Il dibattito dottrinale, le direttive della Commissione e la giurisprudenza
che ne sono derivati hanno avuto grande impatto sul riordino dei monopoli
nazionali e sulla ridefinizione del ruolo dello Stato nell’economia,
nonostante l’applicazione dell’art.86 sia rimasta di fatto circoscritta.
La “riscoperta” dell’art.86 ha dunque prodotto negli ultimi anni, al di là
della sua sporadica diretta applicazione, rilevanti effetti in tutti i monopoli
nazionali esistenti a livello comunitario, traghettando verso la concorrenza
ed il libero mercato settori prima esclusi o sottoposti a regimi di favore.
In considerazione della complessa articolazione dell’art.86 e dei problemi
di interpretazione sollevati dalle singole sue parti, si è ritenuto opportuno
svolgere l’analisi del contenuto normativo dell’articolo separatamente per i
tre paragrafi. Il presente lavoro ha dunque il seguente schema.
Il primo capitolo è dedicato alla presentazione generale dell’articolo. In
esso si evidenziano soprattutto le difficoltà interpretative che la dottrina e
la giurisprudenza hanno dovuto affrontare nel corso degli anni e le
questioni teoriche più rilevanti a cui, ancora oggi, non si è data risposta
definitiva.
Il secondo e il terzo capitolo affrontano più specificamente, alla luce della
dottrina e della giurisprudenza comunitaria, le problematiche sollevate in
relazione ai rapporti tra gli obblighi di integrazione e liberalizzazione posti
dal Trattato e l’autonomia degli Stati, nella attribuzione di esclusive ad
imprese pubbliche e private da un lato, e nella organizzazione dei servizi
pubblici dall’altro.
Il potere di intervento della Commissione, mediante decisioni e direttive, ai
fini del controllo della corretta applicazione delle prescrizioni dei primi due
paragrafi è oggetto della parte Quarta.
Infine si è ritenuto utile illustrare lo stato di avanzamento dei processi di
liberalizzazione di matrice comunitaria, avviati negli ultimi anni, in alcuni
importanti settori quali: telecomunicazioni, trasporti ed energia elettrica.
In quest’ultima parte non sono state, volutamente, inserite valutazioni di
carattere economico circa gli effetti della liberalizzazione negli Stati
membri. Si può tuttavia desumere dalle considerazioni riportate che la
Commissione europea ha contribuito in maniera determinante al processo
di “svecchiamento” dell’economia europea, divenuto oramai
improrogabile, imponendo un modello di sviluppo a lungo termine che ha
già iniziato a produrre sensibili vantaggi per tutti i membri della Comunità
Europea ma che stenta
Capitolo Primo
Le origini e gli scopi dell’art. 86
I.1. La ricostruzione postbellica e l’intervento degli Stati nella
gestione dei servizi di interesse economico generale
I
l progetto europeo, nella sua parte economica, mira attraverso
un progressiva integrazione delle economie dei Paesi
partecipanti, a creare uno spazio unico senza frontiere interne nel
quale siano assicurate libertà di circolazione di merci, capitali,
servizi e persone. Tutto ciò non solo per garantire una crescita
omogenea, sostenuta ed equilibrata in tutti gli Stati membri, ma
anche per creare condizioni di integrazione tali da prevenire i rischi
di nuovi conflitti tra i Paesi europei.
Queste “libertà” rappresentano i pilastri della costruzione europea e
non è difficile comprendere quanto possa essere stato arduo per gli
estensori del Trattato istitutivo delle Comunità europee costruire ex
novo un sistema di norme coerente e calibrato per superare
“armoniosamente” le barriere nazionali esistenti nei mercati.
Tutte le norme del Trattato sono il frutto di approfondite e
lungimiranti analisi e ancora oggi, a più di 40 anni di distanza,
1
stupiscono sia per flessibilità e contemporaneità sia per essere
riuscite a resistere e governare, certo con alti e bassi, le profonde
trasformazioni che la società e le economie europee hanno
attraversato nel secolo scorso. Naturalmente, modifiche e
integrazioni al Trattato si sono rese nel tempo opportune per
accompagnare questi cambiamenti, e per realizzare infine una più
compiuta integrazione a livello sovranazionale. Ma è rimasto
sostanzialmente immodificato il corpus di articoli che definisce le
libertà fondamentali e i principi antitrust, a garanzia della
realizzazione del Mercato unico.
Dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni
50 la ricostruzione in Europa ha proceduto a ritmi diversi in ogni
singolo Paese coinvolto. Le cospicue risorse finanziarie messe a
disposizione dagli Stati Uniti per il rilancio delle economie europee,
devastate dal conflitto, sono state investite in modo diverso da Stato
a Stato. In questa particolare fase storica i governi di molti Paesi
europei hanno scelto di intervenire nelle economie nazionali per
stabilire e dirigere direttamente una parte rilevante degli
investimenti da realizzare, sottraendoli alla gestione privata, con un
grado di partecipazione prima conosciuto solo in economia di
2
guerra. Le conseguenze di questa situazione si sono manifestate su
piani diversi e in tempi differenti.
I.2. Il miracolo economico e l’intervento crescente della economia
privata nella gestione dei servizi di pubblica utilità
Ai fini dell’analisi che svolgeremo in questo lavoro appare utile
distinguere alcuni periodi storico - economici riguardanti le
politiche economiche adottate dagli Stati membri e le loro
conseguenze per la concorrenza comunitaria. A tal fine si possono
individuare tre grandi momenti:
I.2.1 Il primo periodo:
Cominciato agli inizi degli anni 60 e prolungatosi più o meno fino
agli inizi degli anni 70, coincide con la ricostruzione economica
dell’Europa occidentale, ed in particolare dei primi 6 Paesi membri
della CEE (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e
Lussemburgo). Questo periodo è caratterizzato, come detto sopra,
da un crescente intervento dello Stato in molti settori economici di
rilevante interesse nazionale, come energia, trasporti,
3
telecomunicazioni, gas, acqua e grandi infrastrutture. In questa fase
i governi europei, spinti anche dalla crescita economica da poco
iniziata, si riservano, attraverso imponenti operazioni di
nazionalizzazione (ad esempio ENEL e SIP in Italia), i settori
economici più importanti.
L’intervento statale nell’economia ha avuto effetti positivi sul
progresso dei Paesi membri, ma insieme ha generato grandi
monopoli in settori cruciali dell’economia, concepiti e organizzati
non per operare in un contesto competitivo, ma per assolvere ad
obiettivi di sviluppo. Ciò ha permesso, per un certo lasso di tempo,
una decisa e sostenuta crescita e uno sviluppo più o meno
geograficamente omogeneo (a parte le regioni del Sud Europa,
come Grecia, Spagna e sud Italia). Basti pensare alla diffusione in
Italia della rete telefonica e di quella del gas, alla costruzione delle
reti ferroviarie e degli aeroporti o alla elettrificazione del territorio
nazionale.
In questo contesto, il nascente mercato comune europeo scontava
però restrizioni e carenze che nel lungo periodo si sarebbero rivelate
incompatibili con le finalità e gli scopi della Comunità Economica
Europea.
4
I.2.2 Il secondo periodo:
Il secondo periodo inizia negli anni 70 e finisce grossomodo nella
seconda metà degli anni 80. È il periodo della stabilizzazione
economica e della maggiore presenza del settore privato nella
grande economia. Comincia a farsi sentire la necessità di garantire
non solo la fornitura di certi servizi essenziali ma anche quella di
una maggiore qualità degli stessi, di una più ampia possibilità di
offerta e di un minore costo a carico degli utenti. È in questo
momento che viene avviata una profonda riflessione sullo stato di
attuazione del mercato europeo, anche per i settori sino ad allora
esclusi dalla concorrenza.
Tra i fattori scatenanti di questo ripensamento vi è la coscienza della
debolezza di una economia continentale compartimentata, e della
connessa debolezza politica sulla scena internazionale,
drammaticamente evidenziate dalle ripetute crisi petrolifere.
I monopoli nazionali iniziano ad essere valutati in maniera più
critica, anche se a livello comunitario in realtà non sono mai stati
visti in modo particolarmente favorevole. Illuminanti a tal proposito
5
i primi studi della Commissione europea o di alcuni “precursori”
1
apparsi agli inizi degli anni 70 e decisamente in controtendenza
rispetto agli orientamenti di altri osservatori dell’epoca
2
.
La spinta verso una progressiva apertura dei monopoli nazionali
alla concorrenza comunitaria rappresentava, dunque, una tappa
obbligata nel processo di integrazione europeo. Il periodo
transitorio, previsto dal Trattato, per il raggiungimento di alcuni
obiettivi comuni era scaduto (il 31/12/1969) ed era giunto il tempo
di verificare la possibilità di procedere verso integrazioni più spinte,
come quella monetaria, politica o militare.
L’attenzione di quegli anni si focalizzò, come mai era accaduto
prima, sugli strumenti offerti dal Trattato per superare gli assetti
monopolistici nei grandi settori di servizio pubblico, che avevano
assunto un ruolo cardine nella politica economica di molti Paesi
membri della CEE, con la conseguenza, forse non ricercata, di
1
Vedi la comunicazione (la prima all’interno della Commissione Europea) di Mattera
Ricigliano, A. “Moyen d’action prévus par le Traité pour la liberalisation des achats
des entreprises chargée d’un service public”, Commissione delle Comunità europee,
Bruxelles, 1970, di cui si parlerà più avanti.
Vedi anche Mattera Ricigliano, « I contratti semipubblici » in “La normativa C.E.E. in
tema di contratti di forniture della pubblica amministrazione e delle imprese
pubbliche”, Sedit, IV, 1973, pag.371-384
2
La Francia ad esempio per molto tempo rappresentò l’esponente più avverso ad ogni
forma di intromissione della Commissione europea nei suoi affari interni. Illuminante in
tal senso un articolo di Kovar, R. del 1996 intitolato “Droit communautaire et service
public: esprit d’orthodoxie ou pensée laïcisée“, RTDeur 32(2), apr-giu 1996, pagg.215-
242.
6
sottrarre al libero gioco della concorrenza una quota rilevante del
mercato dei servizi e delle attività connesse e di proteggere i mercati
nazionali dalla competitività di altre imprese comunitarie.
Si ricorda in merito che, con una lungimiranza che sorprende ancor
oggi, gli estensori del Trattato CEE, pur avendo deciso di non
intervenire nel dibattito sulla presenza dello Stato nell’economia
3
, e
quindi lasciando agli Stati membri la libertà di decidere in quali
settori intervenire con imprese pubbliche, avevano tuttavia inserito
nel Trattato norme finalizzate ad impedire una crescita abnorme dei
monopoli nazionali o il perpetrarsi di abusi derivanti dalla
posizione privilegiata detenuta o la violazione di alcuni principi
fondamentali in materia di concorrenza tra imprese.
Le norme ideate a tale scopo non sono state raggruppate insieme
nel Trattato ma, invece, efficacemente distribuite in precise aree di
competenza per assicurarne un raggio di azione più esteso e mirato.
Alcune infatti si trovano nella parte del Trattato
4
relativa alla libera
circolazione delle merci (articoli 23-31 del Trattato di Amsterdam),
altre in quella sulla libera prestazione dei servizi e sul diritto di
3
E l’art.295 (ex art.222) sul regime di proprietà degli Stati membri ne è testimonianza.
Tale articolo recita : “Il presente Trattato lascia del tutto impregiudicato il regime di
proprietà degli Stati membri”
4
D’ora in poi quando si farà riferimento al Trattato si intenderà il Trattato di
Amsterdam del 1997 con la nuova numerazione.
7
stabilimento (articoli 43-55), altre ancora nel Titolo relativo alle
regole sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato (articoli 81-89).
La riflessione che la Comunità, e soprattutto la Commissione,
intrapresero per verificare l’applicabilità dei principi ordinari di
concorrenza e la possibilità di smantellare gli ostacoli connessi con i
monopoli, si protrasse per più di un decennio dovendosi scontrare
con la ferma opposizione di molti Stati membri, assolutamente restii
a perdere il diretto controllo e la piena potestà su tali mercati e sulle
relative aziende. Per questa ragione, come si vedrà in seguito,
quando la Commissione fu chiamata a valutare la compatibilità
comunitaria di regimi monopolistici su mercati le cui caratteristiche
tecnico-economiche venivano trasformate dalla tecnologia
(televisione, telecomunicazioni), si trovò a “riscoprire” una norma
fino a quel momento rimasta pressoché lettera morta nel Trattato,
l’art. 86 (ex art. 90), norma “autonoma”, come si vedrà, capace di
stimolare importanti dinamiche di riforma.
8
I.2.3 Il terzo periodo:
Il terzo ed ultimo periodo fu caratterizzato da un lento ma netto
processo di apertura alla concorrenza di vasti settori prima esclusi.
A distanza di più di 10 anni questo processo è ancora in corso.
Gli strumenti a disposizione delle istituzioni comunitarie si
perfezionano in occasione di due importanti revisioni del Trattato,
quella del 1992 a Maastricht e del 1997 ad Amsterdam.
Il processo decisionale assume carattere più democratico con il
conferimento di maggiori poteri legislativi al Parlamento europeo. Il
mercato comune dimostra di poter reggere il confronto con quello
americano e mondiale.
Il grado di competizione raggiunto e i settori che in modi diversi
sono stati coinvolti da processi di privatizzazione e liberalizzazione
formeranno l’oggetto dell’ultimo capitolo del presente lavoro,
mentre l’analisi si focalizzerà, in questa parte, sulla struttura e il
contenuto dell’art. 86 (ex art. 90) del Trattato, che costituisce oggetto
del presente lavoro. Esso è stato al centro dell’attenzione della
Commissione e della Corte negli ultimi 10 anni, proprio in ragione
della sua capacità di assicurare una “prospettiva europea” al
processo di modernizzazione dei servizi pubblici emerso in questi
9
anni. Su di esso ha potuto far leva la Commissione per impedire la
violazione delle norme del Trattato da parte sia di imprese pubbliche
sia di imprese alle quali uno Stato membro concede diritti speciali o
esclusivi sia di imprese incaricate della gestione di servizi di interesse
economico generale e che, come si vedrà, permette alla Commissione
di vigilare e di intervenire in modo incisivo negli Stati membri
senza la necessità di ricorrere allo strumento legislativo di
competenza del Consiglio e del Parlamento Europeo.
I.3 Origini storiche e ratio dell’art. 86
L’art. 86 recita:
“ 1. Gli Stati membri non emanano ne mantengono, nei confronti delle
imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o
esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato,
specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi.
2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico
generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme
del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti
in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di
diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli
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scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi
della Comunità
3. La Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente
articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o
decisioni.”
Ad una prima lettura ci si rende subito conto che l’art. 86 (ex art. 90)
non è una norma per così dire “tradizionale”. La sua struttura
eterogenea, i suoi diversi destinatari e la particolare terminologia
adottata necessitano un inquadramento storico che ne spieghi le
origini e la ragion d’essere e in seguito una precisa indagine
letterale e logico-interpretativa.
La struttura dell’art. 86 (ex art. 90) si sviluppa su tre piani distinti e
verso tre soggetti differenti. Il primo paragrafo infatti si rivolge
esplicitamente agli Stati membri; il secondo paragrafo a determinate
imprese; il terzo alla Commissione.
Questa molteplicità di soggetti destinatari e l’evidente esistenza di
interrelazioni tra le varie parti dell’art. 86 ne ha reso
l’interpretazione difficoltosa e ha contribuito, come vedremo, alla
sua “ibernazione” fino all’inizio degli anni ‘80. Il contenuto
11
precettivo e la portata dell’articolo in esame sono state ampiamente
discusse in dottrina e sono tuttora oggetto di orientamenti
interpretativi non univoci.
Sul piano storico, non è difficile rintracciare le ragioni che hanno
suggerito agli estensori del Trattato l’opportunità di introdurre
questo articolo.
Al tempo della stesura del Trattato, nella seconda metà degli anni
50, la presenza dello Stato nelle attività economiche aveva caratteri
eterogenei ed asimmetrici nei diversi Paesi europei, ed era altresì
evidente come l’intervento pubblico avesse un ruolo chiave nelle
politiche economiche nazionali, per obiettivi volta a volta
differenziati. La preoccupazione degli autori del Trattato era
dunque quella di garantire piena effettività alle regole in esso
stabilite e quindi una equivalenza di trattamento a fattispecie
sostanzialmente analoghe, indipendentemente dal soggetto che, nei
diversi ordinamenti nazionali, le poneva in essere, e
indipendentemente dalla sua qualifica giuridica di diritto interno.
12