3
Constant. Essi considerano sufficiente per la formazione di una corretta
opinione pubblica la libertà di stampa e la pubblicità degli atti del governo,
dell'amministrazione e del Parlamento.
Nel paragrafo secondo del primo capitolo, prenderemo in considerazione
quell'opera di demistificazione dell'opinione pubblica che ebbe luogo a partire
dalla metà dell'Ottocento. Dopo aver affrontato le posizioni di Tocqueville e
Stuart Mill, i quali sottolineano l'ambivalenza ed anzi la preponderante spinta
al conformismo dell'opinione pubblica, di contro ad una sua funzione sociale
critica, verrà presentata anche la posizione di Bryce, le cui analisi sul sistema
americano hanno contribuito a ridefinire i limiti dei governi democratici. In
questo paragrafo ci soffermeremo inoltre sul vero e proprio attacco sferrato
dalle scienze sociali, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, al concetto
settecentesco di opinione pubblica illuminata, anche citando il contributo di
Tarde.
Fulcro centrale di questo lavoro sarà tuttavia il capitolo secondo, dedicato al
Novecento. L’inizio di tale secolo ha visto lo sviluppo degli studi psicologico-
sociali sull'opinione pubblica nonché l'apparizione dell'uso dei sondaggi,
utilizzati nel tentativo di quantificare e misurare l'opinione a partire da una
suddivisione in gruppi del pubblico e dall'individuazione di campioni
rappresentativi. Sviluppatasi nell'ambito delle ricerche di mercato sui gusti e le
preferenze dei consumatori alla fine del XIX secolo, la tecnica del sondaggio
d'opinione inizia a essere utilizzata nel campo delle previsioni elettorali intorno
agli anni venti. È grazie alla tecnica elaborata da George Gallup, nel 1935, che
i cittadini di numerosi paesi hanno potuto dar voce alle proprie opinioni in
merito a molti argomenti riguardanti la loro vita.
I paragrafi successivi di questo secondo capitolo serviranno ad illustrare
alcune delle opere più significative del secolo scorso. Nel paragrafo primo
vengono riportati alcuni degli aspetti delle analisi dell’opinione pubblica di
Lippmann, lo studioso che ci ha lasciato la valutazione più impressionante
della pubblica incapacità di giudizio critico. Nel paragrafo secondo si parlerà
della risposta di John Dewey, il quale mette in discussione la teoria
4
lippmanniana della passività della democrazia e della futilità del dibattito
pubblico. Il terzo paragrafo riguarda Jürgen Habermas, il quale introduce il
concetto di sfera pubblica. L’opera di Niklas Luhmann che vede l’opinione
pubblica come una modalità comunicativa mirante esclusivamente a ridurre
l’incertezza di una società divenuta estremamente complicata è trattata nel
quarto paragrafo, mentre il quinto prende in considerazione l’opera di
Elisabeth Noelle-Neumann, ideatrice dell’innovativo concetto di “spirale del
silenzio”.
Il terzo capitolo presenta infine una valutazione dell’opinione pubblica così
com’è percepita ai giorni nostri anche a seguito dell’accresciuto interesse per
gli studi sulla natura delle risposte sollecitate dai sondaggi, del nuovo
interesse della ricerca per la qualità dell’opinione pubblica odierna e del
contemporaneo sviluppo di un altro fenomeno tipico della modernità: la
comunicazione mediale. In particolare, nel primo paragrafo viene presentata la
posizione di Pierre Bourdieu, il quale ha drasticamente affermato l’inesistenza
del fenomeno opinione pubblica, mentre nel secondo paragrafo si cercherà di
illustrare la posizione di Giovanni Sartori, scrittore molto critico nei confronti
delle moderne società democratiche.
5
1.
DALLE ORIGINI A FINE OTTOCENTO
…the roots of the concept
lie deep in the past….
P.A. Palmer
Il concetto di opinione pubblica è sicuramente un prodotto tipico della
modernità.
Per modernità s’intende il periodo contrassegnato dalla crescita
dell’importanza dello Stato e dall'affermarsi della razionalità in molti degli
ambiti di vita sociale. A partire dall’età moderna infatti, entrano in gioco una
serie di fattori come la sovranità popolare, l’uguaglianza politica, la regola della
maggioranza, l’emergere di una sfera pubblica; elementi, che sommati hanno
favorito la genesi e lo sviluppo dell’opinione pubblica.
I fattori sopra elencati confluiscono altresì nell’idea di democrazia.
I due concetti di democrazia e opinione pubblica risultano infatti strettamente
collegati.
Il concetto e il ruolo dell’opinione pubblica, così come la intendiamo oggi si
sviluppa assieme alla società industriale di tipo capitalistico e ai sistemi di
governo liberal-democratici. Ed è proprio durante il XVII secolo in Inghilterra e
poi nel XVIII secolo in Francia, che si inizia a considerare l’opinione pubblica
come uno dei fondamenti di quella forma di governo che si basa non soltanto
sulla sovranità popolare, ma anche sul diritto di esprimere liberamente le
proprie opinioni sulle questioni di interesse pubblico riguardanti l’intera
collettività.
1
Così il concetto di “opinione” che la tradizione classica aveva connotato in
negativo contrapponendolo alla “scienza” ed alla “verità” viene rivalutato.
1
Cfr. G. Grossi, L’opinione pubblica, Laterza, Bari, 2004, p. 16 e ss.
6
Tuttavia prima di pervenire alla formulazione dell’espressione vera e propria,
molti scritti precedenti comprendevano anticipazioni e approssimazioni delle
moderne teorie relative all’opinione pubblica.
2
1.1. DALLE ORIGINI ALL’INIZIO DEL XIX SECOLO
Grossi nota che secondo alcuni studiosi è Rousseau (verso la metà del 700)
ad utilizzare per la prima volta il termine “opinione pubblica” in senso moderno;
secondo altri il primo è stato invece Necker (nel 1787).
3
Nonostante ciò, appare particolarmente significativo il fatto che molti studiosi
contemporanei dell’opinione pubblica, nelle loro opere, facciano riferimento ad
autori e scritti collocati storicamente molto indietro nel tempo.
Ad esempio Walter Lippmann, nel suo libro intitolato L’opinione pubblica, cita
più volte il celeberrimo mito della caverna di Platone e Jürgen Habermas, nelle
prime pagine di Storia e critica dell’opinione pubblica, fa riferimento ad
Aristotele.
Nel mito della caverna di Platone si può infatti rintracciare la contrapposizione
tra “doxa” e “episteme”. Platone guarda al nostro mondo come ad un regno
delle tenebre governato dall’opinione. Il concetto di democrazia implica l’idea
di una partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica e una
moltitudine, comunque sia composta, non è mai in grado di amministrare uno
Stato razionalmente. Fu Platone ad occuparsi per primo dei pericoli e dei
potenziali vantaggi del governo popolare. Secondo lui a reggere le sorti della
cosa pubblica dovevano essere i migliori, ossia una minoranza che eccelle
sulla moltitudine. Attraverso il mito della caverna egli riesce a screditare le
idee politiche democratiche, considerando la filosofia come la guida legittima
dell’agire politico e contestando il fatto stesso che una qualunque collettività
non è capace di valutare con attenzione questioni filosofiche. Il mito della
caverna diviene metafora della vita del filosofo ateniese, che riesce a risalire la
2
P. A. Palmer, Public opinion in political theory, Harvard University Press, Cambridge, 1936, p. 231.
3
Cfr. G. Grossi, L’opinione pubblica, cit., p. 16.
7
strada verso la verità, ma viene ucciso per aver tentato di portarla agli uomini,
incatenati al mondo dell'opinione.
4
Gli anni che separano Platone da Aristotele sono relativamente pochi, eppure
il tempo in cui Aristotele si trova a vivere è già profondamente diverso da
quello del suo maestro.
Se Platone guardava al mondo in un’ottica verticale e gerarchica che distingue
tra realtà vere e apparenti, Aristotele giunge a guardare il mondo secondo
un’ottica orizzontale e unitaria.
Egli è convinto che gli uomini non siano in grado di vivere separati l’uno
dall’altro e ritiene che la moltitudine sia capace di esprimere giudizi migliori
rispetto ai singoli e che i sentimenti collettivi del demos possano favorire una
sorta di senso comune nelle questioni politiche.
5
Se facciamo un ulteriore balzo in avanti nel tempo, possiamo rintracciare nel
vocabolario politico e giuridico dei Romani e negli scritti del Medioevo alcune
espressioni e idee connesse ad alcuni aspetti del moderno concetto di
opinione pubblica.
Gli autori romani del periodo classico avevano scarso rispetto per il vulgus.
Questo si può capire leggendo ad esempio la frase dell’orazione di Cicerone in
favore di Quinto Roscio che si trova iscritta in grassetto tutto intorno alla sala
di lettura dell’Istituto di giornalismo all’Università di Berlino: “Sic est vulgus ex
veritate pauca, ex opinione multa aestimat”. L’espressione “opinio publica” si
può rintracciare nel latino classico e medievale.
Più strettamente correlato alla visione moderna dell’opinione pubblica come
base della legge, è il consensus populi dei giuristi Romani e medievali, anche
se non possiamo capire correttamente cosa intendessero con tale espressione
in quanto coloro che la utilizzano non la spiegano esplicitamente in alcun
modo.
6
Di origini medievali è il proverbio “Vox populi, vox Dei” e Machiavelli si riferisce
proprio a questo concetto nei suoi Discorsi. Infatti, a partire dalla fine del XVIII
4
Cfr. N. Abbagnano, G. Fornero, Fare filosofia, vol. I, Paravia, Torino, 2000, p. 133 e ss.
5
Ibidem.
6
Cfr. P. A. Palmer, Public opinion in political theory, cit., p. 232.
8
secolo, Machiavelli è stato citato, a ragione o a torto, quasi in ogni discussione
che riguardasse le competenze dell’opinione. “Non senza ragione” scrive nel
capitolo LVIII del libro primo, “la voce della gente è paragonata alla voce di
Dio”.
7
Tra Seicento e Settecento il termine inglese e francese opinion assume il
significato lineare del termine latino opinio.
8
Hobbes, il maggiore teorico dell’assolutismo, identifica conscience con
opinion. Conscience non è altro che un’opinione permanente di un uomo ed
Hobbes aveva scarsa fiducia nelle capacità degli uomini. Secondo lui ogni
persona e di conseguenza ogni governante ha a cuore solo il proprio interesse
personale e quello dei suoi parenti e dei suoi amici; proprio per questo motivo
la sua tendenza naturale è quella di dare la precedenza all’interesse personale
su quello pubblico. Egli condanna l’opinione pubblica perché la ritiene
portatrice di anarchia e corruzione all’interno dello Stato.
9
Circa quarant’anni dopo Hobbes, John Locke nel Saggio sull’intelligenza
umana parla di tre specie di norme o leggi morali in base alle quali gli uomini
generalmente agiscono, e mediante le quali giudicano della condotta delle loro
azioni. Queste tre leggi che tutt’oggi appaiono di straordinaria attualità, sono:
la legge divina, la legge civile, la legge dell’opinione o reputazione. Locke ci
spiega che gli uomini si uniscono in società politiche rinunciando alla
possibilità di agire liberamente anche mettendo a repentaglio gli altri, ma
conservano il potere di giudicare il bene e il male, approvando o
disapprovando le azioni degli individui con cui vivono e con cui intrattengono
relazioni; mediante questa approvazione e disapprovazione stabiliscono fra
loro ciò che è caratterizzato da virtù da ciò che può essere chiamato vizio.
L’uomo si governa quasi esclusivamente con questa legge dell’opinione e fa
ciò che gli permette di mantenersi una buona reputazione davanti agli occhi
7
Ibidem.
8
J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, Bari, 2005, p. 103 e ss.
9
J. J. Chevallier, Le grandi opere del pensiero politico, Il Mulino, Bologna, 1998, p.69 e ss.