6
italiano od europeo
4
. Questa apertura verso l’esterno costituisce in ambito
didattico lo strumento ideale per affrontare al meglio gli studi intrapresi da
ciascuno studente, stimolando una visione olistica delle questioni – non solo in
un contesto geografico, ma anche storico.
In particolare, ho avuto modo di riscontrare ciò e di averne conferma
durante alcuni incontri organizzati dall’associazione internazionale di studenti
di storia (International Students of History Association – ISHA)
5
nel corso del
2008, nei quali era evidente lo scarso interesse riservato dagli insegnamenti
tenuti in altre università europee nei confronti di temi e problemi che non
riguardassero la propria, circoscritta realtà territoriale. L’oggetto di studio
della maggioranza dei corsi seguiti dagli studenti stranieri con cui ho avuto
modo di dibattere riguardava questioni locali, affrontate in modo dettagliato e
approfondito, e quasi mai si rivolgeva a realtà diverse dalla propria, nel qual
caso analizzate in maniera piuttosto superficiale.
Seguendo un approccio geografico di tipo transcalare, ho voluto
impostare questo lavoro contestualizzando spazialmente e temporalmente le
vicende legate al bacino del Nilo. Se è vero, infatti, che per capire alcuni
processi è necessario attenersi ad una scansione cronologica, è altresì utile
addentrarsi nelle singole questioni cercando di comprendere, prima che
localmente, quali siano la situazione e le implicazioni a livello globale. I
conflitti per la gestione delle risorse idriche, infatti, costituiscono una realtà
diffusa su tutto il pianeta e non solo in Africa nord-orientale. Ho ritenuto
corretto, pertanto, analizzare la questione nel suo approccio teorico e,
successivamente, nel suo approccio pratico in diversi contesti regionali, prima
di focalizzare l’attenzione sul contesto medio-orientale, sul quale le vicende
legate al Nilo inevitabilmente influiscono.
4
Cfr., a riguardo, i programmi degli insegnamenti, non solo di Geografia, all’interno delle
guide dello studente, disponibili on line sul sito web del Collegio didattico in Scienze Storiche
[http://host.uniroma3.it/cds/scienzestoriche/] (ultimo accesso, 11 aprile 2009).
5
International Students of History Association – ISHA [http://www.isha-international.org/] (11
aprile 2009).
7
A partire dagli anni ’70 del Novecento, studiosi delle più diverse
discipline si sono interrogati sul possibile ruolo delle risorse naturali
nell’ambito dei conflitti tra stati o tra comunità rivali. In principio, ci si era
soffermati sulle lotte per il possesso e lo sfruttamento delle risorse energetiche,
in un contesto mondiale in cui ci si rese conto per la prima volta della
limitatezza delle riserve globali di petrolio e di gas naturali
6
. Nel corso degli
anni, pertanto, si è cercato sia di migliorare l’efficienza delle macchine che
sfruttavano queste risorse, al fine di ridurne i consumi, sia di trovare altri modi
di creare energia, al fine di rendere la popolazione mondiale indipendente
dalle risorse energetiche fossili.
Dalla metà degli anni ’80, anche in seguito ad una serie drammatica di
stagioni in cui la siccità aveva provocato la morte di centinaia di migliaia di
persone in tutto il mondo, l’attenzione si è spostata sull’acqua. La sua
disponibilità, il suo accesso, la sua gestione e il suo sfruttamento hanno
rappresentato – e rappresentano tutt’oggi – un nodo su cui ruotano sempre più
gli interessi delle società, dei governi e delle aziende di tutto il mondo. In
particolar modo, sono diventate oggetto del contendere quelle risorse idriche
che travalicano i confini nazionali, rientrando, perciò, negli interessi – sociali,
politici, economici – di stati limitrofi, divenuti rivali.
La questione, in realtà, non interessa la popolazione mondiale solamente
da vent’anni a questa parte, poiché notizie di conflitti per lo sfruttamento e la
gestione delle risorse idriche si rintracciano, ad esempio, anche in età
sumerica, tanto da influire sulla redazione di alcuni articoli del codice di
Hammurabi. Tuttavia, il problema si è acuito allorché si sono persi gli usi
tradizionali nella gestione delle risorse idriche e ne è stato mistificato il valore.
L’acqua, perciò, da diritto fondamentale per la sopravvivenza delle
popolazioni umane è divenuta bene essenziale e, poi, bene economico e, in
6
Già nel 1866 William Stanley Jevons parlò della limitatezza del carbone come risorsa
energetica, ma egli si riferiva ad un contesto localizzato, ovvero quello inglese. Fu a partire
dagli anni ‘70 del XX secolo che la questione divenne di attualità mondiale.
8
quanto tale, le può essere attribuito un prezzo, al pari di un qualsiasi altro bene
commerciabile
7
.
Il caso esemplare di risorse idriche condivise è rappresentato dai fiumi
transnazionali, che attraversano il confine di diversi paesi e le cui acque
vengono spartite tra più popoli, che si trovano a dover lottare, al fine di
ottenere ciò che è essenziale per la propria sopravvivenza. Gli esempi di corsi
d’acqua transnazionali nel mondo sono numerosi e ciascuno di essi ha sue
proprie peculiarità. Nel complesso, però, si possono osservare alcuni processi
o situazioni simili tra un sistema idrografico ed un altro. Una considerazione
che viene spesso fatta da chi analizza queste questioni è che buona parte dei
conflitti nasce per la mancata cooperazione tra gli stati o le comunità
contendenti. Essi, infatti, tendono per la maggior parte dei casi ad interessarsi
solamente di quelle risorse presenti sul proprio territorio, senza tenere in
considerazione da dove provengano o dove siano dirette. Solamente
considerando la complessità dei territori interessati dal bacino idrografico, sarà
possibile da parte di ciascun contendente poter disporre nel modo migliore
delle risorse idriche
8
.
Anche se non per primo, vorrei porre nuovamente l’attenzione sul
sistema idrografico nilotico, analizzandolo dal punto di vista non solo
geopolitico, ma anche in un ambito che consideri lo sfruttamento e la gestione
delle risorse idriche al centro del sorgere dei diversi conflitti tra più popoli.
Nell’elaborato ho voluto porre l’attenzione su tre dei dieci stati che ne
condividono le acque: l’Egitto, l’Etiopia e il Sudan. Questi hanno
rappresentato nel corso del tempo, non solo a partire dalla presenza britannica
sul medio e basso corso del Nilo, i tre soggetti maggiormente interessati alle
vicende legate al fiume. La presenza dell’Egitto è quella che nel corso del
tempo è risultata costante, senza la quale sarebbe difficile pensare ad un
7
Cfr. V. Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Torino, ISEDI Petrini Editore, 1990; Id., Le guerre
dell’acqua, Milano, Feltrinelli, 2004; Id., Il bene comune della terra, Milano, Feltrinelli, 2006.
8
Cfr. E. Ferragina (a cura di), L’acqua nei Paesi mediterranei: problemi di gestione di una
risorsa scarsa, Bologna, Il Mulino, 1998.
9
sistema nilotico complessivo. D’altra parte, l’Egitto è stato il punto di contatto
tra la realtà africana, quella europea e quella mediorientale in un più vasto
contesto mediterraneo.
Sebbene la Gran Bretagna sia stata presente sul Nilo per un periodo
limitato nel tempo – circa 40 anni in Egitto e circa 70 in Sudan –, è inevitabile
parlare del fiume senza considerare il suo ruolo, particolarmente attivo, svolto
nel corso di quegli anni. Si cercherà, pertanto, di evidenziare questo fattore,
senza tralasciare gli altri aspetti caratteristici della complessità del bacino, tra
cui, ad esempio, la particolarità del Regno d’Etiopia. Esso ha rappresentato per
secoli l’ultimo baluardo della cristianità nell’Africa islamica, divenendo,
secondo le necessità, alleato o nemico delle potenze europee nel continente.
L’analisi potrebbe risultare in qualche modo sbilanciata, soffermandosi
particolarmente sulle vicende legate all’Egitto piuttosto che agli altri due stati.
Senza nulla togliere ad essi, è indubbio il ruolo preponderante svolto dalle
popolazioni che hanno vissuto in territorio egiziano per millenni. Pertanto, la
questione egiziana sarà affrontata non solo nell’ambito geopolitico
mediorientale, come avviene per la maggior parte degli studi contemporanei,
ma sarà analizzata anche nel ben diverso contesto africano.
Il controllo delle acque del Nilo e delle sue sorgenti è stato posto al
centro degli interessi dei diversi sovrani che si sono succeduti nel corso dei
secoli in Egitto. Il ruolo egemonico di questo regno sugli altri è stato spesso
giustificato dalla necessità di garantire la sopravvivenza della propria
popolazione, così come lo sono stati quei processi di espansione verso altri
paesi del bacino. L’Egitto, d’altra parte, all’interno del bacino del Nilo, si
trova in una posizione geograficamente strategica per i rapporti – sociali,
culturali, politici, economici – tra le popolazioni rivierasche, mettendo in
comunicazione le genti del mediterraneo con quelle dell’Africa sub sahariana,
quelle del Maghreb con quelle del Medio Oriente.
Se le sorti di Egitto e Sudan sono state studiate spesso congiuntamente,
per via della comune influenza britannica, ben diverso è lo studio riguardo
10
l’Etiopia. Spesso esclusa dal dibattito idropolitico nel contesto nilotico per via
dei conflitti interni che ne hanno minato la stabilità politica nel corso degli
anni, l’Etiopia, però, è un attore potenzialmente fondamentale, poiché
contribuisce con circa l’80% all’apporto idrico totale del Nilo. Anche
all’interno del dibattito storiografico sorto in Italia, l’Etiopia spesso ha svolto
un ruolo subordinato a quello ricoperto dal processo di espansione coloniale,
acceleratosi durante il periodo fascista, svolgendo quasi una funzione di
palcoscenico per gli eventi italiani in Africa, un po’ come accade, del resto,
per tutte le questioni legate al continente africano all’interno della storiografia
non solo italiana.
Nel contesto internazionale il dibattito relativo al mondo africano e al
bacino del Nilo è molto ampio e si protrae ormai da diversi anni. Esso sorge,
infatti, ben prima delle diverse fasi di scoperta, esplorazione e colonizzazione
del continente africano da parte degli stati europei. Senza soffermarsi a lungo
sulle epoche più remote, cercherò, pertanto, di delineare un quadro della
questione nilotica nel corso del tempo, focalizzando l’attenzione sul periodo
che va dalla metà dell’800 – i primordi del colonialismo – ad oggi, senza
tralasciare quei momenti fondamentali che hanno portato gli stati e le
popolazioni africane alla situazione attuale.
Un approccio storiografico alla questione…
Gli studi sul corso del Nilo, o del tratto che se ne conosceva, furono
compiuti fin in epoca remota. Alle relazioni delle esplorazioni degli antichi
egizi seguirono quelle dei viaggiatori greci, romani ed infine europei, che si
spinsero alla scoperta delle particolarità del fiume e del suo regime idrico
stagionale. Tra questi ho scelto di riportare le relazioni di viaggio del
maghrebino Ibn Battuta, del vicentino Filippo Pigafetta e, infine, la
dissertazione sulle inondazioni del Nilo elaborata dall’aretino Girolamo
11
Borro
9
. Come si vedrà, sarà difficile non fare un paragone tra questi e i
racconti del viaggio di Erodoto in Egitto, che offrirono – e offrono tutt’ora –
una assai valida descrizione del corso del fiume, della possibile localizzazione
delle sorgenti e della spiegazione delle inondazioni.
Gli interessi coloniali dei paesi europei in Africa portarono alla redazione
di nuove descrizioni del corso del Nilo, supportate dalle relazioni delle
esplorazioni compiute in tutto il continente nel corso dell’800. Di queste fanno
parte senza dubbio i resoconti di John H. Speke
10
, Richard F. Burton
11
, James
A. Grant
12
e Samuel W. Baker
13
.
Le prime relazioni di tipo scientifico, ad uso dei governi locali, però, si
ebbero con l’effettiva occupazione dei territori posti lungo il corso del Nilo.
Oltre ai testi redatti nel corso della breve esperienza francese in Egitto, i
tecnici e gli ingegneri dell’esercito britannico hanno studiato a lungo e a fondo
le questioni legate al bacino del Nilo. Di grande interesse sono i reports tecnici
di William Garstin
14
sull’irrigazione perenne in Egitto e sulle opere idrauliche
da realizzare in tutto il bacino del Nilo. Grazie al lavoro dei suoi ingegneri
idraulici, l’apporto di William Willcocks
15
fu di notevole importanza, anche
nella realizzazione successiva di opere lungo il corso del Nilo. Henry Lyons
16
9
Ibn Battuta, I viaggi, a cura di C.M. Tresso, Torino, Einaudi, 2008; T. Filesi, Sulla
pubblicazione di un grande inedito di Filippo Pigafetta: La “Relatione o Viaggio dell’Egitto,
dell’Arabia, del mar Rosso et del Monte Sinai”, in «Africa», Anno XLV, N. 2, Giugno 1990,
pp. 281-300; A. Magnaghi, Il Golfo di Suez e il Mar Rosso in una Relazione inedita di Filippo
Pigafetta (1576-77), in «Bollettino della Società Geografica Italiana», Serie IV, Volume XI,
Parte I, Anno XLIV (1910), Volume XLVII, pp. 145-177 e 284-312; G. Borro, Del flusso e del
reflusso del mare, et dell’inondatione del Nilo, Fiorenza, Giorgio Marescotti, 1577.
10
J.H. Speke, Journal of the discovery of the source of the Nile, Edinburgh-London,
Blackwood and sons, 1863.
11
R.F. Burton, The Nile basin. Part I. Showing Tanganyika to be Ptolemy’s western lake
reservoir, London, Tinsley brothers, 1864.
12
J.A. Grant, A walk across Africa, or Domestic scenes from my Nile journal, Edinburgh-
London, Blackwood and sons, 1864.
13
S.W. Baker, The Albert N’yanza, great basin of the Nile, and explorations of the Nile
sources, London, Macmillan and co., 1866; Id., The Nile tributaries of Abyssinia, and The
sword hunters of the Hamran Arabs, Philadelphia, J.B. Lippincott, 1867.
14
W. Garstin, Egypt. Report on perennial irrigation and flood protection for Egypt, Cairo,
National printing office, 1894.
15
W. Willcocks, Egyptian irrigation, London-New York, Spon & Chamberlain, 1899.
16
H. Lyons, Some geographical aspects of the Nile, in «Geographical Journal», Volume 32, 5
November 1908, pp. 449-475.
12
si soffermò sugli aspetti geografici del corso del Nilo in Egitto e in Sudan,
mentre Murdoch MacDonald
17
redasse un rapporto completo e dettagliato sul
tipo di opere da realizzare sul corso del Nilo al fine di incrementare lo
sviluppo agricolo in Egitto e in quella striscia di terra compresa tra il Nilo
Bianco e il Nilo Azzurro, a sud della capitale sudanese di Khartoum, detta
Gezira.
Il contributo di Harold E. Hurst
18
, invece, è importante perché
rappresenta un momento di svolta tra le opere che si soffermano sul bacino del
Nilo. I suoi, infatti, non sono semplici rapporti tecnici sullo stato del fiume e
su possibili opere idrauliche da realizzare, ma rappresentano esempi di primi
studi scientifici, e al tempo, stesso divulgativi del bacino. Essi hanno
contribuito – e contribuiscono tutt’ora – le fonti principali di chi si addentra
nello studio del Nilo.
Il primo che affrontò, nel 1979, la questione idropolitica del bacino del
Nilo fu John Waterbury
19
. Egli, insieme a Robert O. Collins
20
, Paul P. Howell
e John A. Allan
21
, ha contribuito alla redazione di una letteratura scientifica in
grado di delineare un quadro complessivo delle questioni nilotiche e dei
rapporti tra i diversi stati del bacino.
17
M. MacDonald, Nile control. A statement of the necessity for further control of the Nile to
complete the development of Egypt and develop a certain area in the Sudan, with particulars of
the physical conditions to be considered and a programme of the engineering works involved,
Cairo, Government Press, 1920.
18
H.E. Hurst, The Nile Basin, Cairo, Government Press, 1931; Id., The Nile. A general account
of the river and the utilization of its waters, London, Constable publishers, 1952.
19
J. Waterbury, Hydropolitics of the Nile Valley, New York, Syracuse University Press, 1979;
Id., The Nile Basin. National Determinants of Collective Action, New Haven-London, Yale
University Press, 2002.
20
R.O. Collins, The waters of the Nile. Hydropolitics and the Jonglei canal, 1900-1988,
Oxford, Claredon Press, 1990; Id., In search of the Nile Waters, 1900-2000, in H. Erlich, I.
Gershoni (edited by), The Nile: Histories, Cultures, Myths, Boulder-London, Lynne Rienner
Publishers, 2000, pp. 245-267; Id., The Nile, New Haven-London, Yale University Press, 2002;
Id., History, hydropolitics, and the Nile: Nile control: myth or reality?, in P.P. Howell, J.A.
Allan (edited by), The Nile. Sharing a scarce resource. A historical and technical review of
water management and of economic and legal issues, Cambridge, Cambridge University Press,
2008, pp. 109-135.
21
P.P. Howell, J.A. Allan (edited by), The Nile. Sharing a scarce resource. A historical and
technical review of water management and of economic and legal issues, Cambridge,
Cambridge University Press, 2008.
13
Dopo di loro i contribuiti sono aumentati in numero, ma hanno ristretto il
proprio campo d’indagine. Tra questi, i lavori più importanti sono stati, a mio
avviso, quelli di John Hultin
22
, Daniel Kendie
23
e Cristina Rossi
24
, che hanno
contribuito ad approfondire, ampliare ed alimentare il dibattito scientifico sulle
questioni relative al bacino del Nilo, cercando di oltrepassare le barriere della
divulgazione imposte in qualche modo dalle vicissitudini politiche, sociali ed
economiche dei diversi paesi presi in considerazione.
Articolazione dell’elaborato
Il lavoro è stato suddiviso in quattro capitoli, articolati in paragrafi. Nel
primo capitolo ho cercato di offrire una visione ampia e il più possibile
completa relativamente alla gestione e allo sfruttamento delle risorse idriche,
distinguendole all’interno del complesso contesto delle risorse naturali.
Attraverso l’analisi dell’evoluzione del sistema legislativo internazionale, è
possibile comprendere quanto la questione idrica nel corso degli anni sia
divenuta di sempre maggior interesse per le società umane. Sebbene la
gestione delle risorse idriche condivise sia da sempre al centro dei conflitti tra
comunità limitrofe, la loro importanza, e quindi il loro controllo, è divenuta
oggi di vitale importanza per la sopravvivenza delle popolazioni interessate,
anche a causa del mutamento di valore che viene attribuito all’acqua. Un ruolo
fondamentale è svolto non solo dai governi locali, ma anche dalle aziende
multinazionali, in grado di monopolizzare il mercato mondiale dei beni
alimentari di prima necessità. Grazie al forte peso che rivestono nelle
economie dei paesi in via di sviluppo, esse riescono ad acquisire il controllo
delle fonti potabili, la gestione dei servizi idrici urbani e il monopolio del
22
J. Hultin, The Nile: Source of Life, Source of Conflict, in L. Ohlsson (edited by),
Hydropolitics. Conflicts over Water as a Development Constraint, London-New Jersey, Zed
Books, 1995, pp. 29-54.
23
D. Kendie, Egypt and the Hydro-Politics of the Blu Nile River, in «Northeast African
Studies», Vol. 6, No. 1-2 (New Series) 1999, pp. 141-169.
24
C. Rossi, Idrogeopolitica del bacino del Nilo, in «Bollettino della Società Geografica
Italiana», Serie XII, vol. IX (2004), pp. 71-86.
14
mercato dell’acqua in bottiglia, traendo enormi vantaggi, a discapito delle
necessità delle comunità locali.
Così come accade per le questioni più attuali, a livello accademico non
esiste una sola disciplina che si interessi della gestione e dello sfruttamento
delle risorse idriche nel mondo. Da qualche anno a questa parte, è sorto un
nuovo campo di studio: l’idropolitica. Essa, grazie al contributo degli studiosi
delle più diverse discipline, cerca di analizzare la questione, attraverso un
approccio olistico, che non tralasci alcun aspetto o punto di vista.
Nel mondo i conflitti per la gestione e lo sfruttamento delle risorse
idriche, a livello internazionale, transnazionale o locale, sono assai numerosi.
Nel secondo capitolo ho voluto offrire un quadro delle aree in cui si svolgono
conflitti, il cui oggetto del contendere è l’acqua. L’attenzione si è focalizzata,
pertanto, sull’Europa, il bacino mediterraneo e il Medio Oriente. I casi di
studio, brevemente esposti, delineano situazioni differenti, nelle quali, però, è
possibile riscontrare fattori ed aspetti comuni. Allo stesso modo, l’attenzione
si è spostata, poi, sul continente africano, nel quale le risorse idriche presenti
sarebbero in grado, in linea teorica, di sopperire alle esigenze delle
popolazioni. In questo contesto, ho scelto di analizzare il bacino del fiume
Congo, il sistema idrologico più esteso in Africa per dimensioni.
L’analisi del bacino del Nilo, invece, non può inserirsi in un contesto
univoco, ma è necessario far riferimento alle diverse realtà che interagiscono
con gli stati e le comunità che vivono lungo il suo corso. L’estensione e la
localizzazione del Nilo, infatti, hanno agito in maniera tale che, nel corso dei
secoli, esso sia stato, alternativamente, fautore od ostacolo alle relazioni e ai
rapporti – culturali, commerciali, conflittuali – tra le popolazioni locali e le
genti limitrofe.
Nel terzo capitolo la mia analisi si è soffermata sull’evoluzione
dell’approccio allo sfruttamento e alla gestione delle risorse idriche del Nilo,
che si è potuta riscontrare nel corso dei secoli. Ho voluto suddividere questo
processo in tre periodi, individuati sulla base dell’intesità dell’impatto
15
antropico sulle risorse idriche del fiume. Dall’antichità agli inizi dell’800 lo
sfruttamento del Nilo è stato relativo al solo controllo delle sue acque per fini
agricoli, senza la realizzazione di importanti opere idrauliche, eccetto qualche
rara eccezione. In questo lasso di tempo è stato individuato il primo periodo,
nel quale l’impegno più importante era costituito dal controllo e dalla
manutenzione di canali e sbarramenti per razionalizzare l’irrigazione dei
terreni lungo le sponde del fiume. Per convenzione, si fa concludere questa
fase con la spedizione napoleonica in Egitto (1798-1801).
Il secondo periodo, invece, coincide con la presenza e gli interessi dei
paesi europei nei territori del bacino del Nilo. Questa fase, compresa tra gli
inizi dell’Ottocento e la metà del Novecento, fu in qualche modo avviata dalle
riforme agricole che Muhammad ’Ali intraprese in Egitto e che furono
riproposte e ampliate dagli ingegnieri europei, al fine di migliorare la
produttività agricola dei terreni da loro posseduti. La realizzazione di opere
idrauliche sul fiume, infatti, non aveva lo scopo primario di portare beneficio
alle popolazioni africane, bensì quello di potenziare lo sviluppo agricolo e
industriale per la coltivazione e la produzione di prodotti destinati al mercato
dei paesi occidentali.
Nel quarto capitolo, invece, mi sono soffermato sul terzo, ed ultimo,
periodo della scansione temporale proposta, il cui avvio può essere individuato
nel momento in cui iniziarono a scemare gli interessi politici dei paesi europei
nel bacino del Nilo. Da allora, la gestione delle risorse idriche svolge un ruolo
importante – se non fondamentale – negli equilibri dei paesi africani
interessati. I rapporti diplomatici tra essi, inoltre, permettono di distinguere
questo stesso periodo in due fasi: una prima, in cui i rapporti tra gli stati
ripuari sono stati di tipo conflittuale; una seconda, che ha avuto inizio a partire
dalla metà degli anni ’90 del Novecento, in cui si sta assistendo ad un cambio
di politiche da parte degli stessi stati, che vanno pian piano sostituendo i
rapporti conflittuali con quelli di tipo cooperativo.
16
Successivamente, ho voluto focalizzare l’attenzione sui tre stati presi in
esame, le loro evoluzioni sociali e politiche degli ultimi decenni e la loro
situazione attuale. Di ciascuno di essi è stato offerto un quadro di quelle
politiche volte allo sfruttamento delle proprie risorse idriche e al proprio
sviluppo economico. In seguito, ho cercato di delineare i rapporti tra Egitto,
Etiopia e Sudan che si sono succeduti nel corso degli anni e le iniziative
transnazionali che sono stato promosse da essi.
Alla luce di questo studio, si è cercato, infine, di delineare quel ventaglio
di scenari futuri ritenuti plausibili dai diversi studiosi che hanno affrontato, o
che affrontano tuttora, le questioni legate al bacino del Nilo. Questi possibili
scenari potrebbero caratterizzare non solo la regione nilotica, ma anche quelle
in cui si assiste, o si è assistito in passato, a conflitti per la gestione e lo
sfruttamento delle risorse idriche condivise.
Note redazionali
Negli ultimi anni, è sorto un dibattito a livello non solo accademico, ma
anche sociale riguardo le influenze che le nuove tecnologie – in special modo
Internet – hanno sugli studi umanistici, tra cui la storia e la geografia,
ampliando i limiti fisici della ricerca. Diversi nuovi strumenti, infatti, si
propongono/impongono nel lavoro degli studiosi, ampliando la quantità delle
fonti disponibili. Cercando di evitare di essere sommerso dall’enorme mole di
documenti, lo studioso è oggi in grado di accedere a fonti digitali – o
digitalizzate – disponibili in luoghi distanti, alle quali senza l’uso di Internet,
non avrebbe potuto accedere, se non recandosi fisicamente in quei luoghi. Il
più immediato vantaggio è offerto dalla possibilità di consultare i cataloghi
delle biblioteche e il contenuto di interi volumi attraverso la Rete, seguito
dalla possibilità di fare lo spoglio di periodici e quotidiani.
Nella consultazione di fonti on line, però, ci si pone il problema di come
poter citare questi documenti non fisici, materialmente non tangibili, essendo