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CAPITOLO I
Il ritratto in Europa
1.1 Breve excursus sulla storia del ritratto, dalla Preistoria al Novecento. Un
viaggio dalla nascita dell’arte figurativa all’arte contemporanea.
Il ruolo del ritratto, nella storia dell’arte figurativa, è sempre
stato controverso.
Nella Preistoria, manifestava soprattutto, tramite manufatti e
raffigurazioni schematiche, la volontà di ricostruire le
personalità dei defunti.
1
Ciò, ha fatto sì che il ritratto si
legasse a concetti negativi, aderenti alla morte, ad eventi
funesti, a riti magici e alla superstizione.
2
In tale
concezione, apparve un altro tipo di ritratto, dalle
caratteristiche diaboliche, in senso modernamente
“hoffmaniano”, secondo una lettura critica applicabile a
molta arte tribale che non si è molto discostata dalle
credenze e dai riti delle civiltà degli albori umani.
3
La rappresentazione fisiognomica si evitò anche nell’antico
Egitto
4
, perchØ giudicata troppo realistica, inadatta ai
faraoni e alla casta nobile, ma considerata piø adeguata alle
sole classi inferiori della società.
1
Bastide 1990, p. 285
2
Ibidem p. 286
3
Fossi 1996, p.5
4
Argan 1997, p.18
4
Attraverso la pittura egizia, si può intravedere la nascita e
l’affermazione del ritratto tipologico, in cui era
rappresentato ciò che di ideale appariva nel soggetto e che
doveva esser posto in risalto.
Al contrario, nella realizzazione delle maschere funerarie si
otteneva maggior realismo, ma fatta eccezione per un breve
periodo, il ritratto tipologico rimase caratteristico dell’arte
egizia.
In tutto Medio Oriente, come nella terra dei faraoni,
prevalsero le concezioni di ritratto intenzionale e tipologico.
Tuttavia, la ritrattistica scultorea, si avvalse, in queste zone,
di una libertà ideologica maggiore, che rappresentava una
cifra stilistica e culturale della civiltà e della società
medesime.
5
Successivamente, questa autonomia espressiva
scomparve, per tornare alla schematicità del ritratto
tipologico.
Intorno al V secolo a.C., la civiltà greca, sperimentò una
nuova tipologia, il ritratto numismatico, frutto dell’avvento
della produzione monetaria. I Greci, applicarono, inoltre, la
fisiognomica e le sue molte potenzialità, alla raffigurazione
umana, sia nello spazio pittorico, che in scultura.
Il realismo trovò spazio anche nell’arte religiosa, attraverso
sculture che dovevano riprodurre il dedicatario delle offerte
sacre, ma si trattava, dunque, di immagini valide per tutti, in
quanto impersonali e simboliche, seppur dalla forte valenza
anatomica.
5
Ritratto 2005, p. 1051
5
In Grecia, iniziò ad affiorare il concetto di raffigurazione
individuale come oggetto d’arte, insieme con
un’attenuazione del rapporto magico tra immagine e
soggetto rappresentato. Ciò è apparso chiaro da alcune
iscrizioni, ritrovate su steli funerarie, dove, dalla semplice
nomenclatura degli effigiati, o da loro citazioni, si passò ad
aggiungere anche i nomi degli artisti.
Nonostante tutto, nell’antica Grecia esisteva una sorta di
veto morale che impediva l’esposizione di ritratti privati in
pubblico, proibizione legata al forte sentimento collettivo
delle poleis, che considerava l’arte come manifestazione
pubblica. Fidia, il genio della scultura greca antica, fu
addirittura criticato per aver inserito il proprio autoritratto
nei fregi del Partenone.
L’epoca Ellenica, mutò le condizioni sociali e culturali della
Grecia, ed ogni reticenza verso la resa fisiognomica fu
superata. L’artista Lisippo, fu iniziatore della tradizione del
ritratto fisiognomico che, oltre a rendere le fattezze reali del
soggetto, andava ad indagarne lo spirito.
Una tipologia di ritratto ideale, si continuò ad utilizzare
soltanto nella statuaria ufficiale e nella numismatica, al fine
di esprimere magnificenza e virtø.
In Italia, presso gli Etruschi, si rivelava sufficiente scolpire
solo la testa ed il busto, atti ad esprimere la personalità di un
soggetto e l’intera individualità, a differenza di quanto
accadeva in Grecia, dove i soggetti erano scolpiti a figura
intera.
6
L’importanza che gli Etruschi diedero alla rappresentazione
della testa e del volto, ebbe fortissima risonanza sulla
cultura e sull’arte romana, ma, soprattutto, aprì la strada
all’espressione ritrattistica ed allo studio applicato alla resa
fisiognomica. Tuttavia, ci si muoveva ancora in un ambito
che era quello del verosimile e dell’ idealizzazione.
L’arte romana
6
, è stata il campo privilegiato della
ritrattistica scultorea e sviluppò l’ormai ampio bagaglio
artistico precedente, da cui attinse.
Nacquero due diverse tipologie, il ritratto onorario pubblico
ed il ritratto privato, legato per lo piø al culto degli avi.
7
L’idea del ritratto come forma di permanenza è ciò che ha
sempre dato maggior fascino a questo genere. E’un topos
antico quello del ritratto che dona immortalità, ed era già
presente in Plinio, Marziale e Cicerone, ripreso tal quale nel
Rinascimento, parallelamente a quello della capacità,
intrinseca, di scatenare emotività.
Il I sec a.C., si differenziò per una forte individualizzazione
dei soggetti, connessa ad una esaltazione della classe
patrizia, in opposizione alla plebe. La resa formale divenne
minuziosamente realistica, anche se si trattò di un momento
artistico che si dissolse al mutare delle condizioni storiche.
8
L’epoca di Augusto, si differenziò per l’uso di un algido
classicismo, che dava forma a ritratti sobri e idealizzati,
come sospesi rispetto alla quotidianità.
6
Bianchi Bandinelli 1984, p. 248
7
Destro 2002, p. 8
8
Ritratto 2005, p. 1053
7
Al contempo, si ebbe una fusione delle due tipologie di
ritratto pubblico e privato.
9
In tutta l’epoca romana si assistette ad una altalenanza tra
fusione e divisione delle tipologie ritrattistiche. Intorno al
III sec d.C, invece, la scultura virò verso una schematicità
ed una stereometria che coinvolsero anche il ritratto.
10
Inoltre l’età greco-romana, è stata disseminata di poesie che
raccoglievano annotazioni sul ritratto, illustrandone così,
l’ambito culturale in cui si era sviluppato
11
.
Non mancarono, a tal proposito, curiosi aneddoti, ripresi in
toto dai trattatisti del Quattro e Cinquecento, come quello su
Alessandro Magno, il pittore Apelle e la favorita Campaspe,
o quelli relativi all’artista Zeusi, riportati da Plinio il
Vecchio in Naturalis historia.
12
Terminata l’epoca classica, il dualismo tra le tipologie di
ritratto tornò piø forte di prima, contrapponendo un tipo di
ritratto aristocratico ed intellettuale ad un ritratto
espressivo e volgare, plebeo.
13
L’inizio dell’epoca tardo antica, si aprì con questi
cambiamenti, dovuti sia all'estrazione plebea e provinciale
della nuova aristocrazia romana, imperatori compresi, sia
alle tendenze religiose dell'epoca, che influenzarono la
rappresentazione regale, fissando in una vacua ieraticità
l'essenza sacrale della carica istituzionale e sociale.
9
Ritratto 2005, p.1054
10
Argan 1997, p.20
11
Pommier 2003 p. 17
12
Ibidem 2003, p.17
13
Bianchi Bandinelli 1984, p. 248
8
Il prevalere dell’immagine dell'homo spiritualis
14
portò ad
affievolire la necessità di verosimiglianza fisica dei ritratti,
accentuando, invece, l'espressività degli occhi, finendo con
abbrutire i soggetti. Esempio di questa tipologia sono i
ritratti del gruppo scultoreo veneziano, realizzato in porfido,
raffigurante i Tetrarchi, opera della fine del III sec d.C.
L’Alto Medioevo
15
fu caratterizzato dal sostanziale
abbandono della tecnica del ritratto, in quanto gli interessi
delle arti figurative tesero verso la religione cristiana,
indirizzata essenzialmente a negare le personalità
individuali, prediligendo, quindi, raffigurazioni astratte o
simboliche.
Il passo successivo si ebbe nel Basso Medioevo, quando il
sorgere di un ceto medio borghese, portò alla ribalta valori e
concezioni umanistici e razionali, che permisero un
riavvicinamento all’arte del ritratto.
I primi ritratti fisiognomici dell’epoca sono dovuti ad artisti
quali Arnolfo di Cambio, con la scultura di Carlo I d’Angiò,
del 1277, a Simone Martini in pittura, con la pala del 1317
di San Ludovico che incorona il fratello Roberto d’Angiò,
e, ovviamente a Giotto che già in Assisi, intorno al 1290,
aveva tentato con successo di creare volti individualizzati.
16
Negli stessi anni, a cavallo tra Due e Trecento, nacque in
ambito borghese la tradizione di commissionare opere di
valore per espiare peccati, come, ad esempio, la tanto
praticata usura.
14
Bianchi Bandinelli 1984, p. 249
15
De Vecchi, Cerchiari 2000, p. 88
16
Bellosi 1985, p. 77
9
In questa epoca, l’arte italiana si aprì davvero al ritratto,
anche grazie alle raffigurazioni religiose come le pale
d’altare, in cui era consueto raffigurare i donatori in
ginocchio, con fattezze reali e riconoscibili, riconducibili a
fini autocelebrativi.
Per i cicli con storie sacre, allegoriche e civiche, a
differenza di quanto accadeva nel Nord Europa, in Italia si
era consolidata la tradizione delle rappresentazioni ad
affresco, raffigurazioni capaci di accogliere ritratti di
personaggi dell’epoca, noti e degni di fama, tali da
permetter loro di guadagnarsi il diritto di rimanere impressi
nella memoria pubblica. La scelta dei personaggi da
riprodurre, faceva ovviamente capo alla committenza,
religiosa o civile che fosse, dato che, nella maggior parte dei
casi, si trattava di affreschi pubblici.
17
La resa realistica di taluni soggetti, che dovevano essere
riconoscibili ai piø, era possibile attraverso l’osservazione
diretta, o, molto piø spesso, attraverso testimonianze
documentarie e di terzi; ragione derivante dal fatto che, nel
Medioevo, non esisteva una tecnica oculata per determinare
la fisionomia di teste e volti
18
.
Nelle città dove la borghesia era fiorente, come Venezia,
Firenze, Napoli, divenne consuetudine di laici borghesi
commissionare opere religiose, con all’interno i propri
ritratti.
17
Burckhardt 1993, p.33
18
Ibidem p.34
10
Essi erano presentati in veste di donatori, spesso raffigurati
di profilo ed inginocchiati dinanzi alla figura sacra, di
dimensioni minori rispetto ad essa, ma comunque
riconoscibili
19
. Piø tardi, la differenza dimensionale mutò, in
consonanza al fatto che, maggiore era la richiesta di
protezione sacra, maggiore diveniva la dimensione delle
figure dei donatori, fino a raggiungere, nei secoli seguenti,
le medesime proporzioni tra i donatori e le figure sacre
20
.
Altrettanto spesso, nelle opere pubbliche profane, le figure
storiche erano affiancate, quali simboli delle loro
personalità, da entità astratte, come per esempio le
personificazioni delle Arti, delle Virtø, delle Scienze,
rappresentate attraverso ritratti individualizzati ma ideali
21
.
Questi committenti laici, dovevano essere riconoscibili,
pertanto ritroviamo, ancor oggi, ritratti realistici a
rappresentarli.
In questo campo Giotto compì un capolavoro, nell’esempio
migliore di Padova, nella Cappella Scrovegni, dove,
appunto, il capostipite della famiglia, Enrico, è ritratto in
atto donatario, in piccole dimensioni, a simboleggiare
l’umiltà di fronte agli angeli e al pantheon divino.
22
L’attenzione verso l’uomo e la natura, accentuò la
riproposizione della tipologia del ritratto, dovuta anche
all’acceso interesse verso l’arte classica romana.
19
Ritratto 2005, p. 1053
20
Burckhardt 1993, p. 37
21
Ibidem 1993, p. 45
22
Bellosi 1985, p. 185
11
Si assistette, piø in generale, ad una sorta di liberazione
dello spirito, dinanzi alla realtà da cui esso era circondato, e
al contempo, si trattò della liberazione dell’immagine stessa,
una sua valorizzazione estetica, che fornì un parallelismo tra
il nuovo spirito che scopriva sØ stesso e una nuova visione
antropocentrica del mondo.
23
Il Rinascimento, segnò un punto di rottura e di svolta
rispetto all’arte precedente
24
, il ritratto, così come noi oggi
siamo abituati ad immaginare, appartiene ad una tradizione
che nacque e si consolidò in questa epoca, sul volgere del
passaggio tra età medievale e moderna.
L’uomo - individuo acquisì nuovo valore, posto al centro
del mondo sensibile e naturale. La sua dignità era pronta a
riacquistare quanto perduto in precedenza. Si affermò,
pertanto, nel secondo Quattrocento la tipologia del ritratto
privato, come genere autonomo.
Il piacere di essere immortalati, era molto diffuso, anche se
in modo ambivalente rispetto al ritratto singolo. Nelle opere
corali, chi doveva esser reso riconoscibile, riusciva a
risaltare molto nell’intera scena. Al contempo, crebbe il
desiderio di lasciarsi ritrarre da soli, in opere indipendenti,
tanto che spesso il ritratto di un soggetto all’interno di
un’opera piø vasta, di carattere pubblico, ispirava la
creazione di un ritratto singolo, dello stesso personaggio
25
.
Alcune delle prime fondamentali apparizioni di ritratto
individuale, devono esser cercate in opere monumentali,
soprattutto in ambito fiorentino.
23
Philippot 1970, p.13
24
Ritratto 2005, p. 1054
25
Burckhardt 1993, p. 47
12
Masolino e Masaccio, nelle loro opere hanno dipinto ritratti
riconoscibili all’interno di raffigurazioni piø ampie, come ad
esempio negli affreschi per la cappella Brancacci nella
Chiesa del Carmine. Negli stessi decenni, soggetti ottimali
per i ritratti individualizzati, sono stati i predicatori,
considerati già alla stregua di santi, seppur ancora in vita,
come nel caso di Francesco d’Assisi e Bernardino da
Siena
26
.
Si è accennato a scene corali, affollate da ritratti reali di
esponenti della comunità. Oltre a rappresentazioni di
momenti civici, molti sono stati i cicli in cui erano dipinte
scene cerimoniali, come, ad esempio, delle processioni, a
cui partecipavano, nella realtà e nello spazio pittorico, le alte
cariche spirituali, al fine di veicolare messaggi devozionali,
ed in cui, la loro presenza, serviva a dare continuità
temporale alla consacrazione. In tali raffigurazioni, tutto ciò
che coadiuvava a presentare l’apparato scenografico,
concorreva a veicolare simili messaggi
27
.
Accanto al ritratto individuale, c’era anche il cosiddetto
ritratto doppio, ma non inteso come ritratto sponsale, bensì
come raffigurazione di due uomini noti, tipologia a cui
Masaccio, Piero della Francesca, Pisanello e Raffaello,
diedero la spinta iniziale in Italia.
Con Pisanello, ripresero anche vigore i ritratti su medaglie,
legati direttamente ai modelli dei manufatti romani.
26
Burckhardt 1993, p. 47
27
Ibidem, p. 49
13
Piero della Francesca, allievo della scuola fiorentina, nei
suoi ritratti singoli, restò fedele alla posa di profilo, scelta
forse da imputare ai desideri delle committenze, o, per una
sorta di voluta vicinanza alla numismatica ed alle scelte di
Pisanello
28
, come dimostrò nel celeberrimo ritratto di coppia
dei duchi Montefeltro di Urbino.
Si comprende poi, osservando i suoi ritratti, che il suo studio
doveva essersi basato sull’osservazione di modelli dal vivo.
Caratteristiche, particolarmente evidenti nei ritratti
femminili, così realistici nell’unione di una definizione
precisa, di prospettiva ed effetti luministici, tali da
rappresentare in questa categoria una perfetta giunzione tra
arte italiana ed arte fiamminga
29
.
In altre zone d’Europa, al di là delle Alpi
30
, l’arte si avviava
verso un rinnovamento.
Nelle terre fiamminghe, fu una fiorente borghesia di
banchieri e commercianti a rendersi soggetto delle opere
d’arte, in cui appariva spesso in composizioni religiose, non
piø con aspetto sommesso e subordinato, ma quasi alla pari
dei personaggi sacri, secondo effetti di grande realismo per
quelle date.
31
Il capolavoro di Jan Van Eyck, il Ritratto dei Coniugi
Arnolfini, datato 1434, ne è uno splendido esempio.
28
Burckhardt 1993, p. 55
29
Philippot 1970, p. 12
30
Ritratto 2005 p. 1054
31
De Vecchi, Cerchiari 2000, p. 88
14
La coppia italiana, stabilitasi in Fiandra per conto dei
Medici, viene proposta all’interno della propria abitazione,
nella propria camera da letto, assisi, in posizione quasi
ieratica, nell’atto di guardare gli spettatori, dinanzi ad essi.
Ogni particolare è trattato con estrema precisione, con una
valenza simbolica estremamente studiata, fin nei piø piccoli
particolari. Quest’opera sarebbe poi divenuta un esempio
per molti dei ricchi borghesi italiani stabilitisi per lavoro nel
Nord.
Le influenze tra arte fiamminga ed arte italiana, furono,
dunque, notevoli e durature. Sul finire del XV secolo, la
ritrattistica in Occidente, fu marcata dalla volontà di
approfondire il genere del ritratto esaltandone le
potenzialità, già sperimentate dai fiamminghi coevi.
32
Nel ‘400 in Italia, si affermò la scultura del ritratto su
busto,
33
riprodotto fino alle spalle, caratteristico soprattutto
a Firenze e Napoli, con Andrea del Verrocchio e Francesco
Laurana.
34
Molti dei piø grandi maestri della pittura italiana del
Quattro e Cinquecento, si dedicarono al ritratto. Abbiamo
già citato Piero della Francesca, Antonello da Messina e
dobbiamo includervi anche Sandro Botticelli, Leonardo da
Vinci, Raffaello e Tiziano. Alcune loro opere raggiunsero
straordinari effetti psicologici, come l’emblematica Monna
Lisa di Leonardo o alcuni ritratti di Tiziano, che dipinse
l’imperatore Carlo V.
32
Burckhardt 1993, p. 60
33
Argan 1997, p. 147
34
Ritratto 2005, p. 1054
15
Michelangelo, invece, non riprodusse mai effigi realistiche
di personaggi noti. Secondo Danti, il Buonarroti
condannava il principio di selezione, che avrebbe portato a
un composto senza reale unitarietà, contrastando l’idea
posta dall’aneddoto di Zeusi a Crotone
35
.
Nell’ultimo quarto del XV secolo e nel primo del XVI
secolo, si diffuse la pratica dell’autoritratto. L’artista incluse
se stesso nella raffigurazione di un gruppo con altri
individui, per poi passare all’autoritratto singolo. Nacque, in
questo modo, un vero e proprio genere indipendente, che
investì la figura del pittore, promuovendolo ed
affrancandolo dalla semplice riproduzione artigianale,
innalzandolo ad esponente delle arti liberali
36
. Il proprio
autoritratto, si pose come dimostrazione dell’importanza di
una nuova professione, lodata da quelle classi nobili ed
ecclesiastiche, che, trovarono così la possibilità di essere
raffigurate e poter raggiungere una sorta di immortalità
materiale.
37
Nel trascorrere di un cinquantennio, mutarono anche gli
stili formali con cui gli artisti compivano ritratti. Questo
impulso provenne non solo da un miglioramento delle
tecniche artistiche, ma anche e soprattutto da nuove
condizioni sociali e culturali.
35
Pommier 2003, p. 17
36
Stoichita 1998, p.208
37
Ugoletti 2004, p. 10
16
Nel secondo decennio del Cinquecento
38
, durante il periodo
Manierista
39
, si ebbe la nascita di un fenomeno che riscosse
largo successo, la creazione di gallerie di ritratti di uomini
illustri, comprensive di raffigurazioni prese dal vero o di
copie.
40
Molto spesso, infatti, si trattava di uomini di epoca
piø antica rispetto a quella della creazione della galleria, ma
che rivestivano una certa valenza con quel luogo o quella
committenza.
In ogni caso, erano lì a simboleggiare un modello da seguire
e su cui meditare, meritevole di ogni rispetto.
41
Il ciclo di
uomini illustri attribuito a Pedro Berruguete e a Giusto di
Gand, per il Palazzo Ducale di Urbino, oggi diviso tra Roma
e le Marche, ne è un noto ed importante esempio.
I ritratti sono stati presi dal vero o da copie, a seconda dei
soggetti, e stilisticamente presentano una definizione
pittorica e una resa luministica di matrice fiamminga, ma la
vitalità della materia e l’espressionismo dei volti, li
potremmo definire “caratteri-tipo” di fattura italiana.
42
Negli anni ’50 e ’60 del Cinquecento, la teoria dell’arte si
avvalse di un trattato, il compendio di Giorgio Vasari
intitolato “Le vite de' piø eccellenti pittori, scultori, e
architettori ” (edizioni del 1550 e del 1568), che, a
tutt’oggi, si rivela un valido sostegno per conoscere le
biografie degli artisti rinascimentali, seppur alcune di esse
siano state alquanto romanzate o comunque soggette alle
simpatie dell’autore.
38
Bianco 2007, p.298
39
Calbi 2007, p.15
40
Ritratto 2005, p. 1055
41
Burckhardt 1993, p. 63
42
Ibidem p. 63
17
Nel pieno Rinascimento, la tipologia del ritratto che si era
affermata in Italia, era diversa da quella del Nord Europa.
43
Nella nostra penisola, la concezione adottata tendeva a
creare ritratti realistici ma idealizzati, verosimili per
intenderci, arricchiti da oggetti-simbolo, emblemi, che
potessero dar nota del personaggio raffigurato.
Si trattava di un’idealizzazione umanistica
44
, una sorta di
ritratto intellettuale. Nel Nord Europa, si assisteva al
fenomeno contrario
45
: i ritratti erano sviluppati con un
realismo impressionante, al limite tra finzione pittorica e
realtà, caratterizzati da particolari lenticolari, attraverso cui
gli artisti potevano dimostrare la propria abilità
46
. Da queste
date in poi, nei ritratti, fu data grande rilevanza ai dettagli di
moda, per la riproduzione di abiti e accessori che ornavano
lo spazio delle opere.
Piccoli oggetti mobili, potevano rivelare, grazie alla loro
precisa scelta e posizione, qualcosa in piø del soggetto,
soprattutto riguardo alla sua interiorità
47
. Questi oggetti
potevano trovar facilmente posto su balaustre e davanzali,
dinanzi al soggetto, che delimitavano lo spazio pittorico da
quello reale, o su tavoli che spesso avevano la stessa
funzione dei parapetti
48
.
Tra questi oggetti, molta fortuna ebbero gli strumenti da
scrittura, anche perchØ ad esempio, una lettera nella mano
del raffigurato, permetteva all’artista di creare movimenti
del corpo del soggetto, vivacizzando in tal modo l’opera.
43
Argan 1997, p. 149
44
Philippot 1970, p. 16
45
Ibidem p. 17
46
Argan 1997, p.150
47
Burckhardt 1993, p. 63
48
Stoichita 1998, p. 196