating, delivering and
exchanging offerings that have values for customers, clients, partners and society at large”3
(www.marketingpower.com – Definizione approvata nell‟ottobre 2007).
Il marketing si configura dunque come un concetto estremamente composito; ecco perché sarebbe
opportuno, intendere tale concetto in forma plurale. È riduttivo parlare del marketing, sarebbe
formalmente più corretto parlare dei marketing. Secondo questa nuova impostazione il marketing è
un‟azione commerciale che può andare in diverse direzioni e occuparsi di diversi ambiti: può rivolgersi
ai consumatori, e in questo caso si parla di marketing B2C4, spesso definito semplicemente marketing;
oppure, può rivolgersi al mercato delle imprese, e in questo caso prende il nome di marketing
industriale o marketing B2B 5 A livello di generi di marketing, ce ne sono altri da citare: estremamente
importanti perché negli ultimi anni hanno conosciuto uno sviluppo esponenziale, e perché costituiranno
il fulcro attraverso cui si snoderà il lavoro di tesi. Parlo del marketing dei servizi, che non pubblicizza
un prodotto fisico particolare, ma dei servizi, astratti ma pur sempre significativi; e del marketing
2
Il processo di organizzazione e di esecuzione del concepimento della politica dei prezzi, delle attività promozionali e della
distribuzione di idee, beni e servizi per creare scambi commerciali e soddisfare gli obiettivi degli individui e delle
organizzazioni.
3
Il marketing è l‟attività, l‟insieme delle istituzioni, e dei processi per la creazione, la comunicazione, la consegna e lo
scambio di offerte che hanno valore per i clienti, per i partner e per la società in generale.
4
Vale a dire business to comsumer, dall‟impresa al consumatore.
5
Vale a dire business to business, dall‟impresa all‟impresa.
13
istituzionale6, che nel tempo lascerà spazio alla definizione più generale di marketing sociale. (S.
Tamborini,1992).
Anche un‟autorevole rivista come il Journal of Marketing7, rivista patrocinata dall‟AMA, si interessa
alle nuove forme di marketing; al passaggio che c‟è stato dal marketing modellato sul concetto di
economia di scambio, che aveva una logica dominante basata sullo scambio di “beni”, intesi come:
“risorse tangibili, alle nuove prospettive che hanno una logica incentrata sulle risorse immateriali e
sulle relazioni interpersonali” (Vargo e Lusch, 2004).
In un articolo pubblicato sul Journal of Marketing, gli autori ritengono che le nuove prospettive sono
convergenti per formare una nuova logica dominante, per la commercializzazione, quello in cui la
fornitura di servizi piuttosto che di merci è fondamentale per gli scambi economici. Il marketing
dunque anche secondo Theodore Levitt (1990), non è una semplice azione di natura commerciale, ma
un insieme di azioni e di attori, che interagiscono in un particolare ambiente. In termini generali
l‟ambiente di marketing si può suddividere in due grandi aree: l‟ambiente esterno e l‟ambiente interno.
L‟ambiente esterno comprende tutto ciò che accade fuori dall‟organizzazione, mentre quello interno
riguarda, come dice la parola stessa, i fattori interni all‟attività di impresa.
Secondo quanto detto da Levitt, per comprendere a pieno il significato del concetto di marketing, è
necessario studiare l‟ambiente in cui si svolgono le attività dell‟impresa. Servono dunque degli
strumenti adeguati per analizzare l‟ambiente. Secondo alcune teorie di marketing, presentate
nell‟articolo “Evolving to a New Dominant Logic for Marketing” di Stephen L. Vargo e Robert F.
Lusch, pubblicato sul Journal of Marketing (2004) sarebbero quattro i metodi validi per raccogliere dati
sull‟ambiente8:
ξ Indagini tra i leader d‟opinione, utili per la raccolta di opinioni e previsioni, che hanno una certa
autorevolezza;
6
Chiamato così perché i soggetti promotori sono le istituzioni.
7
La rivista Journal of Marketing è una rivista dalla tradizione consolidata. Nata a cavallo tra gli anni ‟60 e i ‟70, contiene
contributi di illustri economisti ed esperti di marketing da tutto il mondo. Nel corso degli anni ha dato spazio a tutte le
nuove strategie proposte, ai nuovi impulsi e agli ammodernamenti necessari, concedendosi un respiro e una fama
internazionale.
8
Questa ripartizione in quattro diverse tipologie di analisi è sicuramente ripresa dal lavoro di Kotler, che la enuncia nel suo
libro del 1967.
14
ξ Analisi del contenuto sui messaggi veicolati dai media, un‟analisi dei nuovi temi trattati in
maniera continuativa;
ξ Indagini sull‟opinione pubblica, sui cambiamenti e le tendenze emergenti, attraverso sondaggi
d‟opinione;
ξ Analisi degli orientamenti e delle tendenze legislative: si prendono in prestito le procedure di
indagine del campo politico, e si cercano di determinare le predisposizioni di voto dei politici su
alcuni temi.
Tutte le tipologie di analisi dell‟ambiente enunciate, per essere effettuate correttamente, devono fornire
anche informazioni inerenti il target di riferimento, e il contesto ambientale che si pone a sostegno
dell‟idea. Il successo dei programmi di marketing dipende, infatti, dalla capacità di predire i
comportamenti del target group. Ci sono quattro tipi di gruppi di influenza: i gruppi di concessione e
autorizzazione, i gruppi di sostegno, i gruppi di opposizione e i gruppi di valutazione. Identificare
diversi tipi di pubblico, consente di analizzare i canali di influenza che garantiscono l‟efficacia di una
successiva campagna di comunicazione (Tamborini, 1992).
A testimonianza di quanto sia importante, nello studio dell‟ambiente di marketing, analizzare le diverse
tipologie di target, possiamo ricordare che Kotler stesso, nel suo nuovo manuale di marketing
“Marketing dalla A alla Z. Gli 80 concetti indispensabili per ogni manager” (2008) continua a
classificare, a suddividere il pubblico in diverse tipologie di target. La necessità di una scomposizione
dell‟ambiente esterno viene sostenuta anche da Corigliano (2004), secondo cui tale ambiente può essere
suddiviso in microambiente e macroambiente. Il metodo più semplice a disposizione, per valutare la
condizione dell‟ambiente esterno dell‟azienda è costituito dalle analisi di contesto PEST e SWOT.
Metodi d‟analisi che mettono tutti d‟accordo, che sono riconosciute da tutti coloro che si occupano di
marketing: ne parla Kotler (1973), vengono citate e spiegate dalla Tamborini (1992), riprese da
Corigliano, e perfino Furio e Muccia, nel loro recentissimo libro (2008) dal titolo “Focus Group per il
marketing. Casi e metodologie di analisi di dati non strutturati”, che appunto si occupa di analizzare
l‟evoluzione delle ricerche di mercato, affermano che per scegliere la tipologia di ricerca più adatta,
occorre prima studiare l‟ambiente in cui si deve lavorare, tramite analisi di tipo PEST e SWOT. In
questo tipo di analisi si possono decidere le strategie di azione e il piano strategico di valorizzazione di
un determinato prodotto. Quando parliamo di analisi PEST9, ci riferiamo all‟analisi del macro-
9
Acronimo di Political, Economic, Social e Technological; si riferisce ai fattori che caratterizzano il macro-ambiente.
15
ambiente. L‟analisi SWOT10 riguarda invece l‟analisi del micro-ambiente, dove opera il sistema locale:
i mercati, i concorrenti, i consumatori (opportunità e minacce), o le caratteristiche interne alle imprese,
le loro capacità imprenditoriali, i costi di produzione, le caratteristiche qualitative dei loro prodotti
(punti di forza e di debolezza). In definitiva, l‟analisi PEST può essere vista come un aspetto
preliminare all‟analisi SWOT.
1.1.1 Il contributo di Philip Kotler
Un approfondimento a parte merita, nello studio dei fondamentali del marketing, il contributo dato alla
materia da Philip Kotler, del quale abbiamo già citato alcune opere nel corso di questo paragrafo.
Kotler è il primo e più importante studioso ad essersi dedicato alla strutturazione del marketing come
disciplina scientifica e, come vedremo in seguito, è stato anche uno dei primi ad aver teorizzato il
concetto di marketing sociale. La sua opera principale è Marketing Management11, che viene
generalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli testi sul marketing. Kotler ha pubblicato
numerose altre opere e più di cento articoli su diversi aspetti del marketing. La novità principale del
lavoro di Kotler, sta nel fatto di aver impostato lo studio del marketing partendo da un punto di vista
manageriale, anziché riduttivamente commerciale, come avveniva prima di lui. Fa evolvere il settore
del marketing da una semplice funzione aziendale ad un più complesso e composito processo di
gestione dell‟intera impresa. Kotler sposta la focalizzazione dell‟impresa dal semplice prodotto
all‟intero mercato, e quindi, di riflesso, a tutti i soggetti che compongono il mercato, vale a dire a tutti i
clienti. Per usare una terminologia di carattere più strettamente tecnico, possiamo affermare che con lo
sviluppo delle teorie di Kotler, ciò che avviene, in definitiva, è il passaggio ad un‟azienda orientata al
marketing; capace di relazionarsi al mercato in modo efficace e proficuo, capace di ascoltare il
mercato, così da poter individuare bisogni ancora latenti e tentare di soddisfarli con offerte valide e
competitive (J. Blythe, E. Cedrola, 2003). Abbiamo citato Blythe e Cedrola, poiché nel loro manuale di
marketing, non solo ripropongono le teorie di Kotler, ma le fanno proprie, cercando di partire dallo
stesso punto di vista. Infatti, ogni studioso che si interessi di marketing, attribuisce a Kotler questo
nuovo modo di intendere il marketing e lo si reputa l‟unico possibile nella nuova società. Per Kotler il
marketing non è un processo di natura lineare ma piuttosto un flusso circolare, in cui tutte le fasi di
10
Acronimo di Strenght, Weakness, Opportunities e Threats; valuta cioè i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le
minacce che si possono subire.
11
La prima edizione di quest‟opera risale al 1967, mentre la tredicesima, che per il momento è l‟ultima, è del 2006. È
considerato il testo più autorevole nell‟ambito del marketing e nelle materie di business, così autorevole da ottenere il 60%
delle adozioni tra i testi di marketing.