Introduzione
Dal primo gennaio 2010, i residenti in Valle d’Aosta non possono più beneficiare dei
buoni benzina. Ai possessori di un autoveicolo, comprese le società private e pubbliche, non
viene più assegnato un quantitativo annuo di carburante esentasse. Una direttiva europea ha
obbligato il Consiglio regionale a sopprimere uno dei simboli dell’autonomia regionale
valdostana... L’esenzione fiscale di un contingente di beni assegnato alla regione a partire dal
1949, è il surrogato offerto dallo stato italiano rispetto alla promessa di una zona franca
integrale sul territorio della regione (art. 14 dello Statuto Speciale per la Valle d’Aosta, legge
cost. 26 febbraio 1948, n. 4). Dopo 50 anni di dibattiti politici, indecisioni, speranze e
fallimenti, gli abitanti della Vallée si ritrovano con un pugno di mosche: nè zona franca nè
beni esentasse.
L’obiettivo di questa tesi non è effettuare un’analisi storica o politica dei processi che
hanno portato all’attuale situazione. Una buona tesi giuridica potrebbe analizzare l’impatto
della direttiva europea e un’interessante tesi di storia potrebbe indagare in profondità i confini
del dibattito tra i partiti, sempre al centro della scena politica regionale, a proposito della zona
franca e dei suoi surrogati. A me invece interessa l’aspetto amministrativo della questione.
Come è stata applicata la legge che concedeva un contingente di beni in esenzione fiscale alla
Valle d’Aosta? Evidentemente però, la narrazione di questa applicazione risente del clima
politico presente nella regione e dei cangianti rapporti col governo di Roma. E muta nel
tempo in considerazione a fattori economici che hanno investito la Valle nel corso degli ultimi
50 anni. La storia dell’esenzione fiscale concessa alla Valle al posto della zona franca, come
presentata nel secondo capitolo della tesi, risente fortemente di questi elementi politici ed
economici.
All’inizio erano distribuiti dei buoni benzina e dei bollini per lo zucchero, il caffè ed
altri beni alla popolazione, in modo che potesse beneficiare dell’esenzione fiscale nel
momento in cui acquistava i beni sul mercato. Il benessere degli ultimi trent’anni ha portato
ad una perdita di importanza dell’esenzione di certi beni, concentrando l’attenzione dei
cittadini e del legislatore regionale sull’esenzione dei carburanti. Nel 1998 è stata introdotta la
Carta Vallée (carte con microchip) per modernizzare il servizio. Analizzando il sistema che ha
permesso ai cittadini valdostani di approfittare dell’esenzione fiscale, si osserva la sua
sostanziale adesione allo schema teorico dei vouchers: un metodo relativamente nuovo per
fornire al cittadino alcuni dei classici servizi offerti in un regime di welfare state. L’esenzione
fiscale è un sistema di tax benefit che la regione fornisce ai propri cittadini, un’agevolazione
appunto strutturata sulle basi tipiche di un sistema di vouchers. Benchè probabilmente coloro
che disegnarono il sistema dei buoni non avessero idea della teoria dei vouchers
(semplicemente perchè non era ancore state “inventata”), a posteriori possiamo analizzare tale
sistema sotto una nuova luce. Questo non sarà un esercizio puramente accademico, perchè la
nuova consapevolezza dello strumento che si è utilizzato (la Carta Vallée che è gia in
possesso di tutte le famiglie residenti) può portare ad uno sviluppo del welfare in settori in cui
il voucher è, letterature critica alla mano, un possibile strumento per migliorare il servizio al
cittadino: in modo particolare nei servizi sociali di assistenza alle povertà, agli anziani e ai
bambini in età prescolare.
Il primo capitolo della tesi presenta il quadro teorico di riferimento: cosa sono i
vouchers? Qual è il loro posto nella teoria economica? A cosa servono e perchè sono
introdotti nel settore pubblico? Come è strutturato un sistema di vouchers e quali sono le
problematiche che comporta? Nel capitolo 2 si affronta la storia dell’esenzione fiscale in
Valle d’Aosta: una ricostruzione fondata soprattutto sui verbali del Consiglio regionale ma
che non disdegna l’incursione in documenti di propaganda politica, interviste dei protagonisti
della politica ed opere di autori precedenti: il risultato è un quadro storico inedito, anche se
sicuramente non esaustivo, dunque aperto a futuri contributi. Dalla teoria alla pratica dunque,
per passare ad una sintesi tra le due nel terzo capitolo: sarà qui infatti che tenterò di far
emergere con chiarezza la sostanziale adesione della Valle d’Aosta ad un sistema di vouchers
per la gestione dei beni in esenzione fiscale concessi a partire dal 1949. Di più, il terzo
capitolo analizzerà le funzioni residue della Carta Vallée dopo la cessazione dei benefici sui
carburanti, le recenti proposte avanzate in Consiglio regionale per il suo utilizzo nonchè una
riflessione proprio sui futuri utilizzi alla luce della teoria dei vouchers. Dunque, benchè
l’esperienza dei buoni benzina sia senza dubbio conclusa, sarà evidente che possiamo trarre
un insegnamento dall’esperienza di amministrazione di questo servizio e applicarla ad altri
campi del welfare state.
1
Capitolo 1
I Buoni Servizio (Vouchers)
1.1 Definizione e inquadramento nel sistema di welfare
Il Welfare State è costituito da un insieme di programmi di spesa pubblica e di norme
attraverso i quali lo stato si prende cura del cittadino. Lo stato si fa completamente o
parzialmente carico dei rischi cui incorre l’individuo nel corso della sua vita, dall’infanzia alla
vecchiaia. L’istruzione pubblica, la previdenza, la sanità, l’assistenza e le politiche per la casa
sono elementi del welfare state. Questo complesso sistema di assistenza, da un lato impone al
cittadino il rispetto di determinate regole, come l’obbligo di frequentare le scuola fino ad una
certa età o di assicurare il proprio autoveicolo (nel paragrafo 1.2 discuteremo della legittimità
di tale obbligazione: perchè lo stato non permette, in certi ambiti, che i cittadini scelgano
liberamente?). Dall’altro, fornisce prestazioni sociali al cittadino attraverso due modalità:
trasferimenti monetari e trasferimenti specifici. Le pensioni di vecchiaia o di invalidità sono
esempi di trasferimenti monetari. Una somma di denaro, senza vincoli di spesa, integra il
reddito di coloro che hanno diritto alla prestazione (in quanto anziani che hanno versato i
contributi nel corso di tutta la loro carriera lavorativa, portatori di handicap, ecc...). Altre volte
lo stato fornisce un servizio o un bene in natura, ovvero un trasferimento specifico: una casa
popolare a prezzo inferiore rispetto a quello di mercato è un bene in natura; il sistema
sanitario, la pubblica istruzione, l’assistenza pre-scolare e agli anziani sono servizi che
rientrano nelle categoria dei trasferimenti specifici
1
.
I sistemi di welfare hanno cominciato a svilupparsi a partire dalla metà del XIX
secolo, assumendo forme assai diverse nei diversi paesi in cui si affermava la socializzazione
del rischio privato, ovvero il riconoscimento dell’interesse dell’intera società per alcuni dei
rischi che i singoli cittadini devono affrontare (malattia, infortunio, vecchiaia, ecc...). Sono
nati diversi modelli di welfare, caratterizzati da maniere differenti di interagire tra stato,
marcato e famiglia per rispondere ai rischi sociali. In Italia, come anche in altri paesi
1
Questi servizi possono anche essere forniti da un ente locale, comune, provincia o regione. Nell’ambito di
questo lavoro essi possono essere assimilati allo stato, concepito come settore pubblico. In effetti, la differenza
fondamentale che ci interessa è quella tra produttore pubblico e privato di servizi e non la suddivisione tra i vari
livelli di governo.
2
mediterranei, la famiglia ha un ruolo essenziale di ammortizzatore sociale, se non altro perchè
deve supplire alle inefficienze e alla frammentazione del sistema di welfare. Senza entrare nei
dettagli della classificazione dei sistemi di welfare, un elemento comune a tutti è lo stato di
crisi che perdura ormai dalla metà degli anni ’70. La popolazione invecchia, la tecnologia
medica permette una speranza di vita sempre maggiore prolungando il periodo di
pensionamento, il sistema di produzione non è più quel modello fordista (che in sintesi
estrema è caratterizzato da un settore dell’industria assai sviluppato e famiglie con un solo
reddito percepito dal marito) su cui i sistemi di protezione sociale sono stati disegnati. Anche
a causa di scelte spregiudicate da parte di certi governi, che hanno ampliato la spesa sociale
senza considerare le future implicazioni finanziarie della loro decisioni, siamo di fronte alla
necessità di ristrutturare il sistema di welfare. La coperta infatti è sempre troppo corta per
coprire le ingenti spese necessarie per fornire servizi al cittadino. D’altra parte i cittadini
concepiscono le prestazioni di welfare come diritti acquisiti, la cui modifica da parte del
governo è assai costosa in termini di voti.
In questo contesto di crisi, i buoni servizio (vouchers)
2
, si presentano come un
nuovo
3
metodo di fornitura di servizi di welfare che può essere utile per la ristrutturazione del
sistema in determinati ambiti. Potenzialmente i vouchers possono essere utilizzati sia per
ottenere un maggiore rigore finanziario che per adattare un servizio alle esigenze dei cittadini
(nel paragrafo 1.4.1 di questo capitolo analizzerò con precisione i diversi obiettivi
raggiungibili con l’uso dei vouchers). “I vouchers sono titoli che danno il diritto a ricevere
determinati beni o servizi da alcuni erogatori predeterminati [da chi emette il Voucher stesso].
Il soggetto che possiede il Voucher lo consegna all’erogatore in pagamento della prestazione;
l’erogatore presenta all’ente che lo ha emesso il Voucher ricevuto in pagamento e ne ottiene il
rimborso in denaro.” [Beltrametti 2004:45]. Dalla definizione ci accorgiamo immediatamente
di una differenza fondamentale rispetto alla fornitura di un servizio nel classico modello di
welfare. Gli attori infatti sono tre: il consumatore (beneficiario del servizio o dei beni che il
voucher permette di consumare), il fornitore/erogatore (che fornisce i beni o servizi in
2
Utilizzerò indifferentemente le due espressioni
3
Relativamente nuovo in realtà. Infatti è degli anni ’50 la proposta di Milton Friedman (The Role of Government
in Education, 1955) di utilizzo dei vouchers nel settore dell’istruzione, inoltre è dal 1964 che negli Stati Uniti si
utilizzano i Food Stamps per l’assistenza alla povertà. Beltrametti [2004:16] indica che il primo lucido
sostenitore dell’uso dei vouchers in Italia è Edwin Morley-Fletcher (Spesa pubblica. Chi ha paura dei Voucher?,
in “Quarantacinque”, giugno 1984). I voucher sono stati anche utilizzati all’inizio degli anni ‘90 nella riforme
dei sistemi sanitari di Inghilterra e Olanda [Bosi 2010:418]. Definiamo lo strumento come una novità perchè la
sua riscoperta si accompagna alle necessità di riforma del sistema di welfare degli ultimi vent’anni e si discosta
dalle forma più classiche di fornitura di servizi di welfare.
3
questione) e il finanziatore (che emette il buono in favore del consumatore e rimborsa
l’erogatore in base ai voucher cha ha incassato come pagamento da parte del consumatore).
Per la maggior parte dei servizi forniti dallo stato, gli attori sono semplicemente due, il
cittadino che beneficia della prestazione e l’ente pubblico che la fornisce e la finanzia (cfr.
1.4.2, vari modelli di fornitura dei servizi).
Perchè un sistema di voucher funzioni è necessario che finanziamento e produzione
del servizio siano distinte. Questa è una caratteristica tipica dei quasi-mercati ovvero sistemi
nei quali c’è un finanziatore pubblico che acquista il servizio da una serie di produttori.
Quest’ultimi, che possono essere sia pubblici che privati, sono in regime di concorrenza: ciò
dovrebbe portare a dei risparmi grazie all’identificazione del low cost provider naturalmente
nel rispetto dei vincoli imposti dal finanziatore (più avanti analizzeremo attentamente il
fondamentale ruolo di controllo da parte dell’ente finanziatore).
Un sistema di quasi-mercato può esistere anche senza voucher. Come ad esempio nel
caso del sistema sanitario italiano presso il quale, benchè il quasi marcato sia introdotto su
tutto il territorio, solo certe regioni utilizzano il sistema dei voucher, ad esempio la
Lombardia. In effetti Cave [2001:61] sostiene che un sistema di quasi-mercato non prevede la
scelta da parte del cittadino: è l’autorità finanziatrice che decide dove indirizzarlo dopo aver
deciso a chi affidare la produzione del servizio. Altri autori, al contrario, sostengono che il
passaggio dal quasi-mercato al voucher sia automatico: è sufficiente che il pagamento non sia
effettuato direttamente dall’ente pubblico all’erogatore del servizio ovvero che il pagamento
passi attraverso l’utente, introducendo l’elemento della scelta (anche in maniera implicita, v.
oltre). Bosi [2010:418-420] identifica i vouchers come un elemento delle innovazioni
introdotte dai quasi-mercati. In questo senso non li definisce in maniera autonoma, bensì,
come l’elemento di novità dal lato della domanda di un sistema di quasi-mercato, con
particolare riferimento alla innovazioni introdotte nel settore della sanità in Olanda ed
Inghilterra agli inizi degli anni ’90
4
. Anche Francalanci e Toso [2001:11], analizzando l’uso
4
Bosi osserva però che gli utenti non si esprimevano singolarmente, viste le difficoltà di valutazione dei loro
stessi bisogni sanitari e di ottenere informazioni rilevanti sul servizio. Erano necessari dunque degli intermediari,
capaci di raggruppare gli utenti, gestirne i fondi (vouchers) e agire come controparte rispetto ai fornitori per
contrattare i prezzi. È un modello di vouchers quello in cui i cittadini non esprimono une domanda singola ma
sono costretti ad aggregarsi per far fronte alla difficoltà del mercato? Sì (perchè produzione e finanziamento
sono divisi e il pagamento non giunge direttamente al produttore) ma è un sistema incompleto perchè la
mancanza di informazione non permette la scelta diretta da parte del cittadino, che è la conquista principale dei
vouchers.
4
dei vouchers nell’area socio-assistenziale, individuano uno stretto legame tra vouchers e
quasi-mercati.
Per dirimere la questione, possiamo seguire la lista delle caratteristiche di un sistema
di vouchers proposta da Beltrametti [2004:46]. Nè i quasi-mercati nè la concorrenza tra
erogatori vengono citati. Ma una delle condizioni fondamentali è la divisione tra produzione e
finanziamento del servizio (elemento tipico appunto dei quasi-mercati). Beltrametti sostiene
che la novità introdotta dai voucher è la possibilità di scelta da parte del cittadino, tale scelta
però si può esprimere anche solo per prodotti diversi reperibili presso un solo erogatore. Cave
[2001:62] al contrario ritiene che la scelta deve essere effettuata tra diversi fornitori, dunque a
suo avviso quasi-mercati e concorrenza devono essere presenti. Considerate le posizioni dei
vari autori, definiamo come fondamentali per la presenza di un sistema di voucher, due
caratteristiche:
1) la divisione tra finanziamento e produzione del servizio;
2) la scelta da parte del cittadino.
La seconda caratteristica implica che il pagamento non viene effettuato direttamente
alla struttura erogatrice del servizio da parte dell’ente erogatore. Il cittadino diviene il tramite
per il finanziamento alla struttura erogatrice. Questo è l’elemento di superamento del quasi-
mercato (come sostiene anche Cave [2001:61]). La divisione tra finanziamento e produzione
si può verificare anche in presenza di un solo produttore, anche se è in generale preferibile che
vi sia una concorrenza tra diversi erogatori a causa dei benefici che la competizione porta al
sistema
5
. Nel corso della trattazione, per semplicità, considererò logica la presenza della
concorrenza tra fornitori, senza sottolineare ogni volta l’eccezione del singolo fornitore di
prestazioni.
Cave [2001:60] definisce anche un sistema implicito di vouchers che è presente nel
momento in cui non vengono distribuiti ai beneficiari dei titoli (uso esplicito di vouchers) ma
il sistema di fornitura del servizio funziona in sostanza come un sistema di voucher. Cave
propone l’esempio della scuola, sia di primo che di secondo grado purchè obbligatoria. I
5
La concorrenza dovrebbe portare a dei guadagni per il sistema, nella qualità e nei costi. Ma dall’analisi
empirica emerge che la concorrenza indotta con la creazione di un quasi mercato non conduce sempre a dei
risparmi per il sistema (cfr. Par. 1.3). Sia Cave che Beltrametti rimandano al libro a cura di Le Grand e Bartlett
(Quasi-market and social policy, London, Palgrave Macmillan, 1993) per un’analisi più profonda dei quasi-
mercati e della concorrenza ad essi legata.
5
genitori possono scegliere tra diverse strutture, pubbliche o private, comunque gratuite. Gli
istituti sono obbligati ad accettare i bambini che vengono iscritti. Il finanziamento alle scuole,
evidentemente erogato solo se aderiscono a certi parametri definiti dall’ente finanziatore,
avverrà sulla base dei bambini che ad esse sono iscritti. In questo caso il bambino è un
“walking voucher” [Ibidem]. I due elementi definitori (concorrenza tra fornitori e scelta da
parte del cittadino) sono rispettati, dunque siamo sicuri di trovarci in un sistema di voucher
6
.
Il voucher dunque, da un lato impone il paniere di beni o servizi che il cittadino può
consumare, dall’altro gli permette di scegliere in questa lista e di recarsi presso il fornitore di
tali beni e servizi che preferisce. Lo strumento dei vouchers è definibile anche in relazione
alla diminuzione o all’aumento dei gradi di libertà per il consumatore rispetto alle modalità
classiche di fornitura dei servizi di welfare. “I vouchers costituiscono una modalità di
trasferimento di risorse economiche che garantisce al beneficiario una libertà di scelta
intermedia tra quella (massima) offerta dalla moneta e quella (minima) offerta dalle
erogazioni in natura”[Beltrametti 2004:7]
7
. Per alcuni servizi di welfare come le pensioni, è la
natura stessa del programma che obbliga all’utilizzo del trasferimento in moneta. Per molti
altri servizi, tuttavia, ci si può domandare quale sia lo strumento migliore. Con l’uso di un
voucher si tratta di limitare le libertà di scelta del cittadino rispetto ad un trasferimento
monetario o di aumentarla rispetto all’erogazione di un servizio. Sono sempre lecite tali
operazioni? Quali sono i pregi e i difetti delle due classiche modalità di fornitura dei servizi di
welfare? Di conseguenza, quando conviene utilizzare i vouchers?
1.2 Limitare la libertà del cittadino
1.2.1 Teorie economica classica, libertà individuale e Merit Goods
Una definizione presente nell’articolo di Toso e Francalanci [2001:6] mostra
pienamente la limitazione che il voucher offre rispetto alla moneta: “Il voucher si configura in
6
Beltrametti [2004:46] presenta lo stesso esempio confermando che ci troviamo di fronte ad un sistema di
vouchers.
7
Per precisione, lo stesso autore specifica che i beni in natura (oggetti fisici come una coperta che un cittadino in
difficoltà riceve dai servizi sociali) danno maggiore libertà rispetto ad un servizio, perchè il cittadino potrebbe
rivenderli e spendere il denaro a suo piacimento. Questa opzione tuttavia è esercitabile solo con elevati costi di
transazione; costi che tuttavia si abbassano per beni di prima necessità come il carburante (per il quale è più
semplice trovare un acquirente) di cui ci occuperemo nel corso di questa tesi.