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CAPITOLO PRIMO
1.1 La menzogna: un naturale inganno strategico
Sin dall‟origine del mondo come lo conosciamo, la lotta per la sopravvivenza
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ha
aguzzato l‟ingegno degli esseri viventi animali e vegetali dando luogo a vere e proprie
strategie per la prosecuzione della vita sia dal punto di vista ontogenetico del fenotipo, sia da
quello dello sviluppo filogenetico in modo che fosse garantita la sopravvivenza
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della specie.
Ciò è stato possibile mettendo in atto i più diversificati tentativi di dare scacco matto a un
eventuale predatore e assicurarsi così la salvezza oppure riuscendo a trarre in inganno la
preda, permettendone in fine la cattura: come afferma il noto antropologo Volker Sommer ciò
è reso possibile dal ruolo che attribuisce al fenomeno della comunicazione «la funzione
naturale della comunicazione in sostanza non risiede affatto nel trasmettere un‟informazione
veritiera»
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in quanto i segnali d‟inganno e di dissimulazione sono fattori di vitale importanza.
Il mimetismo e il camuffamento sono diventate delle tattiche adattive preziose per assicurarsi
la possibilità di fuggire al predatore o di attirare a sé la preda, basti pensare alla mutazione del
pigmento della pelle dei camaleonti o la somiglianza della mantide religiosa a uno stelo
d‟erba, piuttosto che la capacità delle piante carnivore di attrarre nelle proprie “fauci” gli
insetti che si trovino nelle vicinanze, tramite l‟emanazione di alcune secrezioni che colpiscono
il sistema olfattivo delle incaute prede che ne vengono a contatto.
La specie umana non è esente da questo “gioco”
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fatale e pur avendo, come vedremo,
delle comunanze col resto del regno animale, le strategie d‟inganno degli esseri umani hanno
subito un‟evoluzione particolare per merito di una facoltà che pur non rendendola speciale,
rispetto a gli altri esseri viventi, ne costituisce assai probabilmente il tratto peculiare che la
contraddistingue: il linguaggio. Questa è l‟abilità che più di altre rende l‟essere umano capace
di ordire delle categorie d‟inganno sofisticate e nel corso di questo elaborato prenderemo in
considerazione, nella fattispecie, l‟analisi del fenomeno ingannatorio della menzogna, che
rappresenta l‟esempio più emblematico del come la comunicazione umana possa rendere
conto della capacità di fare il possibile per riuscire a modificare il comportamento, gli stati
1
Cfr. L. Anolli, Mentire: anche gli animali lo fanno, Il Mulino, Bologna 2003.
2
Cfr. R. Dawkins, The Selfish Gene, Oxford University Press, Oxford 1976; trad. it. Il gene egoista, Arnoldo
Mondadori, Milano 1989.
3
V. Sommer, Lob der Lüge. Täuschhung und Selbstbetrug bei Tier und Mensch, Verlag, München 1992; trad. it.
Elogio della menzogna. Per una storia naturale dell’inganno, Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 65
4
Cfr. L. Anolli, Mentire: anche gli animali lo fanno, cit. .
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mentali, le credenze (per dirla À la Searle «desidero che tu creda che io credo a quello che ti
sto dicendo
5
») di un altro individuo della nostra specie, in modo da fargli compiere un‟azione
o assumere una rappresentazione dello stato di cose che possa tornare a nostro proprio
vantaggio
6
, senza che egli sia consapevole di questo nostro tentativo di modificare la sua reale
percezione del mondo. La strategia ingannatoria dell‟agire menzognero è in mano, anzi in
testa ad un agente che come dicono Cristiano Castelfranchi e Isabella Poggi abbia
«conoscenze sul mondo (percezioni, inferenze, credenze) e i cui comportamenti siano
finalistici e basati su tali conoscenze»
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tenendo quindi in mano il filo del gioco e tessendo la
sua ragnatela.
1.2 Esempi di usi figurati del linguaggio
Ci sono occasioni nella vita quotidiana nelle quali si possano ravvisare da parte del
parlante degli utilizzi impropri del linguaggio che mettano dunque a rischio la comunicazione
con l‟ascoltatore. Può infatti accadere che quest‟ultimo non sia in grado di capire se la forma
logica del contenuto dell‟enunciato che viene espresso dal parlante sia chiaro e attinente alla
realtà ovvero aderisca completamente dallo stato di cose, come l‟acqua alle pareti di un
recipiente, perché è lo stesso parlante ad aver utilizzato una formulazione che si discosta
dall‟idea che l‟ascoltatore ha della veridicità di ciò che si comunica. Alcune tipologie
linguistiche di ciò che appare un “difetto di comunicazione”, tale da poterne addirittura
cagionarne un vero e proprio fallimento, a seconda del contesto conversazionale nel quale ci
troviamo, possono riguardare errori verbali o usi figurati del linguaggio, come ad esempio:
- il lapsus, come nel caso di qualche anno fa quando un famoso allenatore di calcio
“inciampò”, in maniera assai eclatante, dichiarando durante una intervista in diretta
televisiva, che un suo giocatore aveva “subito una frattura del sesso” anziché
pronunciare correttamente “del setto” (nasale), al giornalista che gli aveva
domandato l‟entità dell‟infortunio occorso al centravanti della sua altrettanto famosa
squadra;
5
L. Anolli, Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2006, p. 240.
6
Cfr. L. Anolli, Mentire: anche gli animali lo fanno, cit. .
7
C. Castelfranchi, I. Poggi, Bugie, finzioni, sotterfugi. Per una scienza dell’inganno, Carocci, Roma 1998, p. 21.
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- la metafora, che si configura come un uso anch‟esso distorto del linguaggio, in quanto
attribuisce caratteristiche false, che non gli appartengono ad un soggetto chiamato in
causa nel pronunciare ad esempio l‟enunciato “Quel bambino birichino di Mario è
proprio un maialino”. Infatti, o Mario è un bambino, con le caratteristiche
normalmente attribuiamo a tutti i bambini oppure non può essere anche un maialino,
perché non possiede le qualità che possono essere ascritte a quella determinata
specie animale;
- la metonimia, altra figura retorica spesso adoperata in letteratura, nell‟uso quotidiano
che si fa della lingua parlata può essere espressa come nel seguente enunciato “porta
il conto al panino del tavolo cinque”. Chiaramente è ovvio che il panino al tavolo
cinque non potrà pagare il conto, lo pagherà semmai la persona che ha ordinato un
panino da mangiare e che siede al tavolo numero cinque;
- l‟iperbole, che citiamo rammentando un episodio che accadde a una amica del filosofo
Wittgenstein. Ella ricoverata in ospedale a causa di un incidente d‟auto, quando
l‟amico le chiese come stesse, rispose che a malapena riusciva a parlare e che i suoi
rantolii erano come quelli di un cane sotto le ruote di un automobile. Wittgenstein,
rispose piccato che ella non poteva avere le credenze necessarie per sapere come si
potesse sentire un cane investito da un‟ automobile, dunque ciò che aveva appena
asserito l‟amica, in maniera iperbolica, era un‟affermazione palesemente falsa;
- l‟ironia, anche in tal caso vale quanto esposto per i precedenti punti ovvero nell‟ironia
si manifesta implicitamente il contrario di quanto si vorrebbe esplicitamente
proferire. Se chiediamo a un‟altra persona che ha assistito con noi a un concerto
“come ti è sembrata l‟esibizione?” ed egli ci risponde “la strumentazione doveva
essere rovinata”, in realtà le sue parole staranno a indicare che al contrario erano i
componenti della band ad avere serie difficoltà nell‟utilizzare con abilità gli
strumenti musicali;
Tutti gli esempi elencati appena sopra, ci mettono davanti al fatto compiuto che quando
emettiamo un proferimento linguistico che abbia un palese contenuto di falsità possiamo
essere interpretati e tacciati di mentire perché, in poche parole, stiamo sovvertendo nel nostro
discorso delle realtà acclarate, modificandone il significato convenzionale del termine che le
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contraddistingue e ponendoci in quest‟ottica mettiamo a repentaglio la buona riuscita della
comunicazione con un ascoltatore che intendesse comprendere le nostre parole.
1.3 Definizione del concetto di menzogna
Tenendo conto di quanto scritto finora assumeremo quindi la posizione che la
menzogna sia un atto linguistico che nega la verità dell‟enunciato, ricorrendo alla distorsione
del significato letterale e convenzionale dei termini del proferimento e si basa sulla palese ed
evidente falsità del contenuto dell‟enunciato, che viene pronunziato dal parlante, in maniera
generalmente esplicita. La menzogna fa cadere in inganno il malcapitato ascoltatore che si
trovi a intrattenere una conversazione insieme al parlante, perché come spiegano
Castelfranchi e Poggi «se non hai motivi particolari di ingannare dì il vero e l‟utile; se non hai
motivo di diffidare e dubitare, credi: quello che ti sta dicendo è vero e rilevante per i tuoi
scopi. […]. La strategia di default dell‟ascoltatore è favorevole all‟inganno»
8
. L‟ascoltatore
parte da una posizione di svantaggio perché non si aspetta di essere tratto in inganno, ma fa
affidamento e ripone fiducia nelle parole del parlante in maniera tale che come afferma
Immanuel Kant si aspetta che sia il parlante stesso nella comunicazione ad attenersi a un
consono atteggiamento morale «la veridicità (Wahrhaftigkeit) nelle dichiarazioni viene anche
detta lealtà (Ehrlichkeit) e, se tali dichiarazioni sono anche, al tempo stesso, delle promesse,
onestà (Redlichkeit) e, in generale, sincerità (Aufrichtigkeit)»
9
.
Ma se noi cambiamo il senso logico delle parole del nostro discorso attribuendo alla
conversazione una dimensione che esula dalla forma logica dell‟enunciato, faremo in modo
quindi di compromettere la comunicazione con l‟ascoltatore, perché tutto ciò che diciamo
ricorrendo a gli usi linguistici, che hanno il loro punto di forza nel significato non letterale,
non sarà altro che un ricorso continuo alla menzogna, in quanto ciò che comunichiamo è
sempre e solo falso perché non diciamo il vero «menzógna s. f. [lat. *mentionia, der.
di mentiri “mentire”]. – 1. Affermazione contraria a ciò che si sa o si crede vero, o anche
contraria a ciò che si pensa»
10
. Questo punto si avvicina molto alla concezione della
comunicazione cooperativa di Paul Herbert Grice che illustreremo fra breve e vede quindi la
8
C. Castelfranchi, I. Poggi, Bugie, finzioni, sotterfugi, cit., p. 155.
9
I. Kant, Sulla menzogna, in A. Tagliapietra (ed.), La verità e la menzogna. Dialogo sulla fondazione morale
della politica, Bruno Mondadori, Milano 1996, p. 308.
10
http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/BancaDati/Vocabolario_onl
ine/M/VIT_III_M_070440.xml Fonte: vocabolario on line della lingua italiana, Treccani.
15
menzogna come qualcosa di dannoso, una violazione contraria alla verità, giocata sul filo del
rasoio della comprensione
11
.
1.4 Il gentleman ’s agreement di Grice
Secondo il pensiero del filosofo analitico britannico Paul Herbert Grice, esiste una sorta
di accordo fra le parti, un gentleman’s agreement tra il parlante e l‟ascoltatore, al quale
attenersi per una efficace ed efficiente riuscita della comunicazione umana. Quest‟ultima è
intesa, dallo stesso Grice, alla stregua di una conversazione, guidata da determinate massime
da rispettare, nella quale la comprensione delle intenzioni deve essere il punto cruciale, senza
fermarsi invece di primo acchito alla semplice forma logica dell‟enunciato, così come accade
nel modello del codice. Infatti, per Grice, il vero significato non va ricercato a livello
convenzionale ma a livello di sottointeso cioè gran parte della nostra comunicazione e dei
significati che vogliamo esprimere all‟ascoltatore, devono essere inferiti con quelle che egli
chiama implicature conversazionali, perché «i ragionamenti che facciamo nella vita
quotidiana, non hanno luogo in un ambiente asettico e isolato (per così dire, in vitro), bensì in
contesti sociali nei quali hanno un peso decisivo certe regole pragmatiche che governano le
nostre interazioni comunicative e i nostri scambi di conversazione»
12
.
Queste regole pragmatiche non sono altro che le già citate massime che si rifanno al
fondamentale principio di cooperazione cioè quel precetto che disciplina, in maniera
razionale, tutte le attività umane, in modo che esse siano svolte al meglio col minimo sforzo,
tra le quali per l‟appunto l‟evento comunicativo. La comunicazione umana è inquadrata nella
teoria griceana come una conversazione, cioè un‟attività linguistica che in virtù del principio
cooperativo, consisterà in una sorta di collaborazione tra due individui, un parlante e un
ascoltatore, che dovranno essere coordinati tra loro per la buona riuscita di questa interazione.
La conversazione risulterà quindi un‟attività razionale, cioè efficace ed efficiente perché
entrambi avranno contribuito a essere appropriati al contesto in cui essa si è svolta. Il parlante
e l‟ascoltatore debbono essere degli individui razionali, il primo che proferisca un‟ enunciato
con una intenzione e il secondo che comprenda non solo il significato convenzionale
dell‟enunciato ma che riesca a cogliere l‟intenzione sottesa a quanto pronunciato dal parlante.
Il contributo dell‟ascoltatore si dispiegherà senza fermarsi dunque a un mero livello semantico
11
Cfr. A. Tagliapietra, Filosofia della bugia: figure della menzogna nella storia del pensiero occidentale, Bruno
Mondadori, Milano 2001.
12
M.L. Dalla Chiara, R. Giuntini, F. Paoli, Sperimentare la logica, Liguori, Napoli 2004, p. 153.