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INTRODUZIONE
Lo scopo di questa tesi di laurea è di presentare il tema dell’autismo, con particolare
riferimento sull’utilizzo della Pet Therapy come metodo di intervento su questo tipo di
patologia.
Poiché l’autismo rimane tutt’ora una delle patologie più diffuse nella società, avere un
quadro il più possibile chiaro e dettagliato sulle sue dinamiche permetterebbe di
comprendere a pieno ciò che la caratterizza.
Leggendo questa tesi sarà infatti possibili notare come ogni forma di autismo sia diversa
dalle altre, con caratteristiche e comportamenti unici, con i quali è necessario comportarsi
in modo specifico. Spesso ci si dimentica che si sta trattando di persone “speciali”, le quali
hanno bisogno di essere trattate nel modo più consono, e non alla pari delle persone
comuni, pretendendo gli stessi risultati.
L’utilità nell’avere un quadro dettagliato della patologia, sta nel fatto che così facendo gli
interventi che posso essere messi in atto si baseranno su prove e conoscenze scientifiche, le
quali possono risultare efficaci soprattutto nel recupero sociale della persona.
È infatti dimostrato che una delle difficoltà tipiche dell’autismo si proprio quella relativa
alle relazioni sociali, un intervento mirato a quel tipo di autismo in quella specifica
situazione può essere decisivo nella lunga e sospirata integrazione della persona.
Ecco perché la tesi è stata sviluppata tenendo in considerazione anche l’utilizzo di tecniche
riabilitative con l’ausilio animale, le quali, mettendo in rapporto il paziente con uno
specifico animale (cane, gatto, cavallo, delfino), riescono a creare quel ponte relazionale
che via via potrà essere ampliato anche verso le persone.
L’approfondimento presentato in questa tesi è stato strutturato basandosi su riferimenti
prettamente teorici, in modo tale da proporre un documento che sia utile a fare conoscere la
tematica presa in considerazione. Inoltre anche la disposizione degli argomenti è stata
suddivisa in maniera progressiva per permettere una conoscenza inizialmente basilare e
successivamente sempre più specifica.
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Il lavoro è stato suddiviso in tre macro capitoli divisi poi in sottocapitoli specifici di un
determinato argomento.
Il primo capitolo permetterà di conoscere in maniera generale la sindrome dell’autismo,
andando a identificare le caratteristiche tipiche di tale patologia e le varie cause che
rendono possibile la sua comparsa.
Nel secondo capitolo ci si occuperà di elencare due tra le forme d’autismo più conosciute,
ovvero la sindrome di Asperger e la sindrome di Rett. Si entrerà dunque nello specifico di
queste due forme di disturbo dello spettro autistico andando a scoprire le diverse
caratteristiche che fanno si che quest’ultime siano sindromi assolutamente uniche. Infatti
sarà possibile osservare come pur parlando sempre di sindrome dello spettro autistico,
queste due patologie presentino particolari che le rendono totalmente diverse l’una
dall’altra, ma al contempo come a livello terapeutico riabilitativo, le possibili tecniche
siano le medesime.
Da qui ci si collegherà all’ultimo capitolo che sarà destinato alla presentazione della Pet
Therapy, uno strumento innovativo che con l’utilizzo degli animali è sempre più presente
in campo terapeutico e riabilitativo, con particolare riferimento all’avvicinamento e ai
benefici ottenuti dalla presenza di specifici animali, come il cavallo e il delfino, nella vita
di un soggetto autistico. Dimostrano anche che, attraverso due setting totalmente diversi tra
loro (un campo per l’equitazione e una piscina o il mare) possano essere particolari
essenziali per aiutare questi soggetti.
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CAPITOLO 1
L ’A UTIS M O
1.1 Inquadramento diagnostico
Il termine Autismo è di derivazione greca autos = se stesso e ism = stato, che significa
“Stato di chiusura in se stessi”.
L’alterazione del Sistema Nervoso Centrale provoca la comparsa della Sindrome clinica
comunemente etichettata come Autismo. Dalle ricerche odierne si è riscontrata la difficoltà
a livello comunicativo e di interazione reciproca presente negli individui affetti da questa
patologia, tutto ciò è causato dalle molteplici informazioni sociali ed emotive con cui essi
hanno a che fare (Cattelan L., 2010).
L’autismo si presenta come uno degli handicap peggiori, poiché la persona che ne è affetta,
pur mantenendo un aspetto fisico nella norma, risulta avere intaccate diverse funzioni
celebrali. Nonostante le nuove ricerche che alcuni professionisti stanno portando avanti,
negli Stati Uniti, per un ipotetica cura farmacologica, tutt’ora tale patologia rimane
incurabile e persistente nell’intero arco di vita del soggetto.
Recenti stime hanno dimostrato come l’autismo colpisca 1 persona su 1000, e come 2
persone su 1000 presentino alcuni sintomi caratteristici dello “spettro autistico”.
La comunità scientifica internazionale reputa l’autismo come un disturbo pervasivo dello
sviluppo, che si presenta non più tardi del terzo anno del soggetto, manifestando dei ritardi
su determinate aree:
Comunicazione
Interazione sociale
Immaginazione
È possibile inoltre che i soggetti presentino anche deficit a livello comportamentale
(Vivanti D., 2013).
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Trattando l’argomento dell’autismo, viene da pensare a soggetti freddi, distaccati e
inespressivi. Tutto ciò è assolutamente errato, poiché essendo uno dei disturbi più
complessi in ambito dello sviluppo, tale patologia è principalmente causata da una
predisposizione genetica che la rende un disturbo di tipo organico. A causarla sono
principalmente fattori di tipo ambientale, come problemi durante la gravidanza o durante il
parto. Le complicazioni che possono emergere durante questi periodi, in cui il bambino si
sta sviluppando possono presentare, successivamente al parto, un’anomalia nello sviluppo
del cervello che può provocare un ritardo dello sviluppo cognitivo che determinerà
mutamenti a livello comportamentale (Cottini L., Vivanti G., 2013).
Uno tra i primi studiosi a occuparsi di questo disturbo fu Kanner, nel 1943, il quale scrisse
un articolo intitolato “Autistic disturbance of affective contact” in cui dimostrava come
alcuni bambini affetti da autismo trovassero difficoltà nel relazionarsi con le persone,
problematica che invece non si presentava nelle relazioni con gli oggetti. Anche a livello
linguistico erano presenti complessità lessicali come l’ecolalia, un disturbo del linguaggio
che consiste nel ripetere involontariamente parole e frasi pronunciate da altre persone.
Intorno al 1950 si iniziò a credere che la comparsa del disturbo autistico fosse a causa di
un’incapacità genitoriale e di rapporti rigidi all’interno del nucleo famigliare. Venne così
coniato il termine “genitori frigorifero” (Pizzamiglio M.R., Piccardi L., Zotti A.).
Per svariati anni l’autismo fu affiancato alla schizofrenia, poiché le sue caratteristiche
potevano far pensare che esso fosse una prima manifestazione di tale disturbo. Colui che
sostenne tale teoria fu Bleuler, il quale nel 1911 utilizzo per la prima volta il termine
“autismo” per indicare un comportamento tendenzialmente chiuso e con difficoltà nel
relazionarsi con gli altri (Cattelan L. 2010).
Grazie a studi sempre più approfonditi dell’argomento con il tempo ci si convinse sempre
di più che l’autismo non fosse un sintomo della schizofrenia o una forma di psicosi
infantile, ma bensì un disturbo dello sviluppo neurologico che si presentava nella prima
infanzia. Oltre ad aver aperto nuove porte sulla conoscenza dello spettro autistico, questi
studi hanno contribuito a nuove conoscenze nel campo delle neuroscienze con particolare
interesse ai processi mentali. Grazie a ciò sono stati realizzati due tipi di programmi
educativi; uno specifico, che può essere utilizzato su tutti i tipi di autismo, e uno
individuale, ovvero progettato per essere il più possibile compatibile con il soggetto che vi
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si presenta, andando a lavorare sui suoi punti di forza e di debolezza (Pizzamiglio M.R.,
Piccardi L., Zitto A.)
Un gruppo di esperti del DSM-5 decise di formulare un nuovo ordinamento diagnostico,
modificando il termine “Disturbi pervasivi dello sviluppo” in “Disturbi dello spettro
autistico”. Il fatto che l’autismo rientri in uno “spettro” presuppone che la distribuzione
con cui un dato comportamento problematico si presenta varia a seconda del tempo e
dell’intensità della sua manifestazione. Ciò significa che all’interno di tale disturbo sono
presenti varie tipologie di soggetti con caratteristiche diverse a livello sociale e con
comportamenti ripetitivi o con interessi ristretti.
Trattando di “spettro autistico” è possibile individuare una vasta raccolta di sindromi,
come l’autismo infantile precoce, l’autismo infantile, l’autismo di Kanner, l’autismo ad
alto funzionamento, l’autismo atipico, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo e la
sindrome di Asperger.
1.2 Caratteristiche
L’autismo si può manifestare in modo molto differente, è appunto difficile che due soggetti
autistici presentino le stesse caratteristiche. I sintomi si presentano permanenti ma con una
possibile variabilità. È possibile infatti osservare dei miglioramenti nelle aree dello
sviluppo grazie all’utilizzo di interventi educativi mirati.
Svariati sono i sintomi che possono essere associati a questa patologia, tra queste le più
note sono:
Incapacità di interagire emozionalmente con gli altri
Danneggiamento a livello cognitivo che non permette al bambino di costruirsi delle
rappresentazioni mentali degli altri
Disturbo delle Funzioni Esecutive considerate necessarie per l’organizzazione ed
pianificazione dei comportamenti messi in atto per la risoluzione dei problemi
Possibili disfunzioni di alcune aree cerebrali (nucleo striato, ippocampo ecc.) che
causerebbe la rielaborazione, in maniera parziale, delle esperienze