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INTRODUZIONE
L’interesse per la tematica della riscoperta e la
valorizzazione del passato nella realtà aziendale nasce dagli
studi effettuati per il corso di laurea di “Gestione della
comunicazione d’impresa”, tenuto dal Prof. Lucio Fumagalli, la
Prof.ssa Laura Minestroni e dalla Prof.ssa Valentina Martino.
Proprio la parte della prof.ssa Martino, focalizzata sulla
comunicazione culturale d’impresa e, nel dettaglio, sulle
strategie heritage, ossia sulla volontà di molte imprese di
investire sul loro patrimonio storico, ha colpito il mio interesse,
portandomi a decidere di effettuare un lavoro teso alla
riflessione sul reale valore della riscoperta del passato, sotto
forma di memoria, storia ed eredità, che può caratterizzare la
vita delle imprese, nel rapporto con l’ambiente interno ed
esterno. Proprio per questo la tesi si pone come obiettivo
principale l’analisi sull’applicazione di queste strategie
aziendali, evidenziandone il possibile valore aggiunto che essa
può portare all’impresa. La riscoperta del passato, non solo
come, azione tesa a guardarsi indietro, ma anche e soprattutto,
reale funzione propedeutica per lo sviluppo dell’azienda, nel
presente e soprattutto nel futuro.
Il lavoro si articolerà su quattro capitoli, ognuno riferito ad
un aspetto di questo fenomeno, che negli ultimi anni sta
caratterizzando la vita di molte imprese.
Nel primo capitolo si procederà ad una definizione del
concetto di memoria, punto di partenza per ogni azione tesa alla
5
scoperta o rivalutazione di esperienze e sensazioni vissute nel
passato: si partirà da definizioni e studi di tipo psicologico, si
passerà anche per una visione sociologica della memoria
(nell’individuo e nella società), fino ad arrivare al ruolo che essa
esercita negli atti di consumo.
Nel secondo capitolo, analizzeremo in che modo la
valorizzazione del passato, inteso come insieme di competenze,
esperienze, valori ed informazioni, qualora sia caratterizzato da
un vero e proprio processo di ottimizzazione della gestione della
conoscenza (knowledge management), possa rilevarsi una valida
risorsa gestionale a cui l’impresa può e deve attingere per
migliorare la propria amministrazione, valorizzando innanzitutto
il proprio capitale intellettuale. Si evidenzieranno alcuni
paradigmi che fanno riferimento alla “memoria organizzativa”,
intesa come reale funzione che l’impresa deve riuscire a
ottimizzare.
Nel terzo capitolo, ci focalizzeremo su come l’azienda
possa comunicare ai propri stakeholders, valorizzando il proprio
patrimonio storico. Si evidenzierà in che modo la storia
dell’azienda e la sua cultura possano diventare una risorsa che
l’impresa può mettere a frutto, soprattutto attraverso le strategie
heritage ed i vari strumenti, tra cui i musei d’impresa e gli
archivi storici, che le caratterizzano. Inoltre si rifletterà su come,
alla base di una reale e forte decisione di valorizzare il proprio
passato, ci sia anche una differente presa di coscienza da parte
dell’impresa sul proprio ruolo: non solo produttrice di beni, ma
anche, e soprattutto, elemento inserito in una serie di relazioni
socio-culturali.
6
Nel quarto capitolo, si procederà ad un’analisi approfondita
sugli elementi evidenziati nei tre precedenti capitoli, attraverso
le riflessioni e le opinioni che esperti di differenti ambiti di
studio, tutti testimoni privilegiati sulla realtà oggetto di studio,
hanno espresso durante un’intervista.
Ciò permetterà di evidenziare il reale valore e gli aspetti
positivi che possono derivare da un concreto investimento nella
valorizzazione del proprio patrimonio storico, ma anche i lati
negativi, derivanti da un’assenza di un reale interesse e
convinzione in questo ambito della realtà aziendale.
7
CAPITOLO 1
ANALISI E RIFLESSIONI SULLA MEMORIA
In questo capitolo si parlerà, cercando di approfondirne
determinati aspetti, del concetto di memoria. Prima di procedere
ad un’analisi della memoria come risorsa all’interno delle
strategie d’impresa, è necessaria una panoramica, a partire da
una definizione di base che ci permetta di delineare gli elementi
e gli aspetti caratterizzanti della memoria; seguiranno le varie
tipologie e funzioni che differenti studi hanno messo in luce.
L’obiettivo, quindi, di questo primo capitolo è fornire alcune
nozioni di base sulla memoria: si prediligeranno essenzialmente
due campi di ricerca, quello psicologico e quello sociologico,
con ampio riferimento al pensiero di Maurice Halbwachs.
Nell’ultima parte del capitolo si inizierà ad evidenziare il valore
e la funzionalità che la memoria ricopre all’interno dei processi
di consumo: la memoria come fattore di grande interesse e
soprattutto influente nell’atto d’acquisto e nelle strategie di
marketing, ambito di studio che troverà un ulteriore
approfondimento in un successivo capitolo.
8
1.1 GLI STUDI PSICOLOGICI
Rievocare il passato: è questo che caratterizza l’utilizzo
della memoria. Un’azione che ognuno di noi svolge nella
quotidianità della vita. Ricordare è un’esigenza del singolo, ma
anche della comunità. La memoria contribuisce a creare un forte
senso di appartenenza e di coesione, un’unica identità sociale.
Pensiamo a quanto avvenuto recentemente per i festeggiamenti
dei 150 anni dell’Unità italiana: un insieme di iniziative e
ricorrenze in cui il ricordo della storia italiana è servito per unire
la popolazione, nonostante le crescenti difficoltà sociali e
politiche attuali.
Il concetto di memoria trova applicazione in un’ampia e
variegata gamma di studi, evidenziando una polisemia della
tematica stessa. Una prima definizione di base della memoria
potrebbe essere: la capacità di immagazzinare una o più
informazioni, i ricordi, e di avere accesso ad esse
1
. Entrando nel
dettaglio, è necessario evidenziare come il concetto di memoria
sia più articolato, in quanto essa non è caratterizzata da un
singolo processo, ma da un insieme di funzioni: codifica,
ritenzione e recupero. Per codifica si intende quel processo di
conversione dell’informazione proveniente dall’esterno in una
traccia che può essere conservata. Quando l’informazione
codificata viene acquisita in memoria ed immagazzinata, si ha la
ritenzione. Tali informazioni possono essere in un secondo
1
Alberto Olivero, Nadia Olivero, Nei labirinti della mente, Laterza,
Roma- Bari, 1989, p. 31.
9
momento richiamate alla mente (recupero). La memoria non
deve essere intesa come una singola funzione unitaria dell’uomo,
in quanto non possiamo parlare di un’unica memoria, ma di
molte memorie. Baddeley
2
evidenzia come sia difficile dare una
definizione certa delle tipologie di memoria, in quanto nel
categorizzare il sistema umano si entra nel campo della teoria, la
quale non dà risposte vere, ma solo risposte che possono fornire
un’interpretazione più completa dei dati empirici. Affermare
quindi che nella nostra testa ci sia un numero ben definito di
strutture fisiologiche autonome che rimandano ai vari tipi di
memoria sarebbe sbagliato. È possibile però evidenziare come
nella nostra psiche possano essere presenti varie memorie
3
:
a lungo e breve termine;
episodica e semantica;
esplicita e implicita.
Al concetto di memoria a lungo termine si riallaccia l’idea
di “magazzino”, in quanto questa tipologia di memoria è
caratterizzata dall’accumulo di informazioni che possono essere
accessibili per un lungo periodo. Alcuni studiosi come Baddeley,
Craik, Lokart e Hebb evidenziano come questa capacità di
conservazione di dati nel tempo sia dovuta ad una modificazione
2
Per maggiori approfondimenti si rimanda a Alan Baddeley, Your
Memory. A user’s guide, Multimedia Publication Ltd, London, 1982,
(trad. it., La Memoria. Come funziona e come usarla, Laterza, Roma-
Bari, 2001).
3
Classificazione presente in Paolo Montesperelli , Sociologia della
memoria, GLF editori Laterza, Roma ,2003, p. 65.
10
della struttura dei neuroni o dei circuiti nervosi formati da più
neuroni
4
.
Ulteriori studi si sono soffermati su due aspetti della
memoria a lungo termine: la quantità di informazioni presenti
nel “magazzino” e il cambiamento delle stesse col passare del
tempo. Il primo aspetto è stato oggetto di alcune ricerche volte
ad individuare quanto la psiche umana potesse essere in grado
di accumulare ed immagazzinare. Queste ricerche hanno
evidenziato come la mente umana non è in grado di ricordare
tutti gli stimoli che attirano la sua attenzione, ma immagazzina le
informazioni ritenute più importanti
5
. Si pensi ad esempio ad
uno studente che nel corso del suo percorso di studi abbia
perseguito votazioni molto basse e soltanto un voto alto.
Egli sicuramente riuscirà a ricordare più facilmente il voto alto
con tutti gli stimoli, intesi come sentimenti provati sul momento,
rispetto ai numerosi risultati negativi, di cui facilmente potrà
avere un ricordo ben definito: in questo caso adotterà un vero
e proprio criterio di selezione del ricordo, basandosi
sull’importanza e, in questo caso, sull’eccezionalità dell’evento.
Sicuramente di fronte ad una serie di stimoli tra loro uguali è più
facile essere attratti da quello stimolo che si differenzia dagli
altri, attirando la nostra attenzione ed aumentando così la
possibilità di un immagazzinamento delle informazioni ad esso
collegate.
Ulteriori ricerche hanno messo in evidenza l’esistenza di
4
Paolo Montesperelli, op. cit.
5
Si rimanda al testo: Nadia Olivero, Vincenzo Russo, Manuale di
Psicologia dei consumi, McGraw-Hill Companies, Milano, 2008.
11
determinati processi di accumulo di informazioni e del motivo
per cui non tutte vengano immagazzinate nella nostra memoria.
Studiando la memoria con compiti di rievocazione, gli psicologi
hanno osservato che, se il tempo che intercorre tra la
presentazione di una lista di parole ed il ricordo di queste è
breve, è più probabile che i soggetti ricordino le parole che si
trovano verso l’inizio e la fine della lista piuttosto che quelle
centrali. Le prime parole vengono ripetute più volte e man mano
che si va avanti nella lista diventa più difficile ricordarle tutte.
Ne consegue che le parole che si trovano all’inizio sono
ricordate meglio (effetto primacy) rispetto alle altre. Inoltre,
poiché la memoria a breve termine ha una capienza limitata, ogni
parola successiva esclude quella precedente; ecco perché è più
probabile che siano ricordate le ultime parole piuttosto che
quelle centrali (effetto recency). Parlando invece del
mantenimento delle informazioni nel tempo, uno degli studiosi
più attivi in questo ambito di ricerca fu sicuramente Hermann
Ebbinghaus, il quale attraverso differenti test riuscì a dimostrare
che sulle capacità mnemoniche incide molto il tempo che è
passato tra un determinato stimolo e il momento della sua
rievocazione. Si pensi a quanto diventa difficile per ogni singola
persona ricordare una determinata situazione qualora non vi
fosse stata nessuna azione di rievocazione nell’arco temporale.
Un esempio concreto è lo studio di una poesia: attraverso una
continua ripetizione della stessa diventa più facile ricordarla; nel
momento in cui si smette, il ricordo della poesia diminuisce, fino
a sparire del tutto dalla nostra memoria. Importanti, infatti,
furono anche gli studi di Ebbinghaus sull’oblio, definito dal
12
filosofo Paul Ricoeur come “un attentato all’affidabilità della
memoria
6
”.
Ebbinghaus, dopo anni di ricerche, elaborò la funzione
della “curva dell’oblio”, in cui si evidenziava come
il mantenimento delle informazioni diminuisse col passare del
tempo dall’apprendimento iniziale. Egli rilevò che la perdita di
informazione era inizialmente molto rapida, poi col passare del
tempo diventava più graduale.
Di fronte a questa continua
perdita di informazioni
l’unico strumento ritenuto in
grado di attenuare questa
diminuzione è la ripetizione.
Gli studi di Ebbinghaus
furono confutati da altri
studiosi che misero in
evidenza come non fosse il
passare del tempo a causare l’oblio, ma ciò che avviene tra
l’apprendimento e il recupero dell’esperienza, ossia quel
processo chiamato interferenza. Si parla di due tipologie di
interferenza: retroattiva e proattiva. La prima interferenza
avviene quando una nuova informazione non permette il
recupero di un’informazione vecchia interferendo, quindi, nella
ricerca di un ricordo passato. La seconda, invece, è caratterizzata
da un percorso opposto, poiché le informazioni passate non
permettono il ricordo di informazioni apprese di recente.
6
Cit. in Paul Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina
Editore, Milano, 2003, p. 590.
Figura 1. La curva dell'oblio di Ebbinghaus.
13
L'interferenza dimostra che il processo mnemonico non è un
semplice specchio della realtà, ma il frutto di una continua
riorganizzazione e rielaborazione delle informazioni.
Per memoria a breve termine, invece, si intende quel sistema
che permette il mantenimento di determinate informazioni per un
breve lasso di tempo. Essa non permette un’acquisizione stabile
e duratura di informazioni, ma esclusivamente un mantenimento
temporaneo. Per studiosi come Atkinson e Shiffrin
7
, la memoria
a breve termine si colloca tra la memoria a brevissimo termine
(tempi d’immagazzinamento molto più brevi che durano pochi
secondi) e quella a lungo termine, svolgendo la funzione di
raccordo tra le due. Essi parlano della memoria come una
sequenza di tre magazzini, cioè di tre passaggi obbligatori in cui
passa l’informazione, che non può essere elaborata da un
magazzino se non è stata filtrata da quello precedente. Nel primo
magazzino, quello della memoria a brevissimo termine o
sensoriale, l’informazione passa attraverso una serie di sistemi
sensoriali, attivando quel processo di percezione che non tutti gli
stimoli possono e riescono a generare. Nel passaggio successivo
l’informazione entra nel magazzino della memoria a breve
termine, dalla quale può giungere una risposta diretta allo
stimolo o il mantenimento per un breve periodo dei dati
attraverso una continua ripetizione o richiamo fino al passaggio
alla memoria a lungo termine. Generalmente il limite della
memoria a breve termine è di sette elementi; essa permette
all’uomo di mantenere in uno stato attivo una limitata quantità
7
Autori citati in Nicolas Pethes, Jens Ruchatz in Dizionario della
memoria e del ricordo, Mondadori, Milano, 2002.
14
d’informazioni per un breve periodo di tempo e compiere su tali
informazioni diverse operazioni. Nel momento in cui le
informazioni non sono immagazzinate nella memoria a lungo
termine, acquisendo una vera e propria rilevanza, vengono
dimenticate dopo poco tempo.
La memoria episodica implica il ricordo di eventi
particolari, specifici della nostra persona, spazialmente e
temporalmente databili. Il pensiero relativo a come, dove e
quando si è vissuto qualcosa è caratteristico della memoria
episodica. Questa tipologia di memoria rende evidente il
momento dell’apprendimento, ossia l’esperienza che ci ha
permesso di acquisire determinate informazioni. Questa memoria
è quella che ci permette ad esempio di ricordarci di un giorno
speciale, della prima comunione, del matrimonio, della laurea, o
anche un giorno non formalmente rilevante, ma a cui noi
associamo un insieme di informazioni alle quali diamo
Figura 2. I tre passaggi della memoria secondo Atkinson e Shiffrin.
f
f
15
importanza: si tratta di veri e propri momenti in cui il singolo
vive un’esperienza rilevante, a cui associa forti significati. Le
informazioni episodiche sono recuperabili solo se il contesto
dove sono state apprese resta disponibile. La memoria semantica
fa riferimento alla conoscenza generale di concetti, fatti e
significati che non hanno bisogno di essere collegati al
momento in cui sono stati acquisiti. Sono informazioni che, a
differenza di quanto avviene con la memoria episodica, non
hanno alcun legame e associazione ad esperienze personali.
Secondo Graft e Schacter
8
nel magazzino a lungo termine è
possibile distinguere tra memoria esplicita ed implicita. Si parla
di memoria esplicita quando si fa riferimento alle azioni di
natura cognitiva che la memoria deve eseguire esplicitamente,
riesaminando in maniera cosciente i propri ricordi. Per esempio,
nel momento in cui ci troviamo a compiere un’azione con alto
tasso di insicurezza (acquisto di un prodotto particolare),
attiviamo tutte le nostre informazioni possedute in memoria per
ridurre l’incertezza di acquisto. Al contrario la memoria
implicita è alla base delle abitudini che spesso non richiedono
un’azione compartecipata e cosciente da parte dell’individuo.
Parliamo di memoria implicita quando esperienze precedenti
facilitano l’esecuzione di un compito che non richiede un
recupero intenzionale di quelle stesse esperienze (l’acquisto di
routine di un prodotto ormai familiare non richiede, ad esempio,
l’analisi di tutte le informazioni disponibili).
8
Cfr. Nadia Olivero, Vincenzo Russo, op. cit.
16
La panoramica sulle principali tipologie di memoria ci ha
permesso di evidenziare come la memoria umana non possa
essere ritenuta come una semplice entità unitaria ma piuttosto
come una collezione di sistemi che interagiscono fra di loro e
che hanno in comune l’immagazzinamento ed il recupero di
determinate informazioni. Se una persona dovesse perdere tutte
queste capacità si ridurrebbe allo stato vegetale. Eventualità di
difficile realizzazione, anche se, come abbiamo già evidenziato
in precedenza, la nostra memoria deve fare i conti con i limiti di
carattere quantitativo e qualitativo dei ricordi. Il processo
mnemonico non è esente da errori e il nostro modo di elaborare
le informazioni è influenzato da possibili sbagli. Il ricordo di un
evento è soggetto a modifiche ed alterazioni dettate da vari
fattori. Non possiamo considerare la memoria come uno
specchio fedele della realtà, ma come il processo di elaborazione
e rielaborazione delle informazioni. La memoria non è quindi
una semplice operazione di immagazzinamento di informazioni,
elaborazione di idee, sentimenti ed emozioni passate, ma un
processo dinamico, continuamente cangiante, che coinvolge da
un lato meccanismi automatici e automatizzati e dall'altro un
insieme di strategie come attenzione e percezione.
La memoria si presenta, quindi, come un vero e proprio
insieme di strumenti nelle mani del singolo, ma anche della
comunità, in grado di dare un significato ed un’identità alla
nostra vita, nonostante i piccoli errori in cui essa può incorrere.
Senza di essa non potremmo ricordare cosa siamo stati, ma
soprattutto non avremmo le basi su cui articolare il nostro futuro:
il nostro passato diventa una vera e propria bussola che
17
attraverso determinate coordinate ci permette di individuare il
percorso da seguire.
Di questa visione parleremo in seguito, evidenziando quanto
molte imprese abbiano deciso di farla propria, valorizzando il
loro patrimonio mnemonico.
1.2 LA MEMORIA NELL’INDIVIDUO E NELLA
COLLETTIVITA’: GLI STUDI SOCIOLOGICI
La sociologia ha sempre dedicato un importante spazio alla
ricerca del valore della memoria all’interno della nostra società,
realtà in cui i confini tra privato e pubblico sono sempre meno
manifesti. Per prima cosa bisogna evidenziare la differenza tra
memoria e ricordo: la prima fa riferimento ad una memoria
privata che non rimane compresa all’interno dello spazio della
soggettività individuale, il secondo ad una memoria del singolo
ritagliata sul suo vissuto
9
.
Questa prima distinzione ci permette di introdurre gli studi
di Maurice Halbwachs, punto di riferimento imprescindibile per
la sociologia della memoria. Le categorie e i concetti che egli ha
elaborato rappresentano un quadro teorico che molti lavori
recenti continuano a impiegare. Halbwachs studiò i processi
della memoria ritenendoli veri e propri “fatti sociali” che vanno
oltre la realtà della singola persona. Egli affermò che il ricordo
individuale deve essere ricondotto alla memoria collettiva,
9
Paolo Montesperelli, op.cit.
18
contesto sociale di cui fanno parte il linguaggio, le
rappresentazioni sociali, le classificazioni degli oggetti e della
realtà esterna. Senza di essa, la singola memoria perderebbe
d’intensità, poiché sono le operazioni svolte da queste strutture
sociali ad essere essenziali per il ricordo del singolo. Lo studioso
francese affermò che:
È solo nella società e dalla società cioè che il singolo
acquisisce i suoi ricordi, li richiama, li fissa, li ritrova. Il che
implica che questa memoria è una sorta di sovrastruttura cha
va al di là delle memorie individuali e abbraccia una massa di
ricordi e di immagini che, anche se nessun individuo è in
grado di padroneggiare, gli permettono tuttavia, nell’abitarla,
di condividere un universo di significato comune.
10
A conferma di ciò Halbwachs sottolineò la difficoltà di
avere ricordi della prima infanzia, in quanto ancora non ci si può
ritenere degli esseri sociali. Appare evidente quanto lo studioso
francese attribuisse enorme importanza alla memoria collettiva,
da lui considerata come il fattore primario della coesione di un
determinato gruppo sociale, nel quale esercita le sue funzioni di
mediazione tra una conoscenza oggettiva del passato ed i bisogni
del gruppo. Questo passaggio mette in evidenza uno dei limiti
della memoria, ossia la sua conservazione oggettiva nel tempo,
visto che nel processo di attribuzione di significato ad un
determinato ricordo subentrano elementi di significazione e
interpretazione, sì individuali ma soprattutto collettivi: risulta
10
Per ulteriori approfondimenti sugli studi di Halbwachs si rimanda a:
Maurice Halbwachs, La memoria collettiva,Unicopli, Milano, 1987.