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Sul piano pratico però l’attuazione delle nuove pratiche di comunicazione non comporta
una mera istituzione di uffici o l’inserimento di nuove procedure: occorre
sostanzialmente attivare relazioni di interscambio informativo sia all’interno che
all’esterno della Pubblica Amministrazione, aprire “finestre” in grado di mettere in
comunicazione l’apparato statale con i cittadini e ristrutturare i ruoli dei soggetti
interessati al fine di eliminare le difficoltà di accesso e partecipazione ereditate dal
passato. La partecipazione alla gestione della cosa pubblica è sinonimo di democrazia in
quanto “[…] conduce al superamento delle strettoie dell’incomunicabilità e del
reciproco sospetto tra cittadini e istituzioni e all’affermazione di un rapporto dialettico e
arricchente tra cittadino e Stato. Il primo, in quanto titolare di diritti e doveri, si realizza
con le sue aspettative e il suo modo di essere nello Stato e quest’ultimo, dal conto
suo.”
1
. La comunicazione pubblica, prese le distanze dalle organizzazioni
d’informazioni piramidali figlie di altri tempi, promuove e rende possibile una
consistente interattività tra cittadini e amministrazioni, facendo leva su un complesso
apparato tecnologico adatto alle esigenze di condivisione e diffusione delle risorse
tipiche del processo di modernizzazione. La diffusione dei mezzi di comunicazione di
massa, soprattutto alla luce dell’evoluzione delle tecnologie informatiche, crea uno
scenario complesso, una sorta di arena pubblica dentro la quale si affronta la moltitudine
di attori chiamati in causa da tutti gli aspetti della gestione dello Stato. La
comunicazione si attua trasversalmente in tutte le dimensioni che si vengono a creare,
rendendo difficilmente gestibile il processo di creazione e valorizzazione dell’immagine
e della percezione dei valori. All’interno di questo complesso meccanismo di
definizione di ruoli ed immagini la Pubblica Amministrazione deve creare un ponte tra
la “cittadinanza” e le proprie dinamiche interne, fondando tale contatto su elementi di
flessibilità, dinamismo, trasparenza e informazione. Il lavoro svolto offre una vasta
visuale del processo di modernizzazione della Pubblica Amministrazione in quanto,
oltre ad analizzare la questione da un punto di vista pratico e descrittivo, fornisce
un’approfondita analisi della crescita delle tendenze innovatrici delle amministrazioni
seguendone le tracce sia nell’articolato percorso normativo ia nella coscienza comune
dei cittadini.
1
R. Razzante, Giornalismo e comunicazione pubblica – Normative e organizzazione, FrancoAngeli,
Milano, 2000
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Capitolo I
1. Modelli teorici, fasi e tendenze pratiche nello scenario della
Pubblica Amministrazione
1.1. Comunicazione: una difficile definizione
Il termine “comunicazione” concettualmente rappresenta lo scambio di informazioni tra
sistemi per mezzo di segni di vario genere, in particolare tra esseri viventi. La
caratteristica fondamentale dello scambio di informazioni tra sistemi risiede nella
capacità di comprendere ciò che viene comunicato. Per mezzo del linguaggio, della
scrittura, dei gesti, delle immagini, dei segnali elettrici, la comunicazione permea la
quotidianità non solo passivamente, veicolando il flusso di informazioni, ma anche
attivamente, organizzando e strutturando il processo comunicativo e il “gioco” delle
parti.
Tale termine viene utilizzato in una vasta gamma di contesti differenti, occupando un
ruolo cardine nell’ambito della passata e presente realtà sociologica e psicologica,
abbracciando l’avanguardia dell’informatica nel contesto della teoria dell’informazione.
In un primo approccio, teso a ritagliare una precisa definizione della comunicazione,
viene spontaneo interrogarsi sulla possibile realtà degli agenti. Nonostante siano esseri
viventi in senso generale, senza dubbio, gli artefici e attori principali di una realtà
comunicativa, l’attuale discussione teorica prende in considerazione l’ipotesi di inserire
tra le realtà di comunicazione un’eventuale interazione tra macchine, riassumendo il
tutto in un dibattito teso ad individuare se l’essenza principale di un atto comunicativo
sia la coscienza.
In ogni caso, il concetto di comunicazione presuppone inevitabilmente un substrato di
cooperazione ed interazione tra agenti.
Nel momento in cui l’atto comunicativo perdesse la sua valenza bidirezionale,
muovendosi da un agente all’altro (o agli altri) senza alcun feedback, si tratterebbe di
una mera trasmissione di informazioni.
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In un coinvolgimento cosciente tra esseri umani la comunicazione avviene su un duplice
livello: mentre si stabilisce una realtà di cooperazione, al contempo si costruisce (cum-
munire) un universo di riferimento proprio dell’atto comunicativo, dei suoi attori e del
contesto specifico.
Una “buona comunicazione” si basa sugli strumenti concettuali disponibili in tale
universo, il quale, costituendo un punto di contatto tra due o più realtà differenti, veicola
e struttura la comunicazione stessa.
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1.2. La comunicazione polivalente
A livello pratico, la comunicazione, è una “tecnica fatta di esperienza e di
professionalità, che si rivela ancor più delicata quando concerne le pubbliche istituzioni
le quali, dovendo coniugare il loro ruolo politico con quello amministrativo, non
possono rinunciare a quelli che sono i canoni basilari della deontologia dell’esercizio
delle pubbliche funzioni.”.
2
Nelle dinamiche dei doveri di informazione, trasparenza e accessibilità, si relazionano
gli oneri costituzionali di riservatezza ed imparzialità.
Per sua natura, la Pubblica Amministrazione, non deve compiere alcuna opera di
persuasione nei confronti dei cittadini, bensì deve essere in grado di aumentare la
possibilità di partecipazione alla res publica, deve rendere maggiormente comprensibile
le decisione assunte ai piani alti della politica locale e non, deve costituire una realtà
sociale della comunicazione creando un ponte tra i singoli cittadini e la realtà della
Pubblica Amministrazione, o meglio, un universo di riferimento attraverso il quale i
cittadini possono relazionarsi anche interattivamente, ovvero partecipare, alle strutture
di pubblica utilità e, al contempo, offrire alla Pubblica Amministrazione stessa un
patrimonio informativo consistente nel continuo feedback, nella retroazione, di ciascun
cittadino-cliente.
Si segue, quindi, una strada piuttosto diversa da quella percorsa fino agli anni Novanta,
in cui “ha prevalso l’idea di una Pubblica Amministrazione orientata più al <<fare>>
che al <<farsi>> conoscere, con il rischio di risultare spesso autoreferenziale e chiusa in
se stessa”,
3
Un’inversione di rotta cosi radicale attribuisce alla comunicazione un valore strutturale,
assumendosi l’onere di tessere e gestire una nuova rete di rapporti basata su un concetto
di fidelizzazione del cittadino mediante la conoscenza, la visibilità e la partecipazione.
Sulla base di quanto detto si possono individuare tre tipologie di comunicazione
utilizzate dalle istituzioni pubbliche: istituzionale, politica e sociale.
La comunicazione definita “istituzionale” tende ad esternare, regolare ed organizzare le
attività delle istituzioni pubbliche, ad applicare norme e regolare giuridicamente i
rapporti fra soggetti membri dell’ordinamento, ad informare i cittadini sulle modalità di
2
Ass. Ita. Com. Pubblica, La comunicazione pubblica nel concetto di innovazione
3
P. Musumeci, op. citataleg
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funzionamento degli uffici e delle funzioni. L’obiettivo fondamentale della
comunicazione istituzionale consiste nel “far conoscere l’identità dell’istituzione in
regola con i principi, sanciti dalla legge n. 241 del 1990, di trasparenza, pubblicità ed
informazione.
Su altre problematiche è incentrata la “comunicazione politica”, provenendo
indistintamente da istituzioni pubbliche o entità politiche, avendo come oggetto
tematiche varie di interesse generale volte a chiarire posizioni contrastanti. Infine la
“comunicazione sociale” è finalizzata alla promozione della risoluzione di
problematiche di interesse generale, strumento mediante il quale le pubbliche
amministrazioni mobilitano le risorse necessarie per ottenere i risultati ambiti.
L’interrelazione fra le tre tipologie di informazione caratterizzate, come detto, dalla
funzionalità attribuita, costituiscono l’apparato comunicativo di “un soggetto a lungo
creduto capace di esprimersi solo simbolicamente: lo Stato”.
4
4
S. Rolando, Un paese spiegabile, Etas Libri, Milano, 1998
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1.3. Una continua evoluzione
L’evoluzione del ruolo della comunicazione pubblica nelle contemporanee società
europee ed in particolare in quella italiana, è da analizzare in stretta relazione al
modificarsi dei compiti delle pubbliche amministrazioni. Il complesso processo di
istituzionalizzazione del potere, che si conclude nell’effettiva formazione degli Stati
moderni, è alla base dell’analisi del rapporto tra potere centrale e comunicazione. Nel
definire tale potere, Max Weber mette in luce la dinamica a gerarchia e la disposizione
mentale all’obbedienza: dal concetto di potere risale quindi al “gruppo di potere”,
immaginando una relazione fra individui costituenti una collettività. In Economia e
società, Weber scrive: “gruppo di potere si ha quando si forma una collettività i cui
membri sono sottoposti, in virtù di un ordinamento, a relazioni di potere”. L’obbedienza
quindi è strettamente legata alla presenza di un ordinamento giuridico, non solo
caratterizzato da elementi di dovere, ma anche ricco di altrettanti diritti. La
denominazione di “gruppo di potere” cambia in “gruppo politico” nel caso in cui “la sua
sussistenza e la validità dei suoi ordinamenti, entro un dato territorio, vengono garantite
continuativamente mediante l’impiego e la minaccia di una coercizione fisica da parte
dell’apparato amministrativo”. Entrano in gioco, quindi, l’elemento del territorio,
dell’apparato amministrativo e della coercizione, i quali ci permettono di distinguere
uno Stato da un altro tipo di organizzazione di potere. Weber chiarisce il concetto di
Stato scrivendo: “per Stato si deve intendere un’impresa istituzionale di carattere
politico in cui e nella misura in cui l’apparato amministrativo avanza con successo una
pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima in vista dell’attuazione degli
ordinamenti”. Vengono introdotti, quindi, i concetti di impresa, in qualità di un “agire
continuativo di specie particolare diretto ad uno scopo”, e di “istituzione”, “un gruppo
sociale i cui ordinamenti sono imposti con successo ad ogni agire che rivesta
determinate caratteristiche”, ciò significa quindi che un gruppo sociale è istituzionale
solo nel momento in cui i membri non ne fanno parte a seconda volontariamente,
mentre si contrappone a tale concetto l’idea di “unione”, che si riferisce ad individui che
scelgono in base alla propria volontà di fare o meno parte di un gruppo. Fino agli inizi
del Novecento lo Stato, in accordo con il concetto appena espresso di “istituzione”,
vantava essenzialmente funzioni di ordine sociale.