VII
Le analisi dell’ambiente, del settore e della concorrenza sono state svolte
principalmente nell’ambito della mia partecipazione al programma
“Progetti e Testimoni d’Impresa”, promosso dall’Università degli Studi di
Parma in collaborazione con i Giovani dell’Industria di Parma; i risultati di
tali analisi sono dunque il frutto di un project work realizzato in gruppo che
ha preso avvio nel mese di marzo 2004 e si è concluso nel mese di
settembre 2004.
Per approfondire l’analisi sui clienti, mi sono applicata nella
costruzione di due questionari; il primo è stato somministrato a un
campione di parrucchieri, ossia i clienti finali delle aziende oggetto dello
studio, mentre il secondo è rivolto ad un campione di donne italiane, clienti
di parrucchieri, per verificare, se esiste, un’ influenza sulle scelte dei
parrucchieri, e per sondare le loro abitudini circa la frequentazione dei
saloni, i loro criteri di scelta, etc.
Tali questionari sono risultati utili anche per sondare alcuni aspetti
delle aziende oggetto del panel considerato, quale, primo fra tutti, il grado
di conoscenza dei marchi proposti da parte del consumatore professionale e
del pubblico in genere, nonché il giudizio dato ai prodotti dal cliente finale.
Nel quarto capitolo, infine, dedicato alle conclusioni, viene
evidenziato il posizionamento di Davines S.p.A. rispetto ai competitors
considerati, grazie all’utilizzo di mappe percettive.
Purtroppo, non è stato possibile studiare a fondo i concorrenti di
Davines S.p.A. a causa delle difficoltà riscontrate nel reperimento delle
informazioni; in particolare, sarebbe stato di sicura utilità ed interesse
analizzare e riclassificare i bilanci societari per calcolare gli opportuni
indici, come esposto nel primo capitolo.
VIII
Ciò evidenzia la difficoltà che le aziende stesse riscontrano nello
studio dei propri competitors di riferimento e conferma il trade off tra
necessità di informazioni e costo delle stesse.
1
CAPITOLO 1
L’ANALISI DELLA CONCORRENZA
L’impresa, per definizione, è un sistema dinamico e aperto; essa deve operare
tenendo conto delle proprie risorse e competenze specifiche, ma rapportandole sempre
con l’ambiente che la circonda, con il contesto in cui opera, e, soprattutto, con le
imprese operanti nel medesimo mercato di riferimento.
E’ dunque necessario analizzare:
1. l’ambiente esterno e i fattori che possono influire sulle decisioni aziendali;
2. il settore in cui opera l’azienda;
3. le imprese concorrenti.
1.1 L’AMBIENTE DI MARKETING
Come già sottolineato, l’impresa deve costantemente operare mantenendo una
visione aperta verso l’esterno; in questo modo, essa potrà recepire i cambiamenti in atto
e adeguare tempestivamente il proprio comportamento. Dall’ambiente esterno, infatti,
provengono opportunità non ancora colte ma anche minacce che possono destabilizzare
l’impresa.
Risulta chiaro, dunque, come la capacità di anticipare gli eventi prima e meglio
dei concorrenti diventi un’arma competitiva fondamentale per l’impresa
contemporanea.
Si parla, a proposito, di ambiente di marketing:
“l’ambiente di marketing di un’impresa è costituito dai protagonisti e dalle forze
esterno all’impresa che ne influenzano la capacità di sviluppare e mantenere positivi i
rapporti con la clientela obiettivo”
1
.
È possibile distinguere tra microambiente e macroambiente:
1
P. Kotler, W.G. Scott, Marketing management (analisi,pianificazione, attuazione e controllo), ISEDI,
Prentice Hall International
2
ξ microambiente: è formato dall’impresa stessa e da tutti quegli attori in grado di
influenzare la sua capacità di servire il mercato;
si ricollega principalmente al mercato dei fattori produttivi e a quello dei
prodotti finiti;
ξ macroambiente: consiste nelle più ampie forza sociali che esercitano l’azione
sull’intero complesso di protagonisti del microambiente.
Figura 1: l’ambiente di marketing dell’impresa
2
1.1.1 I protagonisti del microambiente
ξ l’impresa: è il punto di riferimento; al suo interno, le varie funzioni aziendali
devono cooperare per mantenere una condotta unitaria;
ξ i fornitori: sono imprese e individui che forniscono all’impresa (e ai suoi
concorrenti) le risorse necessarie per la produzione di beni e servizi; i
responsabili di marketing devono tenere sotto controllo l’andamento dei prezzi
dei fattori rilevanti e le condizioni di approvvigionamento, mentre la funzione
acquisti deve pianificare gli acquisti al fine di contenere i costi dei fattori esterni;
2
da P. Kotler, W.G. Wscott, Marketing management (analisi,pianificazione, attuazione e controllo),
ISEDI, Prentice Hall International
Tecnologia
Ambiente economico
Ambiente demografico
Ambiente
fisico
Politica e
istituzioni
Ambiente
socio-
culturale
Fornitori impresa intermediari clienti
Concorrenti
Pubblico
3
ξ gli intermediari di marketing: sono rappresentati da intermediari di vendita,
imprese di spedizione e trasporto, imprese di servizi di marketing, intermediari
finanziari;
ξ i clienti: sono gli interlocutori principali dell’impresa, il riferimento ultimo di
ogni azione di marketing; possono essere raggruppati in una o più delle seguenti
classi di mercato:
o mercato del consumatore;
o mercato industriale;
o mercato del rivenditore;
o mercato della pubblica amministrazione;
o mercato internazionale;
3
ξ i concorrenti: sono le imprese che operano nel medesimo mercato dell’impresa e
con cui condividono, in linea di massima, gli stessi obiettivi; queste imprese
devono essere identificate ed analizzate per poter affrontare e contrastare le
azioni da loro intraprese volte alla conquista del cliente;
ξ il pubblico: “serie di settori o ambienti, costituiti da gruppi che hanno un
interesse o un’influenza, reale o potenziale, nei riguardi dell’impresa”
4
;gli
ambienti di maggiore interesse per l’impresa sono:
o ambiente finanziario;
o mezzi di informazione;
o Governo e Parlamento;
o gruppi e associazioni di cittadini;
o pubblico in generale;
o collaboratori dell’impresa.
3
P.Kotler, W.G. Scott, Marketing management (analisi, pianificazione, attuazione e controllo), ISEDI,
Prentice Hall International
4
P.Kotler, W.G. Scott, Marketing management (analisi, pianificazione, attuazione e controllo), ISEDI,
Prentice Hall International
4
1.1.2 Forze e tendenze del macroambiente
ξ l’ambiente demografico: in particolare, lo sviluppo demografico della
popolazione per la sua incidenza sui bisogni e sulle strutture del mercato;
ξ l’ambiente economico: è l’elemento che influisce sulle determinanti del potere
d’acquisto (reddito, prezzi, risparmio, disponibilità di credito);
ξ l’ambiente fisico: oggigiorno, il problema ambiente interessa non solo gruppi di
ambientalisti, ma anche Governi e Istituzioni; tocca anche le imprese che,
proprio dall’ambiente fisico, traggono fonti energetiche e materie prime;
ξ l’ambiente tecnologico: è la forza che più di ogni altra agisce sul futuro; le
imprese traggono nuove opportunità dalle innovazioni tecnologiche e al tempo
stesso ne sono la fonte;
ξ l’ambiente politico-istituzionale: la legislazione e gli organi di governo
influenzano e limitano le attività delle imprese al fine di proteggere il
consumatore, gli interessi generali della società e le imprese stesse dalle azioni
reciproche;
ξ l’ambiente culturale e sociale: l’impresa deve tenere conto delle credenze, dei
valori e delle norme che regolano il comportamento della società.
1.1.3 L’analisi SWOT
Le variabili ambientali fin qui proposte vengono analizzate nell’ambito della
cosiddetta “SWOT analysis”; questo metodo di analisi è alla base di ogni azione
strategica e evidenzia la situazione di partenza dell’azienda.
L’analisi SWOT è composta da un’analisi interna volta ad individuare forze e
debolezze, e da un’analisi dell’ambiente per la definizione di opportunità e minacce.
5
1.2 IL SETTORE
Dopo aver analizzato l’ambiente esterno nel suo complesso, l’analisi si concentra
su una parte dell’ambiente più “vicina” all’impresa: il settore:
“un settore industriale, o industria, è costituito dalle imprese che offrono al
mercato un prodotto o una classe di prodotti caratterizzati da un elevato grado di
sostituibilità”
5
.
Dal punto di vista teorico, dunque, la definizione dei confini settoriali potrebbe
essere effettuata misurando l’elasticità incrociata tra i prodotti dell’impresa considerata
e quelli delle altre imprese; tuttavia, si riscontrano numerosi problemi di misurazione
pratica.
Il settore può dunque essere considerato come “il luogo economico dato
dall’intersezione di tre dimensioni: prodotto, mercato e tecnologia, e dei seguenti fattori
di omogeneità:
ξ omogeneità nel tipo di bisogno soddisfatto dai prodotti;
ξ tecnologia utilizzata;
ξ materiali impiegati;
ξ struttura commerciale”
6
.
Il settore si compone quindi dalle sole imprese aventi in comune tutti e quattro i
fattori, mentre le imprese che presentano solo tre tipi di omogeneità possono essere
considerate imprese potenziali concorrenti.
Il metodo originario per l’analisi di settore fu messo a punto negli anni Trenta da
Edward S. Mason e successivamente sviluppato da altri studiosi; secondo tale modello,
denominato struttura-condotta-performance, i risultati delle imprese (performance)
dipendono dai comportamenti (condotta) dei venditori e degli acquirenti sotto il profilo
dei prezzi, delle attività promozionali, della ricerca e sviluppo, degli investimenti. I
comportamenti, a loro volta, sono determinati dalla struttura del settore al quale le
imprese appartengono, ossia numero e dimensioni dei venditori e degli acquirenti, grado
di differenziazione dei prodotti, presenza o meno di barriere all’entrata, struttura dei
costi e diffusione di processi di integrazione verticale.
5
P. Kotler, W.G. Scott, Marketing management (analisi, pianificazione, attuazione e controllo), ISEDI,
Prentice Hall International
6
E. Sabbadin, Economia e gestione delle imprese, un testo introduttivo, Santa Croce, 2003
6
In estrema sintesi, i fattori che determinano il settore sono i seguenti rappresentati
nella tabella 1.
Tabella 1: fattori che determinano il settore
STRUTTURA:
definita secondo i seguenti
parametri
CONDOTTA:
riguarda i seguenti aspetti
PERFORMANCE:
indicatori da considerare
Grado di concentrazione
delle imprese
Politiche di prezzo Utile netto sui mezzi propri
Livello/tipo di barriere
all’entrata
Politiche di prodotto
Incidenza degli utili sul
fatturato
Grado di differenziazione
dei prodotti
Politiche di promozione
delle vendite
Relativa stabilità della
produzione e
dell’occupazione
Grado di integrazione
verticale
Politiche di innovazione Efficienza della produzione
Grado di diversificazione
Grado di coordinamento
collusivo, di adattamento
reciproco, di interazione
Tasso di crescita del
prodotto nel tempo
Caratteristiche, evoluzione
ed elasticità della domanda
nel settore
Andamento della quota di
mercato delle esportazioni,
margini, prezzi, costi, etc.
7
Figura 2: un modello di analisi dei settori industriali
7
7
F.M. Scherer, Economia industriale, Edizioni Unicopoli, in P. Kotler, Marketing management, ISEDI,
Prentice Hall International
Condizioni di base
Offerta
Materie prime
Tecnologia
Sindacalizzazione
Deperibilità del prodotto
Valore/peso
Imprenditorialità
Politiche pubbliche
Domanda
Elasticità al prezzo
Sostituibilità dei prodotti
Tasso di crescita
Natura ciclica e stagionale
Modalità di acquisto
Tipo di
commercializzazione
Struttura del settore industriale
Numero di venditori e acquirenti
Differenziazione dei prodotti
Barriere all’entrata e alta mobilità
Struttura dei costi
Integrazione verticale
Grado di diversificazione produttiva delle singole imprese
Globalizzazione
Comportamenti delle imprese
Politica dei prezzi
Strategie dei prodotti e pubblicitarie
Ricerca e innovazione
Investimenti in capacità produttiva
Tattiche legali
Risultati
Efficienza economica e produttiva
Progresso tecnologico
Pieno impiego
Equità
8
Il modello struttura-condotta-performance costituisce la base di numerosi modelli
proposti per l’analisi di settore; Porter, agli inizi degli anni ’80, ha elaborato, proprio
partendo da questo paradigma, il modello delle cinque forze competitive.
Il grado di interesse che suscita un settore, valutato in base alla redditività media
prevista, dipende, secondo Porter, dall’interazione di cinque forze competitive:
ξ l’intensità della concorrenza delle imprese esistenti;
ξ la minaccia di nuovi entranti;
ξ la presenza di prodotti sostitutivi;
ξ il potere contrattuale degli acquirenti;
ξ il potere contrattuale dei fornitori.
Questi cinque fattori concorrenziali dimostrano come la concorrenza di un settore
vada ben oltre il comportamento delle singole imprese; la concorrenza, intesa in questo
senso più ampio, può essere definita “concorrenza allargata”.
Figura 3: il modello della concorrenza allargata
8
8
da M.E. Porter, La strategia competitiva, Tipografia Compositori, Bologna
Potere
contrattuale
dei fornitori
Potere
contrattuale
dei clienti
Minacce di nuove
entrate
Entrate potenziali
CONCORRENTI
Rivalità tra imprese
esistenti
Prodotti
sostitutivi
Clienti Fornitori
Minacce di prodotti o
servizi sostitutivi
9
L’intensità della concorrenza può manifestarsi in vari modi: battaglie sui prezzi,
lancio di nuovi prodotti, campagne pubblicitarie e quant’altro. Le modalità e l’intensità
della concorrenza non sono però uguali in tutti i settori; i principali fattori da
considerare sono:
ξ numero, dimensioni relative e potere di mercato dei concorrenti;
ξ tassi di crescita della domanda;
ξ livello dei costi fissi;
ξ grado di differenziazione dei prodotti;
ξ livello delle economie di scala;
ξ modalità di crescita della capacità produttiva;
ξ presenza o meno di barriere all’uscita.
La minaccia di nuovi entranti in un settore dipende, invece, dalle barriere
all’entrata e dalle reazioni dei concorrenti attuali; se le barriere sono elevate e/o i nuovi
arrivati si devono attendere reazioni decise da parte delle imprese già operanti da tempo,
la minaccia è limitata.
Le possibili barriere presenti all’entrata di un settore possono essere suddivise in
sei categorie principali:
ξ economie di scala;
ξ differenziazione di prodotto;
ξ fabbisogno di capitali;
ξ costi di riconversione;
ξ accesso ai canali di distribuzione;
ξ svantaggi di costo indipendenti dal valore di produzione;
ξ politica pubblica.
La minaccia di prodotti sostitutivi limita i potenziali profitti di un settore,
ponendo un limite ai prezzi che le imprese possono stabilire; in particolare, meritano
particolare attenzione quei prodotti che, in prospettiva, possono migliorare il loro
rapporto prezzo-qualità nei confronti del prodotto del settore, nonché quei prodotti
provenienti da settori che consentono grandi profitti.
10
Il potere contrattuale degli acquirenti risulta elevato quando:
ξ il prodotto è standardizzato e/o indifferenziato;
ξ il prodotto non rappresenta per il cliente un componente critico;
ξ i clienti sono poco numerosi e assorbono una quota elevata del fatturato
del fornitore;
ξ esistono molti possibili fornitori e/o validi prodotti sostitutivi;
ξ i costi di riconversione della clientela sono bassi;
ξ il prodotto o servizio incide in modo considerevole sui costi del
compratore;
ξ i clienti hanno la possibilità di integrarsi a monte, producendo
autonomamente il prodotto/servizio in questione;
ξ i clienti dispongono di informazioni dettagliate sulla struttura dei costi del
fornitore.
Il potere contrattuale dei fornitori si esprime come una minaccia di aumenti di
prezzo o riduzioni della quantità di prodotti o servizi; i fattori che contribuiscono ad
innalzare il potere contrattuale di questi attori sono, anche se in senso opposto, gli stesso
enunciati per gli acquirenti:
ξ i fornitori sono poco numerosi e di grandi dimensioni;
ξ non esistono prodotti sostitutivi;
ξ i clienti non assorbono una quota importante delle vendite dei fornitori;
ξ il prodotto fornito è differenziato e rappresenta per il cliente un
componente critico;
ξ il clienti presentano costi di riconversione;
ξ i fornitori minacciano di integrarsi a valle.
11
1.2.1 I limiti del modello delle cinque forze competitive
Lo schema proposto da Porter non è, però rimasto indenne da critiche; gli
economisti, infatti, criticano i suoi fondamenti teorici. Secondo questi ultimi, infatti, le
relazioni aziendali non sono sempre caratterizzata da un’aspra competizione;
esistono, nella realtà, casi di relazioni caratterizzate da stima e fiducia tra imprese.
Il modello della concorrenza allargata risulta limitativo anche per via della sua
natura statica, poiché considera la struttura di un settore come stabile e determinata
dall’esterno; la concorrenza all’interno di un settore, al contrario, è un processo
dinamico in grado di modificare la struttura stessa del settore.
Joseph Schumpeter è stato il primo a riconoscere e analizzare le interazioni
dinamiche che intercorrono tra la concorrenza e la struttura del settore; la questione da
lui sollevata riguarda la possibilità di utilizzare l’attuale struttura del settore come
rappresentazione efficace dei suoi risultati futuri e della natura della concorrenza. Tanto
maggiore è la velocità del cambiamento strutturale del settore (determinato da
innovazioni tecnologiche, nuovi entranti in grado di indebolire il potere di mercato delle
imprese dominanti, etc.), quanto di poco valore sarà l’utilizzo della struttura del settore
come base per l’analisi della concorrenza.
Dall’idea di Schumpeter sulla concorrenza come “distruzione creatrice” è nato i
concetto di ipercompetizione formulato da Rich D’Aveni:
“l’ipercompetizione è un ambiente caratterizzato da azioni competitive intense e
veloci, in cui i concorrenti devono muoversi rapidamente per costruire i propri vantaggi
e per intaccare quelli degli avversari; questa situazione accelera le interazioni
strategiche dinamiche tra i concorrenti. Il comportamento ipercompetitivo è il processo
che vede una continua produzione di nuovi vantaggi competitivi e la distruzione,
l’obsolescenza o la neutralizzazione di quelli degli avversari, creando perciò uno
squilibrio, distruggendo la concorrenza perfetta e stravolgendo lo status quo del
mercato”.
9
Tra le alternative al modello di Porter ricordiamo anche la Resource Based View
e la Competence Based Competition.
9
R.M. Grant, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, concetti tecniche,applicazioni,Il Mulino-
tratto da R.D’Aveni, Hypercompetition: Managing the dynamics of strategic maneuvering, New York,
Free Press, 1994
12
Il primo modello (RBV) si basa sulle teorie economiche evolutive, le quali, a loro
volta, si fondano sui principi della varietà tra imprese come motore dello sviluppo
economico, della competizione tra imprese come corrispondente della selezione naturale
tra gli organismi viventi, dell’apprendimento come capacità di organizzazione
dell’impresa e del learning by doing. Secondo questo modello teorico, infatti, le risorse
e le competenze di un’impresa costituiscono le principali fonti del vantaggio
competitivo; tra le risorse si considerano quelle di tipo finanziario, fisico, umano,
tecnologico, di reputazione ed organizzative, mentre le competenze vengono definite
come la capacità di gestire e sfruttare le risorse possedute. Le risorse, però, assumono
valore strategico solo se sono rare, non perfettamente imitabili e non perfettamente
sostituibili. Il modello della Competence Based Competition si sviluppa partendo dal
precedente, accentuandone alcuni aspetti, quali l’intenzionalità, l’atteggiamento
anticipativi e l’individuazione a priori di competenze distintive; l’impresa diventa così
un portafoglio di competenze, in cui la competitività si basa sulla creazione e sullo
sviluppo di competenze e non sui prodotti offerti al mercato.
1.2.2 I raggruppamenti strategici
L’analisi approfondita delle caratteristiche e delle strategie delle aziende presenti
in un settore consente in genere di individuare alcuni gruppi di imprese che presentano
connotati simili.
Le principali dimensioni fra le quali scegliere per l’analisi dei gruppi strategici
sono le seguenti:
ξ grado di specializzazione delle imprese;
ξ grado di affermazione della marca;
ξ canali distributivi prescelti;
ξ qualità del prodotto/servizio;
ξ livello tecnologico;
ξ grado di integrazione verticale;
ξ politica dei prezzi;
ξ legami con altre imprese o enti pubblici.