Introduzione
Fare transmedia significa piuttosto creare nuove geografie del racconto e
universi immaginativi più complessi di quello originario. Inventare,
strutturare o disarticolare, condividere, far interagire storie distribuite nei
diversi mezzi di comunicazione del sistema comunicativo di un progetto
editoriale. (Giovagnoli 2013)
Questo lavoro di tesi si concentra sull’emittente statunitense
HBO (Home Box Office) con il fine di analizzarne la strategia
in termini di produzione e distribuzione di contenuti nell’era
post-network e con particolare riferimento alle declinazioni
transmediali di tre delle sue serie di successo dell’ultimo
decennio: True Blood, Game of Thrones e Westworld. La scelta
è ricaduta su questi show in quanto ognuno di loro rappresenta
un momento differente nella storia della televisione e
del network e tutte e tre sono emblema della qualità e della
visione sofisticata che da sempre il brand vuole rappresentare.
HBO dal canto suo, dopo aver influenzato per anni
l’ambiente televisivo ed essere stata pioniera in fatto di nuove
tecnologie, si trova in una fase delicata – l’epoca
della televisione via internet – in cui deve confermare la
propria identità per conservare il vantaggio competitivo
acquisito. In questo processo, il rapporto con le audience e
i fandom si configura come un punto fondamentale per il
successo delle serie e l’engagement generato a ridosso dei
social media è in grado di alimentare le politiche di branding
poste in essere dall’emittente.
Lo storytelling transmediale infine, è uno strumento che
HBO utilizza sapientemente: ampliando gli universi narrativi
dei propri prodotti persegue lo scopo di catturare più a lungo
l’attenzione degli spettatori.
5
Nel primo capitolo, verrà descritto l’attuale scenario televisivo
con l’ausilio dei dati che compongono il mondo digitale oggi.
Su questo sfondo si andrà poi a esaminare l’importanza sempre
maggiore acquisita dalle narrazioni seriali, le loro potenzialità e
lo sfruttamento delle nuove piattaforme digitali nella
diversificazione dei contenuti propria del transmedia
storytelling; si giungerà infine, alla ridefinizione della tv e delle
pratiche di visione che caratterizzano le nuove modalità
dell’essere audience.
Il secondo capitolo, interamente dedicato a HBO è composto
di tre parti: nella prima si prenderà in considerazione il network
da una prospettiva storica nei suoi quarantacinque anni di vita;
la seconda analizzerà il modello di business e l’identità di
brand mentre la terza sarà dedicata ai contenuti che hanno reso
Home Box Office sinonimo di qualità.
Il terzo e ultimo capitolo invece, vedrà un’illustrazione delle
tre serie in esame e dei contenuti che hanno caratterizzato la
messa in onda lineare, la visione digitale, i contenuti web,
quelli mobile e dei SNS, nonché le campagne virali realizzate
da HBO. Il focus è costituito dall’espansione dell’universo
narrativo delle serie di riferimento ma anche dai sistemi di
misurazione dell’engagement che comprendono dati d’ascolto e
social buzz.
6
Capitolo 1
Storytelling ed engagement nell’era della
transmedialità
1.1 Scenari digitali e mercati televisivi
The top marketing priority now is to integrate digital marketing and social thinking
into everything our brands do, from products to services, to create more
compelling digital communication, and even finding new pricing, distribution,
and innovation strategies that take full advantage of our even more connected world
(Hootsuite and We are social - Digital in 2017)
La prima parte di questo lavoro di tesi è dedicata in particolare
a tracciare un quadro di tutti quegli elementi che costituiscono
la post-televisione e di tutti i cambiamenti tecnologici,
mediatici e culturali che in un processo circolare di influenza
reciproca hanno dato vita all’evoluzione delle abitudini di
consumo e all’ampliamento delle possibilità a disposizione dei
pubblici. Abbandonata del tutto qui ogni pretesa di
determinismo tecnologico, seguirà comunque nelle prossime
pagine una visione d’insieme di come si compone lo scenario
digitale mondiale che funge da contesto a un’era televisiva in
cui “la scelta e il controllo che gli spettatori hanno guadagnato
durante la transizione multi-canale continua solamente a
espandersi durante l’era post-network.”
1
L’epoca del network, caratterizzata da un’esperienza
fortemente legata al televisore nell’ambiente domestico e a una
programmazione limitata, ha lasciato spazio - con l’incremento
dei canali, le formule pay e i dispositivi timeshifting - a una
maggiore libertà di scelta da parte delle audience. La rigidità
del palinsesto nella post-televisione è lontana dal delimitare le
modalità di visione: al centro dell’esperienza di fruizione c’è
Amanda Lotz, The television will be revolutionized, New York University Press, 2007,
1
p. 15.
7
uno spettatore che sceglie cosa, quando e dove guardare un
contenuto televisivo tra le numerosissime opzioni di
cui dispone. Aumenta l’attenzione ai contenut i da parte
dell’industria e il consumo degli stessi avviene ovunque
attraverso schermi -dispositivi diversi. Nelle parole di
Strangelove:
“As television viewing becomes dissociated from a singular device, at the
same time it becomes ubiquitous. In the post-television age, television is
everywhere. But this does not mean that is simply more of the same old
thing
2
”.
Ciò dimostra come la post-network era porti con sé una
rinnovata importanza degli stessi brand-network televisivi che
hanno il compito di stimolare l’engagement di audience e fan in
possesso di un enorme potenziale di scelta. La crescita del
segmento mobile, della visione di video sui cellulari e dei
social network non fanno che confermare le imponenti
possibilità di partecipazione degli spettatori.
Il fandom vive una nuova fase alimentata dalle comunità
online con una produttività enunciativa e testuale
3
più
facilmente osservabile e archiviabile sul terreno privilegiato
garantito dai SNS. Nelle parole di Alberto Marinelli:
“…la nuova televisione sembra caratterizzarsi come un medium che
richiede engagement da parte delle audience. Non solo perché le funzioni di
control e choice sono definitivamente nelle mani di chi guarda ma
soprattutto perché la possibilità di valorizzare (economicamente) contenuti
M. Strangelove (2015), Post-Tv: piracy, cord-cutting, and the future of television, Utp
2
Publishing, p. 5.
Per Fiske, i fan non soltanto fanno circolare nella loro subcultura significati e piaceri
3
relativi alla propria esperienza all’interno di una comunità, ma trasformano quei
significati/piaceri in forme testuali che generano un’ulteriore economia. M. Scaglioni
(2006) Tv di culto: la serialità televisiva americana e il suo fandom, V&P, p. 141.
8
che non possono più essere presupposti come uniformi e universalmente
acquisiti riposa sulla livello del coinvolgimento delle audience
4
”.
È chiaro come questa richiesta di coinvolgimento delle
audience debba passare per una reale partecipazione delle
stesse che non può in alcun modo essere interpretata
dall’industria come il semplice mettere a disposizione soluzioni
interattive: è necessario un riconoscimento totale di questa
“cultura partecipativa” attraverso soluzioni che garantiscano un
impegno e un investimento inclusivi della sfera emozionale,
cognitiva e sociale che gli spettatori sono disposti a mettere in
gioco durante la visione e le interazioni con i contenuti
televisivi. Secondo Jenkins: “i pubblici, resi più potenti
dalle nuove tecnologie, occupano uno spazio di
intersezione tra vecchi e nuovi media e rivendicano il diritto
di partecipazione culturale. I produttori che falliscono con
questa nuova cultura partecipativa, dovranno affrontare un
calo di consensi e vendite
5
”.
Analizziamo quindi la situazione del digitale a livello
mondiale al fine di prendere atto di come essa sia fattore di
traino per i cambiamenti nelle abitudini di consumo e nella
fruizione dei contenuti, in particolare di quelli televisivi.
A gennaio 2017 – con una penetrazione del cinquanta
per cento – sono oltre tre miliardi e mezzo gli utenti internet
attivi su una popolazione di quasi sette miliardi e mezzo di
persone; l’incremento rispetto al 2016 è del 10% pari a +354
milioni. La penetrazione varia però notevolmente a seconda del
continente: dal 88% del Nord America (320 milioni),
passando per l’84% Europa occidentale (353 milioni), il 67%
dell’Europa orientale (284 milioni), per arrivare al poco
incoraggiante 29%
4
A cura di, A. Marinelli, G. Celata (2012), Connecting Television: la televisione al
tempo di internet, Guerini & Associati, 2012, p. 39.
5
Henry Jenkins (2007), Cultura convergente, Apogeo, p. XLVIII.
9
dell’Africa (362 milioni). Crescita significativa - il 30% -
6
anche per gli utenti unici mobile che in un anno registrano ben
581 milioni in più per un totale di 4,9 miliardi.
In ottica di accesso ai contenuti è fondamentale considerare
anche la velocità media di connessione che presenta differenze
significative da nazione a nazione: le prime sei posizioni sono
occupate da Corea del Sud (26.3 mbps), Hong Kong (20.1
mbps), Singapore (18.2 mbps), Giappone (18 mbps), Stati Uniti
(16.3 mbps) e Regno Unito (14.9 mbps). L’Italia si colloca al
16° posto con soli 8.2 mbps.
Sono invece quasi tre miliardi gli account attivi sui social
media per una penetrazione del 37% (+482 milioni rispetto
all’anno precedente) di cui circa due miliardi e mezzo
accedono tramite cellulare, il 34% sul totale della popolazione.
Il 90% degli utenti Facebook si connette tramite applicazione
mobile e una persona su quattro usa le app per la ricerca di
prodotti: i siti web divengono sempre meno rilevanti e la media
dei dati utilizzati su smartphone è quasi di 2GB mensili.
Considerando gli utenti attivi mensilmente, tra i social si
classifica al primo posto Facebook, seguito da Fb messenger e
applicazioni per comunicazione sincrona quali QQ, Whatsapp e
Wechat. Al quarto posto s’insedia You Tube mentre Instagram,
in scalata negli ultimi anni, conquista l’ottavo posto lasciandosi
alle spalle Linkedin, Twitter e Tumbrl. Facebook conta 1,871
miliardi di utenti: più della metà è utilizzatore giornaliero della
piattaforma. Il numero di utenti quotidianamente attivi supera il
70% solo in Australia, Italia, Polonia, Stati Uniti e Canada, ben
al di sopra della media globale. La userbase è a prevalenza
maschile (stando al 44% degli utenti che si dichiara di genere
femminile, anche se il dato è difficilmente verificabile con
ragionevole certezza), mentre le fasce d’età maggiormente
Nei restanti continenti: 53% Centro America (117 milioni), 66% Sud America, 68%
6
Oceania (28 milioni), 60% Medio Oriente, Asia centrale 48%, Sud Asia 33%, Asia est
57%, Sudest Asiatico 53% (fonte dati: we are social / hootsuite - Digital in 2017)
10
rappresentate sono quelle che vanno dai 18 ai 24 anni e dai 25
ai 34 (rispettivamente 562 e 534 milioni). Analizzando gli usi,
Facebook rimane il network più utilizzato per far scaturire
conversazioni social. Tra gli altri SNS, Twitter si caratterizza
infatti per le esperienze in real time, Instagram abbraccia le
comunità di consumatori e supporter favorendo la brand
awareness mentre Linkedin e Snapchat risultano essere
maggiormente orientate sui contenuti.
I principali trend dell’anno sembrano sottolineare la nuova
rivalità tra social e motori di ricerca nella funzione di
indirizzare la valutazione di prodotti e servizi in fase di ricerca
e acquisto con conseguente passo in avanti del “social
commerce”. Si conferma inoltre il dominio dei video social, il
cui potere emozionale combinato con l’advertising social
appare come un’evoluzione inevitabile. Nell’identificare cosa
motiva i pubblici a utilizzare piattaforme digitali e servizi
connessi, è vitale capire come servirsi dei contenuti per
informare e intrattenere, creando valore aggiunto e
avvantaggiandosi delle opportunità fornite da ogni mezzo;
il brand televisivo deve rendersi disponibile al
consumatore ovunque e in qualunque momento: anywhere,
anytime.
In quest’epoca di frammentazione dell’attenzione, anche i
marchi di successo hanno quindi la necessità di interrogarsi
sulle motivazioni delle audience, sui loro desideri e bisogni e
su quali siano i tempi, i luoghi e le piattaforme su cui investire
in modo efficace dando vita a pubblici sufficientemente
engaged.
È utile ribadire che la connessione a banda larga – fattore di
nota rilevanza per la fruizione dei contenuti audiovisivi
– mostra ancora differenze importanti a seconda delle
regioni prese in considerazione: a partire dal 97% (404
milioni di connessioni) dell’Europa occidentale (al cui
interno si trovano tuttavia scenari molto variegati) passando
per il 95% del nord America (344 milioni) e concludendo
con i più scoraggianti
11
29% e 17%, rispettivamente Africa e Sud Asia. La velocità
delle connessioni mobile vede invece protagonista il Regno
Unito con 23.7 mbps contro i 7.5 mbps degli Stati Uniti.
Quest’ultimi, su una popolazione di 325 milioni di persone,
contano circa 287 milioni utenti internet (in crescita del 2% per
una penetrazione dell’88%) mentre 214 milioni sono utenti
social media attivi. Il numero di Sim mobile si attesta a circa
350 milioni (108% della popolazione), 7 milioni in più rispetto
al 2016: i cellulari si confermano infatti come i dispositivi più
utilizzati (85%, di cui 72% sono smartphone), secondi soltanto
a televisori di qualunque tipo (86%) e seguiti dai personal
computer (75%).
L’utilizzo di internet via pc o tablet si attesta su una media di
6 ore e 22 minuti mentre quello di internet tramite cellulare a 2
ore e 2 minuti, inferiore a quello della visione televisiva (3 ore
e 19 minuti). L’86% dei naviganti si connette quotidianamente,
e il 36% s’intrattiene tutti i giorni nella visione di video online.
12
Quest’ultima resta la prima attività anche tra i fruitori mobile
(79%) seguita da un 49% che si diletta in egual misura nell’uso
di messenger mobile, giochi, o map service.
Facebook e You Tube risultano essere le piattaforme social
più utilizzate che precedono FB Messenger (42%), Twitter e
Instagram (39 e 38%). Gli utenti mensili attivi su facebook
sono 214 milioni e la percentuale di accesso via mobile è
dell’89%. Il 70% si collega tutti i giorni, la prevalenza è
femminile (52% di profili dichiarati contro 48% maschili). La
fascia d’età maggiormente rappresentata è quella che va dai 25
ai 34 anni (>52 milioni) seguita dai 35/44 (> 38 milioni) e dai
45/54 (> 32 milioni).
13
In Italia invece, su una popolazione di quasi sessanta milioni
di abitanti, gli utenti internet raggiungono il 66% per un totale
di 39 milioni circa. Gli utenti attivi dei social media
ammontano a 31 milioni e il numero di sim presenti si attesta
intorno al 128% (sulla popolazione), per un totale di quasi
77 milioni. Rispetto al 2016 si può apprezzare una
crescita del 4% per quanto concerne l’utilizzo di internet e del
l’11% per i social media. I dispositivi più utilizzati sono
cellulari (96%), televisori (92%), personal computer o desktop
(31%). Da notare come i dispositivi per lo streaming dei
contenuti internet-tv si attestino intorno al 6%.
La spesa media degli italiani in termini di tempo si
differenzia sensibilmente se si considera la navigazione via
pc e tablet (6 ore e 10 minuti) o via cellulare (2 ore e 8
min), mentre si attesta sulle 2 ore e 25 minuti anche il
tempo di visione televisivo. L’utilizzo dei social media
indipendentemente dal dispositivo si ferma invece a 2 ore.
Anche in questo caso – come per gli americani – l’86%
degli italiani si connette giornalmente e solo il 10% una
volta a settimana. Prevale la modalità di navigazione
tramite smartphone, la cui velocità di connessione media
risulta essere maggiore (11.027 kbps vs. 8243 kbps) delle
connessioni fisse. Il traffico web è dunque in forte crescita
tramite dispositivi
Stati Uniti
Mln Penetrazione
Utenti Internet Attivi 287 milioni 88%
Utenti Social Attivi 214 milioni 66%
di cui si collegano
tramite cellulare
190 milioni 89%
Sim Mobile 350 milioni 108%
14
cellulari (+44%) mentre registra un calo da pc e desktop
(-14%). Tutte le attività come controllare la posta elettronica,
accedere ai social network, utilizzare i motori di ricerca,
trovare informazioni di prodotto o ascoltare musica sono
effettuate maggiormente su smartphone. Tra i fruitori mobile il
51% usa messenger, il 61% guarda video online, il 36% gioca, il
41 % utilizza servizi di mappe e il 25% il mobile banking.
Tra i social, Facebook conta 31 milioni di utenti attivi
mensilmente di cui il 90% accede via cellulare e il 74% usa la
piattaforma tutti i giorni; il 52% degli utenti si dichiara
maschio. È il secondo social media più usato dopo You Tube
(57% e 55%), seguono Whatsapp ( 48%), Fb messenger (33%)
Instagram (28%) e Twitter (25%). La fascia d’età più
rappresentata è quella tra i 25 e i 34 anni (7 milioni circa) ma in
realtà le due fasce dai 35 ai 44 e dai 45 ai 54 raccolgono
insieme più di 12 milioni di persone. Una ricerca condotta da
Blogmeter su un campione di 1500 persone residenti in Italia
dai 15 ai 64 anni e iscritte ad almeno un social, ha confermato
che l’uso dei social media da parte degli italiani vede ancora
Facebook protagonista con un utilizzo per lo più saltuario di
Google +, Twitter e LinkedIn.
Lo studio ha evidenziato come la differenza anagrafica
influisca sul numero dei social posseduti e gestiti da ciascun
utente, con la fascia tra i 15 e i 17 anni che dedica maggior
attenzione a You Tube e Instagram. Tuttavia Facebook è ancora
percepito come lo strumento più utile mentre – da un punto di
vista di credibilità – i media tradizionali (tv, giornali)
mantengono la loro rilevanza, almeno nei pubblici dai 35 anni
in su . Nonostante la ricerca comprenda siti quali booking.com
7
“Questo smonta almeno in parte la retorica sulle fake news: gli utenti della rete sono
7
meno creduloni di quanto si sostenga” tratto da https://www.wired.it/internet/social-
network/2017/03/31/social-network-in-italia-facebook-regna/
15
e tripadvisor.com, non prenderemo qui in considerazione i
risultati evidenziati in merito: essi infatti non appartengono a
tutti gli effetti a quei Social network sites definiti da Ellison e
Boyd come un “servizio web based che consente all’utente di
costruire un profilo pubblico o semi pubblico, creare una lista
di utenti con cui condividono una connessione, e vedere e
attraversare le liste di connessione e quelle fatte da
altri all’interno del sistema
8
”.
Questa definizione può ancora ritenersi esaustiva applicando
la precisazione di Francesca Comunello: “a oggi la definizione
più diffusamente e concordemente riconosciuta dalla comunità
scientifica resta quella fornita nel 2007 da Boyd ed Ellison.
Probabilmente l’unica cosa a essere già anacronistica nella loro
definizione è il riferimento ad un ambiente web-based, che
oggi, con la diffusione delle app e dell’internet mobile, non
è più così attuale
9
”.
I trend mondiali del momento si possono dunque riassumere
in una crescente importanza dei social media con una
vertiginosa crescita del tempo speso e dell’accesso alle varie
piattaforme. Stessa sorte per i dispositivi mobili, sempre
maggiormente connessi e veicolo alternativo di fruizione dei
contenuti. In particolare la fruizione di video online tramite
cellulare si fa sempre più spazio tra le varie attività ribadendo
l’importanza della maggiore velocità di connessione e la
necessità , da parte dei produttori di contenuti, di adattare
i propri canali di distribuzione alle tendenze sempre più
evidenti. Ma com’è cambiato nel tempo il rapporto tra
tecnologie, sistemi di distribuzione e contenuti televisivi?
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1083-6101.2007.00393.x/full
8
Tratto da https://crossmediapeppers.wordpress.com/page/8/
9
16
1.1.1 Uno sguardo storico: tecnologie, interattività e
contenuti
La televisione è una diretta discendente della radio sia in
termini tecnologici che di contenuto. Molti generi che hanno
acquisito popolarità nel corso dei decenni hanno iniziato con la
radio: dalle soap opera e i game shows alle sit-com che
erano regolarmente seguiti da milioni di americani. Negli
Stati Uniti il primo programma (The Queen’ s Messenger, un
thriller) fu trasmesso live da New York nel 1928, seppur con
molti limiti tecnici; negli anni a seguire la Grande
Depressione causò un busco rallentamento nella diffusione e
nel successo del mezzo. La nascita della tv viene collocata a
tutti gli effetti nel 1939 con la trasmissione da parte di NBC del
New York World’ s Fair, cui partecipò anche F. Rooselvet,
primo presidente sul piccolo schermo; poco dopo la CBS
iniziò la sua programmazione.
L’apparecchio televisivo era allora standardizzato per
possibilità di trasmissione nonostante venissero venduti sul
mercato fino a 25 modelli diversi; tuttavia l’eccessivo costo
degli apparecchi e la scarsità di palinsesto indusse l’industria a
trovare una soluzione per produrre di più: fu così che negli anni
quaranta nacque la televisione commerciale. Quiz e game show
furono i primi programmi a funzionare adeguatamente per i
costi e gli standard tecnologici dell’epoca.
L’ennesima battuta d’arresto arrivò durante la seconda
guerra mondiale, periodo in cui il servizio televisivo continuò
soltanto per otto città statunitensi. Nel ’48 la CBS inaugurò The
CBS Television News quando già la NBC si era scissa in NBC e
ABC; i contenuti continuavano a essere ispirati alla radio, quasi
un milione di americani erano dotati di televisore e i canali
arrivarono a 52 in 29 città. Negli anni 50, la sit-com I love Lucy
archiviò la trasmissione live a favore della registrazione,
mentre Candid Camera avviò il formato reality; è solo con
17
l’avvento del drama però che gli inserzionisti pubblicitari
possono mirare a un pubblico più sofisticato che – nonostante
la semplicità dei primi show – innalzerà a tutti gli effetti lo
status della televisione stessa.
A metà degli anni 50 i drama occupavano ormai buona parte
dei palinsesti e avevano introdotto serie poliziesche, mystery e
medical, le cui scelte creative erano comunque subordinate alle
richieste delle maggiori aziende sponsor e pertanto poco
rappresentative dei problemi sociali. Fu soltanto con la guerra
fredda che la tv cominciò a essere usata come strumento per
orientare le opinioni e anche i presidenti impararono a
presidiare il piccolo schermo. Gli anni 50 furono anche
caratterizzati dagli adattamenti delle soap-opera dapprima
trasmesse in radio: la prima – targata CBS – fu la storica
Guiding Light (Sentieri), trasmessa con episodi di identica
durata a quelli della sua messa in onda radiofonica.
Con l’arrivo degli anni 70 invece, temi quali razzismo,
lavoro femminile, attualità, politica e programmi per bambini
trovarono finalmente spazio; fu necessario un altro decennio
affinché il pubblico avesse davvero a disposizione qualunque
tipo di evento dal matrimonio di Lady Diana alla caduta del
muro di Berlino.
Nel 1978, l’invenzione del satellite geostazionario permise a
un canale locale di essere visibile a livello nazionale e
addirittura mondiale: Home Box Office (HBO) inizia a
trasmettere su tutto il territorio statunitense dando vita a un
nuovo tipo di distribuzione che chiede agli spettatori di pagare,
affrancandosi così dalla “supremazia” degli inserzionisti. I
programmi HBO sono liberi da pubblicità.
Qualche anno dopo è la CNN (Cable News Network) ad
espandere il mercato della tv via cavo offrendo per la prima
volta una copertura notiziario 24 ore su 24 e ancora verso la
fine degli anni 80 debutta la Fox a cui si devono tra gli altri i
Simpson e Beverly Hills 90210.
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