della cura.
Nel primo capitolo metto in luce una delle tesi fondamentali da lei sostenute, ossia la
primarietà ontologica della cura, che si rivela essenziale per il sostegno e lo sviluppo della
vita stessa. La dimensione della cura appare, quindi, quella pratica e presuppone un
movimento non solo verso l'altro, ma anche verso l'ambiente che ci circonda. All'interno di
questo capitolo metto in risalto la seconda importante tesi sostenuta da Tronto, ossia la
capacità della cura di modellare il contesto politico e di creare una cittadinanza
democratica, assieme all'argomentazione da lei proposta a sostegno della propria
asserzione, ossia l'“approccio dei confini morali”. Secondo l'autrice l'etica della cura può
svilupparsi, infatti, solo attraverso il mutamento di quelli che ella definisce “confini morali”,
ossia di quei confini che condizionano l'accettabilità politica di ogni concezione morale. I
confini morali identificati da Tronto sono, rispettivamente, il confine tra la morale e la
politica, il confine del punto di vista morale e il confine tra la vita pubblica e quella privata.
Essi, secondo l'autrice, vanno ripensati e ridisegnati, con l'obiettivo di far emergere in tutta
la sua dimensione pratica una vera e propria etica della cura.
Il secondo capitolo è dedicato all'analisi compiuta da Tronto riguardo al ruolo delle donne
all'interno del processo di cura. Il punto di partenza di questo approfondimento è l'assunto
dell'autrice secondo cui l'etica della cura non può essere espressione di una moralità
essenzialmente femminile.
A sostegno di questo argomento, l'autrice esamina l'evoluzione dei confini morali a partire
dal XVIII secolo, fino ad arrivare ai nostri giorni. Viene messo in evidenza come il rapporto
tra genere e moralità abbia subito dei mutamenti importanti nel corso dei secoli, fino ad
arrivare, nel diciottesimo secolo, ad una netta separazione degli ambiti della vita pubblica
e di quella privata. Ciò ha condotto la cura ad essere relegata in ambito domestico e
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associata alle donne, che ne divengono le custodi.
All'interno di questo capitolo metto in risalto la ricerca, da parte di Tronto, delle cause che
hanno portato a tale mutamento. Gli autori presi in esame, a tale scopo, sono filosofi
scozzesi del periodo illuminista, quali Hutcheson, Hume e Smith, in cui non sembra
emergere nessuna discriminazione tra uomo e donna e neppure un'attribuzione esclusiva
alle donne del sentimento e agli uomini della ragione. L'autrice mette però in rilievo come
nel XVIII secolo la possibilità di una vita morale fondata sui sentimenti raffinati divenga
sempre più remota, a causa di importanti mutamenti sociali, a cui seguono inevitabilmente
profondi mutamenti morali. Il fallimento del pensiero illuminista si esprime nella morale
universalistica kantiana, che rappresenta il modo di intendere i confini morali dominante
fino ai nostri giorni.
Sempre all'interno del capitolo dedicato al rapporto tra la morale e il genere, prendo in
esame l'analisi di Tronto della prospettiva della psicologia dello sviluppo proposta da L.
Kolberg e di quella offerta da una delle esponenti più importanti del femminismo
americano, C. Gilligan. Attraverso un’attenta disamina, l'autrice si propone di sostenere la
tesi secondo cui queste teorie influenzano gli attuali confini morali ed afferma in modo
deciso che la percezione che gli uomini hanno della cura è il prodotto della struttura dei
valori sociali e dei confini morali che influenzano il nostro stile di vita attuale. Da questa
ulteriore analisi emerge, in modo ancora più marcato, la necessità di un ripensamento
degli attuali confini morali.
La visione innovativa della cura proposta da Tronto viene approfondita nel terzo capitolo.
L'autrice offre un'idea di cura che possa integrare, da un lato, gli aspetti pratici, morali e
politici, e dall'altro possa essere utilizzata come base per ripensare i confini morali attuali.
Solo attraverso la focalizzazione del nostro sguardo su di un concetto integrale di cura è
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possibile, secondo l'autrice, modificare la posizione attuale della cura stessa, rendendola,
da periferica, centrale nella vita dell'uomo, ma anche gli aspetti centrali della teoria morale
e politica. Tronto propone di articolare il processo di cura in quattro fasi, interconnesse ma
distinte tra loro, all'interno delle quali si evidenziano i relativi atteggiamenti morali. Esse
sono, rispettivamente: l'interessarsi a, il prendersi cura di, il prestare cura e il ricevere
cura.
Mi è sembrato importante mettere in risalto la descrizione di Tronto delle incongruenze tra
il modo da lei proposto di concepire la cura e le prospettive odierne relative ad essa ed
evidenziare quello che lei stessa definisce come il “paradosso della cura”.
Ho riservato un piccolo capitolo per mettere in luce gli aspetti di debolezza, ma anche di
forza, insiti nella cura stessa, evidenziati dall'autrice.
Il quarto capitolo è dedicato all'approfondimento delle implicazioni che comporta la nuova
concezione della cura proposta da Tronto. In particolar modo esaminerò gli aspetti morali
che ne derivano, mettendo in risalto le qualità morali specifiche individuate dall'autrice.
Inoltre prenderò in considerazione i dilemmi morali che scaturiscono da questa particolare
visione della cura e le proposte che Tronto ipotizza per poterli affrontare e superare. Mi è
sembrato importante dedicare uno spazio anche all'analisi compiuta da Tronto riguardo
alla valutazione dei bisogni dell'uomo in quanto, proprio grazie alle riflessioni su questo
tema, l'autrice si avvicina alla dimensione della giustizia e giunge a sostenere la necessità
di una teoria della giustizia all'interno della prospettiva della cura e la conseguente
collocazione della cura in un conteso politico.
Nell'ultima parte del capitolo dedicato al pensiero di Tronto metterò in risalto il suo modo
innovativo di pensare alla cura, che viene intesa come un vero e proprio ideale politico, e i
cambiamenti necessari alla realizzazione di questo ideale. Mi soffermerò sul concetto di
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“mutamento paradigmatico” necessario, secondo l'autrice, a ridisegnare i confini morali
che attualmente condizionano l'accettabilità politica di ogni concezione morale e sugli
specifici cambiamenti necessari allo sviluppo di un'ideale pratico della cura.
Analizzerò, inoltre, le pratiche di cura individuate dall'autrice in rapporto alla formazione di
una cittadinanza liberale, pluralista e democratica.
Infine rileverò le gravi critiche mosse da Tronto al governo degli Stati Uniti, ma anche la
sua fiducia nella capacità dell'uomo di riconoscere i cambiamenti necessari al
miglioramento di situazioni difficili, provocate proprio dalla sua stessa azione.
La seconda parte del presente lavoro è dedicato all'analisi del punto di vista offerto M.
Nussbaum in relazione alla cura ed è suddiviso in due sezioni.
Nella prima approfondirò la teoria delle emozioni proposta dall'autrice.
Tale teoria si rivela fondamentale per l'analisi della cura, in quanto le emozioni
rappresentano il centro della vita individuale e sociale e sono, dunque, il motore di ogni
relazione interpersonale, compresa la relazione di cura.
Nella primo capitolo dedicato a questa teoria analizzerò la concezione neostoica delle
emozioni proposta da Nussbaum, soffermandomi in modo particolare sul rapporto tra
queste ultime e il concetto aristotelico di eudaimonia. Tale rapporto appare fondamentale
per Nusbaum, che intende dimostrare l'importanza della sua teoria non solo dal punto di
vista etico, ma anche da quello politico. Considerare le emozioni come elementi essenziali
dell'intelligenza umana e non solo come coadiuvanti fornisce forti elementi per promuovere
le condizioni del benessere emotivo in una cultura politica. Questa concezione implica che
senza lo sviluppo emotivo una parte della nostra capacità di ragionare come creature
politiche risulti mancante. La comprensione del rapporto tra le emozioni e le diverse
concezioni del bene umano appare quindi fondamentale nel momento in cui ci si interroga
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circa il ruolo della politica nel favorire l'eudaimonia umana, definita da Nussbaum human
flourishing.
Il secondo capitolo è dedicato all'analisi della prima relazione di cura, quella tra madre e
bambino, ritenuta fondamentale da Nussbaum. Per approfondire questo tema l'autrice si
avvale del contributo fornito da teorici delle relazioni oggettuali quali Winnicot, Bowlby e
Fairbairn. Esaminare la prima relazione di cura permette di comprendere lo sviluppo
emotivo che avviene nell'individuo a patire dalla sua nascita e il modo in cui le emozioni
primarie possono plasmare, in senso positivo o negativo, la geografia della vita emotiva e
influenzare i successivi rapporti umani, compreso quello di cura.
Nell'ultima parte di questo capitolo metto in risalto come, attraverso la teoria delle
emozioni, Nussbaum giunga ad affermare non solo l'esistenza di un profondo legame tra le
emozioni e la morale, ma soprattutto l’impraticabilità, senza le emozioni, della moralità
tout court.
Il terzo capitolo è dedicato all'analisi del ruolo della società nella formazione delle emozioni
e di altri fattori, quali il tempo e il linguaggio, che esercitano su di esse un influsso
importante.
Nella seconda sezione della parte dedicata a Nussbaum approfondirò la particolare visione
dell'autrice rispetto alla dimensione della cura, interpretata attraverso l'approccio delle
capacità, e i possibili risvolti politici, in ambito privato e pubblico, che ne derivano.
Il primo capitolo ha lo scopo di mettere in evidenza la tesi fondamentale sostenuta da
Nussbaum, secondo la quale la cura è un atteggiamento umano fondamentale, che
dovrebbe fondare ogni teoria etica e politica. All'interno di questo capitolo metto in risalto
l'importante questione, presa in esame da Nussbaum, concernente l'attribuzione dell'onere
della cura.
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Un altro punto esaminato è il rapporto esistente tra le teorie della giustizia, in particolare
quella proposta da Rawls, e la cura. A questo proposito metterò in risalto le critiche rivolte
dall'autrice a tale teoria, che ignora l'importanza della cura e propone l'immagine di un
uomo autosufficiente e indipendente e la sua proposta di ampliare lo sguardo all'interno
della società, per poter riformulare la teoria liberale della giustizia ed affrontare in modo
adeguato le questioni relative alla cura.
Il secondo capitolo è dedicato ad un'ampia analisi dell'approccio delle capacità umane
fondamentali proposto dall'autrice, che trova la sua fonte di ispirazione nella filosofia
aristotelica e nella teoria dell'economista A. Sen.
Mi è sembrato interessante mettere in risalto le ragioni che hanno condotto Nussbam a
formulare questa teoria e l'influenza del pensiero femminista sulla formulazione di tale
approccio.
La tesi principale sostenuta dalla teoria delle capacità umane fondamentali afferma che
ogni persona è considerata come “fine in sé”, come individuo che persegue le proprie
capacità singolarmente e non insieme a gruppi, famiglie o stati. Nussbaum fornisce una
lista dettagliata della capacità umane da lei individuate, che fa precedere da un'insieme di
elementi facenti parte di qualsiasi esistenza che possa definirsi umana.
Vengono inoltre analizzate le capacità in relazione al funzionamento dell'uomo, ai diritti,
alle norme universali e alla cura. A questo proposito, l'autrice sottolinea come la cura
emerga in modo marcato, dalla lista delle capacità umane, specialmente in relazione ad
alcune capacità particolari, quali ad esempio salute e integrità fisica, appartenenza, vita,
sensi ed immaginazione.
I possibili cambiamenti politici, conseguenti a questa teoria, sono di natura sia privata che
pubblica. Approfondirò questa tematica nell'ultima parte del capitolo dedicato a Nussbaum.
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All'interno di questo capitolo verrà affrontata la difficile questione delle cure e degli affetti
all'interno della famiglia, secondo la teoria delle capacità, con uno sguardo particolare al
cambiamento del ruolo delle donne implicato in questa prospettiva.
Infine analizzerò il cambiamento politico conseguente a questo approccio, che permette di
fornire non solo ai singoli cittadini, ma anche ai governi internazionali, la possibilità di
misurare la qualità di vita di ciascuna persona in base alle capacità di funzionamento in
alcune aree fondamentali della vita. Esso permette di stabilire un livello “soglia”, al di sotto
del quale un individuo non è in grado di vivere in modo veramente umano e di attribuire
ad un programma politico pubblico il compito di fornire ai cittadini un certo livello di
capacità.
La terza ed ultima parte del mio lavoro tenta di far dialogare le proposte di Tronto e
Nussbaum. Attraverso l'analisi comparativa delle tesi da loro sostenute, metto in risalto le
differenze e le similitudini che emergono dalle loro teorie.
Ringrazio il Prof. Amedeo Vigorelli e la Dott. Giuditta Sfondrini, che hanno contribuito in modo paziente
e costante alla mia crescita personale, oltre che alla mia formazione accademica. Attraverso la loro
disponibilità mi hanno mostrato come possa essere possibile, anche nel corso dell'elaborazione di una
tesi universitaria, realizzare quel lavoro di cura di cui parlano Tronto e Nussbaum, essenziale alla
prosperità umana.
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