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Capitolo Primo
1. Una visione generale della pubblicità
Il marketing
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occupa, come noto, un ruolo centrale nell’attività dell’impresa, in quanto ha come
compito primario, quello di porre in luce l’azienda e farla emergere dal mercato in cui questa si
trova a competere. Le aziende, infatti, destinano risorse allo studio del contesto competitivo ed ai
clienti per conoscerne i bisogni e offrire risposte e soluzioni ai loro problemi. Questo convivere
dell’impresa in un mercato di natura macchinoso per la presenza degli stakeholder
5
, è reso sempre
più complesso dalla spietata guerra dettata dall’operare con sempre più agguerriti e innovativi
operatori e concorrenti che entrano nel mercato con elevata frequenza.
Questo scenario complesso, pone in luce l’esigenza dell’impresa di farsi conoscere, ma
soprattutto di far notare sempre la sua presenza. La comunicazione aziendale oggi riveste un ruolo
essenziale nel risolvere questo problema, sia mettendo sulla scena un nome ma, e soprattutto, è
costruendo sopra un’immagine e conferendo personalità alla marca, che la comunicazione riuscirà a
creare differenziazione; questi sono i compiti affidati alla pubblicità.
1.1 La pubblicità secondo le teorie tradizionali
Come premessa a quello che sarà il nucleo di questo lavoro, ossia l’efficacia della pubblicità,
risulta doveroso far cenno ai paradigmi che, analizzando il mercato e le sue reazioni, hanno
riscontrato nella pubblicità una forza in grado di modificare sensibilmente la struttura di quello che
è da sempre il luogo d’incontro tra domanda e offerta. Due teorie, in antitesi tra loro, illustreranno i
particolari effetti di questa politica: la teoria del potere di mercato e la teoria dell’informazione.
La teoria del potere di mercato. Gli economisti Joan Robinson
e Edward Chamberlin
6
propongono una teoria che spieghi le ragioni per cui, nella maggior parte dei mercati, si riscontrino
caratteristiche intermedie tra concorrenza perfetta e monopolio. Questo crearsi di forme di mercato
intermedie è dato dal fatto che, all’interno di questi, si ritrovano elementi di “disturbo” che
impediscono il ricondursi all’una o all’altra forma. Uno di questi elementi è proprio la pubblicità, la
quale essendo in grado di associare al prodotto caratteristiche di unicità, fa sì che ogni produttore
diventi monopolista rispetto alla sua varietà di prodotto. Maggiore sarà infatti il grado di
differenziazione che riuscirà a raggiungere, più forte sarà il suo potere sul mercato; una serie di
effetti si riconducono a tale teoria:
1. Un effetto che si riconduce alla pubblicità è la minore sensibilità verso il prezzo. Si ritiene,
infatti, che pur di ottenere ciò che il consumatore ha percepito nel messaggio, esso sia disposto a
subire anche un aumento del prezzo;
2. Un altro effetto delle politiche pubblicitarie è quello di ritenerle un ostacolo alla concorrenza
con conseguente creazione di barriere all’entrata. Infatti, la pubblicità, oltre a creare
4
Cfr. Malgara G., La pubblicità motore dello sviluppo delle imprese, Università Cà Foscari – Venezia , vedi sito web:
http://bdcb.cesdal.it
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Con il termine Stakeholder si intende tutto il complesso di soggetti e istituzioni con cui l’impresa si trova a dover
convivere. Per approfondimenti si può consultare il testo: Sciarelli S., Economia e Gestione dell’Impresa, CEDAM,
Padova 2001
6
Cfr. Fabi C. - Marbach G., L’Efficacia della pubblicità, ISEDI, Torino 2000
6
differenziazione è artefice pure della formazione e modificazione delle preferenze degli individui,
generando fedeltà verso una certa marca e impedendo a questi ultimi lo spostamento verso prodotti
nuovi o sconosciuti.
La teoria dell’informazione. Di idea totalmente differente è la teoria dell’informazione che,
rivalutando i benefici della pubblicità, la riconosce non solo perfettamente compatibile con la
concorrenza, ma addirittura vantaggiosa per i consumatori. Per spiegarne il ruolo informativo
7
, gli
esponenti di tale paradigma
8
, partono dal presupposto che il consumatore non abbia informazioni
complete sui prezzi e sulle qualità dei prodotti, ed oltretutto dal fatto che l’acquisizione di tale
informazione rappresenti un onere
9
per costui. Infatti la decisione di acquisto di un consumatore
razionale, viene adottata sulla base del prezzo pieno del bene, includendo quindi anche i costi che il
soggetto sostiene per la ricerca delle informazioni. La pubblicità, in quanto fonte di informazione,
tenderebbe a ridurre tali costi e costituirebbe un mezzo per aumentare il benessere dei consumatore
attraverso la trasmissione dell’informazione di cui questo necessita. Evidenziando i punti salienti si
conclude che
10
:
1. La pubblicità favorisce la concorrenza nei mercati rendendo il consumatore consapevole di
tutte le alternative esistenti al soddisfacimento dei propri bisogni e mettendolo in grado di
confrontarne prezzo, qualità e prestazioni;
2. La pubblicità è informativa, riduce il prezzo pieno dei beni, consentendo al consumatore di
risparmiare preziose risorse di tempo e denaro;
Attraverso questo breve cenno alle due principali teorie economiche, che hanno discorso sugli
effetti della pubblicità, si è potuto comprendere quanto contrastanti siano, secondo gli studi citati, i
contributi che questa politica di differenziazione offre sul contesto economico generale.
La teoria del potere di mercato, ha infatti attribuito alla pubblicità un contributo esclusivamente
negativo, ritenendo quest’ultima creata al solo fine di dotare un bene di caratteristiche intangibili
che lo renderanno, agli occhi dei consumatori, unico e insostituibile così come renderanno l’impresa
erogatrice monopolista rispetto alla classe del prodotto. Di contro, i sostenitori della teoria
dell’informazione, ritengono la pubblicità, una delle poche forze in grado di contrastare la
concentrazione di capitali favorendo l’instaurarsi della concorrenza. Gli studi successivi,
evidenzieranno come elementi di entrambe le teorie citate saranno utili per la comprensione dei
molteplici aspetti che avvolgono il mondo della pubblicità.
7
Cfr. Brasini S. - Tassinari F. - Tassinari G., Marketing e Pubblicità, il Mulino, Bologna 1993
8
Nelson 1970 e 1974, Erlich e Fisher 1982, Lambad 1986 in S. Brasini, F. Tassinari, G. Tassinari, Marketing e
Pubblicità, il Mulino, 1993. Friedrich Hayek 1949, Israel Kirzner 1973, George Stigler 1961 in C. Fabi - G. Marbach,
L’Efficacia della pubblicità, ISEDI, Torino 2000;
9
In questo caso, il costo può esplicitarsi, oltre che in forma monetaria, come “costo opportunità”, ossia quel costo che,
secondo gli studi dell’economia classica, rappresenta il valore del mancato godimento di altri beni, includendo in tale
universo anche il tempo.
10
Cfr. Fabi C. - Marbach G., L’Efficacia della pubblicità, ISEDI, Torino 2000;
7
1.2 La Pubblicità nel contesto aziendale
All’interno dell’impresa, la pubblicità rientra tra le politiche del marketing mix
11
, e precisamente
tra quelle di differenziazione. Il ruolo
12
svolto da questa, nell’ambito delle politiche aziendali, può
essere considerato rilevante sotto due aspetti:
il peso che essa è chiamata ad avere nell’ambito delle politiche di marketing;
il periodo di tempo a cui l’intervento pubblicitario è riferito.
È palese come, prendendo in considerazione i punti sopraccitati, il rilevamento dell’efficacia,
rivesta un ruolo fondamentale nelle scelte operative dell’azienda, in quanto eliminerebbe le
perplessità che spesso incidono sull’investire ingenti fondi in questa politica senza avere la
possibilità di monitorarne gli effetti. Questi ultimi però, non solo risultano essere importanti, per
l’azienda, dal punto di vista economico, che diciamo essere l’aspetto più ambito, ma hanno
rilevanza anche per quanto riguarda la stabilità e l’immagine che essa trasmette nel mercato in cui si
trova a competere, riferendoci in quest’ultimo caso all’importanza che ne acquisirebbe il marchio.
Dirigenti aziendali e pubblicitari ritengono che il 30% o addirittura il 50% dei loro investimenti
pubblicitari non vada a segno
13
. Aspetto, questo, che ha fatto si che la pubblicità perdesse
d’importanza rispetto ad un’altra componente del mix comunicazionale, ossia l’avanzare impetuoso
delle vendite promozionali.
Come nota Jones
14
, in un suo articolo
15
analizzando la decade compresa tra il 1983 ed il 1993, si
sono notati dei cambiamenti di atteggiamento dell’azienda; cambiamenti che hanno riguardato il
mondo della pubblicità, e dell’aspetto che essa ha assunto, per coloro che lavorano in codesto
campo. In tali osservazioni risulta interessante notare come il fattore tempo, sia stato determinante
per circoscrivere l’efficacia della pubblicità. Gli aspetti interessanti sono:
La perdita di favore della pubblicità a confronto con le promozioni alle vendite. La mancanza
infatti di sicurezza, nei confronti delle rilevazioni sull’efficacia della pubblicità, hanno portato, a
guardare le promozioni, come lo strumento chiave per ottenere un incremento a breve termine delle
vendite;
Considerare la pubblicità efficace solo nel lungo periodo, spostando quindi l’attenzione sugli
effetti che produce sull’immagine e sulla forza del marchio. Aspetto che attrae i professionisti della
pubblicità e gli industriali, prosegue l’Autore, in quanto rappresenta il prodotto finale e l’accumulo
di effetti che provengono da tutte le pubblicità passate, per un marchio. Conclusione che porta a
ritenere che la pubblicità conduca ad incrementare le vendite solo nel lungo periodo.
11
Per marketing mix s’intende quella combinazione delle variabili di marketing atte al raggiungimento degli obiettivi
aziendali. Queste variabili sono riassunte nelle note 4P: product (politiche di prodotto), price (politiche di prezzo) ,
promotion (politiche di differenziazione) e place (politiche di distribuzione). Per saperne di più, vedi: vol. 20 de
L’UNIVERSALE , La Grande Enciclopedia Telematica, Edizione Speciale per Il Giornale 2003, 2004, Garzanti Libri
S.p.A. , Milano
12
Cfr. Brioschi E. T., L’efficacia della comunicazione aziendale: un approccio per la sua misurazione, in
Comunicazioni Sociali, a cura della scuola di specializzazione in comunicazioni sociali dell’Università Cattolica di
Milano, Vita e Pensiero, Anno XVIII luglio-dicembre 1996, pp. 391-455
13
Cfr. Valdani E. - Costabile M. - Iacovone L., La valutazione degli effetti della comunicazione pubblicitaria:
un’indagine esplorativa, in AA.VV., Comunicazione e Pubblicità. Analisi economica e dinamiche competitive, a cura
di G. Lugli, EGEA S.p.A. , Milano 1993, pp. 143-175
14
John Philip Jones è professore in Advertising alla Newhouse School of Public Comunication alla Syracuse University
15
Cfr. Jones J. P., Does Advertising produce sales today or tomorrow?, in Comunicazioni Sociali, a cura della scuola di
specializzazione in comunicazioni sociali dell’Università Cattolica di Milano, Vita e Pensiero, Anno XVIII luglio-
dicembre 1996, pp. 591-602
8
Jones
16
prosegue enfatizzando sul fatto che non si possa generalizzare ponendo queste due
componenti del mix comunicazionale, ossia pubblicità e promozioni, come due forze indipendenti
che agiscono in tempi e modi differenti. Non si potrà, altrettanto dire, che l’una sia più efficace
dell’altra.
Tuttavia, resta il fatto che, l’osservare “l’ago delle vendite” spostarsi verso l’alto con l’inizio
delle attività promozionali, possa condurre le aziende a concentrarsi maggiormente verso questa
politica. Ancora, non c’è però da sottovalutare il ritorno alla posizione originaria dello stesso “ago”
al termine delle campagne promozionali. Sottolinea infatti l’Autore, come queste ultime abbiano, si,
generato vendite a breve termine, ma con prezzi penosi, in termini di profitti realizzato.
Altri studiosi, dal canto loro, attraverso l’analisi di indagini effettuate sugli stili di vita degli
italiani, hanno individuato uno scenario particolarmente articolato. Minoia
17
, definendo l’accezione
odierna della pubblicità, nota come si sia verificata una sorta di “scissione nel consumatore finale”.
Da un lato la pubblicità ha assunto la veste di attività sempre più finalizzata all’immateriale, diretta
quindi a suggerire un uso stilistico del bene facendo di quest’ultimo un simbolo che individua e
distingue la persona dalla massa; di contro, le promozioni, hanno assunto il ruolo di fidelizzare i
consumatori, avvicinandoli all’azienda attraverso il richiamo del risparmio. Definendo, infine, il
concetto ed il ruolo dell’efficacia della pubblicità, l’Autore citato, individua questa componente del
marketing mix, come la causa della perdita di potere delle marche nei confronti delle “non marche”
che, imponendosi con prezzi competitivi, erodono quote del mercato sempre maggiori senza
bisogno di investire in pubblicità
18
.
Broadbent
19
, ritiene riduttivo definire una marca solo in funzione dell’immagine pubblicitaria
precisando che la pubblicità è solo una delle tante fonti da cui la marca attinge valore. L’Autore
continua ponendo dei limiti nello circoscrivere le colpe delle perdite di quote di mercato, in quanto
come già precisato, la pubblicità è solo una delle componenti del marketing mix e come tale è solo
una delle leve che possono incidere positivamente o negativamente sulla posizione dell’azienda nel
mercato. La pubblicità, infatti è, si, artefice della costruzione di una marca
20
, ma solo dal momento
in cui la valorizza e ne risalta le qualità attraverso il processo di differenziazione. A spingere i
consumatori verso un prodotto, e a creare e mantenere le vendite, ci pensa l’effetto-marca
21
; la
pubblicità, in tale sede, è ritenuta una variabile influente nel creare tale effetto attraverso la
comunicazione con la quale instaura anche un rapporto di intermediazione tra chi realizza un
prodotto vincente qualitativamente e chi vorrebbe possedere tale prodotto.
16
Cfr. Jones J. P., Does Advertising produce sales today or tomorrow?, op. cit. pp. 591-602
17
Cfr. Minoia G., L’Efficacia della Pubblicità, in Comunicazioni Sociali, a cura della scuola di specializzazione in
comunicazioni sociali dell’Università Cattolica di Milano, Vita e Pensiero, a. XVIII luglio-dicembre 1996. pp. 703-709
18
L’Autore si riferisce, in questo caso, al fenomeno degli hard discount.
19
Cfr. Broadbent S., Competition and Branding, in Comunicazioni Sociali, a cura della scuola di specializzazione in
comunicazioni sociali dell’Università Cattolica di Milano, Vita e Pensiero, a. XVIII luglio-dicembre 1996. p. 727
20
Cfr. Broadbent S., Il Budget pubblicitario, ETAS libri, Milano 1990
21
Sotto l’appellativo di effetto-marca, l’Autore citato intende il complesso valori aggiunti che i consumatori ritengono
tanto importanti da condurli all’acquisto. Questi sono: l’uso precedente della marca, il genere di persone che utilizzano
la marca, la fiducia nell’efficacia della marca, l’aspetto esteriore della marca (responsabilità primaria del packaging).
9
1.3 Il problema dell’efficacia e le strategie comunicative
“Efficacia della Pubblicità (advertising effectiveness), valore che esprime il grado di
realizzazione degli obiettivi pubblicitari di una campagna di comunicazione, calcolato a posteriori
sugli effetti conseguiti da tale campagna. Il calcolo non è affatto semplice, poiché si tratta di
determinare il comportamento del target audience in risposta allo stimolo pubblicitario. Le difficoltà
aumentano in relazione al mezzo di comunicazione: più il canale è di massa (broadcast), più il
messaggio raggiunge un pubblico indistinto e maggiori quindi sono le difficoltà che emergono in
fase di verifica dell’efficacia della pubblicità”
22
.
Attraverso questa definizione, si può avere una visione globale di tutti gli aspetti da prendere in
considerazione per capire, come e quanto la pubblicità possa generare effetti positivi sull’impresa.
È risaputo che, attraverso la comunicazione pubblicitaria
23
, l’impresa persegua il fine di
influenzare opinioni, convinzioni, atteggiamenti, comportamenti del target per realizzare gli ampi
obiettivi aziendali. I motivi di fondo che riguardano la complessità nel valutare l’efficacia della
pubblicità, risiedono nel fatto che, all’interno del processo persuasivo, sono coinvolti una serie di
elementi, sia individuali che di contesto, facilmente plasmabili. È possibile ricondurre i principali
elementi di complessità ad alcune questioni chiave
24
:
y Quali sono i fattori strutturali che influiscono sull’efficacia? Essendo la pubblicità un mezzo
di comunicazione, è rilevante individuare, come elemento chiave, il processo comunicativo con cui
essa si esprime. Sotto questo punto di vista, la pubblicità agisce secondo lo schema classico
emittente – messaggio – ricevente che Lambin
25
, vede composto dai seguenti elementi:
a) Emittente o fonte o comunicatore (L’impresa);
b) La codifica (Processo con cui viene espresso il messaggio, attraverso simboli, segni e suoni,
in modo da renderlo comprensibile ed attraente per il pubblico. Questa fase è ottimizzata
dall’agenzia pubblicitaria);
c) Il canale, o mezzo, o medium (Il canale che veicolerà il messaggio);
d) La decodifica (Ciò che il consumatore traduce e percepisce);
e) I destinatari (Il target group a cui l’impresa si riferisce);
f) La risposta (Ossia le reazioni dei destinatari);
g) La retroazione o feed-back (Ossia la parte della risposta che l’emittente è in grado di
conoscere).
y Esiste omogeneità nella ricezione dello stimolo pubblicitario? Si ritiene che ogni messaggio,
incidendo ora sulla sfera emozionale, ora su quella razionale degli individui, esplichi i propri effetti
in modo diverso e perciò raggiunga risultati differenti tra i riceventi.
y Il concetto di efficacia è univoco? La pubblicità è una forza che può avere conseguenze di
varia natura sui destinatari, i concorrenti e sul mercato. Le variabili riconducibili al concetto di
efficacia sono, pertanto, molteplici ed eterogenee. Possono infatti ricondursi alla copertura ed alla
22
Cfr. Scott W. - G., Sebastiani R., Dizionario di Marketing, Il Sole 24 Ore, Milano 2001
23
Cfr. Pulli A. - Mattaci A. - Romagnoli S. - Cuomo G., I ruoli della pubblicità nella formazione e stabilizzazione delle
preferenze di marca, in Micro & Macro Marketing, a. XI, n. 3, dicembre 2002, pp. 429-443
24
Ibidem.
25
Cfr. Cozzi G. - Ferrero G., Marketing principi, metodi, tendenze evolutive , G. Giappichelli Editore, Torino 2000
10
frequenza dei contatti, alle vendite, all’impatto sui profitti, alle variabili emozionali suscitate, alla
formazione ed evoluzione dell’immagine di marca.
y Quali nessi sussistono fra l’efficacia della pubblicità ed il sistema d’impresa? Non è
possibile definire il concetto di efficacia se non in funzione dei più ampi obiettivi della
comunicazione, del ruolo che questi assumono nel complesso degli obiettivi della strategia di
marketing ed infine, del ruolo di quest’ultima nella strategia generale dell’impresa.
y Possono esistere politiche che rendono maggiormente difficile misurare l’efficacia della
pubblicità? Come già anticipato, la pubblicità è solo una delle leve che influiscono sul buon
andamento dell’impresa, pertanto bisognerebbe isolare le singole politiche e soppesare gli effetti
che ciascuna di esse genera.
y Quale ruolo gioca il fattore tempo? L’efficacia della pubblicità, è stato precedentemente
osservato, produce effetti sia nel breve che nel lungo periodo. Si potrebbero infatti verificare: effetti
ritardati, ossia un acquisto che si verifica dopo molto tempo che il messaggio è stato ricevuto;
effetti di holdover (effetti sospesi), ossia gli effetti che si verificano per lunghi periodi di tempo e su
più atti di acquisto; effetti dovuti alla ripetizione, che si verificano quando lo stesso target viene
raggiunto più volte dallo stesso messaggio.
Attraverso l’analisi di questi punti
26
, si comprende quali siano stati, in tutti questi anni, i dilemmi
di chi ha investito risorse nella ricerca di una risposta alla domanda chiave sull’efficacia della
pubblicità. Nell’ultimo decennio, in conseguenza soprattutto delle nuove condizioni ambientali in
cui ci si è trovati a competere
27
, gli studi si sono maggiormente concentrati sulla misurazione
dell’efficacia nel lungo periodo, valutando quindi gli effetti sulla marca e sugli asset particolari
dell’impresa.
Malgrado questa tendenza, l’importanza del fenomeno in questione si aggira sempre su due
elementi principali:
y La necessità di produrre profitti nel breve periodo, soprattutto per i loro effetti sul valore
dell’impresa e sul mercato finanziario;
y La difficoltà nel dimostrare il valore creato dalla comunicazione e dal, già citato, effetto-
marca nel lungo periodo.
Soffermandosi su quest’ultimo punto, è importante sottolineare come pubblicità significhi
comunicazione; pertanto, per poter generare efficacia, e trasformare la pubblicità in una fonte di
“ricchezza” per l’azienda, intendendo con tale termine gli elementi evidenziati precedentemente, ci
si deve concentrare nello studiare il consumatore e nello sviluppare campagne pubblicitarie in grado
di catturare l’approvazione del pubblico obiettivo. Seguire quindi le esigenze dei consumatori
diventa fondamentale per parlare agli utenti e trasmettere loro sensazioni ed impressioni positive.
La comunicazione
28
presuppone un contesto che chiarisca le intenzioni e i significati a cui i
simboli rimandano. Ciascun soggetto coinvolto nel processo comunicativo, mobilita le sue
26
Cfr. Pulli A. - Mattaci A. - Romagnoli S. - Cuomo G., I ruoli della pubblicità nella formazione e stabilizzazione delle
preferenze di marca, in Micro & Macro Marketing, a. XI, n. 3, dicembre 2002, pp. 429-443
27
Riguardo questo aspetto si rimanda a quanto accennato nel paragrafo precedente dove sono state riportate le
osservazioni del Prof. Minoia; vedi nota n. 17
28
Cfr. Pilloti - R. Rullani E., Forme di comunicazione e innovazione nei mercati complessi, in AA.VV., Comunicazione
e Pubblicità – Analisi economica e dinamiche competitive, a cura di G. Lugli, EGEA, Milano, 1993, pp. 75-107
11
esperienze e le capacità di interpretazione, che daranno, un significato ai segni inviati con la
comunicazione, solo se i soggetti interagenti condividono un contesto di esperienza e conoscenza.
La comunicazione odierna, si è svincolata dai vecchi cardini che la subordinavano alle prestazioni
materiali dei prodotti dove il contesto comunicativo tra produttore e utilizzatore era nettamente
“oggettivo”. Il linguaggio odierno si crea attraverso l’interazione dei soggetti coinvolti, creando una
struttura di relazione che perfeziona e rende “efficace e affidabile lo scambio simbolico e
l’interpretazione delle promesse, degli impegni, delle istruzioni, delle valutazioni che legano la
produzione di un bene o di un servizio al suo uso”.
La comunicazione tende pertanto ad organizzarsi secondo due distinti livelli:
y Il livello della metacomunicazione, ossia la comunicazione su cui comunicare, in cui
l’oggetto della comunicazione è la messa a punto di un codice comune ed affidabile (vale a dire
quel sistema di corrispondenza che associa segni e simboli ai significati) dalle parti coinvolte;
y il livello della comunicazione corrente, che si avvale del sistema costruito dalla
metacomunicazione per trasmettere i significati necessari alla produzione del valore.
Ciò su cui ci si deve concentrare, è sulla formazione di regole di comunicazione. Solo così la
comunicazione corrente assume una connotazione strategica, ossia finalizzata a creare rapporti e
significati di lungo periodo. Dal punto di vista del marketing, questo cambiamento è reso visibile
dall’allontanarsi della pubblicità, e delle tecniche di comunicazione in generale, dal prodotto fisico
e dalle relative prestazioni funzionali. Vengono proposte immagini sempre più vaghe, evocative,
che riguardano il vissuto e che sostituiscono il contesto funzionale delle prestazioni fisiche con un
contesto simbolico di partecipazione a situazioni vissute o immaginate. La trasmissione dei
sentimenti, il rispetto dell’ambiente riescono ampiamente a compensare i vecchi slogan che
facevano leva sulle caratteristiche fisiche dei prodotti o servizi, in quanto rappresentano ciò che
attualmente assume importanza per i consumatori.