6
probabilmente, ciò è dovuto al fatto che le idee lì esposte provengono da una
lunga riflessione ultradecennale, come è lo stesso Mill a scrivere
1
.
Sono, innanzitutto, le critiche del liberale Macaulay, nel 1829, alle teorie sul
governo del padre James Mill ed al suo metodo di indagine delle scienze sociali,
ad avere per prime influenzato le idee di John Stuart Mill
2
, spingendolo
all’iniziale allontanamento dall’ortodossia utilitarista.
Un nuovo punto di vista nei confronti del governo rappresentativo è quello che
Mill trova in Alexis de Tocqueville e nella sua Democrazia in America, in cui
emerge come il sistema democratico sia frutto di un processo storico e politico
inevitabile, e che in una società come quella americana, omogenea dal punto di
vista sociale (larghissima parte dei cittadini appartiene al ceto medio), esso corre
il rischio di portare a ciò che Tocqueville chiama tirannia della maggioranza, e
quindi alle restrizioni degli spazi di quella libertà individuale così cara al filosofo
inglese; questo problema, assieme a quello riguardante il principio di
competenza, è nuovo e notevolmente sentito da Mill, formato per anni alle teorie
del padre, secondo le quali, invece, quello democratico è l’unico sicuro controllo
nei confronti degli abusi del governo.
Allo stesso modo, l’incontro col romanticismo coleridgiano porta Mill ad
integrare il pensiero di Jeremy Bentham con considerazioni, nate come moto di
reazione anti-illuminista, sul ruolo della nationality e della clerisy nella società,
nonché su quello delle tradizioni esistenti e passate che modellano un popolo e,
conseguentemente, il suo apparato istituzionale
3
.
1
Cfr. John Stuart Mill, Autobiografia, a cura di Franco Restaino, Laterza, Bari 1976, p. 205, e
Considerations on Representative Government, in Id. Collected Works, University of Toronto Press-
Routledge-Kegan Paul, London-Toronto 1977, p. 373.
2
Cfr. John Stuart Mill, Autobiografia, cit., p. 124, e J. H. Burns, J.S. Mill and Democracy, in
Schneewind J.B. (ed.), Mill: A Collection of Critical Essays, London 1968, p. 282.
3
Cfr. John Stuart Mill, Coleridge, in Bentham e Coleridge, Alfredo Guida Editore, Napoli 1999, pp.
7
L’insieme di variazioni che ognuno può rintracciare nella lettura dei testi politici
e sociali milliani – cioè l’adesione, di volta in volta, agli ideali democratici
propugnati dal radicalismo oppure alle critiche nei confronti del governo
popolare - è stato letto in modo critico da parte di quegli studiosi ed interpreti di
Mill decisi sostenitori della partecipazione e della rappresentanza attraverso il
metodo democratico: l’ampia concezione milliana della libertà individuale si
associa ad un progetto politico che, a tali studiosi, sembra essere preposto più
alla limitazione di tale libertà che alla sua promozione
4
.
Tale impostazione interpretativa negli ultimi anni è stata fortemente rimessa in
discussione
5
: la democrazia cui Mill pensa ha forse il suo riferimento storico in
un modello (seppur filtrato dal tempo e dalla modernità) quale quello della
democrazia periclea
6
, luogo non solo di decisioni collettive, ma anche di scambio
libero di opinioni e di continuo autoperfezionamento morale e spirituale verso la
virtù – concetto, questo, estraneo al principio utilitaristico originale della
maggior felicità del maggior numero.
All’interno di una concezione complessa di ciò che sono la libertà, la democrazia
e la rappresentanza politica, non sono solo le considerazioni di carattere generale
e filosofico sulla società e sugli individui ad essere oggetto di revisione; dal
punto di vista politico, nella rielaborazione del benthamismo operata da Mill
rientrano anche soluzioni pratiche, progetti di architettura istituzionale, proposte
di riforma della legislazione e dello stato: si prendano ad esempio i progetti di
riforma di legge elettorale, l’ipotesi avanzata sin dal 1840 di un sistema
105-114
4
Cfr. Nadia Urbinati, L’ethos della democrazia. Mill e la libertà degli antichi e dei moderni, Laterza,
Roma-Bari 2006, p. 4.
5
Cfr. ivi, pp. 4-20.
6
Cfr. ibidem, e Jonathan Riley, Mill’s Neo-Athenian Model of Liberal Democracy, in Nadia Urbinati -
Alex Zakarias (ed.), J. S. Mill’s Political Thought. A Bicentennial Reassessment, Cambridge
University Press, Cambridge 2007, pp. 221-249.
8
bicamerale, nonché le opinioni riguardo ai sistemi di governo più “arretrati”
presenti nelle società non ancora abbastanza sviluppate (e qui, oltre agli echi
coleridgiani, sono presenti anche quelli del positivismo di Auguste Comte).
In estrema sintesi, il progetto politico esposto nelle Considerazioni sul governo
rappresentativo nasce dalla proposta democratica dei philosophical radicals e
dall’esperienza milliana di attivista politico, e si sviluppa grazie ai contributi
provenienti dalla lettura di Tocqueville, dalle influenze romantiche (in particolare
coleridgiane), dal distacco dal benthamismo avvenuta alla fine degli anni ’30 del
secolo – oltre che, dal punto di vista metodologico, dallo studio delle scienze
sociali operato nel VI libro del Sistema di logica (1843).
Dopo un’iniziale e sommaria esposizione del contesto storico e politico del
pensiero di John Stuart Mill, sarà importante vedere, a partire dai Remarks on
Bentham’s Philosophy e dai due saggi Bentham e Coleridge, come Mill
intraprenda a partire dagli anni ’30 la revisione dell’utilitarismo di Jeremy
Bentham e di James Mill, in particolar modo dal punto di vista sociale e politico.
Alla stessa maniera, si vedrà l’influenza tocquevilliana a proposito dei problemi
della democrazia e della dittatura della maggioranza
7
, e come la proposta
politica, sociale ed istituzionale di Mill ed i suoi elementi centrali trovino infine
una chiara e finale messa a punto nelle Considerazioni sul governo
rappresentativo.
Di quest’ultimo testo, e del suo autore in generale, verranno quindi esposte ed
analizzate, relazionandole con le tesi politiche e sociali degli intellettuali che
hanno influenzato il pensiero di John Stuart Mill, alcune proposte politiche,
legislative ed istituzionali, quali quelle riguardanti, ad esempio, la legge
7
Proprio perché il profilo di queste pagine è storico-filosofico, saranno maggiormente importanti le due
recensioni milliane alla Democrazia in America, rispetto alle pagine di On Liberty trattanti gli stessi
temi.
9
elettorale, il ruolo e la struttura del governo, ed i rispettivi principi su cui queste
poggiano.
10
I. QUADRO STORICO
I primi decenni di vita di John Stuart Mill coincidono con gli anni che vedono la
fine delle guerre napoleoniche in Europa, la restaurazione dell’antico regime in
tutto il continente e la necessità di affrontare la crisi economica postbellica in
Inghilterra.
Gli inglesi escono vittoriosi dalla guerra ultraventennale contro la Francia
rivoluzionaria e, poi, imperiale: grazie all’estesa rete commerciale presente in
tutto il globo, l’economia britannica sopperisce benissimo ai danni del blocco
continentale decretato nel 1806 da Napoleone Bonaparte; la superiorità militare
navale inglese blocca i progetti espansionistici francesi, e nel 1815 la guerra
termina favorevolmente per il governo di Londra. Nonostante tale vittoria, però,
sono i codici e l’amministrazione francesi, assieme agli ideali rivoluzionari, a
lasciare la propria impronta per i decenni a venire sulla società del vecchio
continente, mentre l’Inghilterra, politicamente e culturalmente, resta «scissa dalla
vita dell’Europa»
8
.
Gli anni seguenti la guerra sono segnati dalla crisi economica, dai debiti di
guerra, da profonde tensioni nel campo industriale, dalle sempre crescenti
rivendicazioni sociali e salariali e dalle richieste di riforme democratiche e sociali
da parte dei vari gruppi politici ed intellettuali radicali.
I governi tory che si susseguono fino al 1830 affrontano questi problemi con
politiche decisamente favorevoli alla protezione degli interessi dei ceti più
abbienti e alla conservazione dell’apparato istituzionale esistente: nel 1815 viene
approvata la Corn Law, che prevede l’assegnazione di sussidi statali ai produttori
di cereali, e già negli anni precedenti era entrata in vigore una legislazione
8
Christopher Harvie, Rivoluzione e dominio della legge, in Kenneth Owen Morgan, Storia
dell’Inghilterra da Cesare ai giorni nostri, Bompiani, Milano 2002, p. 372.
11
decisamente restrittiva nei confronti delle fasce meno agiate della società e delle
loro rivendicazioni civili e sociali
9
. Il culmine di questa politica repressiva viene
raggiunto presso i Saint Peter Fields di Manchester il 16 agosto 1819, nella
cosiddetta battaglia di “Peterloo”, con l’uccisione di undici persone e l’arresto di
moltissime altre che stavano pacificamente manifestando a favore delle riforme
sociali e democratiche. A questo episodio ne seguono molti altri di aspra e
spietata repressione.
A partire dagli anni ’20 i governi conservatori iniziano a subire la forte
opposizione del partito whig, e a farsene quindi influenzare: nel 1823 l’esecutivo
si schiera a favore dell’indipendenza delle repubbliche sudamericane (anche
perché in esse vede la nascita di un nuovo, grande mercato), nel 1825 è abrogata
parte della legislazione antisindacale, mentre nel 1829 viene approvata la legge
di emancipazione cattolica che consente anche ai fedeli della chiesa di Roma di
sedere in parlamento.
Nel 1830 il governo passa nelle mani degli stessi whig, che due anni dopo
riescono a porre mano anche alla rappresentanza parlamentare e a far approvare
il Reform Bill (1832), cioè la legge di abolizione dei borghi putridi (rotten
boroughs, piccole circoscrizioni rurali sotto il sostanziale controllo elettorale dei
proprietari terrieri; dall'altro lato, vi sono grandi agglomerati urbani abitati
prevalentemente da operai, decisamente sottorappresentati in parlamento), di
estensione del suffragio e di ridisegno di tutto il sistema circoscrizionale del
Regno Unito
10
; si passa da una rappresentanza legata ad una parte della proprietà
9
Già sul finire del secolo precedente questa legislazione prende piede, sia per i primi conflitti sociali,
sia per limitare le simpatie democratico-giacobine. Nel 1799, ad esempio, viene approvata la
Combination Law che rende illegali i sindacati, equiparandoli ad associazioni sovversive.
10
Al Reform Bill seguono, nei decenni successivi, nuovi cambiamenti della legge elettorale: i Reform
Acts del 1867 e del 1884 portano gli aventi diritto al voto dal 20% a più del 60% del totale della
cittadinanza maschile. Cfr. H. Colin G. Matthew, L’età liberale, in Kenneth Owen Morgan, op. cit., p.
419.
12
terriera ad un sistema elettorale che la coinvolge nella sua interezza e che, allo
stesso tempo, concede il diritto di voto all'emergente classe media.
Il governo whig dura quattro anni, durante i quali si occupa anche della riforma
del diritto di voto nell’ambito delle amministrazioni locali inglesi e scozzesi,
concesso a tutti coloro che pagano le imposte, abolisce la schiavitù e fa
approvare dal parlamento le prime leggi sul lavoro minorile; deve però anche
fare i conti con la crescente organizzazione e l’importanza delle trade unions e le
nuove proteste operaie che, nel 1834, subiscono nuovi atti di repressione da parte
delle autorità, provocando sei vittime nel Dorset (sud-est dell’Inghilterra).
Il rallentamento della spinta verso le riforme politiche e sociali è segnato dal
governo tory di Robert Peel (1841-1846), più attento ad una sana gestione della
finanza pubblica che alla risposta a quella mobilitazione sociale in cui la
borghesia imprenditoriale e commerciale vede un pericolo per le proprie
attività
11
. L’Inghilterra della metà e della fine degli anni’40 diviene, comunque,
un paese in cui il settore agricolo gestito dalla nobiltà terriera subisce un deciso
ridimensionamento, a vantaggio della borghesia industriale e commerciale, che si
deve impegnare politicamente a tenere sotto controllo gli operai e le loro
richieste sia venendo a patti con loro, sia chiedendo l’aiuto della vecchia élite del
paese; presso tale élite, inoltre, il ceto industriale insiste al fine di ottenere
politiche liberoscambiste: accanto all’esplosione dell’economia britannica
durante il periodo 1850-70, le concezioni di organizzazione della vita sociale e
politica ispirate dalla teoria economica classica e dal concetto del laissez-faire
(libero commercio e astensione dello stato dalla vita economica e commerciale)
hanno ormai trionfato nella società inglese.
11
Durante il governo Peel viene comunque allentato il sistema dei dazi ed abolita, nel 1846, la Corn
Law.
13
La vita civile si arricchisce e si articola anche grazie al contributo decisivo della
libera stampa, promotrice di campagne e battaglie politiche che ormai non
trovano più il parlamento come l'unico luogo di loro svolgimento; negli anni
successivi riprendono con vigore le lotte sociali dei sindacati, e nel 1867 e nel
1884 vengono approvate nuove riforme elettorali di estensione del diritto di voto,
avvicinandosi sempre più al suffragio universale maschile.
14
II. CONTESTO FILOSOFICO-POLITICO
Educato al benthamismo sin da bambino e cresciuto circondato dagli amici del
padre, John Stuart Mill manifesta profondo interesse per la politica sin da
giovane: a partire dal 1822 è fortemente impegnato nella pubblicistica legata a
giornali e riviste di orientamento radicale ed utilitarista
12
, senza mai distaccarsi
dalle idee e dalle posizioni ortodosse del gruppo politico di appartenenza, anzi,
aderendovi con grande entusiasmo. Negli anni '20 sostiene le campagne a favore
di ampie riforme in campo economico, sociale ed istituzionale. E’ sempre in
questo periodo che fonda, assieme ad alcuni amici e a casa di Jeremy Bentham,
la Utilitarian Society, che vivrà fino al 1826 - lo stesso anno della mental crisis
che conduce Mill in uno stato depressivo, fino a mettere in discussione la propria
educazione e l’ideale utilitarista da sempre perseguito.
Nel 1829 è tutta la sua attività da pubblicista radicale che conosce
un’interruzione, sia a causa dei problemi depressivi nati tre anni prima, sia a
causa dell’influenza ricevuta dalla lettura di alcune opere di Coleridge, Carlyle,
Saint-Simon, e, in particolare, della critica di Thomas Babington Macaulay,
storico e uomo politico whig, al saggio del padre James sul governo.
John Stuart Mill torna a scrivere nel 1831 (The Spirit of the Age), e riprende
l’attività pubblicistica: stavolta, però, abbandona l’ortodossia benthamiana, sia
per quel che riguarda la scelta del mezzo di comunicazione (molti suoi scritti
12
Citiamo, tra le altre, la “Westminster Review”, fondata da Bentham in opposizione alla “Edinburgh
Review” di ispirazione whig e alla “Quarterly Review” vicina all’area tory, la “Parliamentary History
and Review”, creata nel 1825 e dedita alla pubblicazione, al commento e alla critica dei dibattiti
parlamentari, “The Morning Cronicle”, il “Globe and Traveller”. Cfr. Claudio Cressati, La libertà e le
sue garanzie. Il pensiero politico di John Stuart Mill, Il Mulino, Bologna 1988, p. 11 e p. 28, nota 45;
Piergiorgio Donatelli, Introduzione a Mill, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 154; Eugenio Lecaldano,
Nota Biografica a Jeremy Bentham, Introduzione ai principi della morale e della legislazione, Unione
Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1998, pp. 59-60; Franco Restaino, J. S. Mill e la cultura
filosofica britannica, La Nuova Italia, Firenze 1968, p. XIII.
15
sono ospitati da riviste estranee al movimento del radicalismo filosofico), sia per
i contenuti (si vedano i Remarks on Bentham’s Philosophy, pubblicati anonimi
nel 1833
13
), avviandosi a conquistare una propria originalità filosofica e politica.
E’ la morte del padre James, avvenuta nel 1836, a rappresentare un punto di
svolta nella riflessione e nell’attività del figlio, poichè è da questo momento che
inizia la rielaborazione, da parte di Mill, del benthamismo e della strategia
politica dei filosofi radicali all’interno di una situazione politica che non appare
certo la più rosea: i propositi riformatori dei whig, al governo, vanno sempre più
declinando, e nel 1841 c’è il ritorno al governo dei conservatori, con l’inizio di
quella che sarà l’età vittoriana.
L’azione politica di Mill non è affatto estranea alla maturazione del suo pensiero
sociale, politico e filosofico, ed è infatti ad essa strettamente collegata: oltre alle
letture di Coleridge e Tocqueville, ad influenzare la rielaborazione dell’intero
utilitarismo sono la nuova situazione sociale e politica (le vicende inglesi degli
anni ’30 danno luogo, nel decennio successivo, ad «un compromesso politico e
sociale fra i rappresentanti della tradizionale proprietà terriera e quelli della
middle class industriale commerciale e finanziaria, con la conseguenza – e con lo
scopo – di escludere dalla partecipazione diretta al governo dello Stato sia le
classi lavoratrici della campagna sia quelle della città»
14
), la fine dell’epoca delle
riforme e, in generale, le vicende strettamente politico-parlamentari di quegli
anni
15
.
In realtà, se la rappresentanza sociale dei ceti più alti è in questi anni ormai
demandata ai conservatori, quella della middle class, in precedenza non priva di
simpatie per i radicals, è ormai consegnata ai liberali, e tra i lavoratori prende
sempre più piede il movimento cartista, che rivendica una rappresentanza operaia
13
Cfr. infra, III.3.
14
Franco Restaino, op. cit., p. 3.
15
Cfr. ivi, pp. 3-4, e supra, cap. II.
16
in parlamento tramite l’abolizione del suffragio censitario, la revisione dei collegi
elettorali, il voto segreto e l’introduzione delle indennità parlamentari. Nel 1838
Mill ritiene ancora possibile la nascita di un grande partito riformatore; nel 1839
è ormai convinto della necessità dell’esistenza del bipolarismo in un sistema
parlamentare e della necessità, per i radicali, di rapportarsi con la sinistra whig;
nel 1841 prende atto del fallimento politico dei gruppi filosofici radicali e, nello
stesso anno, il gruppo politico radicale scompare dal parlamento
16
.
Attorno alla “London & Westminster Review”
17
, che nell’arco degli anni 1837-
40 diviene lo strumento principale della sua opera di revisione del benthamismo,
Mill inizia a riunire anche pensatori e scrittori esterni al movimento radicale, per
cercare di organizzare strategicamente tutti i gruppi politici riformatori, seppur
ideologicamente eterogenei tra loro, in vista di un rilancio del movimento ed in
alternativa agli indeboliti whig e ai tory. Egli infatti si accorge che a criticare lo
stato di cose esistente ci sono anche movimenti dal carattere anti-illuministico, i
nostalgici dei secoli passati, gli esponenti del romanticismo, così come, sui
problemi sociali, i seguaci sansimoniani, e con costoro bisogna fare i conti e
confrontarsi.
La rivista, diretta proprio da Mill, è il punto di connessione tra l’attività politica e
la riflessione filosofica: accanto alle – fallite – proposte strategiche e politiche
radicali, inizia tutta una serie di collaborazioni di pensatori non strettamente
benthamiani e sono pubblicati i contributi di due intellettuali di stampo
romantico quali John Sterling e Thomas Carlyle. È questo il quadro in cui
appaiono, proprio sulla “London & Westminster Review”, i due saggi milliani
Bentham (1838) e Coleridge (1840), centrali nel segnare il distacco
dall’utilitarismo benthamiano ortodosso: il radicalismo milliano a questo punto
16
Cfr. Franco Restaino, op. cit., pp. 3-19.
17
Nel 1835 Mill fonda una nuova rivista radicale, la “London Review”. Assunta la direzione nel 1836
della “Westminster Review”, Mill fonde le due riviste per creare il nuovo organo del movimento
utilitarista.
17
non ha più a che fare col radicalismo di meno di un paio di decenni prima.
Conseguenza di tutto ciò è l’abbandono da parte di John Stuart Mill
dell’attivismo politico: egli inizia a dedicarsi più ampiamente alla riflessione
filosofica dal 1841, anno di inizio del governo conservatore di Robert Peel.
Alla caduta del governo Peel, nel 1846, Mill torna però ad interessarsi di
questioni politiche: scrive per proporre una riforma della proprietà terriera
nell’Irlanda scossa dalla carestia, e due anni dopo si interessa con entusiasmo ai
fatti rivoluzionari di Parigi che pongono fine alla monarchia e danno vita alla
seconda repubblica. L’attività pubblicistica di Mill subisce una nuova pausa nel
periodo successivo al suo matrimonio (1851) con Harriet Taylor, fino alla morte
della consorte nel 1858; alla fine degli anni ’50 Mill si concentra in particolare
sui problemi dell’amministrazione britannica dell’India e, per quel che riguarda
le istituzioni inglesi, sulla riforma della legge elettorale: di fronte all’ipotesi di
una estensione del suffragio Mill si schiera favorevolmente e propone l’adozione
di un sistema proporzionale all’interno di un collegio unico nazionale,
l’assegnazione del voto plurimo all’elettorato più qualificato e più colto e la
pubblicità del voto
18
.
Nel frattempo, i risultati delle riflessioni sui contenuti politici dell’utilitarismo,
delle influenze romantiche, delle battaglie politiche per la riforma delle
istituzioni e della legge elettorale, delle letture tocquevilliane, e anche del
positivismo comtiano (di cui Mill condivide più il metodo che la proposta
politica) portano la sua dottrina politica ad una elaborazione finale che trova la
sua stesura definitiva nel 1861 con le Considerazioni sul governo
rappresentativo.
18
Cfr. John Stuart Mill, Thoughts on Parliamentary Reform, in Id., Collected Works, Volume XIX,
University of Toronto Press-Routledge-Kegan Paul, London-Toronto 1977, pp. 311-340.