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Introduzione
La letteratura e l'esperienza dimostrano l'importanza della soddisfazione nel lavoro. Il lavoro,
elemento creativo della vita dell'uomo, è accompagnato da sentimenti che incidono sul suo
svolgimento, sulla salute psico-fisica e sulle attività extralavorative. L'organizzazione del lavoro ha
effetti importanti sulle sensazioni e percezioni dell'individuo nei confronti della propria attività.
Comportamenti deleteri per l'organizzazione, per la salute fisica e psicologica possono essere
conseguenze di una latente o palese insoddisfazione sul lavoro.
È certamente nell'interesse delle organizzazioni funzionare con efficienza. Le procedure
organizzative che tendono a massimizzare la soddisfazione incideranno su questa delicata variabile,
appoggiandosi a personale sicuramente più cooperativo e volenteroso. Le organizzazioni devono
percepirsi incisive ed acquisire gli strumenti per esercitare quest'importante funzione.
La soddisfazione nel lavoro è una variabile attitudinale e un indicatore diagnostico di
problemi nel lavoro o nella persona. Condizioni organizzative particolari e, qualche volta, fattori
esterni al lavoro (tratti di personalità ed eventi extralavorativi) possono condurre ad atteggiamenti di
insoddisfazione.
Il mondo del lavoro sta cambiando. La crescente competizione globale (Black, Gregersen e
Mendenhall, 1992), il rapido sviluppo della tecnologia informatica, la riprogettazione del
commercio (Hammer e Champy, 1993) e la sostituzione delle mansioni con i ruoli, sono
cambiamenti che richiedono nuovi approcci alla gestione dell'organizzazione. Grand'enfasi è stata
data alla flessibilità ed alla efficienza. Le organizzazioni devono essere abili ad adattarsi ai
cambiamenti, alle condizioni mutevoli e al taglio dei costi, in modo da essere competitivi. È
auspicabile una visione libera del mercato che porti a guardare al di fuori dell'organizzazione per
assicurarsi l'impiegabilità in occasione di sospensione temporanea dal lavoro. Di conseguenza i
lavoratori cercano di rifuggire da una dipendenza eccessiva dai loro capi. Appare quindi che né i
datori di lavoro, né gli impiegati dovrebbero essere committed, cioè coinvolti (Hirsch, 1987). Non
per questo lo studio del commitment è fuori luogo.
Prima di tutto perché c'è un centro, il cuore dell'organizzazione, che non può sparire. Quando
l'organizzazione si appiattisce e si ridimensiona, e le mansioni diventano più flessibili, quelli che
rimangono nel fulcro dell'organizzazione diventano sempre più importanti ed anche oberati di
responsabilità.
Con la riduzione del management e l'appiattimento della gerarchia, gli individui diventano
sempre più responsabili nel prendere decisioni e gestire le loro attività giornaliere. È importante,
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quindi che l'organizzazione sia abile a far sì che i soggetti sappiano come muoversi. Inoltre, in
seguito all'introduzione delle nuove tecnologie informatiche, molti dei compiti semplici sono stati
meccanizzati e i compiti rimanenti, più complessi, richiedono un livello di abilità e conoscenze
superiori alla media; quindi la formazione del personale è molto importante e richiede alti
investimenti, rendendo inoltre questi soggetti molto richiesti sul mercato.
In secondo luogo nelle organizzazioni si cerca di aumentare il commitment rispetto alle altre
aziende, per avere vantaggio e assicurarsi i soggetti desiderati. Il commitment forse potrebbe essere
diverso: di più breve durata con un focus sul contratto legato al singolo progetto piuttosto che
sull'organizzazione in toto.
In terzo luogo, il commitment si sviluppa naturalmente. Ci sono valide motivazioni per
asserire che le persone hanno bisogno di essere coinvolte in qualcosa: l'opposto del commitment è
l'alienazione (Kobasa, Maddi e Kahn, 1982). Allorché i soggetti diventano meno coinvolti
nell'organizzazione, o l'organizzazione è riluttante nello sviluppare un commitment, essi possono
deviare il loro commitment verso altri campi, ad esempio la mansione specifica, la carriera, un
hobby, il volontariato, verso la propria classe professionale o il lavoro in generale.
La presente ricerca si propone di indagare i due aspetti della job satisfaction e del commitment
organizzativo in un particolare tipo di organizzazioni, gli istituti di ricerca. L'interesse per queste
strutture organizzative è mosso dal fatto che esse hanno un ruolo importante nello sviluppo
scientifico, tecnologico ed economico dei paesi industrializzati. Sempre maggior attenzione è
rivolta a queste organizzazioni affinché assumano un ruolo cardine, che purtroppo non hanno avuto
nel passato, nel supportare lo sviluppo economico dell'Italia. La globalizzazione crea tra i paesi
competizione nei campi dell'innovazione e del trasferimento della tecnologia. In quest'ambiente gli
enti pubblici di ricerca rivestono un ruolo importante implementando un approccio multidisciplinare
(economico, sociologico, psicologico, ingegneristico ed aziendale) ad ogni ricerca scientifica.
Indagare la soddisfazione sul lavoro è importante, soprattutto nel campo della ricerca, dove la
motivazione a restare, il commitment, è determinante, e sembra legato ad aspetti cognitivi ed
emotivi e non strettamente monetari.
1. Obiettivi
L'obiettivo della presente ricerca, effettuata in uno storico ente di ricerca di Torino, è
analizzare il commitment, la soddisfazione nel lavoro, e le loro relazioni, aprendo una nuova
finestra su un panorama ancora sfidante. Su questo panorama occorre agire per migliorare
l'efficienza e l'efficacia nelle attività scientifiche di ricerca, traducendo il tutto in un accrescimento
culturale ed innovativo del paese e della sua competitività internazionale.
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2. I contenuti della ricerca
a) I risultati più recenti nel campo della soddisfazione nel lavoro e del commitment (il
"coinvolgimento", la cui più diretta e studiata implicazione è la determinazione a restare
nell'organizzazione) espresso nella sua natura multidimensionale.
b) Una ricerca sperimentale sul legame tra soddisfazione e commitment, e le implicazioni nella
performance.
Lo studio si sviluppa nel seguente modo. Nella prima sezione è presentata l'infrastruttura
disponibile in letteratura sulla soddisfazione (una parte teorica breve) e sul commitment (una parte
teorica centrale, più approfondita) per una precisa contestualizzazione. La seconda sezione è
dedicata alla metodologia della ricerca applicata all'Istituto Elettrotecnico Nazionale G. Ferraris del
quale, nella terza parte, è apportata una sintesi di storia organizzativa, per comprenderne
l'evoluzione e i potenziali sviluppi. La quarta sezione si apre con l'analisi descrittiva del campione, e
procede con la descrizione approfondita e ragionata dei risultati derivanti dall'applicazione empirica.
Il lavoro è chiuso, nella sezione sesta, da una sintesi dei risultati e dalle possibili implicazioni ed
applicazioni future della ricerca.
Job Satisfaction e Commitment nella letteratura
1. La soddisfazione nel lavoro
La soddisfazione nel lavoro rispecchia
le sensazioni provate rispetto al lavoro
e ai suoi differenti aspetti:
è la misura in cui le persone amano (satisfaction)
o non amano (dissatisfaction) le loro mansioni.
Spector (1997)
La soddisfazione nel lavoro è generalmente ritenuta una variabile dell'atteggiamento.
Un tempo considerata nella prospettiva della soddisfazione dei bisogni psicologici e fisici è
oggi ricondotta, nella maggioranza dei casi, ai processi cognitivi. Un filone di ricerche
considera la soddisfazione globale nel lavoro, un altro si focalizza sugli aspetti specifici
della soddisfazione (Spector, 1997). Si può essere, infatti, soddisfatti per alcune
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caratteristiche inerenti il lavoro, e non per altre: la correlazione tra gli aspetti tende ad essere
molto bassa, così dimostrando che chi lavora può avere sentimenti differenti relativamente
ai vari ambiti di soddisfazione. L'analisi fattoriale (indagine condotta tramite JSS, la Job
Satisfaction Survey di Spector, 1985) ha portato alla luce un limitato numero di dimensioni
sotterranee della job satisfaction: la ricompensa, le persone con cui si entra in relazione, il
tipo di lavoro, il contesto organizzativo. La correlazione tra aspetti della stessa area è
maggiore rispetto a quella tra aree diverse. A queste dimensioni generali della job
satisfaction sono riconducibili le condizioni operative di lavoro, la comunicazione, il
rapporto con i colleghi, i benefit integrativi, l'ambiente, la natura del lavoro,
l’organizzazione stessa, le procedure e le politiche organizzative, le ricompense occasionali,
lo stipendio, la crescita personale, le opportunità di promozione, i riconoscimenti, la
sicurezza e la supervisione (Tabella 1).
2. Il commitment organizzativo
La ricerca sul campo ha definito il commitment un preciso e specifico stato
psicologico non qualificabile in altro modo (Meyer e Allen, 1997). Non si può, quindi,
sottovalutare o confondere quest'aspetto con altri già noti quali coinvolgimento, impegno,
desiderio di successo o, addirittura, soddisfazione per il lavoro.
Noi lo definiremo come il livello di investimento motivazionale che consente al
sentimento di appartenenza di trasformarsi in impegno (Quaglino, 1999), e come stato
psicologico che caratterizza la relazione tra l’individuo e l’organizzazione e ha
l’implicazione sulla decisione dell’individuo di continuare a restare nell’organizzazione
(Meyer e Allen, 1997). Le caratteristiche più originali e pregnanti del commitment sono
l’affidamento e l'affidabilità, in altre parole la fiducia. Questo è l’elemento cruciale del
…una persona "committed" percepisce un sentimento di
appartenenza rispetto all'organizzazione; ogni giorno si
dedica attivamente al lavoro assegnato e mediante il
proprio impegno si propone di tutelare gli interessi
dell'azienda in quanto ne condivide gli obiettivi ultimi.
Whyte (1956)
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nuovo modo di lavorare delle organizzazioni postindustriali, nelle quali si riducono le
gerarchie e aumenta il carico individuale di autonomia e responsabilità. Il crearsi di
un'alleanza, questo legame privilegiato, può rivelarsi fondamentale per l’efficacia
organizzativa.
2.1. Natura del commitment
Nella sua ricerca del 1982 sulla letteratura inerente il commitment, Mowday ha
osservato la mancanza di consenso sul significato del termine commitment. Sebbene queste
definizioni derivino da una letteratura accademica, è noto che il significato varia nell'uso
quotidiano del termine, ed è spesso associato e identificato con termini quali alleanza,
fedeltà, lealtà ed attaccamento. Nessuna definizione è più corretta o accettata delle altre.
Alcune di esse pongono l'accento sulla dimensione affettiva e considerano il commitment un
atteggiamento o orientamento verso l'organizzazione che coinvolge l'identità stessa del
soggetto (Sheldon, 1971); oppure lo equiparano all'attaccamento agli obiettivi e ai valori
dell'organizzazione, al di là di un valore puramente strumentale (Buchanan, 1974), ed anche
ad un processo attraverso il quale gli obiettivi organizzativi e quelli dell'individuo diventano
integrati e congruenti (Hall, Schneider e Nygren, 1970). Altri significati pongono l'accento
sui costi, e definiscono il commitment un vantaggio associato alla partecipazione continua
ed uno svantaggio associato all'abbandonare l’organizzazione (Kanter, 1968); altri si
focalizzano sulla responsabilità morale: il commitment è considerato come la totalità delle
pressioni normative interne che spingono ad agire negli interessi ed obiettivi organizzativi
(Wiener, 1982).
Le definizioni sono diverse, in ogni caso. È quindi pericoloso parlare di commitment senza
sapere a quale definizione ci stiamo riferendo. Fortunatamente la situazione non è così
confusa come può apparire ad un primo superficiale sguardo. Meyer e Allen, nel 1991,
hanno notato che le varie definizioni riflettono tre temi comuni, che approfondiremo ora.
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Metodologia della ricerca
3. Soddisfazione e motivazione
Il legame tra queste due variabili è oggetto di diverse opinioni. Secondo alcuni
ricercatori, all'interno del filone di studi quantitativi, la soddisfazione è correlata
positivamente alla motivazione, assumendo un ruolo di causa (Becker, Billings, 1993)
oppure di effetto (Caprara, Borgogni, Barbanelli, Rubinacci, 1999). Secondo un punto di
vista più qualitativo, a situazioni di bassa soddisfazione può collegarsi un'alta motivazione,
soprattutto dove i soggetti condividono un'elevata propensione al successo e considerano
quindi la loro presenza in azienda come una sfida verso se stessi e gli altri. Cortese, nel
presentare il QSO, lancia una sfida accattivante, quella di una ricerca che correli la stima
dellasoddisfazione ad un questionario di commitment in modo da evidenziare il valore
maggiormente motivazionale di certi aspetti, i quali dovranno essere incoraggiati dai
manager piuttosto di altri. Tutto ciò per interpretare la fenomenologia delle relazioni
organizzative e affrontare concrete problematiche manageriali. Questa mia ricerca vuole
essere un primo tentativo di rispondere chiaramente a questi interrogativi.
3.1. Il Questionario di Soddisfazione Organizzativa (QSO, Quaglino e Cortese, 2001)
Il questionario è stato formulato da Cortese e da Quaglino nel 2001 e validato su una
popolazione di oltre quindicimila soggetti provenienti da sei contesti organizzativi
industriali, e nove da servizi di vario tipo. L'analisi fattoriale esplorativa con il metodo delle
componenti principali ha evidenziato la presenza di tre fattori: soddisfazione generale,
soddisfazione per il contratto, soddisfazione per il contesto. La validità di contenuto e
l'attendibilità sono evidenziate sia dal test dell'Alpha di Crombach, sia dalla correlazione
item-totale. Il punteggio più alto si ha per gli item della soddisfazione generale. I risultati
dell'analisi fattoriale palesano la liceità d'utilizzo del questionario sia nella forma integrale
sia nelle tre sottoscale emerse.
L'originalità e dote evidente di questo strumento si rileva nella predilezione del criterio della
sintesi, evitando sofisticazioni teoriche. Presentiamo il questionario intergrale e revisionato.
9
3.2. La misurazione del commitment
Le scale utilizzate per la misurazione delle tre forme che può assumere il commitment
sono quelle di Meyer e Allen (1996).
4. Elaborazione dei questionari
"Una semplice lettura dei protocolli sembra promettere l'informazione sintetica
necessaria, ma questa è una scorciatoia imboccata di frequente, poco legittima e razionale
poiché utilizza uno strumento ricco di risorse quale il questionario, ben al di sotto delle sue
effettive possibilità. Un'analisi approfondita e successive tabulazioni dei contenuti manifesti
o latenti è ciò che si auspica". (Meschieri e Pirani, 2000).
"L'analisi statistica come strumento per verificare ipotesi e per stimolare i lettori e gli
utenti specializzati ad interpretazioni più elaborate della massa dei dati, quindi più
approfondite, permette una maggiore correttezza e validità nelle estrapolazioni e
conclusioni". (Meschieri e Pirani, 2000)
Queste due citazioni riassumono in modo chiaro l'impronta e il significato che ho
cercato di dare a tutta la ricerca sperimentale sulla soddisfazione e sul commitment.
Le risposte chiuse sono state classificate e su esse si è effettuata un'ampia gamma di
operazioni, tenendo sempre in considerazione e riformulando continuamente gli obbiettivi e
scopi della ricerca (Quaglino, 1992). Le risposte aperte sono state lette prima
panoramicamente, con tutte le risposte ad una stessa domanda, per giungere ad una
classificazione (Rescigno di Nallo, 1968). Analizzando il contenuto, si sono create categorie
di classificazione: 7 per gli aspetti gratificanti del lavoro e per quelli d'insoddisfazione, 5 per
i rimedi proposti dai dipendenti (Figure 5-6-7, pagina 102 e sgg).
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4.1. Omissioni e astensioni
L'omissione può significare mancanza di tempo, ma qui è da escludere, poiché il
questionario è stato applicato senza costrizioni temporali, per consentire a tutti di rispondere
a tutte le domande. Le omissioni dette "intermedie", a differenza di quelle appena citate,
dette "finali", hanno un preciso significato: esprimono genericamente una connotazione
negativa del soggetto riguardo al contenuto dell'item (per il nostro questionario si è
verificato un solo caso), che non è certamente assimilabile al significato patologico del
rifiuto (come succede ad esempio nell'analisi clinica delle tavole del Rorschach).
4.2. Tecniche di analisi dei dati
I dati sono stati analizzati utilizzando alcune tecniche psicometriche.
L'analisi statistica descrittiva ha creato un primo quadro d'insieme, una cornice per una
approfondita comprensione dei risultati. Sono stati calcolati gli indicatori significativi della
statistica descrittiva; poi la relazione tra variabili è stata indagata con l'analisi
dell'interdipendenza (concordanza e discordanza).
L'analisi dell'interdipendenza è stata il fulcro dell'elaborazione dei dati. Delle due
macro-variabili considerate, la job satisfaction e il commitment, nessuna può essere assunta
come antecedente dell'altra, rendendo non auspicabile un'analisi della regressione o della
dipendenza (se non per alcuni singoli aspetti). È stato calcolato il coefficiente di
correlazione di Bravais e Pearson
1
, ottenendo quindi risultati compresi tra –1 e +1, con la
seguente formula:
N
∑ (x
i
– μ
x
) • (y
i
– μ
y
) Codev (X,Y)
i=1
r = =
N N
[∑ (x
i
– μ
x
)
2
•
∑ (y
i
– μ
y
)
2
]
1/2
[Dev (X) •Dev (Y) ]
1/2
i=1 i=1
1
Il termine correlazione è usato dagli statistici di lingua inglese in senso lato per indicare che tra x e y esiste una
relazione, senza distinguere i due aspetti fondamentalmente diversi della dipendenza e della interdipendenza.
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r assume valori positivi nel caso di concordanza (ad un incremento o decremento di una
variabile corrisponde un eguale sviluppo dell'altra variabile) e valori negativi nel caso di
discordanza (all'incremento o decremento di un carattere si ha, rispettivamente, una
diminuzione e un aumento dell'altro). Se r è uguale, o si avvicina allo zero, non implica
indipendenza, ma indifferenza, ovvero mancanza di concordanza o discordanza. Il
coefficiente r quindi non è indice della dipendenza (lo è in caso di distribuzione normale
doppia oppure in quello in cui ciascuno dei due caratteri possiede due sole modalità). Se r <
0,05 la correlazione non si ritiene significativa.
Allorché la ricerca avrà chiaramente delineato i suoi obiettivi e risultati, assieme alla
verifica delle ipotesi, nell'ultima sezione saranno espresse le mancanze, gli sviluppi
eventuali e l'utilità empirica.
Conclusione e sviluppi
Dall'analisi approfondita dei risultati emersi dalla ricerca possiamo verificare e
sintetizzare le ipotesi di partenza.
La prima ipotesi era verificare l'incidenza reciproca della soddisfazione sul
commitment e del commitment sulla soddisfazione. In questo modo, scegliendo il
commitment come motivante della permanenza del soggetto nell'organizzazione e come
antecedente delle prestazioni lavorative (performance), si può risalire alle correlazioni
esistenti tra soddisfazione e performance. La letteratura accerta che la relazione tra
soddisfazione e performance non è diretta, né causale: esistono altre variabili intermedie,
quali appunto il commitment, che hanno un'incidenza maggiore.
1) L'analisi dell'interdipendenza evidenzia una correlazione positiva significativa tra la
soddisfazione complessiva e la componente normativa del commitment (r = 0,41). Il
coefficiente di regressione di 0,33 (retta di regressione: y = 0,33 x + 3,42).
All'aumentare del commitment normativo, la soddisfazione complessiva aumenta.
Anche la componente affettiva è concordante con la soddisfazione generale (r = 0,36).
Per una verifica, occorre riprendere la Tabella 27 di pagina 117.
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2) Le tre componenti del commitment presentano medie diverse: il commitment affettivo
raggiunge il 4,33, in ordine decrescente segue il commitment continuativo con una
media di 4,20; ultimo, con un punteggio medio basso (3,39), il commitment normativo.
(Tabella 25, pagina 110).
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Soggetti
Burocrazia /
organizzazione
Relazioni /
personale non
valorizzato
Comunicazione /
collaborazione
Nessuno / non gravi
Dirigenza /
amministrazione /
controllo
Condizioni di lavoro
Competenze e
professionalità / ruoli
Senza risposta
Qual è il motivo principale di insoddisfazione nel suo lavoro?
4,33
4,20
3,39
0,00
1,00
2,00
3,00
4,00
5,00
Commitment
affettivo
Commitment
continuativo
Commitment
normativo
Media
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Il commitment è diverso nei nove reparti dell'Istituto. Il commitment affettivo globale
è minore rispetto a quello dei singoli reparti (ad esempio per il reparto materiali). Il reparto
di elettromeccanica ha un commitment continuativo, legato al settore, maggiore del
commitment continuativo globale; così pure il reparto materiali per il commitment
normativo. (Tabella 47, pagina 143).
3) L'analisi della interdipendenza tra la produzione dei ricercatori e l' ISO (soddisfazione
complessiva) produce un indice di correlazione di 0,04. Il valore si approssima
all'indifferenza, quindi alla mancanza d'interdipendenza.
La soddisfazione non implica produttività, né viceversa.
4) Una concordanza bassa, ma ben evidente, si ha tra la produzione e la soddisfazione per
il contesto (r = 0,12). Sicuramente un ambiente fisico di lavoro appropriato ai compiti
e sicuro incide sulla possibilità di produrre meglio e in misura maggiore. (Tabella 29,
pagina 121).
5) Un indice r di correlazione pari a –0,23 tra produzione e soddisfazione per il contratto
sintetizza come all'aumentare di un'unità di una variabile, l'altra diminuisca di 0,23
punti (Tabella 30, pagina 121). Questa discordanza può spiegare come all'aumento
della produzione, un ricercatore o un tecnico si aspettino di più dal loro contratto in
quanto si sentono in credito, quindi sopraggiunga una piccola insoddisfazione; oppure
all'aumentare della soddisfazione la produttività decresca in quanto l'appagamento non
costituisce uno stimolo forte, al contrario dell'insoddisfazione.
6) Le variabili di performance su cui il soggetto ha controllo hanno una maggiore
correlazione col commitment (DeCotiis e Summers, 1987) Quindi nella mia ricerca, i
ricercatori, che hanno un'elevata discrezionalità e controllo sul proprio lavoro
(principali cause di soddisfazione), dovrebbero avere un'alta correlazione tra
commitment e aspetti del lavoro su cui hanno maggior incidenza. Il personale
scientifico, rispetto all'amministrativo, ad esempio, palesa il più alto punteggio medio
di comitment affettivo, e chi partecipa a programmi di ricerca e produce un maggior
numero di articoli e pubblicazioni (aspetto su cui il personale ha il più diretto controllo)
ha un commitment affettivo maggiore (Tabelle 49 e 50, pagina 148).
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Quali possibili interventi sulle variabili studiate e come utilizzare gli
esiti della ricerca.
Un punto critico emerso chiaramente è la mancanza di controllo sul lavoro. Ciò crea
frustrazione, percezione di ingiustizia e bisogno di riconoscimento e premi per chi lavora
con costanza. Un appropriato metodo di valutazione della performance, basato su criteri
equi, creato e condiviso con i dipendenti, aumenterebbe la soddisfazione (Taylor e Pettijohn,
2000).
Il non essere controllati e premiati crea un senso di alienazione e non partecipazione
agli obiettivi organizzativi, diminuendo il commitment normativo (Eby, Freeman, Rush,
Lance, 1999). In conclusione, sembra esiguo quel clima di reciprocità auspicabile in un
contratto di lavoro.
Tecniche di lavoro in gruppo con un supervisore efficace sono auspicabili.
Il commitment normativo non ha alcuna relazione con la soddisfazione per il contratto,
ma ha una correlazione positiva forte con la soddisfazione generale e con quella per il
contesto. Ricordiamo che la soddisfazione complessiva si articola in soddisfazione generale,
soddisfazione per il contesto e soddisfazione per il contratto. Non occorrerà quindi agire
sulle clausole del contratto allorché si voglia aumentare il commitment normativo, ma sugli
altri aspetti della soddisfazione generale e del contesto, ben definiti nella sezione dei
risultati.
Un buon legame di concordanza esiste tra il commitment affettivo e la soddisfazione
generale (r = 0,37), un basso legame con la soddisfazione per il contesto (r = 0,11) e quasi
l'indifferenza con la soddisfazione per il contratto (Tabella 28, pagina 119).
Di queste conclusioni, così come per il commitment affettivo, occorrerà tenere in
considerazione nel caso in cui si voglia incrementare il commitment affettivo, che pare già
di buon livello.
La mancanza di alternative percepite (occorre trasferirsi all'estero), associate a costi
elevati, incide sul commitment continuativo, ma non incide sulla produttività (Tabelle 49,
pagina 148), evento che si verifica per il commitment affettivo.
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L'elevato commitment affettivo è causato dall'autonomia e dalla varietà e complessità
(job scope) delle competenze utilizzate (ipotesi verificata nella ricerca).
Si può, inoltre, aumentare il più possibile la circolazione delle informazioni
(comunicazioni interne) e diminuire le barriere burocratiche, adibendo personale
specializzato solo per tali compiti in modo da svincolare gli altri soggetti. Sono soprattutto i
Collaboratori tecnici ad avvertire questa necessità. Continua. (…).